"I
GRANDI UTENTI DI INTERNET
GUARDANO ANCORA LA TELEVISIONE?"
Intervista
a Pierre Levy in occasione della pubblicazione in Italiano di una delle
sue maggiori Opere “L’intelligenza
collettiva.Per un’antropologia del cyberspazio”
Spesso
si chiede agli utilizzatori di internet, dove trovano il tempo da dedicare
alla Rete?
Io stesso sono un utilizzatore di internet e posso dirvi che la maggior
parte del tempo la passo tra le 19:30 e le 21:30, cioè nell’ora
in cui normalmente si guarda le TV.
Negli Stati Uniti si constata tra i più giovani una diminuzione
della partecipazione televisiva. Questo pubblico sembra preferire i video
giochi alla TV. Mentre i giovani tra i 10-15 anni, occupano il loro tempo
navigando e comunicando su internet.
Questa constatazione è semplicemente dovuta al tempo, non si può
fare tutto.
Le reti telematiche sono una fonte incommensurabile di informazioni.
I canali convenzionali (TV, radio, giornali, ecc.) sembrano vacillare
di fronte allo sviluppo di questo nuovo media. Come spiega questo fenomeno?
Certo, bisogna dire che la gente è attirata verso questo stile
di comunicazione perché introduce una rottura molto forte con i
dispositivi di comunicazione conosciuti, in particolare quello della televisione.
Nei media troviamo un centro emittente che diffonde un messaggio a un
grande numero di riceventi, che essendo dispersi non possono comunicare
tra loro, e nemmeno rispondere all’emittente. Mentre con internet,
e in particolare nei forum di discussione e nelle comunità virtuali,
si ha la possibilità di una comunicazione reciproca - tutti possono
inviare e ricevere - in questo modo si crea una vera e propria comunità.
Ciò significa che potete spedire dei messaggi a un gruppo di persone,
e se uno del gruppo risponde, tutti possono leggere la risposta creando
una vera e propria discussione.
Dunque una comunità può crearsi una memoria, un contesto
comune che unisce il gruppo.
A differenza dei contesti comuni fabbricati dalla televisione, che provengono
da un centro separato dagli individui, quello creato su internet è
emergente, proviene dall’attività di comunicazione dell’insieme
che vi partecipa.
Questo lato, comunitario e interattivo, è molto attrattivo ed è
per questa ragione che molta gente vi partecipa.
Il rapporto con l’informazione è quindi molto differente.
Su internet non si parla di diffusione dell’informazione. Non esiste
un centro che irradia l’informazione, come lo fanno TV, radio, giornali,
ecc.
La cosa è piuttosto paragonabile a un grande magazzino dell’informazione,
dove ciascuno apporta ciò che lui giudica interessante. In questo
modo l’iniziativa appartiene all’individuo che è alla
ricerca dell’informazione. Vi è dunque una specie di inversione
dell’iniziativa; è l’individuo che decide se l’informazione
è interessante o meno. Mentre nei media tradizionali, sono forzatamente
un mediatore o un giornalista, che decidono ciò che interessa alla
gente.
Non vi è il pericolo che l’intelligenza collettiva
omogeneizzi tutto; che internet porti a una standardizzazione delle culture
e delle diversità?
Al contrario, l’impressione comune per chi utilizza questo mezzo,
è quella di una specie di disordine, un’eterogeneità;
in internet c’è veramente di tutto...
E` piuttosto questa l’impressione che si può avere di internet.
Se navigate su World Wide Web (WWW), potete trovare tutti i partiti politici,
tutte le religioni, tutte le nazioni, le proposte le più inimmaginabili.
Bisogna comunque dire che per il momento, anche sul WWW, i più
grandi utilizzatori di internet sono la comunità accademica: i
ricercatori, gli studenti, ecc. Dunque c’è anche molta conoscenza
scientifica in Rete. Ma sono delle conoscenze che vengono da tutti i paesi
del mondo. E ciò che garantisce che la cosa rimanga così,
è proprio la struttura di questo dispositivo di comunicazione.
Non può esserci un centro di controllo o dei mediatori imposti.
Se volete far apparire un testo non siete obbligati a passare da un caporedattore,
un editore o avere l’accordo della chiesa, lo mettete in circolazione
e basta. La stessa cosa vale per un video e la musica. Certo ancora oggi
per la musica e le immagini animate ci sono ancora dei piccoli problemi
di ingorgo delle reti, ma presto sarà cosa fatta.
Il fatto che non ci siano i "punti di strozzatura" che decidono
se un’informazione passa oppure no, è garanzia della varietà.
Sul piano teorico, per me l’intelligenza collettiva non è
una fusione in una di specie di magma comunitario, è al contrario
il mutuo rilancio di tutte le singolarità. La cosa diventa interessante
se ci si mette in sinergia, se si crea la complementarità tra:
le competenza, le risorse, i progetti di un gruppo di persone. Questa
è l’intelligenza collettiva. Se si dice che tutti penseranno
la medesima cosa, per me questa è piuttosto la deficienza collettiva...
Come mai le nuove tecnologie ci spingono a parlare di un nuovo
spiritualismo?
Le tecnologie rendono lo spiritualismo accessibile a una mentalità
comune, esse ci danno una pratica concreta di queste idee. In Rete si
incontra la diversità. Siamo difronte a un labirinto d’informazione,
ci si rende conto che l’informazione non è totalizzabile,
non si potrà mai digerirla e trovargli un organizzazione definitiva.
Con internet possiamo vederlo e sentirlo concretamente.
E nello stesso momento internet ci da una nozione concreta del fatto che
abitiamo tutti lo stesso pianeta, formiamo la medesima specie, che è
l’umanità, ecc. questo perché avviene questa interazione
planetaria tra le persone.
Non ci sono delle novità concettuali ma le reti ci offrono un’esperienza
concreta dell’idea che prima era astratta.
In fondo tutte le forme culturali che tendono all’universale, come
la scienza e la religione costruivano la presenza dell’umanità
in maniera virtuale.
Nella scienza ogni qualvolta che uno scienziato fa una nuova scoperta
fa progredire l’umanità intera rendendo la scienza e le scoperte,
di principio, accessibili a tutti.
I grandi messaggi delle religioni universali: come la fine del mondo,
la salvezza, concernevano l’insieme dell’umanità, ma
la concerneva in modo virtuale.
Mentre con internet, abbiamo per la prima volta un sistema che collega
la gente con la gente, cioè l’umanità con se stessa,
ma questa volta non virtualmente bensì in modo concreto.
Ciò è paradossale perché quando si fa riferimento
allo Ciberspazio, si pensa subito al mondo virtuale, ma io penso che al
contrario esso rende concreto ciò che in precedenza era virtuale.
È una nuova forma di universalità.
Un universalità che non si fonda sulla chiusura di una significato
o un senso unico per tutti quanti, ma al contrario si tratta di un’universalità
che è impossibile a totalizzare, un’universalità basata
sull’interconnessione.
Quali sono le evoluzioni nel campo del sapere e dell’educazione
per una società che sempre di più comunicherà in
rete?
Si comincia a capire che non esistono più delle organizzazioni
stabili della conoscenza. La conoscenza è qualche cosa che, oggi
sempre di più, è in flusso continuo. Le nozioni di programma,
di corso, eccetera, non sono più adeguate; ci stiamo dirigendo
verso un apprendimento per navigazione, e soprattutto un apprendimento
cooperativo, vale a dire uno scambio d’informazione e conoscenze
tra le persone. E questo non necessariamente a una scala locale, ma probabilmente
a un livello mondiale. Ciò rimette in questione il ruolo dell’insegnante,
che secondo me, non avrà più come principale funzione quella
di trasmettere delle conoscenze, ma di animare l’intelligenza collettiva
dei suoi studenti o allievi. Dare loro la voglia di imparare, stimolarli,
aiutarli ad orientarsi, a costruirsi e appropriarsi dei sistemi di pensiero
e di apprendimento.
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