È
uno dei più grandi studiosi della cultura virtuale mondiale.
Lo è diventato grazie agli studi sulle differenze fra testo
e ipertesto (cioè la scrittura elettronica). Ma se si è
conquistato questa fama può dire anche grazie a Michel Serres.
Fu infatti proprio seguendo le sue lezioni alla Sorbonne di Parigi
che Pierre Lévy scoprì la sua vocazione di ricercatore.
Appena
laureatosi, sostenendo una tesi di Sociologia sull'idea di libertà
nell'antichità, cominciò a occuparsi di cibernetica
e intelligenza artificiale lavorando al Crea dell'Ecole Polytechnique.
Una volta però portato a termine questo progetto e collaborato
alla redazione del testo "Eléments d'histoire des sciences",
con un capitolo sull'invenzione del computer, iniziò a riflettere
sulle implicazioni culturali dell'informatizzazione pubblicando,
tra il 1987 e il 1992, testi che rivoluzionarono il modo di concepire
la scrittura e il testo: "La Machine univers", "Le
tecnologie dell'intelligenza", "L'idéographie dynamique"
e "De la programmation considérée comme un des
beaux-arts". A partire dal 1990 decise di intraprendere, insieme
all'amico Michel Authier, una serie di ricerche riguardanti le nuove
forme di accesso al sapere fornite dagli strumenti informatici.
Da qui l'introduzione del concetto di "cosmopedia" e di
sistema degli "alberi delle conoscenze" (vedi box a fondo
pagina). In seguito decise di fondare, sempre con l'amico Authier,
una società, la Trivium, per sviluppare e commercializzare
il programma e il metodo degli "alberi della conoscenza".Dal
1993 Lévy vive a Parigi e insegna presso il dipartimento
di Hypermedia all'Università di Paris VIII, a Saint Denis,
dedicandosi prevalentemente allo studio dell'uso estetico delle
risorse e dei dispositivi numerici. Con la pubblicazione, nel 1997,
del libro "Cyberculture", considerato il manifesto umanista
della nuova cultura emergente, si è guadagnato il titolo
di "media philosopher".
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