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Per il nostro wired le realtà virtuali rappresentano una frontiera strategica, che va ben al di là dell'attuale livello della tecnologia o delle applicazioni presenti e future. Questi sistemi riproducono in un mondo artificiale, "irreale" secondo la nozione tradizionale ingenua di realtà, le condizioni della percezione umana. L'immaginario qui collassa sul reale in un senso molto radicale: le realtà virtuali costituiscono sono un'estensione di tutto il nostro corpo, in senso sia "fisico" che "mentale". L'estensione di un singolo senso, di una singola funzione logica o mentale, operata dalla tecniche che si sono succedute nella storia dell'uomo, aumenta sensibilmente lo spazio di libertà di quel senso, di quella funzione: ma insieme genera una autoamputazione simbolica, e quindi uno stato insieme di eccitazione e di confusione, che necessita di una anestesia locale o globale. Nello stesso modo le realtà virtuali forniscono a tutto il nostro corpo una impensata e inedita libertà, ma al tempo stesso ci impongono un senso di spaesamento, rendono in qualche modo problematica la nostra identità. Esse portano alle estreme conseguenze un processo che era già latente nella televisione e nei videogiochi, un processo di disseminazione del corpo, di uscita dai suoi limiti fisici tramite le protesi comunicative che coprono il pianeta. L'uomo contemporaneo vive già, come aveva detto McLuhan, con "il cervello fuori dalla testa e i nervi fuori dalla pelle", e quindi in qualche modo il suo corpo è già potenzialmente disseminato, almeno con singoli organi: tramite la televisione il suo occhio è in tutto il mondo, tramite il telefono lo è il suo orecchio. Ma con le realtà virtuali ciò assume un significato più radicale e più letterale, che sarà sempre più evidente mano a mano che esse potranno diffondersi sulle reti con una plausibilità accettabile. La telepresenza, per esempio, permette a un robot (situato in un ambiente lontano o nocivo) di ripetere gli stessi movimenti compiuti da un operatore umano ad esso collegato tramite un computer: in questo caso l'operatore possiede allora in qualche modo un altro corpo, un corpo replicante, e l'accuratezza della copia, la precisione dei movimenti ripetuti, in linea di principio è migliorabile quanto si vuole. Non solo: nella realtà virtuale (e ciò è particolarmente importante nel cosiddetto "cibersesso") io posso "vestire" il corpo sintetico che preferisco. Posso essere un uomo, ma anche un leone, un'aquila, qualsiasi animale, e anche un oggetto, un qualsiasi oggetto, che simulerà i miei movimenti secondo la traduzione cinestetica che decido di scegliere. E ancora: non c'è limite all'esperienza sinestetica: ogni senso può essere tradotto in un altro, a piacere. I suoni possono diventare colori, i colori sensazioni tattili, le sensazioni tattili forme, in un'orgia sensoriale che farebbe impazzire di piacere i futuristi. Non ci stupisce quindi che il paradigma tradizionale interno/esterno salti, oggi, in modo particolarmente eclatante. La proposta settecentesca di Lamettrie di leggere l'uomo come una macchina si rivela inadeguata non per troppa radicalità, ma al contrario per troppo timidezza. E' naturalmente troppo ingenua e riduttiva dato lo stato attuale della tecnologia, ma soprattutto non dice nulla sugli impalpabili, immateriali legami comunicativi che legano l'uomo ai suoi simili e alla pelle artificiale (un po' cablata un po' eterea) che oggi ricopre il pianeta. E infatti l'immagine dell' "uomo-macchina" non può tornare oggi se non nella forma metaforica e orrorifica in cui è stata resa visibile da Cronenberg in Videodrome, con l'uomo trasformato in un videoregistratore vivente, con l'interno del suo corpo che si apre ad accogliere la cassetta, o la pistola, e col riemergere di questi oggetti ritrasformati, riplasmati, nuovi feti della "nuova carne": e con il corrispettivo di quel corpo, l'oggetto inanimato, la cassetta sempre, o il televisore, che si animano, pulsano, parlano e irradiano attorno a sé un campo insieme attrattivo e repulsivo, oltre l'erotismo, come è già il corpo scomposto e macchinizzato della pornografia.