"DUE
FILOSOFI A CONFRONTO.
Intelligenza collettiva e intelligenza connettiva: alcune riflessioni"
Intervista
a Pierre Levy e Derrik De Kerckhove sui concetti di intelligenza collettiva
e intelligenza connettiva.
In
che modo Internet ha cambiato il concetto di spazio e di tempo?
(Levy) Come ogni buon filosofo comincerei con il criticare la vostra domanda,
perché non penso che Internet cambi il concetto dello spazio e
del tempo, ma cambi esattamente lo spazio e il tempo: questa è
la questione importante. Un sistema di comunicazione modifica il nostro
ambiente di "prossimità", le cose che prima apparivano
lontane si avvicinano e rientrano all'interno del nostro spazio dell'esperienza.
Potrei citare l'esempio di una linea ferroviaria. Dal momento in cui passa
una linea ferroviaria tra due città, lo spazio si modifica, ed
è come se le due città fossero più vicine; non viene
modificato il concetto di spazio tra le due città, ma lo spazio
come "veicolo". Per "veicolo" intendo l'ultima prossimità
reale tra le due città. Per rispondere alla domanda su Internet
credo che sia necessario mettere in prospettiva, quindi descrivere la
rivoluzione delle comunicazioni apportata da Internet insieme agli altri
mezzi di comunicazione. Direi che quello che fa la televisione, e in generale
quello che fanno i media classici - che di solito rappresentiamo come
delle emittenti con un gran numero di ricevitori, più o meno passivi
e isolati gli uni dagli altri- è all'interno di questo spazio soggettivo,
questo spazio dell'esperienza di cui vi parlo, e scava un immenso "attrattore"
nel quale tutti i telespettatori cadono. I telespettatori sono attirati
verso il viso e verso quello che un personaggio dice, tutti insieme nello
stesso tempo, ed è come se si scavasse un canale "attrattore"
nello spazio all'interno della topologia collettiva. Se si guarda come
funziona il telefono, possiamo trovare un'altra tipologia d'esperienza:
si crea una grande rete nella quale ci sono piccoli punti, piccoli nodi,
e la particolarità di questa rete è che qualunque nodo può
diventare immediatamente molto vicino a qualsiasi altro nodo. I nodi si
riuniscono sempre due a due ed è uno spazio che funziona in questo
modo, con una tipologia molto particolare degli spazi. Nello spazio telefonico
ci sono luoghi assolutamente immobili, quelli che sono lontani dai nodi
della rete e ci sono degli spazi che sono mobili, quelli che sono vicini
al telefono. Partendo da lì ci si può avvicinare a qualsiasi
altro. Per opposizione a questa specie d'enorme "attrattore"
creato dai media classici, il telefono costruisce una rete con una struttura
topologica completamente particolare. E' un'insieme di punti dispersi
sul territorio che hanno una proprietà molto particolare. Questa
particolarità sta nel fatto che in qualsiasi momento li si voglia,
questi punti li si può riavvicinare ad un altro. Uno dei due punti
può riavvicinarsi ad un altro e cosi via. Lo spazio è sempre
rigido tra i due punti e solo i due punti possono agganciarsi tra loro.
Internet crea un altro ulteriore spazio. La particolarità di questo
mezzo è che integra tratti già appartenenti ad altri media.
Possiamo affermare che le tecnologie Push funzionano come l'abbonamento
con la stampa o un po' come la radio o la televisione. La posta elettronica
funziona come la posta ordinaria. Il Web funziona in modo completamente
originale. Direi che, in generale, Internet sia simile ad un paesaggio
variegato, all'interno del quale si riproduce un gran numero di tipologie
diverse ma la grande originalità in rapporto ai media classici
è che gli individui possono quasi tutti contribuire alla costruzione
di questo paesaggio. Lo si potrebbe rappresentare come un immenso mondo
virtuale a partecipazione collettiva, con multiparticipanti. Vorrei aggiungere
un piccolo punto sul Web: in esso lo spazio culturale e letterario si
è trasformato. Se prendiamo una biblioteca e guardiamo i collegamenti
tra i diversi testi e i diversi libri, possiamo vedere che esistono: sono
costituiti dalle bibliografie alla fine di ogni libro che rinviano ad
altri libri. Esiste anche uno schedario della biblioteca, ma tutti questi
collegamenti all'interno di una biblioteca sono dei legami virtuali, mentali.
Il World Wide Web li rende reali. Partendo dal WWW qualsiasi documento
fa parte di un immenso iper documento che si stende come un cuntinuum
di testi. E' questo il grande ipertesto del WWW al quale ognuno può
contribuire. Questo crea effettivamente non un concetto di spazio, ma
uno spazio culturale, documentario o di messaggi radicalmente nuovo e,
a mio avviso, veramente interessante da sperimentare.
La dimensione dello spazio, in questo caso, è dunque una
esperienza e non un concetto?
(De Kerckhove) Questa questione è profonda e ci permette di capire
quello che è veramente accaduto nel corso della storia. Mi interesso
molto alla trasformazione dello spazio rappresentato, che a sua volta
passa per un concetto. E' stato lo sforzo scientifico e plastico di fare
dello spazio una cosa oggettiva, fissa ed esterna alla persona. Ho trovato
interessante che la prospettiva sia nata dal tentativo di far perdere
questa fluidità e questa personalizzazione allo spazio. Il ritorno
allo spazio sensibile di cui parla Pierre Levy mi pare qualcosa di molto
caratteristico delle interattività che realizziamo con tutti i
nostri media. Con la convergenza dei media, se passiamo ad analizzare
la dimensione del tempo, possiamo dire che esso sia veramente trasformato.
Noi viviamo abbastanza bene nella dipendenza della rapidità d'operazione
dei nostri computer. I romani inventarono i secondi, i minuti e l'ora.
Ora viviamo a velocità completamente nuove, che sono diventate
unità di vita reale che possiamo misurare. La nostra relazione
con lo spazio ha subito delle trasformazioni abbastanza radicali. Noi
proponiamo uno sguardo verticale che viene dal satellite. Potendo vedere
il mondo dal satellite, possiamo sperimentare una realtà virtuale
che ci attornia completamente e abbiamo questo sguardo verticale che si
posa sulla terra dall'alto come fosse divino. Esiste anche il sentimento
che si possa vedere con la schiena come con il Total Surround, che ci
permette di percepire a trecentosessanta gradi ed è come avere
un occhio nella schiena. Tutto questo è possibile ed è una
nuova esperienza dello spazio.
Tornando ad Internet: l'uso di nuovi motori di ricerca, o degli
agenti intelligenti, modificheranno l'apporto dell'essere umano nelle
ricerche e dunque il suo rapporto con la tecnologia?
(Levy) Vorrei fare una piccola comparazione. Sono in una città
che non conosco: come posso fare per raggiungere il luogo di un appuntamento?
Ho diverse alternative: posso chiedere a qualcuno che incontro in strada,
posso seguire i cartelli stradali, posso orientarmi con una mappa. Per
usare delle metafore possiamo dire che i cartelli stradali sono un collegamento
ipertestuale, la mappa crea un'interazione con il mio cervello: è
un'agente intelligente, la persona alla quale chiedo informazioni è
il mezzo della posta elettronica per contattare persone che possono, a
loro volta, eventualmente rispondermi. Tuttavia, non diciamo che i pannelli
stradali sono orribili e che disumanizzano la città, così
come si può pensare degli agenti intelligenti o i diversi motori
di ricerca! Essi sono solo simboli, sistemi di simboli un poco più
elaborati per orientarsi. Perché dire che disumanizzano? Siamo
contentissimi di avere uno schedario in una biblioteca, e ciò ci
permette di non andare sempre a disturbare la bibliotecaria. In ogni caso,
è assolutamente fuori luogo affermare che ci siano sempre meno
relazioni tra la gente. Al contrario, ce ne sono sempre più. Il
telefono è stato inventato contemporaneamente all'automobile, e
non ha rimpiazzato il trasporto fisico. Quanto più si è
sviluppato il telefono, tanto più si è sviluppata la macchina.
Immaginate che si tagli il telefono in una città, cosa succederà?
Ci saranno code a non finire che impediranno di circolare. Per fortuna
c'è il telefono per incontrarsi! Le persone che utilizzano Internet
non sono bloccate davanti al loro schermo come sostiene Paul Virilio.
Sono, al contrario, persone che viaggiano molto, che incontrano altre
persone. Internet rappresenta un modo di contatto e comunicazione fra
le persone come qualsiasi altro mezzo. Il vero fenomeno al quale assistiamo
è quello di un aumento generale dei contatti, delle connessioni,
degli scambi di ogni genere: fisici, affettivi, economici, intellettuali,
estetici, e così via. Effettivamente stiamo costruendo un'umanità
sempre più vicina a se stessa.
Lei ha creato il concetto di 'intelligenza connettiva' e Pierre
Levy quello di 'intelligenza collettiva'. Qual è la differenza
tra questi due princìpi?
(De Kerckhove) Quello di intelligenza collettiva è stato non il
primo concetto ma la prima percezione che abbiamo avuto io e Pierre durante
uno dei colloqui di Amsterdam. Solo una settimana più tardi mi
riferirono che Levy aveva pubblicato il libro sull'intelligenza collettiva.
Abbiamo continuato a citare Levy per mesi perché "l'intelligenza
collettiva" era un concetto troppo importante. L'anno seguente praticavo
già il metodo dell'intelligenza connettiva ma la chiamavo ancora
collettiva citando Levy. Un'artista australiano mi disse che io non esprimevo
l'idea di una intelligenza collettiva, perché facevo riferimento,
nelle mie riflessioni, ad un sistema di connessione aperta. Non si trattava
di riferirsi ad un contenitore chiuso, ma ad una connessione da persona
a persona all'interno di una rete molto specifica. Questa connessione
con la sua specificità che non sta nel contenitore collettivo di
un sapere, di una conoscenza, di uno scambio, mi suggerì di chiamarla
"connettiva". L'ho ringraziato perché mi ha reso un grande
servizio. Ora posso dire il suo nome: Ross Harly. Ha creato per me questo
concetto d'intelligenza connettiva e non ho l'intenzione di monopolizzare
né l'invenzione né nient'altro. Questo concetto è
formidabile per capire questi processi che la tecnologia digitale ha apportato,
e mi ha permesso di scoprire l'intelligenza, o, meglio, l'inconscio connettivo
ricco di possibilità. Continuo a prendere ispirazione dal lavoro
di Levy e cerco di coinvolgerlo alla pratica diretta tramite l'intelligenza
connettiva. Devo aggiungere che il concetto di intelligenza collettiva
è così importante e fondamentale che merita di essere diviso
in ulteriori zone d'esplorazione. Questo non elimina la possibilità
di una ricerca parallela o interna all'interno di essa. Considero l'intelligenza
connettiva in quanto una delle forme dell'organizzazione all'interno dell'intelligenza
collettiva. Come Freud aveva trovato molto più interessante l'inconscio
privato mentre Hume si era indirizzato verso l'inconscio collettivo, io
mi trovo più interessato, per il mio lavoro, nell'esplorare sul
campo, con le persone, in tempo reale. Preferisco la pratica dell'intelligenza
collettiva nella sua rete specifica che chiamo intelligenza connettiva,
piuttosto che lasciare semplicemente il concetto svilupparsi da solo senza
sperimentazione. Amo lavorare con le mani. C'è un altro aspetto
che mi appassiona. Una vecchia battuta di Molière in "Les
femmes savantes" recita in questo modo: "Un gentiluomo è
qualcuno che sa tutto senza avere imparato niente". Penso che con
Internet, con il Web e con l'accesso che abbiamo a questa intelligenza
collettiva, a questa base cognitiva, siamo tutti dei gentiluomini. Possiamo
avere accesso a tutto senza avere imparato mai niente. Ciò è
divertente, fa parte del piacere di appartenere della nostra epoca, di
essere legati a questa formidabile memoria collettiva.
E per quanto riguarda il concetto di "intelligenza collettiva"?
(Levy) Di certo non è un concetto di mia invenzione. In un certo
modo è l'invenzione propria dell'umanità. Cos'è la
cultura? E' la dimensione collettiva dell'intelligenza e poiché
possediamo questa intelligenza collettiva siamo degli esseri umani; l'intelligenza
collettiva è data dalla memoria collettiva, da un immaginario collettivo.
Siamo quel che siamo grazie all'esistenza delle istituzioni, delle tecniche,
dei linguaggi, dei sistemi di simboli, dei mezzi di comunicazione. Questo
è il livello più generale dell'intelligenza collettiva e
la nostra intelligenza individuale è totalmente infiltrata dall'intelligenza
collettiva; non saremmo intelligenti se non usassimo il linguaggio, se
non fossimo stati allevati in una certa cultura. Insisto molto sul fatto
che per me l'intelligenza collettiva umana è molto diversa dall'intelligenza
collettiva delle formiche o delle api. Un formicaio è intelligente
ma non lo è una formica; essa non è più intelligente
quando il formicaio diventa più intelligente mentre quanto più
l'essere umano vive in una cultura ricca tanto più lo spirito individuale
si arricchisce. Esiste, perciò, una dimensione olografica nell'intelligenza
collettiva; in fin dei conti, quello che mi interessa è l'arricchimento
di una persona. Se una persona partecipasse all'intelligenza collettiva,
tale esperienza dovrebbe consistere in un esperienza di emancipazione,
non significa affatto essere rinchiuso in qualcosa di unificatore. Esiste
un'altra dimensione molto importante ed è l'intelligenza collettiva
come progetto. Quando si legge ciò che hanno scritto le persone
che hanno inventato Internet, che hanno messo a punto i primi forum elettronici
- persone come Ted Nelson e Douglas Engelbart che hanno inventato il mouse,
il multi phone o come Tim Berners-Lee che ha inventato il WWW -, pur non
impiegando, nei loro scritti, la parola esatta di "intelligenza collettiva",
è esattamente quello che vogliono dire. Queste persone si sono
chieste quale fosse il migliore utilizzo di tutte le tecnologie interattive
digitali, nella volontà di aumentare l'intelligenza dei gruppi,
di mettere in sinergia le memorie, le immaginazioni, le competenze e di
fare funzionare tutto questo in quel preciso modo. Era un progetto originale
all'epoca. Non dobbiamo dimenticare che il grande progetto mitico dell'informatica
per molto tempo è stato lo sviluppo dell'intelligenza artificiale,
non era né il progetto di Ted Nelson né quello di Douglas
Engelbart o di chi lavorò su i forum elettronici. Loro hanno detto
no allo sviluppo dell'intelligenza artificiale, l'importante è
l'intelligenza collettiva. Un ultimo nodo che vorrei affrontare è
quello che riguarda la questione politica. Con Internet possiamo finalmente
renderci conto che non possiamo avere accesso a tutto. Possiamo toccare
questa realtà con il dito, significa che tutto è fuori portata,
tutto è non manipolabile e l'intelligenza collettiva è intotalizzabile.
Il progetto che ho cercato di formulare all'interno del libro "Intelligenza
collettiva" è molto generale, e riguarda un progetto di civilizzazione.
Se dovessi riassumerlo in poche parole direi: "qual è la principale
ricchezza dell'umanità? E' la sua intelligenza, la sua memoria,
la sua immaginazione, le sue forze mentali e spirituali." Tutte le
sue altre ricchezze derivano da queste prime. Mentre si gestiscono in
modo straordinariamente preciso le ricchezze finanziare, le miniere, e
sempre più anche le risorse ecologiche, si lasciano deperire incredibilmente
le risorse in competenze, in intelligenza. Abbiamo delle forme organizzative
che non sono purtroppo presenti per valorizzarle. Consideriamo l'intelligenza
delle persone che sono nella folla: sono totalmente appiattite, negate,
inesistenti. Una folla è più stupida di un animale nonostante
sia composta di esseri umani individualmente molto intelligenti. In un
sistema burocratico la folla è un poco meno intelligente che il
capo superiore, perché gli esecutori fanno sempre degli errori.
Eppure esiste una quantità di competenze, di tutte queste persone
che formano il sistema burocratico, che non viene valorizzata. Inoltre,
partecipare ad un sistema burocratico non è una cosa molto gradevole
per l'individuo, non arricchisce molto, non favorisce lo sviluppo personale.
Inventiamo, dunque, dei modi di organizzazione che mettano in valore le
intelligenze, le loro differenze, moltiplichiamo le intelligenze le une
con le altre invece di farle sottrarre o dividere. Le tecnologie sono
un mezzo per realizzare questo progetto; tuttavia, conta il progetto ha
priorità rispetto al mezzo tecnologico. Essenzialmente, si tratta
di un progetto umanista nella sua essenza. In seguito potrà avere
un miliardo di forme, potrà essere utilizzato per gli affari, per
metodi di management, per l'educazione, per l'apprendimento cooperativo,
all'interno di una prospettiva artistica, politica o per una democrazia
più partecipativa. Il punto capitale, per me, dell'intelligenza
collettiva non è l'insieme del collettivo, ma è l'idea di
ottimizzazione della ricchezza capitale, del vero capitale.
De Kerckhove, infatti, sostiene che l'intelligenza connettiva
non è altro che la "pratica" di questo processo...
(De Kerckhove) Ovviamente: la pratica. McLuhan diceva sempre che il suo
lavoro non era altro che una nota a piè di pagina. Posso dire che
l'intelligenza collettiva sia una nota a piè di pagina su ciò
che si è appena scritto, su quello che si è appena detto:
è, effettivamente, la pratica della moltiplicazione delle intelligenze
le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza,
di un progetto. Non è molto più di questo ma nello stesso
tempo da alla gente subito l'esperienza della loro intelligenza collettiva
nel loro gruppo. Ed è gradevole da vivere perché è
una nuova esperienza cognitiva, o meglio: una vecchia esperienza cognitiva
della quale, però, si prende coscienza arricchendola e accelerandola.
Non avete, dunque, preoccupazioni etiche riguardo alla società
dell'informazione?
(De Kerckhove) Veramente io ho una preoccupazione etica: non voglio perdere
il tempo a temere quello che potrebbe arrivare, come fa tanta gente senza
conoscere le ragioni profonde di quello di cui hanno paura. La mia preoccupazione
mi fa fare una decisa avanzata proiettiva verso il futuro. Questa questione
etica mi interessa molto perché invece di lagnarmi agli "uccelli
di malasorte" che ci annunciano la fine dei tempi della libertà
individuale, considero che le nuove tecnologie e la nuova presa di coscienza
dell'intelligenza collettiva ci diano l'occasione di guardare avanti,
di creare nuovi modi e nuove partecipazioni assolutamente chiare e democratiche
del processo di decisione che sia nell'impresa o nelle politiche statali.
Oggi è perfettamente possibile concepire idee e praticarle in una
situazione con persone di livelli di competenze e di autorità completamente
diversi; è possibile riuscire a lavorare insieme ad un progetto
comune. I giapponesi ce l'hanno insegnato da tanto tempo: essi consultano
tutto l'ambiente umano prima di istallare un progetto in un contesto sociale,
culturale o locale. Ritengo che questo sapere antico che i giapponesi
coltivano possa essere perfettamente ripreso. Infatti viene sempre più
riutilizzato e vediamo anche che le grandi imprese si costituiscono in
piccoli gruppi di lavoro, vanno a cercare all'esterno dei consulenti.
Questo nuovo modo di agire democratico lo chiamerei "Democrazia just
in time", "Politica just in time" o "Governo just
in time". Avendo un problema lo si risolve subito e si passa al successivo.
Penso che Internet porti l'impronta di tutto ciò, le persone che
si connettono ad Internet lo fanno per risolvere un problema specifico
del momento e passano ad altro quando esso è risolto. Questo è
molto democratico. La democrazia fondamentale è il tempo di vita
che abbiamo sulla terra: ecco il principio fondamentale democratico. Questo
tempo ci è dato ad ognuno con dei livelli diversi di competenza,
di uguaglianza, di cuore, di impegno, d'essere. Penso che sia necessario
tenere conto di ognuno anche se il prodotto finale sembra essere diminuito
in rapporto a quello che potrebbe essere stato con una élite di
produzione. Non è un vero livellamento dal basso ma un tipo di
integrazione delle posizioni di ognuno. In questo c'è una possibilità
etica e politica.
La privacy è un problema etico che va affrontato in questa
società dell'informazione.
(Levy)Da questo punto di vista non c'è nulla da temere visto che
abbiamo già il peggio! In ogni caso, già esistono dei software
che percorrono la rete senza tregua e che registrano tutto quello che
succede nel Web o nei newsgroup. Tutto viene analizzato sistematicamente
e riportato in immense banche dati dei servizi segreti americani. Mi chiedo
cosa facciano di tutte queste informazioni! Bisogna anche sapere che un
individuo medio generalmente esiste in più di duecento schede nominative.
Oggi esistono metodi per recuperare queste diverse schede, anche se, ovviamente,
le legislazioni nazionali cercano di impedirlo. Tutto ciò già
esiste e mi chiedo cosa cambierà per noi. Solo con le carte di
credito possiamo sapere tutto ciò che si compra registrando gli
spostamenti dell'utente sul WWW e leggendo la posta elettronica. C'è
un modo di rendere l'individuo completamente trasparente, molto più
di prima, e di questo bisogna esserne veramente coscienti. Ecco perché,
innanzi tutto, bisogna tenere duro sull'aspetto legale. Sul piano tecnico
siamo completamente trasparenti e l'individuo deve essere assolutamente
protetto legalmente. D'altra parte, ci sono delle possibilità tecniche
per proteggere la vita privata come con i sistemi di criptaggio; io sono
d'accordo per lo sviluppo e la libertà di utilizzo di questi sistemi
che fanno, in qualche modo, da contrappeso allo straordinario potere di
coloro che potrebbero avere tutta l'informazione disponibile di un individuo.
Invito alla stessa riflessione De Kerckhove: il diritto alla privacy è
un problema etico importante nella nostra società dell'informazione...
(De Kerckhove) Esiste il diritto di avere una vita privata. Il diritto
ad una coscienza privata è stato oggetto di lotte, di guerre di
religione monumentali, e la lotta per ottenerlo ha prodotto centinaia
di milioni di morti. La tolleranza ed il principio della tolleranza era
quello di lasciare la pace agli individui per un pensiero privato, e libero.
Questo pensiero privato l'abbiamo acquisito con il nostro sangue, in un
certo modo, nel corso della storia. Non vedo la ragione per abbandonarlo!
Conosciamo bene la collettività e l'individualità ma ciò
che conosciamo meno bene è la connettività: esiste un essere
connettivo e una possibilità di essere se stessi e altre persone
in un determinato tempo. Penso che la vita privata e la sua problematica
appaiano come vecchie questioni che riguardano particolarmente una 'forma'
dell'essere. La religione medievale ha dovuto fronteggiare e proteggersi
contro l'apparizione dell'individuo privato creando monasteri - luoghi
nei quali la vecchia immagine dell'uomo collettivo poteva ancora essere
coltivata, in lotta molto dura contro l'individuo privato -; l'Inquisizione
cos'è stata? Il Papa lascia entrare l'immagine collettiva di salvezza
del destino dell'uomo e il pensiero totalmente individuale del povero
diavolo si torturava facendo uscire dalla sua testa quello che gli apparteneva
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