3 Analisi di un mondo digitale

Come si è gia detto, l’avvento delle nuove schede porta l’esperienza di gioco ad un livello superiore: i fondali prima piatti e bidimensionali divengono architetture sempre più complesse e ricche di particolari, giochi di ombre e luci creati in tempo reale, le “scenografie” sono animate e completamente tridimensionali, non c’è più un inquadratura dettata dal grafico, ma è lo stesso giocatore a diventare direttore della fotografia. L’argomento di questa tesi è sicuramente insolito, ma dettato dal sempre più frequente uso di termini cinematografici e teatrali nelle recensioni dei videogiochi per descrivere le creazioni grafiche che i giocatori si trovano innanzi.
    Vorrei partire con una piccola analisi delle principali differenze tra giochi e il cinema o teatro.



3.1 Similitudini e differenze tra cinema, teatro e video giochi

Nei campi tradizionali della scenografia, prima di partire con la progettazione delle scene, bisogna calcolare diversi fattori: budget finanziario, budget di personale e spazio per l’allestimento.
   All’interno di un video gioco troviamo sicuramente la necessita di stabilire un budget finanziario e di personale ma non vi sono limiti di spazio o meglio sono limiti diversi. In una scenografia per il teatro avremo come limite spaziale le dimensioni del palco e del boccascena ad esempio; nel cinema le dimensioni del set; all’interno di un video gioco, i limiti sono stabiliti dalla capacità di calcolo delle macchine che li faranno girare, in quanto, per dirlo in poche parole, la ricchezza delle architetture usate nel creare il paesaggio impoverirà sicuramente la quantità di paesaggio vedibile.
    Una volta stabiliti questi fattori economici e di spazio si procede con una ricerca iconografica, questa fase si ritrova tanto nel cinema, teatro quanto in un video gioco, soprattutto in quelli che richiedono ambientazioni storiche, più avanti vedremo degli esempi.
    La fase progettuale è estremamente simile: creare un mondo digitale non differisce molto dal progettarne uno tradizionale. Si parte anche nella creazione di videogame da bozzetti a mano (si veda immagine sopra), stesse necessità di ottimizzare creando solo le parti che verranno mostrate al pubblico, nascondendo o alludendo a quelle nascoste. Anche su uno schermo di computer “illusione” è la parola chiave, ancor più perché il giocatore si deve sentire immerso in un mondo a tutto tondo e lo scopo di ogni software house è quello di dare l’impressione che non ci sia niente che non si possa fare, perciò troveremo espedienti quali impedimenti architettonici che ci limitano il movimento in alcune aree del mondo in questione, dandoci sempre però l’idea che esista qualcosa al di là anche se noi non lo possiamo vedere.
    Praticamente uguale è l’ideazione dei costumi, con una piccola differenza, nei video giochi oltre che il costume si progetta anche l’attore… quale potrebbe essere il sogno di ogni regista se non creare l’attore su misura? Perciò oltre ad un’attenta ricerca per creare paesaggi e architetture indirizzate a determinare suggestioni, si ha anche una ricerca della fisionomia degli “attori” che deve rappresentare bene l’idea che di vuole dare al giocatore. Non è difficile che un gioco venga rovinato da personaggi inespressivi o con volti che non sono all’altezza del ruolo. Per i costumi in genere vengono realizzati bozzetti chiamati “concept art”, come nella progettazione tradizionale con maggior attenzione ai dettagli visto che spesso il grafico che si occupa di realizzare tali bozzetti non è lo stesso che li realizzerà nel tridimensionale, la suddivisione dei vari ruoli sarà un argomento che esaminerò più avanti.
    In fine la fase di realizzazione, qui ci sono differenze sostanziali: nella scenografia tradizionale passare dai bozzetti o progetti al lavoro finito richiede gran dispendio di materiali e personale, fattori che vanno ad influenzare come detto prima i budget economici; in un gioco il problema dei materiali e delle persone richieste per la realizzazione non si pone. Avere una palazzo di 50 piani in teatro sarebbe impossibile, primo per le dimensioni, secondo, anche se per assurdo non ci fossero problemi di spazio, costerebbe troppo la realizzazione. In un video gioco un palazzo è all’ordine del giorno, il progetto si tramuta automaticamente in immagine tridimensionale, non c’è quasi differenza, i materiali usati sono simulati dal computer, non c’è diversità tra una lastra d’oro o una di legno, l’unica limitazione anche in questa fase rimane la potenza di calcolo, più nella scena ci saranno luci, riflessi, geometrie complesse, più ci sarà necessità di potenza di calcolo da parte dell’elaboratore.
    La vera differenza sta nella messa in scena finale, è qui che al ruolo di semplice spettatore il fruitore sostituisce l’esperienza in prima persona, in questa fase entra in gioco il “game designer”, ovvero lo sceneggiatore di video games, che si occupa della creazione di un canovaccio, a volte più preciso, a volte più vago per il giocatore, è l’attore/giocatore a dover prendere decisioni e a scegliere strade diverse che lo porteranno ad eventi o finali diversi nella storia. Le tipologie di gioco sono molteplici, dalle avventure grafiche in cui, in genere, vediamo il nostro alter ego virtuale muoversi sullo schermo sotto in nostri comandi, risolvere enigmi e investigare per dipanare la trama, a spara tutto in prima persona successori di Doom dove ci troviamo a vedere il mondo direttamente con gli occhi del nostro alter ego e ad affrontare orde di nemici, studiare strategie di combattimento e scegliere percorsi diversi, ad ancora strategici in cui vediamo un paesaggio dall’alto come se fossimo un entità superiore, o un generale che decide sulle vite delle nostre armate.In questa ultima categoria a volte ci troveremo nei panni di futuristici comandanti di armate robotiche, altre volte nei panni di famosi generali della storia e potremo vedere in una ricostruzione virtuale come sarebbe andata la seconda guerra mondiale se ci fossimo stati noi al posto dei generali degli alleati o dei tedeschi.
    Passiamo ora ad un’analisi particolareggiata di questi generi e dei fattori che li possono accomunare alla scenografia/regia tradizionale.



3.2 Avventure grafiche

Le origini di questo genere sono tutt’altro che incoraggianti dal punto di vista grafico, infatti i primi giochi, per esempio Zork (nell’immagine sopra a sinistra), non erano altro che libri interattivi composti di solo testo in cui il giocatore poteva leggere le descrizioni dei paesaggi che lo circondavano e degli oggetti con cui poteva interagire, ma a distanza di poco tempo le avventure si arricchirono di una veste grafica che andò via via accrescendo il suo ruolo.
    I successori di Zork iniziarono, dapprima timidamente, a presentare assieme alle descrizioni testuali, delle immagini statiche che volevano in qualche modo illustrare il testo ma sempre rivestendo un ruolo subordinato.In seguito, iniziarono a fare la loro comparsa i primi personaggi in movimento sui fondali e la grafica iniziò a prendere il sopravvento sul testo, il sistema di controllo passò dai comandi scritti ai comandi ottenuti cliccando direttamente sugli oggetti che venivano visualizzati su schermo, dando il soprannome a questo genere di “punta e clicca”.
    I giochi seguenti risentivano ancora della scarsa potenzialità grafica dei computer, così si videro giochi di grande carisma con una grafica scarna, tra questi si possono ricordare giochi del calibro di Monkey Island 1 e 2 (il primo episodio è ripreso nella seconda immagine a inizio paragrafo), i primi capitoli della saga di Lesuire Suit Larry, le serie di Space Quest e Quest for Glory.Questi adventure vantavano storie articolate e gradevoli ma la grafica era limitata a sedici, trentadue o massimo duecentocinquantasei colori limitando molto la qualità grafica del prodotto.
    Quando però la potenza a disposizione delle software house iniziò a crescere, questo genere di giochi si arricchì di veri e proprio capolavori come Monkey Island 3 di chiaro stile cartoon e la fortunata serie di Myst, una delle creazioni grafiche più belle del panorama videoludico: in questo gioco diversamente dal primo citato, si fa ampio uso della computer grafica, anche se non sfrutta un motore che renda le scene veramente tridimensionali ma si limita ad usare dei “render” statici. C’è però da dire che le immagini statiche usate sono di tale bellezza da non far assolutamente rimpiangere la mancanza di un motore 3d, l’utente si trova completamente immerso in un mondo fantastico, con paesaggi dal sapore onirico di straordinaria bellezza.

    Nonostante il primo Myst (prima immagine a sinistra) vantasse un’ottima grafica, il secondo e terzo (seconda immagine sopra) capitolo della serie hanno raggiunto una qualità visiva sorprendente, qualità raggiunta grazie ad un’estrema cura nella progettazione degli ambienti come si può vedere dai numerosi bozzetti fatti prima della realizzazione delle scene finali.
    Di diverso stampo ma altrettanto dedita alla cura grafica è la Lucas Arts, software house a cui si deve la serie di Monkey Island, Indiana Jones e altre decine di giochi adventure di grande qualità. Lucas, che è anche un celebre regista di effetti speciali per il cinema, impronta le creazioni della sua software house su uno stile cartoon molto piacevole e in grado di coinvolgere sia un pubblico adulto che un pubblico più giovane.In genere le adventures firmate Lucas sono bidimensionali, solo ultimamente con giochi come Monkey Island 4 e Grim Fandango ha usato il tridimensionale anche se nel primo caso è più una miscela fra tridimensionale e bidimensionale.
    In fine particolare attenzione per l’innovazione grafica va dedicata ad un cult game, Alone in the Dark, un’avventura horror che per prima sfruttò il 3d, creando atmosfere molto suggestive anche mediante un ottimo sistema di “riprese” e una fotografia adatta: si può dire che è stato nel mondo dei videogame quello che quarto potere è stato nel cinema, facendo uso di telecamere con angolazioni particolari.
    Estendendo il termine adventures anche a giochi più “d’azione”, troviamo diversi giochi degni di nota dal punto di vista grafico. Questa categoria si è ampiamente sviluppata negli ultimi tempi attingendo a piene mani delle possibilità offerte dal 3d e presenta una grande cura sia dello studio dei personaggi che delle scenografie. In questa si trovano giochi come il sopra citato Alone in the Dark, la famosa serie Resident Evil, Silent Hills e Shadowman (nell’immagine a fianco) per fare un esempio.
    Mentre nelle avventure grafiche vere e proprie in genere il personaggio agisce in una scena che si può dire teatrale, nel senso che si tratta in genere di uno sfondo “dipinto”, nelle Action adventures in genere il mondo è ricostruito tridimensionalmente e ruota a tuttotondo intorno al personaggio dando la sensazione di trovarsi al centro della scena in qualsiasi momento, si ha una maggior immedesimazione del giocatore nel ruolo che interpreta, anche se il genere che più esalta questa sensazione è sicuramente quello dei FPS “First person shooter” che analizzeremo nel prossimo capitolo.



3.3 Spara tutto in soggettiva

Come abbiamo gia detto questo è il genere che offre maggior immedesimazione dell’utente nei mondi immaginari, il giocatore non vede il protagonista dall’esterno ma osserva attraverso i suoi occhi; come vedere un film attraverso gli occhi dell’attore e poter comandare i suoi gesti. Generalmente lo scopo di questo tipo di giochi è quello di farsi largo tra orde di nemici uccidendone il maggior numero possibile, perciò solitamente la storia non ha grande rilievo, anche se ci sono diverse eccezioni a questa regola, ma pur non avendo trame avvincenti, generalmente godono di uno stile grafico dei più ricercati con ambienti molto curati e ricchi, spesso di stile gotico o barocco.
    In genere nello studio grafico dei FPS si effettua una ricerca per ottenere una sensazione di oppressione del giocatore per creare la dovuta suspance nell’avventura. Il padre di questo genere come gia detto è stato Wolfestein 3d, in questo primo esperimento la grafica era piuttosto limitata, una serie di corridoi in pietra, con qualche elemento decorativo di stile nazista ( il gioco narra le gesta di un eroe americano dentro un castello nazista), i nemici con le sembianze di soldati tedeschi sono ancora sprites animati in modo semplice. Nonostante la scarsa qualità grafica, questo gioco fu un vero terremoto per il mondo dei videogame e non solo nel suo genere : aprì una nuova strada per gli sviluppatori. E’ interessante fare un confronto tra questo gioco uscito nel 1994 e il suo seguito uscito da pochi mesi per vedere gli sviluppi nella grafica 3d, a distanza di 8 anni i passi fatti nel mondo della grafica per giochi è sconvolgente, si pensi alla differenza che si può trovare tra un affresco di epoca medioevale e uno dei quadri dell’ottocento fiammingo, la differenza a livello sia prospettico che nella ricchezza dei colori è sicuramente impressionante.
    Mentre nel primo Wolfestein non si riusciva ad ottenere un’ immedesimazione del giocatore nei panni del personaggio a causa della scarsa qualità grafica, nel suo seguito c’è la sensazione di ritrovarsi al centro dell’azione proprio perché la resa grafica è estremamente curata e vicina alla realtà: si passa dalle segrete di un castello, che nonostante sia simile come ambientazione a quella del suo successore è estremamente più ricca e curata, a villaggi e ampi spazzi aperti ,il tutto curato in modo perfetto e preceduto da una presentazione grafica degna di un film.
    Return to castle of Wolfestein rappresenta comunque le attuali aspettative di grafica per un gioco, prima di arrivare ad una qualità così elevata i passaggi sono stati molti e i primi tra tutti ad opera della ID Software. Dopo il loro primo gioco 3d sono passati infatti, a Doom I e II in cui si iniziava a intravedere più considerazione per la parte visiva attraverso personaggi più curati, spazi aperti e un tentativo di avvicinarsi alla realtà più significativo. Il vero passo in avanti ci fu con Quake 2 che iniziò ad usare le potenzialità delle schede 3d non solo per i fondali ma anche per i personaggi, così che da semplici sprites bidimensionali si iniziarono ad usare modelli di personaggi tridimensionali a tutto tondo.     Il successo riscontrato da questo genere porta presto anche altre Software house a creare fps, così nel tempo trascorso dall’uscita del primo Quake si ha una notevole gamma di giochi che seguono il solito stile, tutti con trame e ambientazioni diverse con una crescente qualità grafica.
    Con l’avvento di internet questo genere ha successo anche nella modalità multiplayer, dove ci si può confrontare con altri giocatori di tutto il mondo e ciò porta anche allo svilupparsi di un fenomeno molto interessante, ovvero i giocatori iniziano a disegnare i propri modelli per apparire in rete con personaggi esclusivi.In questa fase il giocatore oltre che essere protagonista diventa anche costumista e con l’uso di editor di mappe si cimenta anche come scenografo, così nascono moltissime varianti ai giochi standard create dai giocatori, alcune di scarsa qualità ed interesse altre di qualità decisamente buona e al livello del gioco originale. Questo fenomeno è importante perché mostra come il giocatore vuol dare una sua impronta sia al personaggio che al gioco, renderlo personale e distinguibile da altri.



3.4 Strategia in tempo reale

I giochi di strategia in tempo reale o rts raramente raggiungono standard grafici elevati dal punto delle ambientazioni, ma spesso sono molto interessanti dal punto di vista “costumistico”. Essendo infatti molti di essi ambientati in epoche diverse dalla nostra, cercano di ricostruire sia architetture che costumi del tempo, ma è difficile avere un’immedesimazione del giocatore a livello di personaggio, visto che difficilmente se ne controlla uno, in questo genere più che attore il giocatore è regista e comanda centinaia di comparse sullo schermo.
    Anche se non spesso, qualche volta si hanno degli rts dotati di particolare cura nella ricostruzione architettonica del periodo in cui sono ambientati e spesso queste ricerche storiche sono riscontrabili dalle descrizioni degli edifici e delle unità che si controllano, spesso vere e proprio enciclopedie del periodo in questione.
    Alcuni di questi giochi offrono la possibilità di giocare ricostruzioni storiche di famose battaglie o di costruire nella propria città fantastica monumenti storici realmente esistenti, classico di molti giochi ambientati in periodo romano è la possibilità di costruire il Colosseo, per esempio.
    Questo genere di giochi, come gli altri è stato rinvigorito dall’uso del tridimensionale, infatti i primi giochi avevano una visuale isometrica da una distanza fissa e per quanto costumi e architetture fossero curati risultavano estremamente ridotti in dimensioni per poterne apprezzare l’effetto grafico, invece grazie all’uso della grafica tridimensionale si ha in molti giochi la possibilità di usare lo zoom per vedere i personaggi che si muovono sullo schermo anche in volto, e poterne spesso apprezzare la qualità e la ricerca del particolare.
     Come tutti i tipi di giochi anche questo è caratterizzato da creazioni particolarmente illuminate e altre di scarso valore, tralasciando le seconde che rivestono un ruolo di scarso interesse, le prime sono dal punto di vista grafico molto appaganti e ci si può deliziare con il ruolo di “regista”, comandando centinaia di truppe tutte con le fattezze di tempi remoti ordinate in formazione e immaginando come poteva essere una battaglia nel Giappone feudale (si veda l’immagine di “Shogun” a fianco) o una nell’antica Roma sino a una battaglia futuristica tra navi aliene.



3.5 Giochi di ruolo

Al fine di definire un giocatore/attore, i rpg o giochi di ruolo rappresentano sicuramente il genere più interessante. In questa categoria di videogame lo scopo è interpretare un “eroe”, non importa che esso sia un personaggio vissuto in un medioevo fantastico o un sopravissuto ad una guerra nucleare, quello che importa è che in questi giochi l’utente decide la propria strada e spesso come impostare i dialoghi con i personaggi che incontra nel suo cammino.
    L’attrattiva di questi giochi è data proprio dalla volontà di essere il personaggio che noi vediamo sullo schermo e sentirci per qualche ora un famoso guerriero o un mago dagli straordinari poteri, insomma una alternativa alla realtà di ogni giorno, in pratica la funzione di ogni gioco viene esasperata e usata come scopo del gioco stesso. Questa categoria ha avuto le sue origini come una sorta di libro interattivo con una componente solo scritta al pari delle avventure grafiche, anzi si può dire che spesso i due generi si avvicinano molto, la caratteristica che contraddistingue un rpg è che il personaggio cresce, si sviluppa acquisendo nuove capacità e nuovi poteri ed è l’utente a decidere come farlo crescere. In seguito i giochi di ruolo si sono arricchiti di vesti grafiche sempre più accattivanti e purtroppo spesso a scapito della storia, passando dal semplice testo ad una visione in soggettiva dove paesaggi statici si alternano sullo schermo ad ancora una visione isometrica dove si vede il personaggio dall’esterno, sino ad arrivare anche in questo genere alla veste tridimensionale.
    Elemento fondamentale di questo genere, proprio perché il giocatore tende ad immedesimarsi nel personaggio, sono i paesaggi e le architetture, che tendono ad essere magnificenti per creare quel senso di stupore accostabile al sublime romantico, edifici immensi con moltitudine di corridoi e vallate nebbiose con strapiombi improvvisi sono fattore comune di questa categoria di giochi.
    Un gioco di grande successo, che fa della sua veste grafica e scenografica ampio sfoggio è Final Fantasy, la serie dalla quale recentemente è stato prodotto un film interamente fatto in computer grafica cercando di avvicinarsi ad una qualità foto realistica. Questa saga è molto vecchia ma la vera rivoluzione la avuta dal settimo capitolo che è stato fatto per playstation 1, da questo al decimo la grafica si è sempre migliorata creando architetture e paesaggi sempre più suggestivi.
   Final Fantasy (le due immagini a lato si riferiscono al X capitolo) si può definire come una delle esperienze più interessanti che si possono fare in campo videoludico, questo titolo lo si può inquadrare in un sotto genere degli rpg, che sono i giochi di ruolo in stile giapponese. Sono tutti contrassegnati da storie particolarmente coinvolgenti, veste grafica estremamente accattivante e personaggi intensamente curati e caratterizzati; raramente in questi giochi si ha una volontà di arrivare al “reale” , anzi c’è una ricerca del sogno, dell’irreale, attraverso una grafica estremamente colorata e grandiosa.
    Lo stile occidentale, in questi giochi, è invece caratterizzato da un ricerca della vita reale che viene poi distorta da un fatto insolito, si tende ad avere un crescendo del fantastico in modo da dare l’idea che possa accadere a chiunque: il giocatore spesso inizia nel ruolo di una persona comune che viene coinvolta con il proseguire del gioco in una trama fantastica e fiabesca.
    Il gioco in rete per gli rpg è sicuramente un aspetto interessante, dal primo rpg in rete, Ultima online, ad oggi si ha assistito ad un prolificare di questo genere comunemente detto mmorg (massive multi online role game). In questo tipo di gioco centinaia di giocatori si riuniscono in un monto fantastico, ognuno con un ruolo che si attribuisce da solo, a differenza degli altri generi in queste partite online il personaggio è sempre il solito che cresce ogni volta, il giocatore decide il suo look, il suo modo di parlare, il suo ruolo e lo interpreta di fronte ad altri giocatori : insomma un immenso palco dove ognuno interpreta il suo ruolo per altri attori/pubblico, in questo caso gli stessi attori sono pubblico.
    I giocatori di gdr sono un’utenza particolare, persone che ricercano il gusto della “recitazione” in un gioco e non è difficile accorgersi della serietà con cui interpretano la loro parte, anche fuori dal gioco spesso li si può trovare a parlare delle loro ultime gesta in prima persona, il che identifica una grande immedesimazione nel loro ruolo. Ovviante ci sono persone che prendono questi giochi solo dal punto di vista ludico a discapito della vera natura di questo genere, ma la maggior parte di questi giocatori, apprezza il gusto che di trova nel calarsi in panni diversi da quelli quotidiani, spesso completamente discordanti dalla propria natura.
    Sicuramente è questa categoria ad avvicinare di più il ruolo del giocatore a quello dell’attore, perché oltre a personalizzare l’aspetto del proprio personaggio per dare un idea di se ad altri, si basa su l’interpretazione vera e propria al pari di un attore.



3.6 Multiplayer e Singleplayer

Le due categorie in cui si dividono tutti i giochi sono la modalità multiplayer, ovvero il tipo di gioco che ci permette di sfidare altri giocatori attraverso generalmente internet e la modalità singleplayer in cui ci confrontiamo con l’intelligenza artificiale del computer.
Questi due generi sono importanti per classificare le tipologie dei giocatori, in quanto generalmente nei giochi multiplayer, a parte alcune eccezioni, lo scopo è vincere e si instaura una sfida tra i giocatori, questo unito al tempo ridotto che si ha a disposizione per ogni partita rende difficile un’immedesimazione o un “giocar di ruolo”. Il giocatore che decide di partecipare ad una partita a più persone, in genere cerca la sfida e questo gli basta, il giocatore di singleplayer invece, ricerca l’immedesimazione, cerca in pratica la solita soddisfazione che si ha leggendo un libro, migliore sarà il gioco e più sarà appagato il suo desiderio di “fantasticare” per un po’ di tempo nei panni di un eroe medioevale anziché in quelli di un investigatore del futuro.
Alcuni giochi multiplayer, come ad esempio Ultima Ondine, hanno dimostrato che anche questa categoria può offrire un’ immedesimazione abbastanza elevata, ma resta il fatto che molti giocatori, soprattutto i meno navigati ,si trovano in imbarazzo a “recitare” di fronte ad altre persone, anche se coperte dall’anonimato: è un po’ la solita sensazione, anche se in questo caso maggiore, di chi si avvicina ai giochi di ruolo cartacei per la prima volta. Sicuramente è più facile lasciar andare la fantasia quando si è soli all’interno di un mondo fantastico che non si deve condividere con nessuno.