Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete
di A. Di Corinto e T.Tozzi |
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2.4.1.
Campagne di Informazione |
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Le campagne
servono soprattutto a informare, ma anche a organizzare e mobilitare
i soggetti che praticano l’azione diretta attraverso un agire propriamente
comunicativo. Le campagne assolvono anche lo scopo di bucare l’agenda
dei media verticali (broadcast media) e quello di sensibilizzare l’opinione
pubblica più ampia. Per questo
fanno uso di differenti strumenti e di codici comunicativi che vanno
dall’apertura di un sito informativo al deturnamento linguistico e
concettuale dei messaggi politici e pubblicitari. Ma, esattamente,
a che servono le mobilitazioni in rete? Probabilmente
ciascuno può trovarvi un motivo diverso, coglierne aspetti differenti,
focalizzare un aspetto anziché un altro in relazione alla propria
cultura e alla propria sensibilità. Tuttavia ci sono delle motivazioni
generalmente condivise fra i partecipanti alle azioni in rete, che
sono: a) far conoscere
a tante persone un caso di abuso o di malgoverno, di censura o di
repressione; b) avviare
una discussione fra persone che possa aiutare a conoscere le dimensioni
del problema e a porlo come tale; c) costruire
modalità collettive di intervento per affrontare il problema; d) attivare
forme di collaborazione con altri gruppi e associazioni attive al
di fuori della rete; e) bucare
l’agenda mediatica e comunicare il problema all’opinione pubblica
più vasta; f) supportare
a livello mediale le rivendicazioni di movimenti locali e globali; g) far conoscere
le forme di sabotaggio, resistenza e conflitto che dalla rete possono
essere praticate; h) allargare
la comunità degli attivisti della rete; i) sperimentare
forme di disobbedienza civile in grado di influenzare uno scenario
dato laddove non sono possibili altre forme di intervento; l) colpire
interessi materiali e simbolici (d’immagine), per contrattare una
soluzione favorevole ai movimenti che la propongono; m) prefigurare
eclatanti forme eclatanti di opposizione e sabotaggio; n) far inserire
il tema nell’agenda politica. Le campagne
in rete servono a dimostrare che esiste un’opinione pubblica attenta
e determinata capace di costruire la propria comunicazione.
The Art of
campaigning Ma come si
fa una campagna di informazione quando non hai i soldi delle multinazionali? Anche qui
la ricetta non è unica. L’obiettivo è quello di rendersi «visibili»
attraverso azioni «fisiche» e di utilizzare tutti i media possibili:
Tv, Radio, Stampa nazionale e locale, Internet (newsgroup, mailing
list, siti web, videoconference, broadcast via cellulare). Da tempo sulla
rete circolano un elenco di pratiche e i links alle risorse disponibili
in rete per apprendere come realizzare delle campagne efficaci. The protesters’
kit by enkidu@ecn.org – Preparare
un comunicato stampa multilingue http://www.urban75.com/Action/media.html
– Organizzare
una conferenza stampa – Organizzare
dibattiti dal vivo – Preparare
interventi e presenze di testimoni diretti e di esperti del settore – Organizzare
un punto d’ascolto: luogo fisico o linea telefonica diretta – Realizzare
materiali video: http://www.papertiger.org/index.php?name=roar-index
– spot televisivi
(anche d’animazione), – documentari,
– docufictions, – dirette,
– videocassette,
– streaming
video http://italy.indymedia.org/searchprocess. php3?medium=video
– Realizzare
trasmissioni e spot radiofonici o una web-radio (es.: www.radiogap.net
) – Distribuire
gadgets con loghi e slogan (quelli deturnati del target o quelli della
campagna) impressi su magliette, spille, accendini, e su qualsiasi
oggetto d’uso comune di basso costo. – Distribuire
flyers (volantinaggio) http://www.urban75.com/Action/flypost.html
– Attaccare
manifesti e vignette sui muri http://www.ecn.org/sciattoproduzie/index.htm
– Realizzare
piccole pubblicazioni: instant-books, fanzine, fogli territoriali
http://www.urban75.org/archive/news073.html – Mostre fotografiche
(anche itineranti o sul web) http://www.ecn.org/agp/index1.html
– Raccolta
fondi: Aste di beneficienza o mutual funds http://www.rtmark.com/mutfunddesc.html
– Banchetti
informativi per le strade (manifesti, volantini, megafono, amplificazione) – Petizioni
su carta (anche con un notaio) – Fare striscioni
da portare in strada – Appendere
striscioni e teli dalle finestre – Registrare
sulla propria segreteria telefonica appuntamenti e slogan della campagna – Azioni per
le strade (caroselli, buskers, teatro-azione, modifiche dell’arredo
urbano) http://www.gn.apc.org/rts/sortit.htm – http://www.reclaimthestreets.net
– http://www.urban75.com/Action/reclaim14.html – Lettere
e fax ai giornali, ai politici, ai partiti, alle istituzioni (è necessario
aver organizzato un buon indirizzario) – Adesivi – Posters – Faxstrike
(corteo di fax indirizzati allo stesso numero) www.chl.it – Phone-strike
(corteo di telefonate allo stesso numero)
Usare Internet
32 Le campagne
che si svolgono in prevalenza su Internet, invece adottano queste
modalità:
– Siti web
informativi della campagna: per imparare a farne uno cerca su www.avana.forteprenestino.net http://www.ecn.org/xs2web/guida.htm
– Faq Frequently
Asked Questions, cioè domande ricorrenti e relative risposte sulla
campagna – Web-banner
(statico o animato, testuale o pittorico) – Video-banner
– Screensaver
– salvaschermo coi contenuti della campagna: slogan o immagini) – Metatags
– uso «intelligente» dei comandi e delle informazioni interni al codice
Html delle pagine web per un corretto inserimento delle informazioni
nei motori di ricerca in modo da favorire l’indicizzazione dei contenuti
nei livelli alti del top -ranking – Inserimento
degli indirizzi web della campagna nei motori di ricerca (con software
appositi o attraverso i moduli elettronici dei motori stessi) – Link-exchange
– scambio di links reciproco con siti affini e solidali con la campagna – Links page
http://www.tmcrew.org/g8/links.html – Same homepage
– sostituzione della propria home page con slogan o foto identificative
della campagna e successsiva duplicazione su tutti i siti possibili – Net-ribbons
– «fiocchi di protesta» grafici (come quelli della campagna contro
l’Aids) – Mirrors
– duplicazione dei siti e del materiale informativo su web-server
diversi – email signature:
firma automatica con slogan e info ad ogni messaggio email spedito
– Petizioni
elettroniche (con l’uso di moduli o forms, oppure via email) – Netstrike
www.netstrike.it – E-mail strike
(corteo di email indirizzati allo stesso indirizzo) – Site cloning
– Clonazione formale e stilisticamente identica dei siti ufficiali
target della campagna con contenuti alternativi) – Pagine wap
– pagine web di informazione accessibili via cellulare – Loghi per
cellulari
Un po’ tutti
questi elementi sono presenti nelle campagne di informazione più note
sviluppate in rete: quelle contro la McDonald’s www.mcspotlight.org,
il Buy Nothing Day (la Giornata del Non Acquisto) www.adbusters.org,
la Campagna Abiti Puliti www.cleanclothes.org, quella contro la tariffa
urbana a tempo, la NoTut, le iniziative contro la Siae per il NoCopyright
www.netstrike.it (UnSiae), per la liberazione di soggetti politici
come Silvia Baraldini e contro la pena di morte comminata a Mumia
Abu Jamal (Free-Mumia e Free-Silvia www.malcolmx.it ). Ne ricordiamo
alcune tra le più efficaci.
McDonald’s
al microscopio – http://www.mcspotlight.org Il sedici
ottobre è la giornata internazionale contro la McDonald’s, ma anche
la ricorrenza della più vasta campagna di protesta supportata via
Internet da quando, nel 1996, Helen Steel e Dave Morris lanciarono
il sito Internet McSpotlight (McDonald’s al microscopio), usando un
pc portatile fuori di un ristorante della famosa catena di fast food
in Central London. La campagna
era cominciata con la citazione in giudizio di due attivisti di Greenpeace
London per aver pubblicato nel 1985 un volantino in cui accusavano
la multinazionale di crudeltà verso gli animali, di vendere cibo non
salutare, di plagiare i bambini con la pubblicità, di distruggere
le foreste e, infine, di attentare ai diritti dei lavoratori. La McDonald’s
condusse una pressante campagna denigratoria nei confronti dei due
invitandoli a comparire in tribunale. Per far fronte al processo,
individuare testimoni e chiedere il sostegno dell’opinione pubblica
gli attivisti pubblicarono un sito che ricevette subito milioni di
attestazioni di solidarietà. Attraverso di esso i sostenitori della
campagna distribuirono un cd-rom del sito stesso e un video-documentario,
le prove dei «crimini» della McDonald’s raccontati da esperti, manager
della stessa azienda e testimoni del famoso processo Mclibel, e inoltre
la versione stampabile dei volantini che spiegavano i motivi del boicottaggio,
e un volantino a fumetti che spiegava ai più piccoli perché è meglio
non mangiare da McDonald’s. Sul sito http://www.mcspotlight.org
c’è proprio di tutto: i comunicati stampa e le dichiarazioni dei protagonisti
della campagna, le immagini della street parade londinese antiMac,
la polizia antisommossa davanti a uno dei ristoranti della catena,
picchetti e dimostrazioni a Pechino, una raccolta di vignette satiriche,
interviste a dietologi e medici, libri, la contropubblicità dei manifesti
di McDonald’s ritoccati con l’indirizzo di mcspotlight, le prove e
le trascrizioni del processo. Al termine
del processo, il più lungo della giustizia civile inglese, gli attivisti
avevano provato che McDonald’s «sfrutta i bambini» con la sua pubblicità,
mente quando sostiene che il suo cibo è nutriente, mette a rischio
la salute dei suoi clienti abituali ed è «colpevolmente responsabile»
di crudeltà verso gli animali. Inoltre è «strongly antipathetic» verso
i sindacati e paga troppo poco i lavoratori. Successivamente
i lavoratori della catena hanno dato vita alla Workers Resistance
Against McDonald’s www.wram.cjb.net diffondendo la loro protesta al
suono di «dignity, decence, respect» www.chainworkers.it Solo in Italia
sono circa 20 i siti che partecipano alla campagna internet anti McDonalds’. Insomma un
esempio da manuale di come si può condurre una campagna d’opinione
usando la rete.
Clean Clothes
campaign = Campagna abiti puliti http://www.cleanclothes.org
Come recita
il payoff della campagna, essa è diretta a migliorare le condizioni
di vita dei lavoratori dell’abbigliamento in tutto il mondo. Poiché i lavoratori
dell’industria dell’abbigliamento si confrontano quotidianamente con
la riduzione dei salari, il peggioramento delle condizioni di lavoro
e i conseguenti problemi di salute e di sicurezza insieme al rischio
di perdere il lavoro, obiettivo degli attivisti è quello di suscitare
la consapevolezza del pubblico su questa situazione per fare pressione
sulle industrie a livello locale e internazionale. La Ccc è iniziata
nel 1990 nelle Paesi Bassi per far conoscere ai rivenditori le condizioni
in cui sono prodotti vestiti e abiti sportivi. Gli organizzatori delle
campagne sono in contatto via Internet con molte organizzazioni, soprattutto
quelle dei Paesi dove gli abiti sono prodotti e così agiscono in network
per attirare l’attenzione sui diritti dei lavoratori. A portarla
avanti ci sono gruppi di consumatori, sindacati, organizzazioni per
i diritti umani e i diritti delle donne, ricercatori, gruppi di solidarietà
e attivisti politici. Ciascuno lavora sul locale, ma tutti si coordinano
per le azioni internazionali.
No-Borders
– No One is Illegal Campaigns = Senza Confini – nessuno è illegale http://www.contrast.org/borders Campagna contro
la globalizzazione selvaggia che produce migranti e clandestini. Obiettivo
della campagna è quello di capire e attaccare i meccanismi repressivi
della collaborazione internazionale fra gli stati che produce le nuove
forme di esclusione, e di sostenere un nuovo abolizionismo contro
ogni forma di confine e di apartheid dentro e fuori dalle frontiere
degli stati nazionali. L’aspirazione è quella di connettere i movimenti
e le lotte sociali unendo strategie artistiche e intervento politico,
media tattici e real life militance. http://free.freespeech.org/online-demo/uk/index.html
No One is
Illegal ha realizzato una protesta elettronica contro il business
della deportazione degli immigrati non regolari. Il target è stato
la compagnia aerea Lufthansa che in Germania organizza i voli per
il rimpatrio.http://www.deportation-alliance.com
Buy Nothing
Day http://adbusters.org/campaigns/bnd
Da otto anni,
attraverso il loro sito, gli Adbusters www.adbusters.org invitano
tutti a partecipare al Buy Nothing Day, la giornata del non acquisto,
il 23 di novembre al termine del Giorno del Ringraziamento (il Thanksgiving),
che in America è il giorno degli acquisti per antonomasia. I famosi culture
jammers (agitatori culturali) nordamericani, specializzati nella contropubblicità
di alcool, sigarette, profumi e automobili, invitano tutti a dedicare
il proprio tempo agli affetti anziché allo shopping. Da quando fu
lanciata nel 1994, la giornata del non acquisto è diventata la celebrazione
del consumo consapevole e del vivere semplice. Replicata ogni anno,
la campagna ha acceso un vasto dibattito, è stata presentata alla
radio e nei talk shows e si è fatta conoscere da tutti. Altrettanto
fantasiosa è l’inziativa del Buy Nothing Day Contest, un premio per
chi inventa la migliore contropubblicità. L’invito degli organizzatori
è quello di rispondere al senso di inadeguatezza che la pubblicità
induce – quando ci invita a riempire le nostre insicurezze comprando
cose di cui non abbiamo bisogno – diventando consapevoli che il consumismo
sfrenato ci rende responsabili dello sfruttamento intensivo delle
risorse naturali.
1997 The «Stop
Bill Gates before it’s too late» campaign (This campaign
was launched on: december 20th 1997 – by: Peter Baaij – from: www.x-oc.com
)
The «Stop
Bill Gates before it’s too late» campaign è una delle tante iniziative
tese a contrastare il monopolio del software da parte della Microsoft
sollecitando gli utilizzatori di personal computer a installare un
software per la navigazione in Internet diverso da quello diffuso
dalla casa madre di Redmond, Windows Explorer. Come? Con
uno script che compare sullo schermo del proprio pc alla connessione
ai siti della campagna, con un avviso, dentro un pop-up menu, che
invita a leggerne e a condividerne le motivazioni ricordando che il
monopolio è una minaccia alla concorrenza e all’innovazione e inoltre,
mantiene surrettiziamente alti i costi del software. I promotori,
certi che il monopolio dei software per accedere alle informazioni
presenti sul web sia l’anticamera del controllo del traffico e dei
dati su Internet, ritengono che, avendo Gates forzato le case produttrici
di computer a vendere i loro pc con il browser preinstallato – una
iniziativa che gli ha causato un processo federale per essere contravvenuto
alle leggi Anti Monopolio –, ha contribuito a rendere gli utenti di
Windows analafabeti informatici, incapaci di scegliere e installare
un browser alternativo a quello di Microsoft. Anche facendo accordi
commerciali come quello del novembre 1997, quando la Times Warner
e Disney decisero che alcuni loro prodotti fossero disponibili sulla
rete soltanto usando Explorer. I promotori rincarano la dose ricordando
l’attività lobbistica di Gates al Congresso americano. Così «per fermarlo»,
propongono di fare informazione sulla situazione di monopolio usando
lo script nelle proprie homepage. Lo script avvisa della campagna
e chiede se si vuole installare un software alternativo a quello individuato
sulla macchina dell’utente, cioè explorer. Per incoraggiare
gli utenti a farlo i promotori della campagna offrono il loro aiuto
e mettono a disposizione un elenco di indirizzi di posta elettronica
a cui chiedere informazioni per la nuova installazione.
Dall’analogico
al digitale Ma, dicevamo,
le campagne servono soprattutto a informare. Nel passaggio
dalla protesta analogica a quella digitale, l’utilizzo dei siti web
come bacheche informative rappresenta la trasposizione digitale dei
tatzebao, dei manifesti murali e dei volantini. L’uso della posta
elettronica sosituisce il fax e le lettere di protesta, mentre le
petizioni elettroniche sono l’estensione digitale dei banchetti per
le firme all’angolo della strada. Lo streaming audio e video di eventi,
manifestazioni e cortei non si differenzia dalla logica di diffusione
di altri sistemi broadcast come l’uso delle radio libere, l’autogestione
del palinsesto di Tv indipendenti o gli spot a pagamento delle televisioni
commerciali. Ma le pratiche
antagoniste sulla rete assomigliano solo apparentemente a quelle tradizionali
proprie del mondo analogico. Per una serie di motivi. La discontinuità
concettuale e metodologica delle pratiche dell’antagonismo in rete
rispetto alle forme di contestazione tradizionalmente attuate nelle
strade e nei luoghi di lavoro sta nei caratteri propri del mezzo Internet
che è globale, multidirezionale, economico al punto che anche un singolo
può portare i suoi contenuti al mondo e chiedere di condividerli. Così gli strumenti
offerti dalla rete sono usati in numerose occasioni dove è necessario
«far conoscere» una situazione di abuso, censura, malgoverno, per
rendere pubblici un crimine o un disastro ignorati o distorti dai
media ufficiali, per illustrare una critica radicale a un’audience
ampia e diversificata che non sarebbe stato possibile raggiungere
con i metodi tradizionali per ovvi vincoli temporali, spaziali ed
economici. Non è una
novità che mentre le grandi corporation cercano di trasformare Internet
ed il web in uno strumento di marketing personalizzato su scala globale
gli attivisti digitali, invece, pensano la rete come lo strumento
più adatto per intervenire sulle grandi questioni dello sviluppo economico,
dell’ambiente, delle libertà e dei diritti civili, globalizzando rivendicazioni
e proteste. L’antagonismo
in rete rappresenta l’altra faccia della globalizzazione economica.
Così come si intensificano gli scambi commerciali e l’economia diviene
virtuale, mentre la legislazione si adegua a esigenze transnazionali,
rincorrendo i cambiamenti introdotti dalla comunicazione globale,
così i movimenti esprimono rivendicazioni universali e globalizzano
la rivendicazione dei diritti.
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