Nuove forme collettive della ricerca scientifica
di Mario Chiari |
||
(conferenza a cura di Tommaso
Tozzi per il progetto “Arte, Media e Comunicazione”, 1997)
|
Io
volevo in modo molto semplice parlare di due aspetti che colpiscono quando uno
osserva lo sviluppo impressionante e recente delle possibilità della
comunicazione in rete rispetto a problemi di ricerca, o di diffusione, o di
conoscenza matematica, ma anche di semplice curiosità matematica.
Quanto
l’avvento delle tecnologie moderne, soprattutto la comunicazione in rete,
cambierà o modificherà, o sta già modificando e cambiando alcuni aspetti sia
organizzativi, sia teorici del fare matematica.
Iniziamo
dagli aspetti organizzativi che spesso non sono citati o considerati in una
riflessione sulla matematica, ma che sono assai importanti e assai presenti.
La
rete, ovviamente, come molte altre situazioni, abolisce sostanzialmente le
distanze geografiche e aiuta in modo molto netto la possibilità di organizzare
piccoli gruppi di ricerca internazionali con contatti quotidiani, quasi di
amicizia personale molto stretta, anche se non fisica, di scambio continuo dell
proprie impressioni e delle proprie indagini di ricerca.
Questo
cambia due aspetti: l’aspetto della diffusione dei risultati e l’aspetto della
certificazione dei risultati.
L’aspetto
della diffusione, non sempre ovviamente, ma diciamo da alcuni decenni, era
affidato a un sistema molto semplice di lavoro solitario, di un piccolo gruppo
locale, con presentazione e richiesta che i risultati di questo lavoro
matematico fossero accettati da una rivista, certificazione attraverso il
comitato di redazione o dei (??????) anonimi e quindi pubblicazione.
Il
risultato del lavoro di una ricerca veniva quindi reso pubblico attraverso una
pubblicazione a stampa.
Questo
è già stato messo in crisi dall’avvento delle fotocopie, in cui già nel
processo di elaborazione e di redazione diciamo di amici, di collaboratori, di
co-ricercatori nello stesso campo, che venicano aggiornati su cosa uno faceva
mandandogli fotocopie.
Ma
con l’avvento della rete, questo sistema chiaramente crolla, nel senso che
quotidinamente, in linea di principio, può mettere a disposizione di tutto il
mondo in maniera estremamente facile (cioè semplicemente organizzando una sua
pagina di web) tutto quello che sta facendo, quindi far conoscere quello che
uno sta producendo in tempi direi immediati. Saltando tutto il sistema delle
riviste dei (???????) anonimi.
Quindi,
dal punto di vista della diffusione, cambia completamente il panorama. Dal
punto di vista della certificazione, cioè di chi ha fatto che cosa, del merito,
del contributo personale, crea una serie di problemi, discussi non solo in
matematica, ma in generale del copyright in rete, la difesa del copyright, la
necessità di difendere il copyright, sostanzialmente secondo me alla fin fine
con un’azione diversa alla lunga di quale sarà il metodo di misurare il
contributo personale.
Questi
sono semplicente alcuni aspetti, ve ne sono anche altri, in qualche modo
minori, ma non da sottovalutare. Per esempio un articolo a stampa è
immodificabile. Un articolo che te invece mandi via computer con un file è
modificabile dal ricevente, perché i files in linea di massima, a parte qualche
forma di protezione, sono modificabili. Nell’esempio più banale degli errori di
stampa: se io leggo un articolo e trovo un errore di stampa non lo posso
correggere su una rivista, mentre in un file, lo stampo, vedo un errore di
stampa, lo correggo nel file e lo ristampo senza l’errore di stampa. Che cambia
un po’, perché poi diventa più difficile sapere chi veramente ha fatto che
cosa.
Questo
direi è il problema organizzativo della diffusione, della certificazione, del
concetto della proprietà intellettuale del lavoro.
Poi
rispetto alla matematica c’è un’altro cambiamento che è più difficile da
teorizzare, o da classificare, ma così, parlando in maniera molto generica,
direi un passaggio dalla matematica come un ‘conoscere qualcosa’ alla
matematica come un ‘fare’. Questa è una famosa distinzione filosofica. Ci sono
scuole di filosofia della matematica, platonisti, costruttivisti, ..., ma al di
la di questo aspetto filosofico, che secondo me non è il linguaggio adatto per
spiegare quello che sta succedendo, c’è proprio un aspetto più costruttivista
nel senso più pratico, cioè che l’enorme disponibilità di mezzi computazionali
localmente, ma soprattutto in rete, spinge sempre di più ad incuriosirsi di
tutto ciò che è la capacità di costruire oggetti matematici, anche se
simbolicamente. Per esempio, sempre più noi avremo mezzi, programmi in rete, a
cui uno può accedere facilmente, per risolvere problemi (dato un problema io
voglio trovare un numero che fa qualcosa, voglio costruire una figura che ha
certe proprietà, voglio vedere come cammbiando un parametro di un certo
problema la figura risultante cambia, in maniera anche molto visiva). Questo
secondo me sta cambiando. Cambierà intanto l’educazione della matematica che
sarà sempre più un proporre agli studenti mezzi, sistemi computazionali
facilitati, semplificati per fargli sperimentare come le cose cambiano
modificando alcuni input, alcuni dati. Cambierà gli indirizzi di ricerca, già
questo succede, perché via via una percentuale sempre maggiore di matematici
professionisti sarà impegnata nel costruire questi mezzi, nel disegnarli, e
forse, sperabilmente, o non sperabilmente (quì si tratta di un giudizio di
valore), cambieranno un po’ anche l’immagine della matematica: più che appunto
un ‘conoscere’ delle entità, come è stato direi questo secolo, o se non prima,
o se non nell’antichità, diventerà più un costruire, un giocare, un trovare dei
modi per costruire delle entità visivamente percepibili.
Questo
è aiutato dalla rete in che senso? Nel senso che l’enorme facilità di accesso a
tutti i luoghi della terra a tutti i ricercatori della terra, permetterà non
solo il farsi tutto da solo, ma anche semplicemente di accedere nel posto
giusto per trovare il mezzo che ti risolve un certo problema.
Nessuna
delle cose che dico sono estremamente originali. Qualcuno ha scritto per
esempio che si sta andando verso un perdersi della distinzione fra “documents
and programs”, cioè il leggere un testo che ti parla di qualcosa di matematica
e avere un programma che ti fa delle cose, ti risolve dei problemi. I testi
saranno sempre di più ‘ipertesti’, in cui ti si spiega qualcosa e poi
direttamente tu puoi inserire dei dati e vedere come una certa cosa funziona,
che prodotto da, come certi parametri variano.
Il
più entusiasta in giro è questo oramai famoso Wolfgang che ha creato questo
linguaggio di matematica, che lui propone come un linguaggio universale nel
futuro per fare esattamente questo: avere la capacità di leggere programmi,
testi di matematica in rete. Un linguaggio quindi universale che li comprende
più che altro i programmi, per sapere esattamente che cosa stanno facendo. Un
linguaggio universale per matematici, e per appassionati di matematica con cui
divertirsi a risolvere problemi e a vedere che cosa succede.