Arte & fisica. Dalla Relatività, all'indeterminismo alla Dissipazione
di Enrico Pedrini |
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(conferenza a cura di Tommaso
Tozzi per il progetto “Arte, Media e Comunicazione”, 1997)
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Arte & Fisica, infatti, propone una identità comparativa e essoterica tra due discipline che esprimono una differenziata ma comune realtà: il percorso della conoscenza come perpetua presenza della sua evoluzione.
E’ quello che,
con Broomann, definirei un comparativismo attivato, dove le ragioni e le nozioni
di una disciplina (in questo caso: la fisica) suggeriscono e ipotizzano l’organizzazione
delle conoscenze alle quali l’arte non può sottrarsi, pena il riciclaggio
stilistico, l’elefantiasi culturale che tanto, ancora oggi, affligge di penosi
ritardi l’evoluzione conoscitiva dell’arte contemporanea.
Sia che si tratti
di lavorare su Duchamp piuttosto che su Cage o su Fluxus o sull’ l’arte di
questi ultimi anni, è costante e determinante (e lo definisco per ordine di
chiarezza nei confronti dell’ascoltatore), la sospensione della lettura dell’opera,
come resa di conoscenze chiuse e stagne per aprirsi a nuove possibilità di
discussione cioé all’analisi delle
identità culturali che la circondano.
Il nostro punto
di vista sarà quello di fondare sulla stutturalità delle conoscenze della
fisica teorica la frontiera di corroborazione capace, non di spiegare, ma
di attestare la pertinenza dell’opera d’arte al momento storico-culturale
che le ha prodotte.
La fisica apparirà,
allora, come una certezza capace di
vincolare verso le conoscenze del
nostro tempo le testimonianze e le espressioni dell’arte contemporanea.
Su questo piano
si finisce quindi con l’intendere
la fisica teorica come la definizione del mondo ‘a priori’, passibile di mutamenti
e traumi capaci di interessare l’intero sistema della comunicazione conoscitiva
e l’indagine stessa della realtà.
Attorno a questa
comparazione attivata si svolge
quanto sto per esporre.
Le scienze non
possono essere separate dall’avventura umana.
“Dove il mondo
cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri
per divenire l’oggetto della libera curiosità e della contemplazione - come
dice Einstein - là iniziano arte e scienza”.
Se cerchiamo di
descrivere la nostra esperienza all’interno degli schemi della logica, entriamo
nel mondo della scienza; se invece le relazioni che intercorrono tra le forme
della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e purtuttavia
manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione
artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l’aspirazione a qualcosa di non
arbitrario, di universale.
La Fisica, come
formatrice di nuovo sapere, attraverso le sue scoperte ed i suoi principi,
che possono essere considerati come strumenti intellettuali con cui gli uomini
ritengono utile ed opportuno organizzare le loro rappresentazioni mentali della struttura interna del mondo reale,
diventa il luogo centrale della formazione dei processi di sviluppo della
conoscenza. In questo secolo tale branca del sapere è sempre più presentata
come momento di invenzione di nuovi rapporti tra le leggi atemporali dell’universo
ed il mondo dei processi e degli eventi, senza i quali la nostra vita e la
nostra attività pratica sarebbero prive di senso. Essa diventa la testimonianza
della creatività umana, che crea un mondo al contempo semplificato e povero,
intensificato e pieno di relazioni ed interpretazioni.
Il concetto
di spazio e di tempo sono così basilari per la nostra descrizione dei fenomeni
naturali, che la loro radicale modificazione, comporta indubbiamente una modificazione
dell’intero sistema di riferimenti che noi usiamo in Fisica per descrivere
la natura. Così quando nel 1905 appare la teoria di Einstein della Relatività
Ristretta, dove il concetto di spazio e quello di tempo sono intimamente ed
inscindibilmente connessi, sì da formare un continuo quadridimensionale chiamato
“spazio-tempo” (detto anche cronotropo), le idee classiche di uno spazio assoluto
e di un tempo assoluto vengono radicalmente mutate e poi abbandonate. Secondo
la teoria di Einstein, tanto lo spazio quanto il tempo sono concetti relativi,
ridotti al ruolo soggettivo di elementi del linguaggio che un particolare
osservatore usa per descrivere fenomeni naturali. D’ora in poi non potremo
più parlare di spazio senza parlare anche di tempo
e vicevesa.
La conseguenza
più importante del sistema relativistico è stata la presa di coscienza del
fatto che la massa non è altro che una forma di energia. Anche un oggetto
in quiete ha dell’energia immagazzinata nella sua massa e la relazione fra le due è data dalla famosa equazione di Einstein
E=mc2 , dove “c” è la velocità della luce.
I cubisti, i futuristi
e i dadaisti conoscevano certamente questi studi, o perlomeno respiravano
il nuovo clima che la fisica andava elaborando. La Teoria della Relatività
metteva in questione la stabilità di tutte le forme spazialmente estese, sostenendo
che i corpi cambiano la loro forma, quando si muovono, rispetto ad un sistema
di riferimento fisso. Un corpo rigido, che ha la forma di una sfera quando
è visto in stato di quiete, comincerà ad assumere una forma ellissoidale,
quando è osservato in movimento; tutti gli oggetti tri-dimensionali
si ”contrarranno in figure piane” quando la loro velocità relativa raggiunga
la velocità della luce. La teoria generale della relatività demolisce invece
il senso convenzionale di stabilità dell’intero universo materiale. Secondo
Einstein ogni frammento di materia nell’universo genera una forma gravitazionale
che accelera tutti i corpi materiali nel suo campo e modifica la loro dimensione
visibile: non ci sono più corpi rigidi. L’Avanguardia Storica dei primi anni
del secolo corre in parallelo alle scoperte della Relatività. Il Cubismo infatti
rifletterà il senso della relatività della conoscenza; tale movimento non
esprime più l’oggetto nella sua tradizionale collocazione spaziale, ma ne
smonta la volumetria, cercando di rappresentare dell’oggetto tutti gli aspetti
esprimibili in una simultaneità di visioni. Nel Futurismo lo spazio è reso
come elemento attivo e costituente l’atmosfera, al pari del “soggetto”, un’atmosfera
che è messa in movimento dai corpi in moto che la fendono. Il movimento è
velocità e la velocità è una forza che interessa due entità: l’oggetto che
si muove e lo spazio in cui si muove. I corpi, sotto la spinta della velocità,
si deformano fino al limite dell’elasticità e si scompongono secondo le tendenze
delle linee di forza.
Nel 1911 Rutherford
con la scoperta del nucleo dell’atomo e la conferma della dissoluzione della
sostanza della materia, nel gioco di forze elettriche fra atomi e molecole,
porta avanti il più grande cambiamento alle nostre idee sulla materia, mai realizzato
da Democrito in poi. Con la scoperta
del vuoto della materia e la rappresentazione dell’atomo poroso come un sistema
solare, viene messa in discussione la sostanzialità della vecchia materia.
In questo contesto
accade improvvisamente l’evento del gesto di Marcel Duchamp: una ruota di
bicicletta montata su una sedia da cucina firmata e datata dallo stesso artista;
oggetto anonimo prelevato dalla serie e dalla propria destinazione, che viene
esposto in un luogo deputato all’arte, come vera opera d’arte. L’artista,
dopo aver isolato l’oggetto dal proprio ambiente e dal proprio contesto fisico
ed averlo confinato in un nuovo ordine di significati logici, rinominandolo
con un diverso termine, compie un gesto e produce un evento: lo espone in
una galleria o in un museo.
L’oggetto divenuto
‘ready-made’ per scelta dell’artista, che lo mette in presa diretta con la
realtà della struttura linguistica dell’arte, non solo muta la nozione stessa
dell’arte, ma a sua volta, perso il suo statuto di utensile, viene trasfomato
dal sistema dell’arte in oggetto artistico.
Nel 1927 Einstein
inizia con Niels Bohr, rappresentante della scuola di Copenhagen insieme a
Heisemberg, una intensa polemica, nel tentativo da parte di Einstein di operare
una sintesi tra la Relatività Generale e la Fisica Quantistica. Polemica che
si esaurirà solo alla morte dei due fisici.
Con la Teoria
dei Quanti si arriva al radicale superamento tra la materia, concepita come
un insieme di minuscole entità discrete ed individuali nello spazio e nel
tempo e la radiazione, intesa come fenomeno continuo ed ondulatorio.
Secondo questa
Scuola, nella microfisica, i fenomeni studiati non possono prescindere dagli
effetti, dalle azioni di disturbo, provocate dall’osservatore, che viene pertanto
assunto come parte integrante del fenomeno.
Con Heisemberg
d’altronde si dissolve il meccanismo di ‘causa-effetto’ che aveva retto nella
Fisica Classica Newtoniana il principio della possibilità di osservazione
obiettiva del “reale”, facendo sì che la sorgente casuale di un fenomeno rappresenti
la probabilità della sorgente casuale di un altro fenomeno.
La casualità,
tanto importante per Marcel Duchamp e per l’area Dadaista, intesa come indifferenza
visiva ed attitudine alla libertà (la rottura del Grande Vetro), trova nel
Principio di Indeterminazione un approdo, che diventerà terra feconda di lavoro
per tutta la Seconda Avanguardia del Secolo, la cui nascita può collocarsi
intorno al 1956-58, anni in cui gli allievi di Cage iniziano la loro attività
con i primi lavori di “happenings” e di “events”.
Nel 1926 Schrödinger
suggeriva che si può intendere la materia come collezione di onde che si sommano,
interferenti fra loro e che creano nodi. Affermando che una particella non
era altro in realtà che un gruppo di onde di dimensioni relativamente piccole
(ossia una sorta di minuscolo insieme di onde) egli andava introducendo un’indeterminatezza
di comportamento al carattere dell’atomo.
Carl David Anderson
nel 1932 otteneva una fotografia nitida di una particella, che si incurvava
nella direzione sbagliata! La particella aveva la stessa massa, ma carica
opposta. I positroni erano il nuovo tipo di materia-antimateria, che Dirac
aveva previsto qualche anno prima (1930). Dirac infatti era arrivato a mettere a punto una nuova concezione del
vuoto, come un mare senza fondo, occupato da elettroni di energia negativa.
Un’altra frontiera era caduta! Da quel momento diviene sempre più chiaro che
quasi tutte le particelle hanno un’anti-particella uguale di massa nella maggior
parte delle proprietà, ma di carica opposta. Dirac era arrivato alla conclusione
che il vuoto fosse pieno di copie virtuali (particelle-antiparticelle), che quando si
incontrano si annichilano, liberando, con la scomparsa della materia, l’energia
di massa (E=mc2 ) .
Il concetto di
materia e di antimateria, particella ed antiparticella rimanda e visualizza
la nozione di positivo e di negativo ed apre la possibilità di indagine nel
campo della negatività. La possibilità della materia di presentarsi sotto
forme diverse, sia come energia che come materia universale, in quanto tutte
le particelle elementari possono, ad energie sufficientemente alte, essere
trasmutate in altre particelle, o possono semplicemente venir create dall’energia
cinetica o risolversi in questa (ad esempio in radiazione), apre inediti orizzonti
alla visualizzazione potenziale di nuovi linguaggi e di nuovi sconfinamenti
per l’arte. Infatti i linguaggi che diventeranno la matrice genetica del grande
sconfinamento verso il “fuori-quadro”, proprio della Seconda Avanguardia,
iniziano la loro formulazione negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale.
Le figure artistiche
che meglio hanno interpretato questa nuova frontiera possono essere indicate
in John Cage e Ad Reinhardt.
La figura di John
Cage è legata al Principio di Indeterminazione e alle sue non eludibili conseguenze.
Egli introduce nel contesto musicale ed artistico le nuove categorie della
probabilità, la complementarietà, l’indeterminatezza e l’interdisciplinarietà,
categorie prodotte dalla rottura del determinismo causa/effetto. Il suo lavoro
diventerà, attraverso il nuovo concetto di caso “come equipollenza di possibilità”,
la base di conoscenza della Seconda Avanguardia.
Il movimento dell’Happening&Fluxus,
di cui l’opera di Cage può essere considerata la matrice genetica, deve essere
visto come l’area di pensiero dove il sapere quantistico trova l’humus ideale
per attivare la propria presa diretta sulla realtà. Infatti con l’Happening
si ha l’integrazione di tutti gli elementi della rappresentazione, quali:
l’environment, il tempo, lo spazio, le composizioni e la gente che vi partecipa,
dove lo spettatore assume il ruolo di “partecipatore” all’evento stesso. Fluxus
evidenzia invece quel grande fenomeno della de-realizzazione operata dall’avvento
della televisione, una nuova realtà dell’immagine, che ha prodotto una perdita
di consistenza nella natura delle cose. L’arte per questi artisti diviene
il luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa.
Tale movimento mette in luce il quotidiano totalizzante dell’era tecnotronica,
il quotidiano che vive il mutamento radicale con le cose e con gli altri,
la perdita della consistenza materiale degli oggetti della percezione, diventati
e che diventeranno veri e propri simulacri immateriali.
Fluxus volge la propria attenzione al “daily
life” del villaggio globale, alla megalopoli del futuro, fondata sul primato
dell’informazione. L’opera di John Cage e l’Happening&Fluxus influenzano
e corrono in parallelo all’Azionismo, all’Architettura Radicale, alla Body
Art, al Comportamentismo, al Nuovo Teatro, ecc.
L’Arte Povera
è stata una delle poetiche artistiche che meglio hanno caratterizzato la seconda
metà degli anni sessanta.Questo movimento, fin dalle sue prime apparizioni,
si è segnalato per la costante ricerca a “identificare l’azione dell’uomo
nel suo libero progettarsi”, attraverso una continua focalizzazione nei suoi
gesti sociali autonomi intesi come emergenza a sé stante. Infatti l’Arte Povera
coltiva l’atteggiamento che tende al “reperimento del significato fattuale
del senso emergente del vivere dell’uomo” come liberazione formativa e compositiva
di un’arte che vuole “essere antisistema”. Per fare questo, l’artista, in
una società dove tutto è sistema, rifiuta ogni posizione categoriale ed ogni
etichetta per identificarsi solo con sè stesso. L’Arte Povera si presenta
quindi come un’arte che si lega al contingente, all’evento ed al presente:
un presente che non si chiude nel quotidiano, ma vive la dimensione “dell’astoricità”.
“L’arte quindi cessa di essere un manufatto privilegiato, per diventare una
pratica processuale, dove i processi di realizzazione e le analisi che ne
scaturiscono diventano più significativi dell’opera stessa. L’arte diventa
così una sottile ed acuta definizione degli elementi psichici e naturali che
attraverso la loro presentazione assumono la possibilità di diventare “oggetti
di teorie”. La volontà di evidenziare “l’energia”, di analizzare “i processi
naturali”, di ricorrere “ai materiali poveri”, indica la determinazione, da
parte degli artisti dell’Arte Povera, di assumere un nuovo concetto di arte
“come stimolo a verificare continuamente il proprio grado di esistenza mentale
e fisico”, ma soprattutto “come l’urgenza di un esserci” che “elimina lo schermo
fantastico e mimetico della rappresentazione artistica dinanzi alla comunità
degli spettatori”.
Questo movimento
si caratterizza quindi per una forte tendenza al riduzionismo, inteso come
recupero del “primario” nel senso di visualizzare come arte gli elementi primari
della natura, quali: la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria ma anche una non
esclusione degli elementi che costituiscono il nostro panorama ed orizzonte
quotidiano.
Si realizza con
l’Arte Povera un momento profondamente freddo che tende alla ‘decultura’,
alla regressione dell’immagine allo stato ‘preiconografico’, ad un impegno
con l’evento mentale e comportamentistico, dove la creatività tende a riempire il vuoto esistente tra arte
e vita.
Ne deriva ‘una
fisicizzazione di un’idea, un’idea tradotta in materia’, la quale produce
una microemotività antropologica intensa e cerebrale.
Indubbiamente
l’Arte Povera non può sottrarsi al clima culturale che si era instaurato alla
fine degli anni ‘50 / inizio ‘60, quando l’esplorazione del mondo subatomico
da parte della Fisica Quantistica aveva rivelato la natura intrinsecamente
dinamica della materia. Infatti in quegli anni si era diffusa la conoscenza
che i costituenti dell’atomo, ossia le particelle subatomiche, erano configurazioni
dinamiche, che non esistono in quanto entità isolate, ma come parti integranti
di un’inestricabile rete di interazioni. Queste interazioni comportano un
flusso incessante di energie, che si manifesta come scambio di particelle:
un’azione reciproca dinamica in cui le particelle sono create o distrutte
in un processo senza fine, in una continua variazione di configurazioni di
energia.
Se la rottura
del determinismo causa/effetto ed il Principio di Indeterminazione erano stati
in qualche modo il portato epistemologico su cui si erano rette l’opera di
John Cage e le problematiche dell’Happening & Fluxus, appare abbastanza
evidente che il nuovo concetto di mutabilità della materia quantica in qualche
modo corre in parallelo con le posizioni teoriche dell’Arte Povera. Tale arte,
infatti, si pone come evidenziazione della forza energetica e processuale
insita nella natura, come formulazione di equilibri instabili e di processualità
dinamiche, come fisicizzazione della forza di un’azione e di un evento, come
recupero di energie elementari biologiche e naturali, ecc.
Privilegiando
lo statuto di veicolo di informazione e di messaggio piuttosto che il valore
estetico proprio dell’arte che l’aveva preceduto,essa trova nella dimensione quantitativa il proprio contesto espressivo.
ll fruitore non è più un elemento passivo all’interno del fatto estetico,
ma diventa partecipatore attivo al fatto stesso. Di quì nasce l’esigenza di
un sempre maggiore coinvolgimento dell’osservatore che entra nell’evento come presenza necessaria. Per ottenere
questo, l’artista estende le dimensioni dell’opera in modo da inglobare nel
suo gioco linguistico l’osservatore, il quale partecipa attivamente al processo
artistico.
L’opera di Ad
Reinhardt invece diviene emblematica per la comprensione del Minimalismo e
gli sviluppi dell’Arte Concettuale.
I suoi ‘quadri
neri’ ottenuti mediante un processo di riduzione, sottrazione e sospenzione
di tutti gli elementi che formano un quadro, aprono quella grande rivoluzione linguistica di “uscita dal quadro stesso”
, che prenderà corpo e definizione qualche anno più tardi. La sua opera infatti
rappresenta, sempre più nel tempo, il tendere dell’arte verso una ridefinizione
‘di sè da sè stessa’, cioè il momento catarchico dell’ arte reso necessario
dall’avvento del nuovo sapere. In
tal modo Reinhardt riesce a spingere
oltre al limite estremo della non percettibilità la rappresentazione e lo
sfondo, raggiungendo, attraverso la
loro immersione nel nero, la dimensione
liminale di questi elementi.
Le ‘pitture nere’
di Reinhardt, portate avanti dall’autore fino alla sua morte, visualizzano
il raggiungimento della nuova dimensione legata al ‘vuoto quantico’ ed alla
‘negatività’, elementi che sono alla base della grande ‘frattura’ delle arti,
propria della seconda metà del XX secolo.
Muovendo dall’opera
di Ad Reinhardt e di Barnet Newman, il paradigma teorico della Minimal Art
vuole invece sostenere la più deliberata riduzione dei mezzi espressivi, assieme
al rifiuto di qualsiasi inflessione soggettiva. Lo scopo di questi artisti
minimalisti era quello di raggiungere, sia mediante rappresentazioni, che
attraverso suggerimenti o allusioni, quel “minimum sensibile”, quel limite
mitico della sensibilità, dove l’oggetto veniva dissolto ed il valore della
sensibilità ridotto alla sua soglia più bassa. L’idea per gli artisti minimalisti
prevede quindi lo svolgimento successivo dell’operazione, in quanto
essa agisce da nucleo genetico di un’ operatività tendente ad un’ intelligenza
teorica del fare arte.
Il procedimento
artistico si identifica quindi con le operazioni trasformazionali compiute all’interno del sistema ed il valore dell’opera
risiede nelle modificazioni introdotte nel codice,che il codice prevede e comprende come campo di possibilità.
Rimuovendo “il
complesso” per arrivare “all’elementare irrelato”, i minimalisti fondano un
nuovo principio regolativo dell’operare artistico, dove le “strutture primarie”
della loro arte vengono costruite anche delimitando gli spazi in negativo
e formalizzando le assenze.
Con l’Arte Concettuale,
movimento nato intorno agli anni 1966/67, si arriva pertanto alla rinuncia
di ogni funzione rappresentativa ed espressiva. Questo tipo di ricerca non
necessita più dell’uso di un codice rappresentativo o estetico. Non ricercando
più un’esplorazione del mondo, ma esplorando l’arte stessa, il Concettuale
fa cadere ogni genere di preoccupazione formale. E’ l’idea dell’arte nell’autoanalisi
di sè stessa. L’Arte Concettuale è tautologica: l’idea dell’arte e l’arte
sono la stessa cosa. L’arte può così instaurare un rapporto
tra l’opera ed il fruitore dove il dato artistico diviene pura trasmissione
di una informazione. Tale rapporto non presenta però il semplice
carattere “unidirezionale” (dall’opera al fruitore), bensì include
il destinatario nel processo
conoscitivo come momento integrativo e performativo dell’atto stesso.
Queste due vie:
la linea di John Cage e dell’Happening & Fluxus e dell’Arte Povera e la
linea di Ad Reinhardt, della Minimal Art
e dell’ Arte Concettuale possono essere considerate all’interno della
Storia dell’Arte come i percorsi sincronici del sapere più vicini e paralleli
allo sviluppo delle conoscenze della Fisica ed ai suoi principi fondanti il
nostro secolo: la prima linea può essere definita come la ‘linea epistemologica’
dell’arte e la seconda come la ‘linea linguistica’ o del proposizionalismo,
legata allo sviluppo della struttura del linguaggio ed alla ridefinizione
dell’arte nel suo rapporto dialettico con
la scienza.
A partire dagli
anni cinquanta si sono sviluppate in Fisica tre grandi scoperte: l’instabilità
delle particelle elementari, le strutture del non equilibrio e l’evoluzione
dell’universo, che va sotto il nome di ‘Big Bang’.
Le strutture del non equilibrio, per soffermarci
su questo solo problema, sono appunto quei sistemi che dissipano le spinte
ambientali al mantenimento della propria organizzazione, senza che ciò implichi
una rigidità nel comportamento strutturale.
Lontano dall’equilibrio i processi irreversibili
sono fonte di coerenza. L’apparizione di questa attività coerente della materia
(le strutture dissipative) ci impone una nuova maniera di porci in rapporto
col sistema che definiamo e manipoliamo. I sistemi lontani dall’equilibrio
non subiscono la forza di gravità, allo stesso modo di un corpo pesante, ed
il loro comportamento non è sottoposto ad una generica relazione di causa/effetto.
La relazione causale è qui reciproca: è l’attività del sistema che “da senso”
alla gravità, che la integra in modo specifico al suo regime di funzionamento
e la gravità rende questo sistema capace di nuove strutture e nuove differenziazioni.
E’ l’attività intrinseca del sistema che determina
il modo in cui dobbiamo descrivere il suo rapporto con l’ambiente e che genera,
dunque, il modello conoscitivo che sarà adeguato per comprendere le sue storie
possibili.
Possiamo quindi parlare delle strutture lontane
dall’equilibrio, come di fenomeni di auto-organizzazione.
Ma c’è di più! Vicino all’equilibrio, i punti
che giacciono su uno stesso piano hanno tutti le stesse proprietà. Lontano
dall’equilibrio compaiono zone di chirilità opposte.
E’ presente quindi una rottura della simmetria
dello spazio, allo stesso modo in cui nei fenomeni temporali l’irreversibilità
provoca la rottura della simmetria del tempo. L’irreversiblità crea quindi
una diversificazione all’interno del sistema; la forma dello spazio è diversa
rispetto all’esterno del sistema stesso. Ogni stato esterno all’ambiente deve
quindi essere interpretato in relazione allo stato interno del sistema ed
ai fini che intende perseguire.
Nasce così il
problema dell’autoriferimento e soprattutto l’autocreazione di senso.
L’esperienza artistica,
che prima di tutte aveva aperto questa nuova frontiera, provocando una vera
e propria ristrutturazione all’interno dei linguaggi dell’arte è quella di
Max Neuhaus.
La lettura della sua opera non significa solo
un’apertura dell’arte verso inediti confini, ma evidenzia una nuova ‘condizione
antropologica’, in cui l’uomo si spinge oltre le proprie facoltà percettive
verso le frontiere dell’inconcepibile e dell’impercettibile.
Egli infatti nel
1977 colloca in un vano vuoto, posto sotto un’isola pedonale a Time Square
a New York, una struttura elettronica che emette suoni armonici, che egli
lascia completamente anonima per dieci anni. Non rivendicando l’opera come
sua, l’artista delega l’ascoltatore a sentirla come differenza ed a percepirla
o riconoscerla come opera d’arte.
Lo stesso Neuhaus dice: “come molti artisti
sono interessato ad entrare in comunicazione con la mente, ma invece di apparire
nella sua finestra visiva, ho scelto di apparire nella
sua finestra uditiva”.
Questo approccio
alla conoscenza è completamente inedito, in quanto attraverso questa nuova
via della sensibilità si può aprire un territorio fresco per la conoscenza
libera dei bagagli culturali preesistenti. In questo spostamento dal visuale-tattile
all’uditivo, nel sentire lo spazio piuttosto che vederlo, risiede principalmente
la sua scoperta. Il suono non è l’opera, ma il catalizzatore che impegna l’ascoltatore
a ricercarne la fonte e nella ricerca egli trova una nuova struttura ed un
nuovo orizzonte: lo ‘spazio-suono’. Si ha così una disposizione di suoni nello
spazio ed una definizione sonora del luogo. In altri lavori come: ‘Le linee
infinite da fonti inafferrabili’, l’artista lascia le pareti della galleria o del museo completamente
spoglie. Il fruitore può muoversi nella stanza, incontrare luoghi nello spazio
dove si sentano deil ‘click’ ed altri dove ci sia assenza di suono. La serie
dei ‘click’ sembra sviluppare una linea infinita, ‘una frase che si evolve
in perpetuo’. I suoni nelle loro variazione di frequenza formano intrecci
non visibili, che avvolgono ogni stanza.
Le linee infinite richiamano come parallelismo
in Fisica la nuova dimensione introdotta nel 1969 da John Whesler nei ‘Black
Holes’. Una dimensione al di là della nostra sensazione, da cui non è possibile
sfuggire, in cui le leggi della scienza e le capacità di predire il futuro
verrebbero meno. L’orizzonte degli eventi (la regione di confine dello spazio-tempo
da cui non è possibile evadere) agisce come una membrana unidirezionale intorno
al ‘buco nero’.
Oggi l’arte può
finalmente sottrarre alcune sue strutture e funzioni, in quanto è legittimata
dall’esistenza nell’universo di nuove possibilità oltre la realtà. Il lavoro
di Neuhaus, che opera al di là dell’orizzonte degli eventi e della ‘censura
cosmica’ apre l’arte alle frontiere dell’impercettibile e dell’inconcepibile,
rendendo possibili le categorie dell’interazione, dell’anonimia, della clandestinità
e dell’irreversibilità.
Siamo alle soglie
degli anni ‘90 dove il portato epistemologico delle “strutture dissipative”
e della “complessità” ridisegna la conoscenza ed il sapere dell’ultimo paradigma
di fine secolo.
Questi concetti appaiono ora essenziali per
far capire come ci troviamo all’interno di un nuovo sapere che presuppone
una diversa realtà: una realtà che incorpora ora la non linearità, l’instabilità
e la dissipazione nella descrizione di base della natura.
L’ottimismo degli
anni Sessanta, in cui si parlava non di previsioni sulla realtà, ma addirittura
di controllo, è opportunità ormai lontana. La predicibilità a tempi lunghi
é possibile solo all’interno della classe di sistemi lineari, allora i soli
conosciuti. Attualmente la maggior parte degli avvenimenti è governata da
leggi di evoluzione non lineari, dove
sono presenti i fenomeni della forte dipendenza dalle condizioni iniziali.
Quì piccole incertezze possono amplificarsi velocemente fino a rendere vano
ogni tentativo di previsione dopo un tempo relativamente breve. Il sistema
caotico è infatti impredicibile sui tempi lunghi a causa della crescita esponenziale
della distanza tra due traiettorie inizialmente molto vicine.
L’indeterminatezza,
la complementarietà, la processualità, l’interdisciplinarietà che erano i
campi del sapere entro i quali gravitavano i movimenti degli anni ‘60/’70
nell’arte, vengono ora scavalcati da una nuova visione del mondo che presuppone
nuove categorie di pensiero quali: l’autoorganizzazione, l’interazione, la
coevoluzione, la condivisione, la complessità, la contraddittorietà, il possibilismo,
la traslocazione, la relazionabilità.
Il linguaggio dell’arte, in questa nuova dimensione
del sapere, dove il tempo è indissolubile dalla corporeità cosmica in quanto
espresso in termini di relazioni tra le varie parti che compongono il sistema,
non può far altro che registrare una fenomenologia dell’oggetto in perenne
traformazione e dislocazione, in quanto risponde ad una soggettività frantumata
in continua ricettività rispetto alle autorganizzazioni che incontra.Indubbiamente
il movimento dell’Arte (Dissipazione) nato negli anni negli 1987-88 a Genova
ha aperto con lucida determinazione questa nuova apertura paradigmatica. La
storia nel suo farsi indubbiamente chiarirà le coerenze e gli impegni profusi
per visualizzare e sedimentare il sapere nel sistema dell’arte.
Enrico Pedrini
Glossario:
La
Fisica come sapere della creatvità
1)
La Fisica, come formatrice di nuovo sapere, attraverso le sue scoperte
ed i suoi principi, che possono essere considerati come strumenti intellettuali
con cui gli uomini ritengono utile ed opportuno organizzare le loro
rappresentazioni mentali della struttura interna del mondo reale, diventa
il luogo centrale della formazione dei processi di sviluppo della conoscenza.
2)
La Fisica nel secolo XX diventa
la testimonianza della creatività umana, che crea un mondo al contempo semplificato
e povero, intensificato e pieno di relazioni ed interpretazioni.
Lo
spazio ed il tempo come momenti fondandi la realtà dell’arte.
Il concetto di spazio e di tempo sono così basilari per la nostra
descrizione dei fenomeni naturali, che la loro radicale modificazione, comporta
indubbiamente una modificazione dell’intero sistema di riferimenti che noi
usiamo in Fisica per descrivere la natura ed in Arte per organizzare una nuova
visione del mondo.
4) quando nel 1905 appare la teoria di Einstein della Relatività
Ristretta, dove il concetto di spazio e quello di tempo sono intimamente ed
inscindibilmente connessi, sì da formare un continuo quadridimensionale chiamato
“spazio-tempo” (detto anche cronotropo), le idee classiche di uno spazio assoluto
e di un tempo assoluto vengono radicalmente mutate e poi abbandonate.
5)Secondo la teoria di Einstein, tanto lo spazio quanto il tempo
sono concetti relativi, ridotti al ruolo soggettivo di elementi del linguaggio
che un particolare osservatore usa per descrivere fenomeni naturali. D’ora
in poi non potremo più parlare di spazio senza parlare anche di tempo
e viceversa.I cubisti, i futuristi e i dadaisti conoscevano certamente questi
studi, o perlomeno respiravano il nuovo clima che la fisica andava elaborando.
5)
La Teoria della Relatività
metteva in questione la stabilità di tutte le forme spazialmente estese, sostenendo
che i corpi cambiano la loro forma, quando si muovono, rispetto ad un sistema
di riferimento fisso. Un corpo rigido, che ha la forma di una sfera quando
è visto in stato di quiete, comincerà ad assumere una forma ellissoidale,
quando è osservato in movimento;
6). La teoria generale della
relatività demolisce il senso convenzionale
di stabilità dell’intero universo materiale. Secondo Einstein ogni frammento
di materia nell’universo genera una forma gravitazionale che accelera tutti
i corpi materiali nel suo campo e modifica la loro dimensione visibile: non
ci sono più corpi rigidi.
Cubismo
7) L’Avanguardia Storica dei primi anni del secolo corre in parallelo
alle scoperte della Relatività. Il Cubismo infatti rifletterà il senso della
relatività della conoscenza; tale movimento non esprime più l’oggetto nella
sua tradizionale collocazione spaziale, ma ne smonta la volumetria, cercando
di rappresentare dell’oggetto tutti gli aspetti esprimibili in una simultaneità
di visioni.
Futurismo
Nel Futurismo lo spazio è
reso come elemento attivo e costituente l’atmosfera, al pari del “soggetto”,
un’atmosfera che è messa in movimento dai corpi in moto che la fendono. Il
movimento è velocità e la velocità è una forza che interessa due entità: l’oggetto
che si muove e lo spazio in cui si muove. I corpi, sotto la spinta della velocità,
si deformano fino al limite dell’elasticità e si scompongono secondo le tendenze
delle linee di forza.
Marcel
Duchamp
L’oggetto divenuto ‘ready-made’ per scelta dell’artista, che lo mette
in presa diretta con la realtà della struttura linguistica dell’arte, non
solo muta la nozione stessa dell’arte, ma a sua volta, perso il suo statuto
di utensile, viene trasfomato dal sistema dell’arte in oggetto artistico.
Heisemberg
Con Heisemberg si dissolve
il meccanismo di ‘causa-effetto’ che aveva retto nella Fisica Classica Newtoniana
il principio della possibilità di osservazione obiettiva del “reale”, facendo
sì che la sorgente casuale di un fenomeno rappresenti la probabilità della
sorgente casuale di un altro fenomeno.
Teoria
dei Quanti
Con la Teoria dei Quanti si arriva al radicale superamento tra la
materia, concepita come un insieme di minuscole entità discrete ed individuali
nello spazio e nel tempo e la radiazione, intesa come fenomeno continuo ed
ondulatorio.
Secondo questa Scuola, nella microfisica, i fenomeni studiati non
possono prescindere dagli effetti, dalle azioni di disturbo, provocate dall’osservatore,
che viene pertanto assunto come parte integrante del fenomeno.
John
Cage
La figura di John Cage è legata al Principio di Indeterminazione
e alle sue non eludibili conseguenze. Egli introduce nel contesto musicale
ed artistico le nuove categorie della probabilità, la complementarietà, l’indeterminatezza
e l’interdisciplinarietà, categorie prodotte dalla rottura del determinismo
causa/effetto. Il suo lavoro diventerà, attraverso il nuovo concetto di caso
“come equipollenza di possibilità”, la base di conoscenza della Seconda Avanguardia
del XX Secolo.
Happening
&Fluxus
Il movimento dell’Happening&Fluxus, di cui l’opera di Cage può
essere considerata la matrice genetica, deve essere visto come l’area di pensiero
dove il sapere quantistico trova l’humus ideale per attivare la propria presa
diretta sulla realtà.
Happening
Con l’Happening si ha l’integrazione di tutti gli elementi della
rappresentazione, quali: l’environment, il tempo, lo spazio, le composizioni
e la gente che vi partecipa, dove lo spettatore assume il ruolo di “partecipatore”
all’evento stesso.
Fluxus
Fluxus evidenzia il grande
fenomeno della de-realizzazione operata dall’avvento della televisione, una
nuova realtà dell’immagine, che ha prodotto una perdita di consistenza nella
natura delle cose. L’arte per questi artisti diviene il luogo totale, disponibile
ad accogliere qualsiasi possibilità creativa. Tale movimento mette in luce
il quotidiano totalizzante dell’era tecnotronica, il quotidiano che vive il
mutamento radicale con le cose e con gli altri, la perdita della consistenza
materiale degli oggetti della percezione, diventati e che diventeranno veri
e propri simulacri immateriali.
Ad
Reinhardt
I ‘quadri neri’ di Ad Reinhardt,
ottenuti mediante un processo di riduzione, sottrazione e sospenzione di tutti
gli elementi che formano un quadro, aprono quella grande rivoluzione linguistica di “uscita
dal quadro stesso” , che prenderà corpo e definizione qualche anno più tardi.
La sua opera infatti rappresenta, sempre più nel tempo, il tendere dell’arte
verso una ridefinizione ‘di sè da sè stessa’, cioè il momento catarchico dell’
arte reso necessario dall’avvento del nuovo sapere. Le ‘pitture nere’ di
Reinhardt, portate avanti dall’autore fino alla sua morte, visualizzano il
raggiungimento della nuova dimensione legata al ‘vuoto quantico’ ed alla ‘negatività’,
elementi che sono alla base della grande ‘frattura’ delle arti, propria della
seconda metà del XX secolo.
Minimal
Art
Lo scopo degli artisti minimalisti
era quello di raggiungere, sia mediante rappresentazioni, che attraverso suggerimenti
o allusioni, quel “minimum sensibile”, quel limite mitico della sensibilità,
dove l’oggetto veniva dissolto ed il valore della sensibilità ridotto alla
sua soglia più bassa.
Arte
Concettuale
Il Concettuale è l’idea dell’arte
nell’autoanalisi di sè stessa. Non ricercando più un’esplorazione del mondo,
ma esplorando l’arte stessa, fa cadere ogni genere di preoccupazione formale.
L’Arte Concettuale è tautologica: l’idea dell’arte e l’arte sono la stessa
cosa. L’arte può così instaurare un rapporto tra l’opera ed il fruitore dove
il dato artistico diviene pura trasmissione di una informazione
Arte
Povera
L’Arte Povera
si pone come evidenziazione della forza energetica e processuale insita
nella natura, come formulazione di equilibri instabili e di processualità
dinamiche, come fisicizzazione della forza di un’azione e di un evento, come
recupero di energie elementari biologiche e naturali, ecc.
Privilegiando
lo statuto di veicolo di informazione e di messaggio piuttosto che il valore
estetico proprio dell’arte che l’aveva preceduto,essa trova nella dimensione quantitativa il proprio contesto espressivo.
ll fruitore non è più un elemento passivo all’interno del fatto estetico,
ma diventa partecipatore attivo al fatto stesso. Di quì nasce l’esigenza di
un sempre maggiore coinvolgimento dell’osservatore che entra nell’evento come presenza necessaria. Per ottenere
questo, l’artista estende le dimensioni dell’opera in modo da inglobare nel
suo gioco linguistico l’osservatore, il quale partecipa attivamente al processo
artistico.
Max
Neuhaus
Il lavoro di Neuhaus, che opera al di là dell’orizzonte degli eventi
e della ‘censura cosmica’ apre l’arte alle frontiere dell’impercettibile e
dell’inconcepibile, rendendo possibili le categorie dell’interazione, dell’anonimia,
della clandestinità e dell’irreversibilità.
Arte
(Dissipazione),
L’indeterminatezza,
la complementarietà, la processualità, l’interdisciplinarietà ,che erano i
campi del sapere entro i quali gravitavano i movimenti degli anni ‘60/’70
nell’arte, vengono ora scavalcati da una nuova visione del mondo che presuppone
nuove categorie di pensiero quali: l’autoorganizzazione, l’interazione, la
coevoluzione, la condivisione, la complessità, la contraddittorietà, il possibilismo,
la traslocazione, la relazionabilità.
Il linguaggio dell’arte, in questa nuova dimensione
del sapere, dove il tempo è indissolubile dalla corporeità cosmica in quanto
espresso in termini di relazioni tra le varie parti che compongono il sistema,
non può far altro che registrare una fenomenologia dell’oggetto in perenne
traformazione e dislocazione, in quanto risponde ad una soggettività frantumata
in continua ricettività rispetto alle autorganizzazioni che incontra. Indubbiamente
il movimento dell’Arte (Dissipazione) nato negli anni negli 1987-88 a Genova
ha aperto con lucida determinazione questa nuova apertura paradigmatica. La
storia nel suo farsi indubbiamente chiarirà le coerenze e gli impegni profusi
per visualizzare e sedimentare il sapere nel sistema dell’arte.