2.1 La nascita del primo videogioco
Per l’apertura nell’ottobre 1958 del Brookhaven National Laboratory, un laboratorio di ricerca nucleare situato a Upton New York, uno dei ricercatori di nome William A. Highinbotham decise di movimentare la visita mostrando qualcosa di diverso dalle solite fotografie e macchinari statici, creando mediante un oscilloscopio una simulazione del gioco del tennis con cui i visitatori potessero interagire.
Gli ci vollero 3 settimane di lavoro assieme a Robert V. Dvorak che si occupò di assemblare questa macchina. Questo primo rudimentale gioco venne chiamato “Tennis for two” (tennis per due). Il gioco era composto da un piccolo schermo da 5”, sul quale si vedeva di lato una pallina che poteva rimbalzare su di una linea di fondo; a rappresentare la rete c’era una piccola linea verticale, il controllo era composto da due scatole con una rotella e un pulsante, attraverso la rotella si poteva influire sull’angolo di traiettoria della pallina mentre il pulsante serviva per colpirla mandandola dall’altra parte del campo. Come gioco, se paragonato ai giochi odierni o anche solo a quelli di qualche anno seguente era veramente rudimentale, ma nonostante ciò colpì profondamente i visitatori che passarono ore a giocarci.
Il gioco riapparve all’apertura del 1959 del Brookhaven, con piccole variazioni : uno schermo più grande e la possibilità di variare la gravità in modo da sperimentare come sarebbe stato giocare a tennis su di un altro pianeta. Dopo questa apparizione il gioco venne smantellato e lasciato da parte, visto che Highbotham pensò che l’idea non fosse degna di avere un seguito. Era il primo videogioco della storia e nemmeno si poteva immaginare a cosa avrebbe portato, infatti nessuno pensò di commercializzarlo o registrarne l’ideazione. L’importanza di questa idea si capì dopo alcuni anni quando si intentò una causa alla Magnavox Videogame che ottenne un brevetto con il suo videogioco Odyssey, e a Highinbotham venne chiesto di testimoniare. Mentre il progetto di Highinbotham parlava di giochi limitati alla simulazione di tennis e ping-pong, come quella dell’Odyssey o l’Atari Pong, la corte deliberò che Odyssey si poteva considerare una piattaforma di videogiochi variabile e perciò la Magnavox ottenne il brevetto; ciò comportava l’imposizione ad ogni altra compagnia che volesse entrare nel mercato dei videogiochi di dover pagare un accordo commerciale alla Magnavox.
La discussione sull’attribuzione dei meriti andò avanti anche fuori dal tribunale; troviamo ad esempio il Brookhaven National Labs e David Ahl che entrambi elogiarono il lavoro di Highbotham. Ahl ricorda di aver provato Tennis for two durante un suo tour al Brookhaven durante la sua infanzia in qualità di vincitore del premio scolastico Grumman. Da quell’esperienza egli prosegui la sua carriera fondando la Creative Computing e recentemente, un influente rivista sull’industria.
Quindi troviamo anche troviamo Ralph Baer, l’inventore di Odyssey e detentore dei diritti sulla produzione di sistemi casalinghi per videogame, durante il processo Baer ebbe modo di studiare il lavoro di Highinbotham e lo definì come una semplice simulazione balistica basata su di un oscilloscopio. Sfortunatamente l’uomo al centro di questa discussione non può difendersi: William Highinbotham, possessore di 20 brevetti riguardanti circuiti elettronici morì il Novembre del 1995, all’età di 84 anni.
2.2 I primi passi nel mondo dei videogiochi
L’invenzione di Highinbotham aveva aperto una nuovo mercato che si sarebbe rivelato presto molto proficuo, le prime sperimentazioni come “tennis for two” erano ancora volte alla realizzazione tecnica del gioco, una volta superato questo limite il mercato si è andato orientando verso aspetti più visibili del prodotto come: sonoro, storia e grafica, perché come sappiamo soprattutto la grafica è una delle cose che per prime colpiscono l’utente.
Dai primi videogiochi in bianco e nero o a fosfori verdi verso quelli dotati dei primi colori il
passo è breve, nascono i primi giochi come: “Space invader”, “Tank”, “Asteroid” (nell’immagine a lato) e “Pac Man”.Guardando questo giochi ai nostri giorni viene da sorridere, ma allora erano qualcosa di innovativo e la mania dei videogame si diffuse velocemente acquistando sempre maggior benevolenza da parte degli utenti. Lo sviluppo del mercato porta ad una maggiore portata di affari e come in tutti i campi una maggiore affluenza di soldi porta ad uno sviluppo costante e rapido del settore : dalle sale giochi i videogame entrano nelle case e le macchine che li fanno girare aumentano di potenza anno dopo anno, si ha una ricerca spasmodica di maggior potenza per poter aumentare la qualità dell’esperienza videoludica.
I primi videogame erano in genere caratterizzati da una visione bidimensionale con sprite colorati che si muovono su un fondale nero.In questa fase si cercava ancora di migliorare l’aspetto tecnico del gioco a scapito di altri settori come quello della grafica, anche perché limitato dalle scarse possibilità delle macchine a disposizione.
L’evoluzione dell’elettronica permette alle software house di approfondire gli aspetti grafici dei videogiochi che comunque rimangono per parecchio tempo bidimensionali, si ha un aumento dei colori su schermo passando dai 8/16 colori dei primi sistemi ai 256 di sistemi più recenti. Siamo ancora lontani dalla qualità odierna ma gia iniziano i primi passi verso una realizzazione grafica di livello superiore. Si avvertono i primi esperimenti di simulare una tridimensionalità all’interno dei paesaggi con una tecnica chiamata parallasse, che consiste in un serie di fondi a varie altezze che scorrono a velocità differenti simulando una prospettiva. Il confronto di questi giochi con i primi videogame è gia sconvolgente ma non si ha ancora una resa che si avvicina al “realismo” sia dei paesaggi che dei personaggi che si muovono sullo schermo. Nel solito periodo nasce un altro genere che attinge dal cartone animato per realizzare dei giochi molto limitati dal punto di vista dell’interattività tra utente e prodotto ma con una veste grafica molto simile alla qualità dei film a cartoni. Pionieri di questo genere chiamato Laser Game sono “Space Ace” e “Dragon’s Lair”, veri e propri cartoni animati con un minimo di interattività, però proprio a causa di questa scarsa “giocabilità” il genere non avrà grande successo.
Il meccanismo evolutivo ormai è innescato e marcia a gran velocità verso la ricerca di una resa realistica del videogioco, di qui a pochi anni nascerà uno dei primi giochi tridimensionali, destinato a diventare un caposaldo della storia dei videogames e a rivoluzionare questo mercato: “Castle of Wolfenstein 3d” della ID software, una piccola software house che si occupava di realizzare piccoli giochi distribuiti gratis o shareware.
2.3 La rivoluzione del tridimensionale
Wolfstein 3d (nelle immagini sopra) ebbe due grandi primati, quello di lanciare una nuova visione dello spazio di gioco e quella di essere uno dei primi giochi a suscitare polemiche per la violenza che si trovava al suo interno.
La ID software non rimase certo con le mani in mano e poco dopo fece uscire un gioco, sempre tridimensionale, che superò sia la fama che la qualità di Wolfestein 3d era il famoso “Doom”, un gioco che qualsiasi giocatore conosce perfettamente. La sua uscita fu una vera rivoluzione, in quel momento era il gioco per eccellenza, seguito poco dopo dall’altrettanto famoso “Doom2”.Entrambi i giochi elevavano la simulazione del gioco di parecchio, portandola a poter simulare una realtà, in quanto esisteva uno spazio 3d. Avevano però ancora un difetto: mentre il fondale era tridimensionale, i personaggi erano semplici sprites 2d, il che non permetteva ancora di raggiungere una resa anche solo avvicinabile alla realtà.
Le case produttrici di hardware seguirono la scia di successo di questi giochi e misero sul mercato le prime schede con accelerazione 3d, che se messe assieme agli allora nuovi processori, ormai molto più potenti, davano possibilità alle software house di creare mondi 3d, anche se le capacità di calcolo erano ancora molto limitate e perciò questi mondi risultavano ancora primitivi e scarni.
Ancora una volta un ruolo di rilievo lo ebbe la ID Software con il suo gioco Quake, che anche se in principio era legato ad una emulazione tridimensionale via software, venne presto aggiornato ai nuovi standard delle schede video accelerate per il 3d, e poco dopo con Quake 2, rivelatosi la “killer application” della nuova scheda 3d Vodoo 2.
Il tridimensionale era diventato un “must” per qualsiasi software house e i giochi che sfruttavano questa nuova tecnologia aumentavano a vista d’occhio, è a questo punto della storia dei video giochi che si può iniziare a trovare delle similitudini con la scenografia, la parte tecnica, che prima era simulata in fase di programmazione, ora era regolata delle schede grafiche di nuova generazione, così che le software house potevano iniziare la ricerca di una resa grafica il più possibile realistica.
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