D: Lei ha accennato ai fatti accaduti l'11 Settembre: quali
sono state e saranno, a suo giudizio, le conseguenze di tali eventi
sui nuovi media e sulla trasmissione delle informazioni?
R: Su quei fatti, in generale concordo con un giudizio
che ha espresso Mario Tronti: il crollo delle Twin Towers non è
un evento “epocale”, nel senso che non esprime una svolta
della storia che non era emersa chiaramente prima, non illumina una
nuova tendenza che solo quell'evento rende visibile. Non ha la forza,
insomma, delle bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki dell'Agosto 1945,
alla cui ombra ancora oggi ci troviamo. Il crollo delle torri, e gli
eventi successivi che esso ha messo in moto, esplicitano solo più
chiaramente ciò che era visibile da prima: che il capitalismo
postfordista è generatore di un conflitto a livello mondiale
potenzialmente distruttivo, perché richiede alla dimensione politica
nazionale (cioè alla superpotenza mondiale, gli USA) una funzione
di “regolazione” dei mercati che genera disuguaglianza politica,
miseria e sottosviluppo (ed eccita reazioni violente) nelle aree del
mondo che esso stesso esclude. Questo è uno dei migliori esempi
di “doppio legame” (nel senso di Bateson) che oggi ci siano:
esortare le masse diseredate del terzo e quarto mondo (oltre a quelle
presenti nei paesi sviluppati) a invidiare, e quindi cercare di raggiungere,
il livello di vita dei paesi più ricchi, da un lato, e dall'altro
concretamente impedire questo raggiungimento perché l'esistenza
di paesi sottosviluppati (e quindi di forza lavoro a basso costo) è
funzionale al modello postfordista. Come ha scritto e dimostrato benissimo
Noam Chomsky, gli USA sono oggi il principale paese terrorista, o “paese
canaglia”, del mondo. Quindi non credo che gli eventi dell'11
Settembre avranno delle conseguenze particolari sui nuovi media, se
non forse quello di accentuare una tendenza già presente prima
dell'11 Settembre, e cioè piegare anche i nuovi media alle esigenze
politiche dei paesi ricchi, generare nuovo asservimento dell'informazione
(basti pensare all'impossibilità di fare veri reportage di guerra
dall'Afghanistan), tentando di diffondere un modello di Internet sempre
più “televisivo”. Ragione di più per sostenere
tutte le reti di informazione indipendente e autogestita che ancora
oggi (per fortuna) esistono in rete, come per esempio Indymedia (in
USA e in Europa).
D: Secondo lei, lo sviluppo di Internet deve essere regolato
a livello legislativo?
R: Sono molto diffidente verso ogni regolamentazione
legislativa di Internet, perché con il pretesto della caccia
ai pedofili o ai mafiosi etc. i governi tendono a limitare la libertà
di espressione e di informazione, che anche le grandi aziende tendono
- a modo loro - a ridurre, ma con conseguenze (su questo piano) meno
dirompenti di quelle dei governi. Una battaglia coerente per conservare
a Internet il suo carattere orizzontale, aperto, libero e non coercitivo,
passa oggi a mio parere per il rifiuto di ogni restrizione legislativa
ai server e ai nodi della rete. Dico oggi, in futuro o in diverse situazioni
non so, si potrebbero anche fare battaglie “all'interno”
delle leggi, per attenuarne il carattere limitativo e assicurare con
strumenti di diritto spazi di libertà. Ma in generale, credo
che sul terreno delle libertà e dei diritti fondamentali, meno
si legifera e meglio è. Eventuali reati commessi su Internet
possono essere repressi con strumenti legislativi analoghi a quelli
che si usano per la stampa scritta, il telefono, etc., ma tenendo conto
del carattere più aperto e orizzontale delle tecnologie informatiche
rispetto a quelle tradizionali. Per esempio, equiparare i siti di notizie
autogestite a dei giornali, e imporre loro un direttore responsabile
etc. (come ha fatto recentemente il Parlamento italiano), a mio parere
è controproducente, ed è già uno strumento di restrizione
alla libertà di espressione. Analogo effetto avrebbe una legge
che stabilisse la responsabilità penale dei provider per reati
commessi da loro abbonati usando i loro server (un principio a cui ancora
oggi molti pensano, a destra e a sinistra).