Dal simbolo al modello: nuove interfacce neurali
di Domenico Parisi |
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(conferenza a cura di Tommaso
Tozzi per il progetto “Arte, Media e Comunicazione”, 1997)
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Mi
chiamo Domenico Parisi, sono ricercatore all’istituto di psicologia del CNR a
Roma, lavoro con un gruppo qui in istituto che si occupa di reti neurali e vita
artificiale e poi sono direttore di una rivista pubblicata da Il Mulino a
Bologna che si chiama ‘Sistemi intelligenti’ e che è una rivista dedicata
all’intelligenza artificiale e alla scienza cognitiva.
Io
vorrei parlarvi dell’impatto che le nuove tecnologie digitali hanno su due modi
di comunicare: sulla comunicazione via linguaggio e sulla comunicazione via
immagine.
La
tesi generale che voglio sostenere è che mentre per quanto riguarda la
comunicazione linguistica le nuove tecnologie non la modificano
sostanzialmente, ne lasciano abbastanza intatte le già grandi potenzialità che
questa comunicazione attraverso il linguaggio ha, per quanto riguarda invece la
comunicazione visiva, la comunicazione attraverso le immagini, io già adesso
vedo e prevedo negli anni futuri un enorme aumento di ciò che si può comunicare
e di come si può comunicare attraverso le immagini, dovuto appunto
all’influenza e all’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, le tecnologie basate su computer e per questo digitali.
Il
linguaggio è il nostro modo privilegiato, cardinale di comunicare socialmente.
La nostra cultura in particolare, la cultura dell’occidente, si fonda su questo
modo di comunicare, non solo di comunicare ma anche di elaborare idee, di
elaborare prodotti intellettuali, il linguaggio è appunto il modo centrale di
comunicare e di pensare. Il linguaggio ha avuto due enormi salti tecnologici
nel lontano passato che sono stati l’introduzione della scrittura circa 5000
anni fa e l’introduzione della stampa circa 500 anni fa. La comunicazione via
immagine che pure ha avuto salti tecnologici molto più antichi, quelli con cui
si è cominciato diciamo a creare artefatti cognitivi e comunicativi nel mondo
esterno è stato per via visiva attraverso le immagini dipinte o graffite sulle
rocce le piccole sculture preistoriche e quindi si parla di cose avvenute
venti-trentamila anni fa. Però da allora la comunicazione via immagine non ha
avuto altre iniezioni di potenza da parte della tecnologia. Dal punto di vista
tecnologico, la comunicazione via immagini è rimasta sostanzialmente quella
ereditata da questo lontano passato. Siamo in grado di rappresentare cose
visibili mediante delle figure fisse.
Il
novecento invece è il secolo in cui la tecnologia ha cominciato a promuovere la
potenzialità comunicativa delle immagini naturalmente con il cinema e con la
televisione. Queste sono tecnologie diciamo un po’ oramai del passato, ma il
vero salto, e poi cercherò di dire perché, che si prospetta oggi è
l’accrescimento delle potenzialità comunicative delle immagini dovuto alle
invece tecnologie digitali. Perché il cinema e la televisione, queste
tecnologie pre-digitali non hanno accresciuto di tanto, pur avendo avuto un
impatto enorme? Per esempio, la televisione chiaramente ha avuto un impatto
enorme sull’emergere della cultura di massa che oggi ha aspirazioni di egemonia
nella cultura della società per il fatto che la televisione mette a
disposizione presso ciascuna persona un accesso all’informazione su quello che
sta avvenendo nel mondo che prima non c’era, non c’era con i giornali con
queste tecnologie di massa precedenti. Quindi certamente ha avuto un impatto,
però hanno dei limiti sia il cinema che la televisione. Quali sono? Quelli che
non sono tecnologie interattive nel senso che chi riceve il messaggio visivo
non può che riceverlo e prenderlo per quello che è, sono estremamente costose
da generare, richiedono mezzi e competenze molto importanti, per cui sono
tecnologie con dei grossi limiti.
Le
nuove tecnologie invece, quelle che vanno sotto il nome di multimedialità,
realtà virtuale, ipertestualità, reti telematiche, simulazioni, invece
promettono di fare di più innanzi tutto nella direzione dell’interattività,
cioè nella direzione per cui chi riceve un messaggio può anche rimettere un
messaggio. Questo è già evidente sul piano più linguistico direi che delle
immagini con Internet, per cui Internet potenzialmente fa di ogni individuo un
ricevitore di messaggi, ma anche un produttore di messaggi irradiabili in tutto
il mondo alla lettera, ma dal punto di vista delle immagini il vero salto sta
nel fatto che ora le immagini diventano interattive, cioè permettono le nuove
tecnologie a chi riceve le immagini di manipolarle nel senso per esempio di
vedere un oggetto tridimensionale da vari punti di vista, di entrare dentro
l’oggetto, di modificare l’oggetto, ma il vero salto però io lo vedo ancora nel
futuro, cioè il fatto che fino ad adesso un’immagine non fa che presentare un
oggetto già esso stesso visivo senza che dentro al computer ci sia molto di più
che semplicemente quel po’ di software di programma che descrive l’oggetto e
che permette di manipolarlo di spostarsi, di girarci intorno o di entrarci
dentro.
Il
salto a me sembra dovrebbe avvenire quando nel computer ci fosse anche un
modello dell’oggetto di cui noi vediamo un’immagine in questo momento. Un
modello quindi che ne catturi le caratteristiche interne, le possibilità di
automodificazione nel tempo specialmente quando si tratta di oggetti di
carattere biologico, organismi, esseri umani, è importante che nel computer vi
sia un modello dell’organismo o dell’essere umano, in modo che manipolando e
interagendo con l’immagine io in realtà interagisco con il modello che ci sta
dietro e questo accresce di molto le potenzialità di interazione che ho con
l’immagine.
Il
secondo salto che si prospetta in futuro è quello di passare da immagini che
comunque riproducono oggetti essi stessi visibili, come può essere un palazzo o
una persona o un artefatto, un qualunque cosa di dimensioni sufficientemente
piccole localizzate nello spazio per cui è esso stesso l’oggetto visibile, ad
immagini che invece catturano sul piano dell’immagine qualcosa che non è di per
se visivo, quindi processi, fenomeni molto grandi, che quindi non sono
visibili, nello stesso senso con cui sono visibili oggetti più piccoli,
fenomeni che avvengono nel tempo e che durano molto tempo, per cui non c’è la
possibilità di vedere il cambiamento a scale temporali di anni di secoli di
millenni di questi processi, e processi che hanno una dinamica interna che non
è di per se diciamo visibile. Il fatto che sia possibile pensare a una nuova
iconologia in cui io catturo attraverso immagini, immagini dinamiche, immagini
interattive, processi e fenomeni che non sono di per se visibili, questo
allarga di molto le potenzialità comunicative delle immagini nel senso che le
allarga dal punto di vista di capire la realtà, capire i fenomeni,
intrattenersi interagendo con questa realtà riprodotta dal computer, comunicare
socialmente, anche ragionare sulla realtà in termini per esempio delle
decisioni politiche intorno alla realtà. Io quello che vedo è un progressivo
ampliamento delle potenzialità comunicative delle immagini come sistema di
comunicazione sociale, di comprensione della realtà. A questo punto
certamente emerge una competizione tra
la comunicazione via linguaggio che l’asse portante della nostra cultura e
invece il crescente potenziale comunicativo delle immagini che certamente crea
una sfida delle immagini sul linguaggio, perché essendo come ho detto la nostra
cultura imperniata sulla comunicazione via linguaggio, ritenendo noi che solo
il linguaggio permette di capire le cose, di ragionare sulle cose, di
comunicare su qualunque aspetto della realtà, mentre le immagini tutte queste potenzialità
non ce l’hanno, ecco, se si prospetta invece una possibilità per cui le nuove
tecnologie dotano le immagini di queste stesse potenzialità comunicative del
linguaggio, è chiaro che noi andiamo incontro a un cambiamento abbastanza
cardinale di come concepiamo noi stessi, di come concepiamo la realtà e di come
la realtà stessa è organizzata dal punto di vista conoscitivo, di interazione
sociale, dal punto di vista politico, anche dei processi di discussione e di
decisione politica.
Di
fronte a questa prospettiva ci si può chiudere in una visione o di negazione, o
di ignoramento o di contrarietà oppure si può cercare di intravedere quali
nuove potenzialità e creatività sono insite in questo cambiamento che si
prospetta.
Cercherò
di fare degli esempi di questo discorso a carattere generale.
Ad
esempio spesso noi vediamo in un sistema multimediale, in un cd multimediale,
delle figure di personaggi o di animali che stanno ferme oppure si muovono, ed
hanno dei movimenti che sono tutti previsti dentro al programma. Io cliccando
ottengo certi movimenti che naturalmente ravvivano l’immagine, gli danno un
maggiore senso di realismo e così via. Però molto spesso questi movimenti sono
appunto piccoli programmi in cui il movimento si ripete sempre lo stesso, ha una
durata limitata, quello che succede è che se io vedo il cd più volte dopo un
po’ quel movimento perde interesse per me appunto perché è un movimento chiuso,
ripetitivo e cose del genere... Ora se invece si riuscisse a mettere nel codice
originale che sta dietro al cd un modello di quel personaggio, di quell’animale
o di qualunque oggetto abbia una certo tipo di comportamento, un modello di
cos’è che provoca il comportamento, nel caso specifico il movimento o la
produzione comunicativa che viene generata da questo organismo da questo
personaggio, allora è chiaro che io potrei ottenere due cose: da un lato potrei
ottenere dei movimenti che variano di volta in volta non hanno nessuna
lunghezza determinata e non sono ripetitivi, non sono sempre gli stessi e questo
già in qualche modo risolve il problema della ripetizione che poi diventa noia,
diventa scarso interesse. In secondo luogo il movimento potrebbe diventare una
risposta a eventi che avvengono su uno stesso schermo così come succede negli
organismi. Gli organismi sono oggetti fisici che hanno una particolare capacità
di rispondere e di reagire a ciò che avviene intorno a loro; hanno un sistema
sensoriale e motorio che recepisce quello che avviene intorno a loro e risponde
in un certo modo appropriato a quello che succede intorno a loro. Se dietro al personaggio c’è un modello del personaggio è
chiaro che io posso ottenere che non solo il loro movimento non sia sempre lo
stesso per ogni volta che io vedo il cd, sia che lo vedo io, sia che lo vedi
te, ma che sia in risposta a quello che avviene nel resto della scena vista e
quindi abbia una naturalezza e di nuovo una varietà perché quello che avviene
nel resto della scena, della storia, della rappresentazione, è qualcosa che può
variare di volta in volta. C’è una interazione tra diversi componenti di
oggetti che popolano la scena e che io vedo sullo schermo che è un’interazione
che ha un valore di innovazione, di novità di volta in volta, proprio perché
c’è una coevoluzione, un rispondere l’uno a l’altro e quindi ottengo delle
potenzialità comunicative nelle immagini molto più interessanti.
Il
caso che facevo prima è ancora il caso in cui quello che vedo è ancora qualcosa
di visibile, cioè lo vedo sullo schermo come lo posso vedere anche nella
realtà. Un’altra direzione in cui questo potenziamento delle possibilità
comunicative delle immagini si può realizzare, dove io vedo veramente un enorme
spazio di invenzione tecnologica e quindi di potenziamento comunicativo, è
quando quello che vedo sullo schermo non corrisponde a nulla che io potrei
vedere con gli occhi nella realtà. Perché è chiaro che allora io posso
esplorare via immagini una serie di fenomeni che nella realtà io non posso
vedere. Quello che fino ad adesso è considerato uno dei grandi vantaggi, pregi
del linguaggio rispetto alle immagini è che con il linguaggio io posso
esprimere qualunque cosa, le immagini invece sono ristrette al visibile. Ora
gli esseri umani sono caratterizzati dal fatto che loro conoscono la realtà non
soltanto dal punto di vista sensoriale, ma perché l’hanno penetrata dentro nei
suoi meccanismi che spesso non sono direttamente accessibili con i sensi
visibili, ma sono costruzioni intellettuali. Ora il punto importante è la
possibilità di creare un linguaggio delle immagini, dicevo prima una nuova
iconografia di icone che mi rappresentino quelle che sono costruzioni puramente
intellettuali la loro dinamica nel tempo, il modo con cui questi oggetti non
direttamente visualizzabili, perché non sono visivi, interagiscono con il resto
della realtà e così via.
Questo
permette di estendere la comunicazione via immagini sul piano per esempio
educativo, sul piano della divulgazione, anche sul piano dell’intrattenimento
in aree in cui adesso non entra, perché quello che io vedo sullo schermo è
quello che io posso vedere anche nella realtà, magari immaginato, ma è sempre
una cosa di visivo. Ecco invece si tratta di visualizzare. Visualizzare vuol
dire rendere visivo quello che non lo è. Questo per esempio dei processi
storici di espansione di uno stato nel corso degli anni, dei decenni, dei
secoli, o di crollo, delle relazioni economiche, relazioni commerciali, ma
anche relazioni culturali tra popolazioni, quindi una serie di processi di
carattere per esempio sociale, storico, culturale, di ampio respiro che non
sono di per se qualcosa che io posso vedere con gli occhi, ma posso rendere
visibili in questa nuova iconografia tecnologica, se io trovo il modo di
visualizzarli. Mantenendo quindi i vantaggi della comunicazione via immagini
perché sono quelli di intuire in un solo colpo d’occhio una realtà, seguire i
suoi cambiamenti in quanto cambiamenti nell’immagine davanti ai miei occhi,
quindi mantenendo questi vantaggi, ma applicandoli a un’area in cui fino ad
adesso la tecnologia ci permette soltanto di fare dei grafici, di fare degli
istogrammi oppure le icone con cui io traduco i comandi in un computer, siamo
ancora diciamo in una situazione primitiva da questo punto di vista, se noi
riusciamo a rendere visualizzabili su uno schermo di un computer questi
processi, macro-processi che non hanno un carattere immediatamente visivo, o
perché sono troppo grandi o perché sono
effettivamente costruzioni intellettuali, per esempio delle teorie, dei punti
di vista sulle cose, se noi riusciamo a renderli visivi, allora da questo punto
di vista effettivamente la comunicazione visiva può diventare competitiva con
la comunicazione del linguaggio.
C’è
un’altra implicazione importante che mentre la comunicazione linguistica, per
quelli che sono gli usi quotidiani, gli usi della lingua orale è una
comunicazione disponibile con facilità a tutti i membri di una società, tranne
eccezioni di patologie o cose del genere, quando si tratta di affrontare
problematiche che richiedono intellettualmente argomenti di carattere più
astratto, anche argomenti di interesse sociale e politico, per non dire di
carattere scientifico, conoscitivo, il linguaggio non è così disponibile a
tutti nello stesso modo, nonostante l’azione della scuola, soltanto una parte
abbastanza ristretta della popolazione è in grado di usare il linguaggio per
parlare o per pensare a problematiche che non sono quella della vita
quotidiana. Ecco, invece io ho l’impressione che qualora la comunicazione
visiva subisse questo processo di potenziamento che ho cercato di descrivere,
allora le sue caratteristiche specifiche che la distinguono dal linguaggio, il
fatto per esempio che il linguaggio è astratto, le parole sono suoni che si
riferiscono a cose in modo del tutto arbitrario, definiscono concetti che sono staccati
dal contesto, hanno un carattere astratto ed è per questo il linguaggio diventa
difficile da usare con padronanza quando si tratta di parlare di cose
complesse, non di cose da vivere tutti i giorni, queste caratteristiche non ci
sono nella comunicazione visiva che mantiene sempre questa capacità di far
vedere con un colpo d’occhio tutto un qualcosa, di cogliere le caratteristiche
di un oggetto o di un processo in un modo non astratto proprio perché passa
attraverso l’analogia dopotutto sia tra l’immagine e una cosa visiva, sia tra
l’immagine e una cosa che di per se non è visiva, allora a questo punto io vedo
una potenzialità di allargare la discussione e la comunicazione sociale, anche
su tematiche non di tutti i giorni, a un insieme di persone più ampio di quello
che oggi è in grado di discutere di queste cose in modo puramente linguistico. La comunicazione visiva
renderebbe possibile un allargamento della discussione sociale su temi di
carattere pubblico, di carattere non della vita di ciascuno di noi di tutti i
giorni, come oggi non è dopotutto possibile con il linguaggio. Questo va nella
direzione di processi di iper-democrazia come certe volte si dice, cioè di
processi in cui le decisioni sulle questioni di interesse collettivo sono
sempre più affidate alla totalità della popolazione che adesso dispone di un
mezzo di comunicazione che gli permette di discutere di queste questioni, cosa
che il linguaggio come dicevo prima non è in grado di fare e che quindi questi
processi di iper-democratizzazione, cioè di riduzione del ruolo di élite,
elette non certamente ereditarie come è oggi, non elitarie, diminuisce proprio
perché ciascuno è in grado di sapere, di conoscere le cose che gli servono per
prendere una decisione, di discutere sulle varie opzioni, quale decisione va
presa e poi anche di implementare le decisioni. Il poter disporre di qualcosa
che non è semplicemente il linguaggio, ma è qualcosa che in linea di principio
è più facilmente accessibile alla totalità della popolazione o comunque a un numero
molto maggiore di persone che non sia il linguaggio elevato, non quello della
vita di tutti i giorni, sarebbe un aiuto che le nuove tecnologie digitali
darebbero a questo processo buono o cattivo che sia di iper-democratizzazione
della vita pubblica.