Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete
di A. Di Corinto e T.Tozzi |
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2.4.
difendere e/o organizzare i diritti |
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Le grandi
corporation cercano di trasformare Internet ed il web in uno strumento
di marketing personalizzato su scala globale per ridurre i costi delle
proprie transazioni finanziarie e commerciali; i governi vedono a
Internet come strumento per l’attuazione di una governance mondiale,
mentre gli attivisti digitali usano la rete per contrastarne i piani
e intervenire sulle grandi questioni dello sviluppo economico, dell’ambiente,
delle libertà e dei diritti civili, con l’obiettivo di contrapporre
alla sregolata globalizzazione dei mercati e dei capitali la globalizzazione
dei diritti e delle opportunità secondo il principio dell’autogoverno. Si tratta
di obiettivi perseguiti attraverso la costituzione di organizzazioni,
fondazioni, gruppi di difesa, spazi, reali e virtuali, e con la realizzazione
di eventi, meeting, media ed azioni. Mentre l’affermazione
di questi diritti può seguire percorsi istituzionali, prevedere forme
di lobbying o essere il risultato di un «progettazione sociale» degli
strumenti di comunicazione 32, un approccio
peculiare è quello di chi si pone in un atteggiamento attivo nel difenderli
e organizzarli attraverso un particolare tipo di agire politico, l’azione
diretta in rete, realizzata con gli strumenti propri del territorio
digitale. Le «azioni»
sulla rete possono essere suddivise grosso modo in tre ampie tipologie:
le campagne di informazione, le iniziative di protesta e il sabotaggio
informatico costituiscono l’esemplificazione più immediata del rapporto
fra l’hacking e l’activism. Le prime, cioè le campagne di informazione,
riguardano soprattutto la produzione e la diffusione in rete di contenuti
che non superano la soglia dei media tradizionali. È il caso delle
agenzie di informazione indipendenti su Internet, dei network per
la pubblicità etica, dei news services dei portali non-profit. Le iniziative
di contestazione e di protesta invece, si concretizzano nei sit-in
virtuali e nei cortei telematici – di fax, Sms, email, sul web – ma
possono assumere la forma della diffusione di programmi coperti da
copyright, della scrittura di software anticensura e di virus creativi,
ecc.. Le azioni di contestazione sono spesso organizzate all’interno
di specifiche campagne di informazione. Le altre,
quelle che provocano il danneggiamento dei nodi di comunicazione del
target avversario, sono forme di sabotaggio informatico propriamente
dette. Il sabotaggio
informatico mira infatti ad arrecare un danno, che in genere si concretizza
nel blocco permanente o temporaneo delle attività di comunicazione
o nel danneggiamento delle infrastrutture del «target» e può essere
in rari casi usato come forma estrema di protesta nei casi di censura,
sopruso, malgoverno, quando altre azioni non sono considerate possibili
o efficaci. Ad ogni modo
il confine che separa le differenti forme di attivismo e protesta
digitale è assai sfumato allorché coloro che le promuovono e le praticano
perseguono gli stessi obiettivi con mezzi differenti oppure adottano
tecniche simili per fini diversi. All’interno della stessa tipologia
di azione quindi confluiscono spesso pratiche ed esperienze tipiche
di altre tipologie che noi manterremo distinte solo per esigenze espositive. Inoltre queste
azioni possono essere ulteriormente distinte in relazione alla loro
natura collettiva o individuale, pubblica o privata e, in ragione
degli ordinamenti legislativi dei singoli paesi, possono essere di
natura legale o extra-legale. Ad esempio,
gli stessi cortei telematici sono da taluni considerate forme di sabotaggio,
in quanto interrompono dei servizi sulla rete, mentre altri le ritengono
forme di protesta politica perfettamente legittime e in quanto tali
da tutelare come parte integrante della libertà di espressione.
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