Oggigiorno
noi siamo portati a pensare all'interfaccia tra uomo e macchina come alle
icone, al menù, ai comandi di linea ed al cursore lampeggiante.
Nel corso del tempo vennero introdotti diversi criteri per l'elaborazione
di un concetto di interfaccia, di concerto con l'evoluzione di come veniva
concepito il computer.
v Comunicabilità: criterio introdotto da John Walzer, intendendosi
con questo termine il tipo di interazione che prevede che una persona
fa qualcosa e di rimando il computer risponde. Questo tipo di criterio
portò gli specialisti dell'interfaccia a sviluppare un modello
di interazione che proponeva l'uomo e il computer come due entità
distinte, la cui conversazione veniva mediata dallo schermo.
v Punti in comune: essendo insufficiente il criterio di comunicabilità,
da un punto di vista linguistico; Susan Brennan ampliò il concetto
con il criterio di punti in comune. Intendendosi per punti in comune uno
spazio disabitato che inizia a prendere forma, nel momento in cui nasce
la collaborazione e un successivo avvicinamento tra i partecipanti.
v Manipolazione diretta: fu introdotto da Norman. L'idea di manipolazione
diretta impiega una conoscenza psicologica di come la gente si relaziona
agli oggetti del mondo reale nella convinzione che le stesse persone possano
trasmettere questa conoscenza tramite la manipolazione di oggetti virtuali
che raffigurano processi ed entità stimate. Il termine manipolazione
diretta fa perno su tre criteri chiavi:
1. una rappresentazione continua degli oggetti interessati;
2. azione fisica o dei bottoni classificati da poter prendere che vadano
a sostituire delle sintassi complesse
3. un incremento rapido e reversibile delle operazioni il cui impatto
sugli oggetti rappresentati sia immediatamente visibile.
Questo pone l'accento sulla qualità dell'azione.
v Impegno diretto: avanzato da Hutchins, Hallan e Norman, riguarda
la soggettività del risultato. Si verifica quando un utente sperimenta
l'interazione diretta con gli oggetti dell'ambiente. Questo criterio si
unisce al bisogno che un'espressione input sia in grado di fare uso di
precedenti espressioni d'output, la capacità del sistema di creare
l'illusione di risposta istantanea e la qualità di interfaccia
discreta.
L'impegno ha componenti cognitivi, ma è primariamente compreso
come un'emozione. L'impegno è simile in molti modi alla nozione
teatrale della "sospensione spontanea dell'incredulità",
un concetto introdotto nei primi del XIX secolo dal critico e poeta Samuel
Coleridge. E' lo stato della mente che noi dobbiamo raggiungere allo scopo
di provare gioia nella rappresentazione di una azione. Coleridge riteneva
che ogni individuo poteva vedere che una rappresentazione su di un palcoscenico
non era vita reale. Coleridge osservò che con lo scopo di provare
piacere ad una rappresentazione noi dobbiamo temporaneamente sospendere
(o attenuare) le nostre conoscenze, ciò è "simulato".
Noi facciamo questo volentieri con lo scopo di provare altre risposte
emozionali come un risultato all'attenzione rivolta all'azione. Quando
la protagonista, per esempio, è minacciata, noi sentiamo un tipo
di apprensione per lei e con lei, che è riconoscibile come paura,
ma una paura differente da ciò che noi proveremo se fossimo realmente
in pericolo. Simulando l'azione come reale avvertiamo un brivido di paura;
sapendo che l'azione è simulata ci salviamo dal dolore della paura.
Inoltre la nostra apprensione è favorita dalla deliziosa prospettiva
che la giovane donna sarà salvata in modo eroico, una risposta
emozionante che deriva dalla conoscenza circa la forma del melodramma.
Il fenomeno descritto da Coleridge può essere associato sia al
dramma che ai giochi per computer, dove noi siamo in stretta connessione
con i caratteri coinvolti nella rappresentazione (includendo nei caratteri
noi stessi).
La chiave per applicare la nozione di sospensione spontanea dell'incredulità
alle attività rappresentazionali che hanno prodotti nel mondo reale
è di assicurare che la probabilità di effetti involontari
su questi prodotti hanno approcci pari a zero; e la qualità chiave
che un sistema deve avere con lo scopo di favorire questo tipo di impegno,
è la reversibilità, l'abilità di poter prendere qualcosa
dal momento passato. (tipico nelle attività uomo- macchina).
Tenendo
presente quanto detto sopra si cercò di andare incontro ai criteri,
partendo da un modello di interfaccia definito METAFORICA,; questo modello
fu introdotto per andare incontro alle persone e fu sviluppato prevedendo
uno schema che avrebbe dovuto proteggere dalle incomprensioni impiegando
l'uso di oggetti familiari e un ambiente che raccogliesse i punti in comune
delle due entità. La metafora non risulta essere utile come sostegno
di un punto di vista, piuttosto come un mediatore cognitivo che classifica
qualcosa senza mistero, ma possibilmente più ambiguo, di quanto
può esserlo il linguaggio del computer di un addetto al lavoro.
Col progredire delle relazioni sviluppatesi tra le diverse discipline,
nasce il concetto di interfaccia INTERDISCIPLINARE, come prodotto elaborato
da rami differenti, non proprio inerenti l'attività uomo- macchina.
Oggigiorno è facile poter associare l'idea della psicologia, all'idea
del teatro,in quanto entrambi si interessano di come gli agenti (intesi
come uomini) si relazionano l'uno all'altro nel processo di comunicazione,
cercando di risolvere problemi, di costruire qualcosa e allo stesso tempo
di ironizzare; insomma l'insieme di tutta l'attività umana.
Entrambi si sforzano di comprendere il comportamento umano: la psicologia
si sforza di descrivere ciò che accade nel mondo, mentre il teatro
si sforza di rappresentare qualcosa che potrebbe accadere. Da questo si
può dedurre in che modo queste discipline possano aiutare a sviluppare
un'idea di interfaccia che sia idonea e piacevole per gli uomini.
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