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Igino Domanin 

La concentrazione della "network society"

Manuel Castells, il sociologo catalano noto per aver teorizzato la "network society", è da molti considerato il maggior esperto dei problemi della società dell'informazione. Ovvero la tesi secondo cui i processi di socializzazione contemporanei sono determinati dall'infrastruttura tecnologico-comunicativa della Rete. In questo modo Castells crea un nuovo paradigma sociologico, fondato sul primato della struttura reticolare dell'interazione più che sul contenuto dello scambio tra gli attori sociali. Per certi versi si potrebbe dire che lo studioso traduce l'insegnamento di McLuhan nei termini di una riformulazione dei concetti generali della sociologia. McLuhan aveva infatti sostenuto che "the medium is the message", cioè nell'analisi dei mezzi di comunicazione il contenuto veicolato (l'informazione o il significato) non può essere isolato rispetto al mezzo che lo veicola.

Nel campo sociale ci troviamo di fronte a una situazione analoga: il contenuto dell'interazione è dipendente dall'infrastruttura tecnologica (che nelle nostre società globalizzate è appunto il Network) che lo trasmette. A partire da questa visione di fondo Castells delinea, soprattutto nel suo monumentale testo The Information Age: Economy, Society and Culture", un'ampia serie di scenari, di problemi, di analisi dei trends.

Abbiamo incontrato Manuel Castells nel corso di una conferenza tenuta presso la sede milanese di Fastweb, in occasione di un seminario ristretto a pochi invitati. Castells ha parlato per oltre un'ora spiegando al pubblico il modo in cui la Rete sta rimodellando lo spazio urbano. Apparentemente il Network propone un modello di comunicazione orizzontale. In realtà le cose stanno diversamente: la cybergeografia indica come esista, di fatto, una concentrazione della net economy solo in poche aree (di ridottissima dimensione) del pianeta; zone ad alta densità di servizi, infrastrutture tecnologiche e mercati. In sostanza il Network sta costruendo anche una società globalizzata, ma gerarchizzata. Esiste insomma una tensione conflittuale profonda tra una concezione orizzontale (tipica della cultura di Rete) e una organizzazione gerarchica e selettiva (tipica della concorrenza ultraliberista).

Questa miscela è alla base della nuova dimensione spaziale dei conflitti che attraversano i processi di socializzazione contemporanea. Castells ha anche dialogato col pubblico. E' intervenuto sulla delicata questione del copyright sottolineando la cecità dei modelli di governance che le rappresentanze politiche stanno costruendo. Il ceto politico non ama la Rete, perché essa sfugge culturalmente ad ogni tipo di controllo centralizzato. Per questo motivo i politici sono tendenzialmente favorevoli a blindare l'uso libero della rete. E' da notare come questa sia una posizione di fondo, che spesso supera i tradizionali steccati politici che separano destra e sinistra. Anzi spesso, in materia di diritti digitali, si assiste a una singolare quanto pericolosa convergenza di posizioni da parte della classe politica.

Castells ha anche dialogato con Silvio Scaglia, uno dei fondatori di Fastweb, a proposito della definizione di broadband. In effetti esistono delle soglie qualitative che distinguono ad esempio l'uso sociale e culturale dell'Adsl da quanto viene promesso dalla fibra ottica. La banda larga a due mega, per esempio, potrebbe implicare anche l'uso di modelli di comunicazione qualitativamente differenti da quelli che oggi siamo abituati a praticare in Rete. Come ha osservato Scaglia, a Milano e in poche altre città d'Italia, grazie al servizio di Fastweb esiste questa possibilità. Ecco un ottimo esempio della concentrazione di cui parla Castells.

 

Fonte bibliografica: Pubblicato su QUINTOSTATO - Riavviamo la NET ECONOMY!, Venerdì 14 Marzo 2003

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