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Interviste |
La net.art come arte di fare network di Marco Deseriis Le origini Quando si ricostruisce la genesi della net.art non si sa mai se collocarla nel tempo storico-lineare o in una sorta di "altro quando", irriducibile al normale ciclo di vita di una forma artistica. Come in un film di Cronemberg, il termine "net.art" nasce infatti per una sorta di accidente, all'incrocio tra gioco e realtà, fortuna e necessità. La leggenda vuole
che in un mattino di dicembre del 1995, l'artista sloveno Vuk Cosic
scaricasse nella sua mailbox, un'e-mail speditagli via anonymous re-mailer.
Mittente ignoto dunque, e corpo del messaggio ancora piu' oscuro, o
quasi mostruoso: una lunga sbrodolata di caratteri ASCII completamente
indecifrabile, se non fosse stato per quelle sei lettere divise da un
punto. Il dibattito critico E così all'inizio
del 1997, sulla mailing list di nettime (www.nettime.org)
si accese un intenso dibattito tra artisti, critici e appassionati che
rappresentava una cartina di tornasole dello "stato dell'arte"
agli arbori. La discussione ruotava intorno ai due termini net.art e
art on the net: una diatriba apparentemente terminologica, ma che celava
concezioni della rete diametralmente opposte. Da un lato la rete come
nuovo mezzo di distribuzione delle informazioni, dall'altro come nuovo
modello di relazione sociale. L'estetica La net.art dunque, funziona solo in rete e prende la rete o il "mito della rete" come tema. Ha spesso a che vedere con concetti strutturali: un gruppo o un individuo progetta un sistema che puo' essere espanso da altre persone. Non deve quindi stupire se un sistema operativo come Linux, aperto e modificabile da chiunque, abbia vinto il premio della categoria net.art ad Ars Electronica nel 1999. Linux non è certo nato con uno scopo estetico, tuttavia il fatto che sia stato premiato proietta la net.art oltre i limiti dell'arte tradizionale, in un dominio molto piu' accessibile a tutti coloro che mettono le mani sulla tecnologia. Non solo artisti quindi, ma anche hackers, smanettoni e attivisti. Tra le operazioni
di net.art possono infatti essere annoverate le sperimentazioni più
diverse. Mailing list come 7-11, web ring di siti collegati tramite
Refresh, browser alternativi a quelli standard, alcuni netstrike, il
plagio di siti, l'uso imprevisto dei Moo, del CuSeeMe, dei motori di
ricerca, dell'e-mail e dei mille protocolli e canali di comunicazione
di cui è fatta la rete. Il primo e più importante "tema" della net.art è dunque Internet stessa. Questa riflessività della net.art l'ha spesso esposta, paradossalmente, ad accuse di formalismo e di separazione. Tuttavia, se l'auto-referenzialità la inserisce a pieno titolo nella tradizione artistica moderna, il suo carattere stratificato, la sua capacità di fondere i mille piani del lavoro e della conoscenza immateriale -- dal design alla programmazione, dal concettualismo artistico al giornalismo, dall'attivismo politico al marketing e la pubblicità - la collocano nella sfera di "un'arte che non ha più bisogno di essere chiamata arte". In altri termini, è proprio il medium in cui la net.art opera a liberarla dall'impasse in cui sembrava essersi cacciata l'arte tradizionale. Produzione e distribuzione Se le finalità
della net.art rimangono completamente libere (net.art per sè),
il suo locus migra dal museo a reti che influenzano direttamente la
vita sociale, politica ed economica. Certo, la mail art aveva già
abbandonato il museo, rivolgendosi a un mezzo di distribuzione integrato
nella vita sociale come il sistema postale. Ma gli alti costi di trasporto,
impedivano un uso effettivamente paritetico (molti-a-molti) di quel
sistema. Con l'avvento di Internet invece, un network di persone dotate
di una semplice connessione diviene perfettamente in grado di tenere
testa a complessi che investono miliardi nei piani di comunicazione.
Per questa sua capacità
di coniugare l'estetico e il politico, la net.art si ricollega inevitabilmente
alla tradizione delle Avanguardie del Novecento. Le riflessioni fin
qui sviluppate comportano però un paio di deduzioni immediate:
da un lato la tradizionale polemica delle Avanguardie nei confronti
del sistema dell'arte diventa sempre più marginale. Ad essa si
sostituisce la consapevolezza di poter esercitare un'influenza culturale
diffusa a prescindere da quel sistema, o entrandovi in relazione solo
strumentalmente. Dall'altro il concetto stesso di Avanguardia decade
inevitabilmente, se è vero che la rete come strumento di partecipazione
diffusa, rende sempre più difficile tracciare una linea di demarcazione
tra i fautori di un pensiero e di una prassi e i seguaci di quel credo.
Al contrario, proprio perché effettivamente aperta alla dimensione
partecipativa, la cultura delle rete sembra una sorgente inesauribile,
in cui si plasmano ogni giorno nuove e complesse sculture sociali. |
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