Hacktivism

"Franco Berardi Bifo. Un'intervista"

(intervista di Hoeksteen Italia, 2002)


HOEKSTEEN ITALIA: apriamo questa nostra conversazione con Bifo con una domanda per certi versi scontata. C'è un rapporto che noi abbiamo visto negli ultimi 30-40 anni tra tecnologie della comunicazione e movimenti sociali. Banalmente si potrebbe dire che se all'inizio del 900 un mestiere da rivoluzionario era il tipografo, adesso probabilmente il mestiere del rivoluzionario è nel campo della pubblicità o delle nuove comunicazioni ecc, un po' come alla fine anni 70-inizio anni 80 sono stati fondamentali gli antennisti per le radio libere.

BIFO: Prima di tutto c'è da fare una constatazione sul materiale comunicativo di cui noi disponiamo. Nel corso degli ultimi 30 anni è avvenuto un fenomeno drasticamente innovativo nei confronti dell'intera storia moderna. Mentre la stampa, la tipografia, la comunicazione alfabetica dominano l'intera storia moderna, e quindi anche la storia dei movimenti, ad un tratto sulla scena è comparsa la potenza comunicativa dei media elettrici e dei media elettronici. Mi viene in mente una cosa che raccontano i Luther Blisset in "Q". Quando si cominciò a stampare la Bibbia nel 1500 le striscioline di carta che venivano tagliate via dalla taglierina erano utilizzate per fare dei volantini che divenivano il primo strumento di comunicazione tra i contadini comunisti che seguirono le rivolte di Thomas Munzer.
I movimenti sociali nascono sempre in uno stretto rapporto con le disponibilità tecniche e materiali che rendono possibile una comunicazione più larga possibile e soprattutto più convincente possibile. Non riflettiamo tanto sul fatto che nel 1500 ricevere un fogliettino su cui c'era scritto qualsiasi cosa voleva dire produrre un effetto di verità: "E' il testo che lo dice, e il testo non può mentire". Oggi il testo non ha più quell'effetto sulla ricezione di maggioranza. L'immagine sì, l'immagine ha reso il posto che aveva la Bibbia un tempo e dunque la comunicazione sociale si sintonizza sul regime predominante.
Diciamo una cosa molto semplice: quell'aggeggio che mi sta fotocopiando è un aggeggio che non tutti ma moltissimi oggi possono andare a comprare. Non era così 30 anni fa. 30 anni fa avere uno strumento di registrazione video era possibile solo per dei professionisti di alta qualità e di grandi disponibilità finanziarie. Oggi non è più così, oggi è possibile disporre di strumenti relativamente raffinati a costi abbastanza bassi. Negli anni 70 questo è successo con l'offset, è successo con il trasmettitore radiofonico, poi anche col video tape che si è evoluto ed è diventato, grazie alle tecnologie digitali, la telecamera digitale professionalissima.

HOEKSTEEN ITALIA: per dispiegare questa potenza comunicativa dei mezzi elettronici e dei mezzi dell'informazione e della riproduzione c'è anche bisogno di una strumentazione materiale e c'è bisogno di produrre in qualche modo informazione. Nell'informazione c'è un rapporto, che è datato storicamente agli ultimi decenni, tra la controinformazione e la propaganda. Forse il tentativo dovrebbe essere quello di creare un'altra informazione, che non dica soltanto delle altre cose, ma che le dica in un altro modo.

BIFO: tradizionalmente la storia dei movimenti del 900 aveva ereditato quest'idea secondo cui c'è una verità da svelare, da contrapporre alla menzogna. Quanto più si moltiplicano i mondi tecnologici, le possibilità di creazione tecnologica e comunicativa, tanto più noi ci rendiamo conto che il punto non è tanto quello di ristabilire una verità negata quanto piuttosto di creare mondi di verità alternativi, autonomi, in qualche misura paralleli. Il vero problema non è stabilire per chiunque, per gli ascoltatori, ammesso che esistano, chi dica la verità, ma chi ti propone un’infosfera più abitabile. L'infosfera prodotta dai media di regime in Italia, ad esempio, non propone una menzogna, ma propone la sua verità, che è una verità ripugnante, una verità in cui possiamo decidere di non entrare. Noi possiamo decidere di aderire al modo di Italia1, del mediascape di regime. Semplicemente dobbiamo diventare ripugnanti noi stessi per far parte di quella verità. Dunque, il punto non è tanto quello di contrapporre verità a menzogna, quanto quello di moltiplicare i mondi di verità. Questo richiede non solo una dotazione tecnica ma soprattutto una capacità di discorso, di immaginazione, Vorrei dire una capacità di mitologia. La capacità di creare mitologie, cioè mondi abitabili, mondi di racconti abitabili: questo è il vero passaggio che si tratta di rendere possibile.

HOEKSTEEN ITALIA: la produzione di mitologia avviene attraverso la produzione di quest’infosfera immateriale che tuttavia per essere creata ha bisogno anche di un suo elemento materiale e sostanziale, e che riporta a un problema che è storico, anche questo dei movimenti. Ovvero, in che modo si produce tutto questo, visto da un punto di vista molto materiale, qual è l'economia di produzione di questa nuova infosfera?

BIFO: vuoi dire l'economia nel senso dell'economia monetaria o l'economia tecnologico-immaginaria? Purché c'è un livello, diciamo, materialissimo, che è proprio quello del come ci procuriamo gli strumenti e soprattutto come adeguiamo gli strumenti esistenti alle nostre possibilità economiche. Io ricordo, ad esempio, che nel 1975 iniziai, con un gruppetto di altri miei amici assolutamente squattrinati, a fare una rivista che si chiamava A/traverso. Venne fuori una rivista molto bizzarra, che provocò molto interesse nell'ambito di un minoritario ma molto significativo gruppo. In realtà quella grafica che noi adottammo, e che sembrò così innovativa, era semplicemente data dal fatto che noi disponevamo di null'altro che di una macchina da scrivere con i tasti in gran parte mal funzionanti e di ritagli di giornale che appiccicavamo sul foglio. Cioè, in quel caso avevamo adattato una povertà di mezzi ad una possibilità che ci veniva offerta dall'off-set, che rispetto alla macchina tipografica tradizionale ti permette di fotocopiare qualsiasi cosa e poi di farne una matrice. Anche oggi ci si pone lo stesso problema, che tipo di comunicazione ricca, immaginifica, e affascinante nei limiti delle nostre possibilità di fascino.

Che tipo di comunicazione siamo in grado di produrre a partire degli strumenti esistenti e sulla base delle nostre possibilità di accedere a questi strumenti? Sul piano televisivo noi stiamo dando vita ad un'esperienza che si chiama Telestreet, che nasce da una banalissima scoperta che ogni antennista conosce benissimo. E cioè che ognuno di noi dispone sul tetto della propria casa di un cassettino, uno strumento che non so neanche come si chiami, che serve per ricevere i segnali dell'antenna, e quello strumento opportunamente modificato con delle modifiche che costano pochissimi euro può diventare un trasmettitore. In questo caso ci stiamo dotando di una strumentazione che non ci permette certo di fare una comunicazione televisiva di grande potenza. Ci permette di entrare in quello spettro della produzione immaginativa, della produzione comunicativa. Esattamente quello su cui oggi abbiamo bisogno: di intervenire, di bucare, di rompere il sistema dominante. Se parliamo di economia monetaria, per dotarci degli strumenti il punto è sempre questo: cerca la via attraverso la quale ti è possibile rovesciare gli strumenti più semplici in strumenti efficaci, non subire mai il principio della professionalità, non credere mai nel fatto che la comunicazione è tanto migliore quanto più ricca dal punto di vista economico. La comunicazione è tanto migliore quanto più è adeguata alla richiesta immaginaria, immaginativa, mitologica delle persone a cui ti stai rivolgendo. Nel momento in cui tutta la comunicazione tende a divenire patinata e assolutamente prevedibile forse sta crescendo da qualche parte la domanda, il desiderio, di una comunicazione completamente scartabellata, mal ridotta, fatiscente. Cerchiamo di trovare i punti in cui, con il minimissimo di spesa, riusciamo ad ottenere il massimo di risultato comunicativo.

HOEKSTEEN ITALIA: questo secondo te è possibile utilizzando uno strumento come quello televisivo?

BIFO: io non credo che ci sia alcuna possibilità di fare una televisione migliore. La televisione è costitutivamente uno strumento di espropriazione della intelligenza umana, ed è uno strumento antidemocratico, uno strumento centralizzatore, ed è anche uno strumento volgare, stupido. Tutto ciò che passa sullo schermo, che sta di fronte al divano di casa mia - ammesso che ce l'abbia - fa schifo. Dunque, non credo nella possibilità di fare una televisione migliore, credo nella possibilità di fare una comunicazione che utilizzi l'immagine sullo schermo, che abbia caratteristiche più vivaci, più democratiche, più piacevoli. Ma che cosa vuole dire questo? che non dobbiamo aspirare? L'esperienza a cui sto partecipando non aspira a fare la televisione finalmente giusta e finalmente bella. Noi aspiriamo a moltiplicare i punti di produzione comunicativa, anche di tipo televisivo. Il vero scopo di una nuova concezione mediatica e comunicativa che utilizza anche l'immagine non è quello di estendere una audience per una nuova televisione ma di frammentare al massimo la produzione televisiva.
Il punto d'arrivo del processo che abbiamo messo in moto è una televisione in cui tutti registrano immagini e nessuno le guarda. Mi rendo conto del fatto che sto un po' esagerando, ma in fondo è quello che da sempre fanno gli artisti, quello che da sempre fanno coloro che realmente comunicano in modo vitale. Essi non producono per espandere la loro audience, producono per moltiplicare le relazioni di comunicazione intorno a sé. Il fatto che la gente si fermi ad ascoltare la telecamera accesa [indica il gruppetto di gente dietro la videocamera], è il vero prodotto di una comunicazione di tipo nuovo. Il punto non è bloccare la gente a casa sua per ascoltare le stronzate che vengono prodotte da una telecamera e da un trasmettitore che sta al centro. Il punto è moltiplicare i punti di registrazione nella città, nella vita quotidiana, e fare dei punti di registrazione, di agitazione comunicativa.

HOEKSTEEN ITALIA: Noi abbiamo visto come proprio a partire dall'esperienza della radio libere degli anni '70, o meglio, a partire da quella che è stata poi la risposta istituzionale a questa esperienza, siano state create dallo Stato tutta una serie di leggi che sembrano un ostacolo a questo genere di esperienza. Io mi riferisco ad esempio alla legge Mammì negli anni '80, che ha di fatto bloccato il proliferare delle radio libere, che ha commercializzato l'etere radiofonico, ed anche a leggi come quelle sul copyright, per fare un esempio banale che può rendere l'idea.
Il fatto che le radio libere abbiano rotto a un certo punto degli anni '70-'80 il monopolio della comunicazione radiofonica è legato a due elementi: il primo è un elemento di informazione - il poter trovare un'informazione che non veniva data da altre parti. Il secondo è un elemento legato alla questione del copyright: per cui se io, invece che voler sentire Toto Cutugno, volevo sentire i Led Zeppelin o i Clash avevo le radio che mi trasmettevano i Led Zeppelin o i Clash. Questa cosa non sembra possibile con le leggi attuali sul copyright da parte delle televisioni, leggi che riguardano il satellite, leggi che addirittura puniscono il semplice possesso di materiale per la trasmissione televisiva.

BIFO: Se vogliamo entrare nel campo del recupero e della repressione, naturalmente dobbiamo fare un discorso specifico sulla situazione italiana degli anni presenti e degli anni passati. E una cosa è il discorso, in generale, sul rapporto fra innovazione comunicativa e istituzionalizzazione dell'innovazione. Gli esseri umani, nella loro socialità immediata, sempre costruiscono una modalità di comunicazione che fa circolare il loro desiderio di stare insieme, di toccarsi comunicativamente. E che poi gli apparati statali, gli apparati economici, sistematizzano ai loro scopi. Da qui nasce una dinamica che è una dinamica ininterrotta di liberazione e di recupero.

Poi c'è la situazione italiana, che è un caso un po' particolare. Ricapitoliamola sinteticamente, perché tanto la sanno tutti.
Negli anni '70 nasce il movimento delle radio libere che rompe il quadro di monopolio esistente. Fino al '76 la corte costituzionale riconosce che tutti i cittadini hanno il diritto di trasmettere nell'etere, e finisce in questo modo il monopolio di Stato. Dopodiché un gruppo economico, che è stato finanziato ufficialmente e dichiaratamente dalla mafia, un gruppo economico che nasce come gruppo di mafia, si appropria di una parte dell'etere. E come sappiamo quel gruppo di mafia riesce ad ottenere da parte di un governo Craxi una regolamentazione dell'etere che si chiama legge MAMMI', che riconosce il diritto alla trasmissione dei grandi gruppi economici come fattore regolatore del sistema comunicativo in generale. Per cui diventa possibile trasmettere soltanto per coloro che dispongono di appoggi economici, appoggi politici, in ultima analisi appoggi mafiosi. Ed ecco che poco alla volta, nel corso degli anni '90, la situazione ritorna all'epoca del monopolio, nel senso che 25 anni dopo la rottura del monopolio di stato ecco che ci troviamo di fronte ad un monopolio privato, un monopolio di Mediaset. Dobbiamo con questo ritenere che la rottura determinata dalle radio libere sia stata inutile o addirittura che sia stata dannosa perché ha aperto la strada a Berlusconi? Io credo assolutamente no. La liberalizzazione dell'etere era un fatto inevitabile ed inoltre era un fatto largamente necessario dal punto di vista sociale e dal punto di vista culturale. Il punto è che non siamo riusciti ad arginare la potenza della mafia e di gruppi economici legato a Berlusconi. Non siamo riusciti ad arginare la loro invadenza, non siamo riusciti a permeare di un'iniziativa libertaria l'intero spettro della comunicazione e quindi anche della comunicazione televisiva. L'eredità della rottura determinata dalle radio libere negli anni '70 è ancora lì: una piccola parte del mediascape italiano mantiene un certo grado di libertà perché esistono le radio libere, che oggi sono parte di quei piccoli - perché quantitativamente non hanno certo la potenza di Mediaset o della Rai berlusconizzata. Però sono le radio libere che continuano a svolgere un ruolo di relativa libertà nel sistema comunicativo generale.

HOEKSTEEN ITALIA: E' stato detto che le tecnologie della rete, anzi la Rete non tanto come tecnologia, quanto come evento, ha in qualche modo modificato le forme della democrazia moderna (che sta diventando qualcosa di diverso con l'avvento di Internet). Con la diffusione delle tecnologie comunicative dell'immagine, che hanno preso il posto della Bibbia in qualche modo, sta succedendo la stessa cosa. Una cosa del genere l'abbiamo vista a Genova: cioè una verità ufficiale, che era la verità dello Stato, la verità della polizia, la verità inizialmente anche della magistratura, che è stata rapidamente ribaltata nell'arco di pochi giorni, se non di poche ore, dalla tecnologia comunicativa diffusa. Dal fatto, cioè, che ci fossero oggetti come questa video camera, come le macchine fotografiche, e che immagini e filmati rimbalzassero attraverso i canali di internet. Quindi queste tecnologie stanno cambiando il senso di essere e di appartenere alla società civile?

BIFO: Mah, ci sono due fenomeni in quello che hai appena detto. Uno è quello della moltiplicazione degli strumenti di comunicazione elettronica di cui abbiamo già parlato. Un altro è il modello della rete, che è sicuramente innovativo in un senso non solamente tecnologico ma vorrei dire essenzialmente politico. Il modello della rete, come tutti sanno, è fondato sulla possibilità di scambiare messaggi senza passare attraverso alcun centro di smistamento e di controllo. Naturalmente anche questo principio è vero fino ad un certo punto. E' continuamente rinegoziato, è continuamente minacciato. La colonizzazione della rete è uno dei grandi obbiettivi delle multinazionali e delle grandi aziende di produzione del software, di produzione di contenuti etc etc. Ho come l'impressione che il principio di rete sia difficilmente cancellabile e che il modello della rete abbia un suo funzionamento di tipo proliferante.

Il colosso America On-Line più Time Warner doveva colonizzare il mondo della rete con produzioni di tipo televisivo, che dovevano riempire... Niente! non è successo quasi niente! Dopo che America On-Line e Time Warner si sono fusi e sono entrati con la loro potenza nel sistema di rete - perché la rete schizza via in mille direzioni - qual è il grande evento della rete negli ultimi due anni? E' Indymedia, non è America On-Line più Time Warner. D'accordo, AOL ha 40 milioni di subscribers, e quindi è più potente, ma la capacità di produzione all'interno della rete dei grandi potentati è una capacità di produzione del tutto ripetitiva, che in qualche modo ricalca il modello televisivo senza riuscire mai a cancellare il principio della rete. Ecco, la novità è che la rete cresce sempre ai margini, mai al centro. Il punto vitale della rete, il punto decisivo, non è mai il punto centrale. Perché in qualche modo non vi è un centro in un sistema di tipo reticolare. Questa è la grande novità.

Il punto è come rendiamo questa grande novità paradigmatica, di modello, come la rendiamo operante nel sistema predominante, nel sistema televisivo. Perché la rete ha un carattere pervasivo, ma non invasivo. La rete non ti entra mai nella vita come fa la televisione, come fa il telefono, o come fa il volantino che ti viene in qualche modo imposto. La rete non ha queste caratteristiche. E come facciamo allora ad entrare davvero dentro la vita quotidiana della gente? Io penso che uno dei problemi del prossimo futuro sia interfacciare il principio di rete con delle tecnologie di comunicazione che sono di tipo invasivo, la televisione innanzitutto. Il progetto al quale stiamo lavorando in questo momento che si chiama Telestreet è finalizzato a questo. Creiamo dei punti minuscoli e proliferanti di trasmissione televisiva e connettiamo questi punti attraverso la rete, la rete a banda larga quando sarà per tutti disponibile. Il matrimonio, il connubio, l'intreccio fra una tecnologia di tipo invasivo, l'elettrodomestico di tipo televisivo che ogni casalinga ha sopra il frigorifero, collegato con un modello che è quello della rete telematica può probabilmente diventare un elemento di potenziamento invasivo di una tecnologia essenzialmente a-centrica e pervasiva.
Ma non c'è solo la televisione da interfacciare con la rete. Una cosa che si potrebbe sperimentare è l'interfacciamento della rete con il volantino. Non abbiamo mai pensato alla possibilità di sostituire il giornale con un giornale che viene quotidianamente messo a disposizione su un sito della rete e poi scaricato e stampato in 5, 100, 10000 copie, dalle singole situazioni che ritengono di fare uso di quel giornale. Mi pare una cosa che non ha mai sperimentato nessuno, ma che si potrebbe sperimentare. Pensiamo al fatto che la rete non è un punto d'arrivo, è un punto di giunzione, che può interfacciarsi con altri media moltiplicando in questo modo la propria potenza anche di tipo invasivo.

HOEKSTEEN ITALIA: l’ultima domanda riguarda una questione centrale. Per creare questi punti minuscoli e proliferanti nella comunicazione ci sono vari modi. Un modo è quello del "do it yourself", che è stata la via predominante in ambito alternativo negli ultimi 25-30 anni. Creare un sistema totalmente autofinanziato, basato in gran parte sulla gratuità e sul prezzo di costo in alcuni casi, nel caso dei materiali cartacei o dei supporti fonografici. Un altro modo è quello che si sono date alcune delle radio libere che effettivamente rompono il monopolio della comunicazione e che è quello di diventare degli strumenti comunitari. E' l'esempio di Popolare Network, che fornisce un serie di servizi pubblici che vanno dalla registrazione e dalla messa in onda di momenti decisionali come consigli, a informazioni di uso civile, di uso pubblico, che vengono dalle stesse amministrazioni.
Il terzo modo, anche questo solo in parte attuato dalle radio libere, è quello della pubblicità commerciale. Secondo te questi strumenti, e in particolare questi ultimi due, possono avere una loro utilità per la proliferazione di questi punti minuscoli di informazione o al contrario possono diventare un ostacolo a questa proliferazione?

BIFO: io non credo che ci sia contraddizione tra questi vari livelli. Si può considerare più adeguato il modello RadioGap rispetto al modello Popolare Network... ma il punto non è questo, il punto è un altro, il punto è che noi non siamo in grado di determinare massa critica, di determinare un effetto realmente trasformativo nei comportamenti di produzione di comunicazione, di cultura della società, se non siamo in grado di comunicare "do it yourself". Questo è il vero passaggio. Una volta che si è comunicato alla gente "guarda puoi farlo, ti può servire ti può rendere la vita più gradevole, ti può fare conoscere nuova gente ti può permettere di evitare la depressione, è utile da un punto di vista desiderante, comunicativo e anche della tua vita quotidiana", e soprattutto è possibile farlo, è possibile fare una radio, è possibile fare un giornale, è possibile fare una televisione perfino, è possibile a costi bassissimi. Finché non riesci a fare passare l'idea da citizen' s band, secondo cui io salgo sulla mia soffitta, piazzo la mia antennucola, faccio quello che cazzo mi pare, perché tanto non disturbo nessuno, se non forse l'ordine della comunicazione monopolizzata, finché non hai superato quella soglia non hai ancora fatto niente. Quando hai superato quella soglia, allora, in qualche modo può accadere tutto, non c'è nessuna scelta che tradisca, che cancelli, che faccia regredire un modello di comunicazione orizzontale una volta che quella possibilità è stata acquisita dalla gente. Poi naturalmente ci sono modelli di concatenazione che sono più congeniali alla comunicazione orizzontale e ci sono modelli che tendono invece a riprodurre una forma di concatenazione centralizzata. Ma in qualche modo questa questione è secondaria. La questione principale è, rendiamoci conto, il fatto che la comunicazione è un fenomeno che può essere attivo. Può esserlo, è giusto che lo sia, e dunque facciamo che lo sia.