Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete
di A. Di Corinto e T.Tozzi |
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3.4.
I Movimenti |
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Alla
base dell'hacktivism vi sono i movimenti. Movimenti
sociali, politici, controculturali, underground, artistici, di pensiero,
ecc., ma sempre movimenti. Flussi spontanei di pratiche, comportamenti,
modi di pensare, ecc., che hanno una capacità di contaminare ed
innescare innovazioni e processi sociali molto superiore a qualsiasi
medium e mezzo tecnologico. Alla
base dei movimenti vi sono le persone, individui liberi che si esprimono
riconoscendosi in ideali, comportamenti ed esperienze simili. Una
moltitudine di diversità,una molteplicità di improvvisazioni che
si ritrovano in coro, sono allo stesso tempo la negazione di tutto
quanto appena detto.
Anarchici
per natura, scettici per tradizione 10,
i movimenti sono essenzialmente LIBERI. Sono
una ragnatela tridimensionale di intrecci sociali tra le più disparate
classi, gruppi, individui. E'
stupido cercare di darne una definizione. Ci si riconosce a pelle.
Senza
voler rischiare oltre sulla soglia della definizione di movimento,
per comodità divulgativa e dunque in relazione all'area dell'hacktivism
in questo paragrafo distinguiamo alcune differenti aree di movimento
che hanno usato la telematica con un'attitudine specificatamente
attivista mirata al miglioramento dello stato delle cose. Dell'attivismo
in questo caso si descrive quella parte disposta a "sporcarsi
le mani". Coloro che sono disposti a rischiare la proprià libertà
con azioni al confine o oltre la legalità. Coloro che sono disposti
o semplicemente a rovinarsi una carriera o a rischiare la galera
o nel caso estremo a mettere in gioco la propria incolumità fisica,
pur di perseguire un ideale di liberazione sociale. Se
dunque in certi casi il risultato ottenuto è analogo a quello ottenuto
attraverso pratiche legali, istituzionali o come definirebbe qualcuno
"normali", talvolta succede che solo attraverso l'esistenza
di queste pratiche di movimento si ottengono risultati altrimenti
irraggiungibili. C'è
nelle pratiche descritte in questo paragrafo una dose di incoscienza,
purezza, idealismo, imprevedibilità, spontaneità, ecc., che le rende
fortemente seducenti ed in grado di innescare processi di attrazione
sociale difficilmente ostacolabili dalle strutture al potere. Le
aree con cui organizziamo questo paragrafo sono: le comunità virtuali
di base, il phreaking, la liberazione del software, l'hackeraggio
sociale e il cyberpunk, il cypherpunk, l'underground telematico,
l'EZLN e il movimento di Seattle. Secondo
alcuni intellettuali l'origine dei movimenti controculturali digitali
va trovata nei movimenti degli anni '60. In particolare E. "Gomma"
Guarneri del gruppo Decoder vede nel Free Speech Movement (FSM)
un elemento di svolta per la costruzione di un movimento di difesa
dei diritti sociali che sarà alla base delle lotte successive per
la difesa dei diritti digitali. Il Free Speech Movement di Berkeley
fu "uno dei grandi laboratori dell'innovazione politica che
stette alla base delle lotte per i diritti civili negli USA e dell'intero
'68. Quel movimento era nato in maniera estremamente semplice presso
l'Università di California, come reazione all'introduzione di un
regolamento molto rigido che negava alle associazioni studentesche
di poter diffondere le proprie idee all'interno del campus. Alcuni
studenti decisero di creare una sorta di fronte comune tra le diverse
associazioni, di destra e di sinistra, per contestare la decisione
accademica e lanciare una lotta per la "libertà di parola"
(free speech). Tra sospensioni di studenti, numerosi sit-in e sleep-in
intorno alle auto della polizia con all'interno dimostranti fermati,
con una tattica d'azione diretta pacifica, (...) nel giro di tre
settimane il Free Speech si trasforma in un movimento di grandi
dimensioni. Il nucleo originario del Free Speech, antiideologico
per scelta, aveva solo tentato di affermare il principio, sancito
dal Primo Emendamento della Costituzione Americana, del diritto
alla libertà d'espressione" (Guarneri, 1999a, pag.60-61). Se
nascono movimenti come il FSM è perché ci sono situazioni internazionali
in cui il diritto viene calpestato da chi è più potente. Situazioni
in cui l'appellarsi alla giustizia civile e democratica non produce
alcun esito positivo. E' il caso, ad esempio, di ciò che avvenne
quando la Corte Internazionale di Giustizia "condannò l'uso
illegale della forza da parte degli Stati Uniti (che avevano minato
i porti del Nicaragua) e ingiunse a Wahington di porre fine al crimine,
senza dimenticare di pagare danni e interessi rilevanti. Gli Stati
Uniti replicarono che non si sarebbero piegati a tale giudizio e
che non avrebbero più riconosciuto la giurisdizione della Corte"
(Chomsky, 2001, pag. 1). Un
altro esempio è quello dell'attività dell'Unesco che tra la metà
degli anni settanta e la metà degli anni ottanta
diventerà un forum per le richieste del Sud del mondo riguardo
alla "decolonizzazione dell'informazione" e di come a
queste richieste gli Stati Uniti risponderanno nel 1985 ritirandosi
dall'Unesco (Roach, 1993, pag. 24-29; vedi anche BBS, Pacifisti,
Telematica di base, Community Network e Hobbyst). E' il caso dei
palestinesi che aspettano ancora il rispetto di una risoluzione
dell'ONU che prevede il ritiro degli Israeliani dai territori occupati.
Questi e molti altri esempi sono la dimostrazione di come la potenza
economica e militare venga spesso trasformata in terrorismo di Stato
per calpestare i diritti umani 11. Sono
esempi di situazioni la cui risposta sul piano del diritto non ha
efficacia. A
un analogo stato di ingiustizia nel campo della comunicazione e
delle nuove tecnologie dell'informazione, ma in generale in ogni
settore sociale, rispondono dunque quei movimenti che non volendo
sporcarsi le mani di sangue sono però disposti a scendere in piazza
per difendere i propri diritti, realizzare operazioni extra legali
che hanno il fine di svelare i soprusi e le menzogne, o ancora restituire
alla gente ciò che è un loro diritto e che viene invece negato attraverso
politiche inique ed ipocrite. Sono dunque atti extra legali non
fatti per soddisfare interessi privati (qual'è la linea comune dei
potenti che governano il mondo), ma per il bene dell'umanità. Atti
illegali, ma pacifici. Sia chiaro cioè che l'illegalità di cui si
parla non provoca sangue, non crea guerre e non comporta distruzioni.
Si parla di finalità di riappropriazione e redistribuzione equilibrata
delle risorse. Spesso
c'è un forte interesse verso la parte di ricerca tecnica legata
alle nuove tecnologie della comunicazione ed una forte passione
verso un suo continuo miglioramento. Un miglioramento inteso non
sempre sul piano qualitativo, quanto di ottimizzazione delle prestazioni
di tecnologie volutamente povere per garantirne la massima diffusione
(il caso, ad esempio, degli algoritmi di compressione per rendere
più veloce la trasmissione in rete). Ciò non deve però avvallare
lo stereotipo legato alla figura degli hacker: dopo l'abbinamento
hacker=criminale, ora sembra si voglia far passare la linea hacker=smanettone.
Tale linea sembra voler creare un'elité di adepti di una congrega
di specialisti in competenze legate alla sicurezza dei sistemi telematici.
Una sorta di setta segreta a cui si accede solo dimostrando di avere
competenze tecniche particolarmente approfondite. Di fatto hacker
è un termine la cui definizione non può essere applicata a un caso
singolo, in quanto hacker si è all'interno di una collettività.
Una moltitudine talmente variegata che al suo interno è in grado
di contenere figure specializzate non solo nel campo tecnico, ma
anche in quello politico, artistico, filosofico, psicologico, sociologico,
mediologico, giuridico, umanitario, ecc., ed ognuna di queste persone
diventa, nel gruppo, un hacker. Questa
attitudine comunitaria è una delle principali forze dei movimenti
e in particolare dei movimenti hacker. L'hacktivism è un organismo
collettivo molto delicato e debole, il cui battito di ali in un
luogo può avere effetti prorompenti sulla società civile globale. |
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