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Domanda
Si sostiene che il nostro corpo sia rimasto quasi immutato in migliaia di anni di evoluzione. Il nostro cervello si è molto modificato. Cos'ha da dire in proposito?


Risposta
Tutti gli scienziati sono concordi nell'affermare che la forma biologica del nostro corpo è ormai evolutivamente stabile. Piuttosto va, credo, segnalato quello che è uno dei problemi principali del nostro rapporto con il mondo digitale: il fatto che la velocità di processo dell'informazione all'interno del nostro cervello è ancora incredibilmente - da un punto di vista individuale - più lenta della velocità delle macchine. Nell'interfaccia tra uomo e macchina questa è una delle questioni centrali e fondamentali. Noi abbiamo, fondamentalmente, ancora un cervello paleolitico. Abbiamo faticato non poco a superare il trauma della rivoluzione neolitica e ancora di più di quella industriale e già ci arriva addosso questa terza grande rivoluzione, questo terzo grande cambiamento. Io credo che la possibilità, non dico di superare, ma di affrontare e di gestire questo problema, stia nello staccare la dimensione del nostro rapporto con la macchina. Dal livello individuale, trasferirla su quello collettivo. Nella prospettiva che ha correttamente indicato Pierre Lévy, di presa in considerazione del carattere collettivo dell'intelligenza - beninteso se a questo termine di intelligenza noi diamo il suo, corretto significato, il suo corretto senso, e quindi parliamo anche di intelligenza corporea, di attività cognitive dell'insieme del nostro corpo, e non soltanto del nostro, diciamo, cervello - in questa prospettiva, dicevo, è probabilmente possibile affrontare non quelle mutazioni biologiche, che ci sono, credo, ormai definitivamente, precluse, ma quelle mutazioni culturali, cioè quella cyborghizzazione, quel nostro diventare sempre più inseriti in un sistema uomo-macchina, in cui la parte dell'uomo sia sempre più integrata con quella della macchina, che è la prospettiva nella quale, credo, siamo costretti, volenti o, insomma, nolenti, ad entrare, nel prossimo millennio, con la coscienza che, se non vogliamo farci schiacciare dalla impossibilità di gestire, di comprendere prima e di lavorare poi e di agire, diciamo, su questi fenomeni, è soltanto con una nuova dimensione dell'intelligenza collettiva, ripeto, se é possibile fare i conti, che è insomma possibile sviluppare al massimo le possibilità, ripeto, comunicative all'interno della specie tra i singoli individui, che queste tecnologie potrebbero garantirci