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Lo slang americano ha saputo leggere con lucidità e ironia questo mutamento antropico: il participio passato aggettivato wired, infatti, indica nello slang un tipo nervoso, sovreccitato, preoccupato, e poi anche (wired up) intossicato dall'alcol o dalla droga. Anche McLuhan ha colto queste trasformazioni. "Il mezzo, o il processo, dei nostri tempi, cioè la tecnologia elettrica," scriveva nel 1967, "sta ristrutturando tutti i modelli di interdipendenza sociale, tutti gli aspetti della nostra vita individuale. Ci costringe a riconsiderare da un punto di vista pratico i pensieri, le azioni, le istituzioni, che fino a ieri davamo per acquisiti. Tutto contribuisce a cambiarci: la nostra educazione, la nostra famiglia, i nostri vicini, il nostro lavoro, il nostro governo. E tutto questo sta cambiando il nostro rapporto con 'gli altri' ". Questa citazione (le parole sparse, scattered), campeggia su quattro pagine coloratissime piene di immagini a metà tra la psichedelia e l'informatica, nel primo numero (aprile 1993) di una rivista americana prodotta a San Francisco, diretta e pubblicata da Luis Rossetto. Il titolo: Wired. "Perché Wired?" si chiede Rossetto nel breve editoriale del primo numero. "Perché la rivoluzione digitale sta squassando la nostra vita come un tifone tropicale, e i media tradizionali brancolano nel buio, mentre le riviste di computer cercano solo di venderci gli ultimi modelli delle loro macchine, e nessuno si interessa del cambiamento sociale che stiamo vivendo, un cambiamento così profondo che può essere paragonato solo alla scoperta del fuoco. Nell'era del sovraccarico informativo, il significato e la ricerca del contesto sono merci sempre più rare. Ai nostri autori chiediamo di stupirci, di dirci cose che non abbiamo mai visto in un modo che non abbiamo mai sentito, di mettere alla prova le nostre convinzioni. Questa rivista è destinata a coloro che cercano la nuova anima di questa società in piena trasformazione." Non facciamoci ingannare dal tono tra il profetico e il retorico, o dall'apparente riferimento al pensiero critico ("il significato è una merce sempre più rara"). Wired funziona benissimo per capire la "generazione digitale", questo incrocio tra controcultura underground e passione per la tecnologia che, precisamente individuato da Bruce Sterling più di dieci anni fa, ha fatto le fortune del cyberpunk letterario e adesso anche di quello sociale. Sulle pagine di questa rivista Nicholas Negroponte e Linda Jacobson, Bruce Sterling e William Gibson, Alvin Toffler e Howard Rheingold, John Perry Barlow e tanti altri ancora, noti e meno noti, ci raccontano di reti e di sesso cibernetico, di percezione e di design, di multimedialità e di smart drugs. Certo, è quello che molte altre riviste californiane hanno fatto prima di Wired (Mondo 2000 e Whole Earth Review, per dire due fra le più note): ma Wired, venendo dopo queste esperienze pionieristiche, esprime una situazione diversa, quella in cui la digital generation è uscita dal novero dei freak sociali per diventare un modello, certo ancora minoritario ma strategico per il futuro dell'umanità. Get Wired, quindi: comprate Wired, ma non solo, siate nervosi, attenti, sempre eccitati, non perdete mai il colpo. Pensate sempre che state vivendo un'epoca di eccezionale cambiamento, l'era della velocità, anzi dell'accelerazione dell'innovazione. Tutta la vostra vita è un continuo e tumultuoso emergere del nuovo, tutto ciò crea uno stile, anche se forse non un'identità. Molti lettori di Wired non lo sanno, ma tutto ciò ricorda straordinariamente l'esortazione di André Breton ai suoi lettori: "Fate della vostra vita di tutti i giorni un'opera d'arte".