Accesso telematico universale
di Stefano Sansavini |
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(conferenza a cura di Tommaso
Tozzi per il progetto “Arte, Media e Comunicazione”, 1997)
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Sono Stefano Sansavini e faccio parte
del gruppo di lavoro sulla comunicazione Strano Network.
Negli ultimi anni la mia attività
prevalente è stata tesa a realizzare l'obiettivo di rendere fruibili a tutti le
nuove tecnologie, i nuovi strumenti che servono a comunicare con qualità e
potenzialità maggiori rispetto al passato.
Vorrei affrontare alcune questioni
relative al panorama attuale della comunicazione orizzontale e a quanto
l'utilizzo massificato delle nuove tecnologie telematiche potrebbe portare un
apporto positivo di cui sarebbe beneficiaria l'intera umanità.
Sicuramente, non è difficile rendersi
conto, che siamo stati letteralmente invasi negli ultimi mesi, attraverso la
carta stampata, la televisione ed ogni altro medium dalla presenza pervasiva
dell'informatica e delle reti telematiche. Una nuova protagonista si è
affacciato su questo fine millennio: la rete Internet.
Ciò nonostante siamo ancora molto
lontani da un accesso telematico universale e dalla piena espressione delle
potenzialità esistenti nell'utilizzo massificato dei nuovi strumenti
tecnologici atti a comunicare.
I dati parlano di circa 50 milioni di
utenti Internet e di circa 250 milioni di personal computers nel mondo. In Italia
nell'estate '96 risultavano 584.000 utenti Internet (Fonte = Istituto Alchera
Strategic Vision). Se scorporiamo però questo dato risulta che solo 110.000
circa hanno un accesso che potremo chiamare "privato", cioè dalla
propria abitazione o che comunque possa essere usato senza nessuna limitazione
per appagare le proprie voglie, esigenze e motivazioni. I restanti 480.000
circa sono costituiti da accessi dalle sedi universitarie o da istituiti di
ricerca o da aziende e quindi, probabilmente, non completamente fruibili da
coloro che li utilizzano, ma sono accessi finalizzati agli ambiti dello studio,
della ricerca e del lavoro. La crescita di questi dati ha avuto negli ultimi
mesi un andamento esponenziale. Al primo gennaio '97 gli utenti di Internet in
Italia, secondo la stessa fonte, erano infatti cresciuti fino a raggiungere la
cifra di 1.377.000, ma anche in questo caso scorporando il dato si scopre che
la percentuale, rispetto al dato complessivo, - di coloro che hanno pieno
accesso alla rete addirittura diminuisce. Questo è ciò che avviene ovviamente
nel nord del mondo, in quello che viene definito occidente capitalistico, in
quei 7 od 8 paesi industrialmente sviluppati. I paesi restanti, dove vive la
stragrande maggioranza della popolazione mondiale, sono completamente tagliati
fuori da tutto ciò.
Sull'altro dato preso in esame, quello
relativo ai 250 milioni di personal computers, possiamo constatare che questi
vengono sottoutilizzati rispetto alle loro potenzialità di strumenti
comunicativi, spesso vengono relegati in un angolo, usati come il sostituto di
una macchina da scrivere o poco utilizzati. Molti di questi, inoltre risultano
obsoleti rispetto alle continue innovazioni che il mercato impone. Eppure, noi
sappiamo, che potrebbero fare tante cose ed essere utilizzati in maniera molto
produttiva, ma solitamente i proprietari di queste macchine sono indotti a
seguire la moda dell'ultimo ritrovato tecnologico, ed in questa rincorsa tali
strumenti non vengono quasi mai sfruttati appieno.
Questa la realtà attuale.
Se invece fosse effettivamente
realizzato un accesso universale, se potessimo utilizzare questi strumenti come
servizio universale accessibile a tutta l'umanità, se fosse possibile
realizzare una comunicazione costante da uno a uno, da uno a molti e da molti a
molti, allora si potrebbero esprimere con compiutezza le potenzialità insite
nel mezzo e continuerebbero ad esprimersi in maniera sempre più decisa con
implicazioni sociali, culturali e politiche, con una redistribuzione,
decentralizzazione e degerarchizzazione dei poteri a vario titolo costituiti
nella società nella quale viviamo.
Ogni tanto possiamo rilevare degli
episodi che alludono, anche se in maniera solo parziale, a questi processi, che
per il momento possiamo solo immaginare nella loro compiutezza (ma
l'immaginazione sarebbe bene che tornasse al più presto al potere), Un esempio
per tutti, forse il più banale: durante la guerra del Golfo, la CNN, diffuse
l'mmagine di un cormorano che stava morendo nel petrolio, a causa, dicevano, della
distruzione dei pozzi di petrolio operata da Saddam Hussein (è noto quanto
coinvolgente possa essere sull'immaginario collettivo l'immagine di un volatile
morente). Qualcuno, sulla rete, fece notare che i cormorani in quella stagione
e in quella zona non ci sono. Le reti di computers amplificarono in breve tempo
la voce dell'anonimo conoscitore di volatili e in breve tempo la CNN fu
costretta ad ammettere il trucco senza trovare il modo di giusticare la gaffe.
Nel suo piccolo tale episodio fa intravedere la potenza della comunicazione da
uno a uno o da uno a molti se questa fosse appannaggio non soltanto di una
piccola Èlite. Ci hanno abituati alla comunicazione da pochi (le grandi agenzie
di stampa, una decina in tutto il mondo) a molti se non a tutti, ma siamo
ancora in tempo a riappropiarci di una comunicazione orizzontale configurata
come una ragnatela molto fitta che possa far sentire molteplici voci in
disaccordo con la verità ufficiale che sempre più spesso è poco veritiera.
Le potenzialità dei nuovi strumenti
tecnologici della comunicazione, però, non si esprimono solo in questa
direzione. Pensiamo, ad esempio alla possibilità di creare piccole o grandi
comunità, più o meno virtuali, ma sicuramente più facili da realizzare, data la
non obbligatorietà della presenza fisica di ognuno dei componenti, all'interno
delle quali individuare degli obiettivi, organizzare dei movimenti per il
raggiungimento di questi utilizzando la comunicazione elettronica.
Purtroppo, tali potenzialità
attualmente non sono espresse, perchè, come abbiamo visto, siamo molto lontani
dall'accesso universale a questi mezzi e alla possibilità di utilizzarli come
servizio universale.
Per poter modificare questa realtà
sarebbe necessario che ognuno avesse a disposizione hardware, software,
connessione e formazione necessario per avere pieno e libero accesso alla
comunicazione.
Entriamo nei dettagli e vediamo qual'è
la reale situazione di accesso a questi quattro elementi e come si potrebbe
cambiare in positivo.
L'hardware, cioè il personal computer,
il modem, le periferiche, i cavi di collegamento, necessari per connettere tra
loro questi componenti sono oggetti che ormai sembrano far parte integrante del
nostro quotidiano, ma che in realtà sono ben pochi a possedere, o comunque a poterli
utilizzare liberamente per tutti gli scopi che ognuno di noi vorrebbe
perseguire, ma soprattutto sono ancora meno coloro che li sanno effettivamente
utilizzare, ed ecco che vediamo entrare in gioco un altro elemento
indispensabile: la formazione, cioè l'acquisizione della capacità di poter
sfruttare appieno le potenzialità di questi mezzi.
Per poter avere accesso a queste strumentazioni sarebbe necessario che fossero inserite in contesti di aggregazione sociale a partire dalla più tenera età nelle scuole a partire dalle materne per poi garantire un approccio costante nel corso della vita alle nuove tecnologie. Per realizzare ciò gli Stati, ma anche le imprese, dovrebbero dare il loro contributo, questo produrrebbe secondariamente, ma contestualmente gli altri elementi che sono necessari per poter avere accesso a queste strumentazioni: formazione, software e connessione. E' chiaro che se un bambino entra in contatto fin dai primi anni con questi strumenti si formerà al loro utilizzo molto più facilmente. Sarebbe inoltre auspicabile dare possibilità di utilizzo anche ad attrezzature considerate osolete esplorando le possibilità misconosciute o dimenticate che queste macchine hanno. Questo non deve essere frainteso e dobbiamo porre attenzione a non creare situazioni di serie A (che utilizzano gli ultimi ritrovati della tecnologia) e di serie B (dove si fa sperimentazione sugli avanzi della parte opulenta dell'occidente capitalistico) sia in termini geografici che sociali. Rimane però giusto pensare che le attrezzature informatiche e telematiche continuino ad essere utilizzate anche quando il mercato ne abbia sentenziato una fine prematura, perchè è assodato che possono dare enormi vantaggi allo sviluppo della comunicazione orizzontale anche apparecchiature fuori mercato da diversi anni.
In relazione a un altro elemento
necessario all'accesso alla comunicazione telematica, il software, dobbiamo
sfatare dei miti che non corrispondono assolutamente alla realtà. I media fanno
a gara per dimostrare che dobbiamo essere grati alle poche multinazionali del
software, che attualmente detengono la quasi totalità del mercato in questo
settore, per averci dato quest'enorme patrimonio che sono i programmi che fanno
funzionare i computers. La realtà è ben diversa. Il software, innanzitutto, non
è stato fondamentalmente sviluppato ad opera dei presidenti e dei consigli di
amministrazione di tali imprese, Bill Gates in testa, che probabilmente
l'ultima volta che ha messo le mani su delle riche di codice è stato quando ha
sviluppato il Tiny Basic per l'Altair, il primo personal computer della storia,
nel 1975, insieme a Paul Allen, facendoselo pagare a caro prezzo, ma furono ben
pochi a comprarlo.Esiste un'altra storia dell'informatica, quella vera!
Dobbiamo infatti ringraziare dei gruppi di cosiddetti hackers, cioè studenti in
gran parte, ma non solo, come quelli che frequentavano il M.I.T. di Boston
negli anni '60 che si presero la briga di mettere nei cassetti dei grandi
calcolatori di allora i nastri perforati, da loro sviluppati, contenenti i
sorgenti dei programmi che li facevano funzionare, rendendoli cosÏ fruibili a
tutti, a costo, spesso, di falsificare le chiavi per poter avere accesso alla
consolle nottetempo. E' proprio, infatti da quei geniali programmi che derivano
i vari tipi di software che attualmente utilizziamo nei nostri personal
computers. Nel frattempo invece la multinazionali impiegavano i cosiddetti
"camici bianchi", i capi centro, gli analisti di sistema, i
programmatori senior che sembravano più impegnati a controllare che l'accesso
alle risorse di calcolo fosse rigidamente e gerarchicamente organizzato che
piuttosto a sviluppare idee per far funzionare al meglio quelle macchine.
Questo è solo un aspetto della questione, ma deve farci riflettere sul fatto
che chi avvalla diritti di copyright, brevetti e diritti vari sul software è
sicuramente in mala fede e solo grazie ad una schiera di ottimi avvocati e di
lobbies riesce a vedere riconosciuti i diritti di sfruttamento commerciale che
gli permettono di accumulare enormi profitti. Dovremmo anche riflettere sul
fatto che se si riprodurrà una situazione in cui dei soggetti che hanno voglia
di "mettere le mani" su algoritmi e soluzioni hardware e software
innovative difficilmente riusciremo ad avere programmi che non siano pieni di
errori e ben poco affidabili oltrechè poco adatti allo sviluppo della
comunicazione orizzontale fra singoli o gruppi. Le multinazionali, infatti, che
vendono a caro prezzo gli attrezzi tecnologici atti a far comunicare le
macchine e, attraverso queste, le diverse aggregazioni umane fra loro, fanno di
tutto per ostacolare lo sviluppo che sarebbe necessario. I software,
attualmente prodotti, si inchiodano, spesso e volentieri, senza che l'utente
abbia la possibilità di capire perchè ciò avviene. Diversi sono i motivi che
hanno determinato questa situazione. Una delle cause possiamo ricercarlanel
fatto che il software non viene sviluppato da coloro che poi ne trarranno i
profitti. La Texas Instruments, ad esempio, non assume i propri programmatori e
non sviluppa i propri software ad Houston, dove ha la sua sede centrale, ma a
Bangalore in India, dove i nuovi amanuensi vengono pagati una miseria. Il
frutto del lavoro dei programmatori indiani viene poi immediatamente inviato
via satellite in Texas, in questo modo essi vengono repentinamente espropriati
delle loro opere d'ingegno per un pugno di riso. Altre multinazionali
utilizzano programmatori russi o provenienti dai paesi dell'est europeo o del
sud est asiatico che vengono letteralmente ricattaticon contratti da famea
tempo determinato, scaduti i quali rischiano di essere rispediti ad infoltire
le schiere dei disoccupati dei loro paesi d'origine, a meno che non accettino
un ulteriore contratto a tempo determinato sottopagato. E' ovvio che sarà molto
improbabile che simile forza-lavoro si sentirà motivata a produrre software di
qualità, soprattutto se incalzata dai tempi strettissimi allo sviluppo imposti
dalla dirigenza per battere la concorrenza. Gli strumenti software in queste
condizioni non potranno certo essere granchè, ma a ciò le multinazionali
suppliscono con campagne pubblicitarie a tappeto (vedi il lancio di Windows 95)
e con le più sofisticate tecniche di marketing, perchè comunque l'importante è
costituire la più consistente base possibile di installato in modo da
agganciare in maniera permanente l'utente finale.
Per ovviare a questa situazione sarebbe
opportuno che sia a livello di organismi internazionali sia a livello statale,
che a livello di enti locali, venissero finanziati progetti di sviluppo
software dando l'opportunità, in
particolar modo ai giovani, di realizzare qualcosa di utile. I risultati
pratici di tali progetti dovrebbero essere messi a disposizione di tutti, i
softawre deivanti da tale attività dovrebbero cioè essere di pubblico dominio.
Ai programmatori dovrebbe essere riconosciuto, oltre che un congruo compenso
monetario, il diritto morale sull'opera d'ingegno da loro realizzata. Dovrebbe
essere consentita la possibilità di raccolta fondi attraverso donazioni deducibili
dalle tasse di singoli o di gruppi, oltre ai finanziamenti istituzionali, per
l'ampliamento dei progetti. Finalmente a fronte di una parte dell'imposizione
fiscale il cittadino avrebbe una contropartita tangibile e si porrebbe le basi
per lo sviluppo della comunicazione orizzontale fra singoli o gruppi
organizzati e quindi della democrazia... quella vera. Progetti simili
potrebbero essere sviluppati anche per la formazione all'utlizzo delle nuove
tecnologie di tutti i cittadini. Inoltre ciò permetterebbe di recuperare
l'"etica Hacker" dei primordi della storia dell'informatica e della
telematica.
La formazione dovrebbe essere garantita
come educazione permanente alla comunicazione orizzontale, garantendo la
conoscenza di tutti gli strumenti necessari, Se ciò fosse realizzato ci
instraferemmo lungo un percorso di costruzione di intellegenza collettiva, cosÏ
come in forma episodica si è dato in piccoli aggregati sociali come quelli dei
primi hackers del M.I.T. di Boston o dell'Homebrew Computer Club in California
ma con dimensioni molto più ampie.
Vorrei fare una parentesi sul termine
hacker. Inizialmente questo termine identificava coloro che volevano mettere le
mani sugli strumenti messi a disposizione dalle nascenti tecnologie
informatiche. Lo scopo del "metterci le mani" era quello di
realizzare degli "hack", cioè delle innovazioni geniali che facessero
funzionare meglio tali strumenti. Con il tempo, e soprattutto, con le campagne
scandalistiche e denigratorie dei grandi media tradizionali gli hackers sono
diventati i pirati informatici capaci delle peggiori nefandezze ai danni
dell'umanità.
Infine vorrei trattare l'ultimo
elemento necessario per realizzare l'accesso telematico universale: le
connessioni. Con questo termine intendo ciò che è necessario per far comunicare
due o più computers fra loro. Ci sono diversi sistemi di connessione. A causa
di tale differenza si sta sviluppando la dicotomia sempre più accentuata fra le
diverse possibilità di accesso ai nuovi strumenti tecnogici atti a comunicare.
Si sta delineando una suddivisione nella società fra nuovi ricchi e nuovi
poveri (in sostanza comunque i vecchi poveri diventano i nuovi e i vecchi
ricchi diventano anc'essi i nuovi)determinata dalle diverse modalità di accesso
agli strumenti telematici o l'impossibilità di accedervi. E', infatti, molto
diverso connettersi alla rete Internet con un modem attraverso una normale
linea telefonica commutata, o attraverso una linea dedicata T1 da 1 Megabit e
mezzo al secondo costantemente attiva. In Italia, inoltre, siamo tra i più
disgraziati da questo punto di vista, data la presenza della TUT, la tariffa
urbana a tempo, che incombe pesantemente sulle connessioni via modem su linea
commutata, facendo lievitare il costo della comunicazione telematica. Adc
esempio in Messico, in Irlanda ed in Austria un accesso di un mese a Internet
per complessive 20 ore di effettivo collegamento equivale a circa 90 dollari.
Ovviamente 90 dollari non sono la stessa cosa per un austriaco e per un messicano,
quest'ultimo incontrerà difficoltà molto maggiori per racimolare tale somma.
Negli Stati Uniti lo stesso tipo di accesso scende a 30 dollari. In Canada si
scende addirittura a 20 dollari. In Italia,invece, siamo posizionati a 50
dollari. Questi dati danno la dimensione delle differenti possibilità di
accesso telematico anche all'interno dei paesi industrialmente avanzati. In
molti paesi, invece, del terzo e quarto mondo, tali statistiche non sono
riportate semplicemente perchè non è possibile accedere alla rete.
Concludendo, avremo realizzato
l'accesso telematico alla comunicazione come servizio universale quando ognuno
avrà a disposizione un computer collegato alla rete 24 ore su 24 tramite linea
dedicata, inoltre dovrebbe essre data ad ognuno la possibilità di revisibile
tale computer a tutti i restanti componenti l'umanità che lo desiderassero.
Solo cosÏ potremmo sfruttare tutte le potenzialità dei nuovi strumenti
tecnologici della comunicazione orizzontale e darebbe ad ognuno l'opportunità
di vedere la grande ragnatela della rete come un'enorme enciclopedia in
continua mutazione dove poter accedere a qualsiasi tipo di informazione,
sciegliendo fra innumerevoli fonti e dove sia possibile inserire tutto ciò che
ognuno di noi riterrà opportuno e utile per la conoscenza globale.
Probabilmente questo scenario oggi può apparire semplice utopia, ma sono
convintoche il perseguire delle grandi utopie abbia portato qualcosa di
positivo nel lungo cammino della storia dell'umanità. In Italia sarebbe
opportuno che la stesura dei cavi in fibra ottica o coassiali per far viaggiare
attraverso la rete video, audio, immagini oltre che testo fosse assunta dagli
enti locali per poi essere messi a disposizione di tutti i cittadini. La strada
intrapresa per il cablaggio delle grandi città, purtroppo, e' molto diversa.
Telecom Italia, infatti, nonostante che sia a tutt'oggi impresa pubblica, si
sta comportando come la peggiore delle multinazionali private, sempre a caccia
di esagerati profitti a danno dei cittadini, sempre più tartassati dai costi
necessari per accedere a quei limitati sistemi comunicativi di cui la
maggioranza fruisce.
Questi gli elementi di analisi che
ritengo dovrebbero essere considerati quando si parla di nuovi strumenti
tecnologici per la comunicazione. Non si tratta semplicemente di rincorrere
un'utopia ma di rivendicare dei diritti che ogni cittadino dovrebbe avere al
momento della sua nascita se vivessimo in una società che rispettasse tutti gli
individui senza differenze precostitiite. Al contrario oggi assistiamo ad una
tendenza all'accentramento del potere (ad esempio la concentrazione delle fonti
informative in sempre meno mani)ad una sempre più accentuata gerarchizzazione
della società, ad una sempre maggiore dicotomia fra coloro che hanno accesso alle
nuove tecnologie, ed attraverso esse sviluppare le proprie capacità e
potenzialità e coloro a cui tale accesso è negato, sempre più discriminati e
sempre più espropriati della possibilità di utilizzare le proprie capacità a
vantaggio delle comunità nelle quali vivono. E' evidente che l'accesso
universale ai nuovi mezzi di comunicazione non ci verrà regalato ma che dovremo
rimboccarci le maniche per rivendicare di volta in volta degli obiettivi
parziali che tendenzialmente conducano alla realizzazione di un obiettivo cosÏ
impegnativo.