Intervista | ||
Giancarlo Bosetti
È finita la TV delle masse "Ormai ci si rivolge a tipi differenziati di pubblico tra cavo, satellite e Internet" "L'Italia non è un paese moderno, per capirlo è ancora utile il vecchio Marx". "Sono i valori a determinare quello che fa la gente e non soltanto il denaro. Professor Castells, la sua opera è colossale. L'età dell'informazione: economia, società, cultura consiste di tre volumi: 1) L'ascesa della network society, 2) Il potere dell'identità, 3) Fine di millennio. Un'opera che aspira alla completezza. Ma non ha scritto lei stesso: basta con i maîtres à penser, basta con gli eruditi che hanno la pretesa di esserlo, basta con gli schemi ideologici e le grandi teorie? Basta con tutte queste cose, eppure il suo lavoro non è in fin dei conti il tentativo di una nuova interpretazione del mondo? "Cerchiamo di essere chiari. Il mio lavoro si basa sui principi della ricerca erudita, accademica. Ma il concetto di maîtres à penser fa riferimento ad intellettuali che, sulla base delle loro conoscenze, dicono agli altri in che modo essi debbano pensare e come si debbano comportare. Questo non è certo il mio caso, e se per caso esiste una qualche ambiguità, essa è dovuta ad un mio errore di comunicazione. Nel mio caso, io svolgo un tipo di ricerca basata sull'osservazione, e naturalmente mi servo anche della teoria, per proporre un'interpretazione sistematica della società della comunicazione e delle sue contraddizioni, sostenendo che questo è il fondamento della nostra organizzazione e della nostra pratica sociale. Ma da questa analisi non traggo alcuna conseguenza di natura sociale, personale o politica". Niente ideologia allora? "Quel che propongo non è ideologia, bensì un'analisi sociale scientifica delle nostre società anzi, in verità cerco di tenere l'ideologia il più lontano possibile dalle mie conclusioni. Parlando francamente, sono molto critico nei confronti di "intellettuali alla Bourdieu", i quali, solo perché sanno qualcosa di un certo argomento, si sentono autorizzati a guidare la società in ogni possibile campo, mediante i loro valori, che presuppongono superiori dal punto di vista intellettuale ed etico, e ciò a dispetto del fatto che, sulla maggior parte degli argomenti, essi non hanno maggiori conoscenze della gente comune. Cerchiamo di essere modesti, e di fare il nostro lavoro seriamente, e lasciamo che sia la gente a decidere della propria vita, usando qualsiasi materiale che abbia a disposizione, incluso il lavoro che produciamo noi come ricercatori e studiosi". Nello sviluppo del suo progetto, ho trovato centrale il capitolo sulla "virtualità reale", quello che descrive la traiettoria storica del passaggio dalla mentalità alfabetica a quella tipografica (secondo la definizione di Neil Postman che chiama così l'epoca della diffusione del libro e dell'ascesa della democrazia), e poi da quella tipografica a quella delle audience di massa della tv generalista, e infine da qui alle reti interattive. Le tecnologie, allora, secondo lei guidano le relazioni sociali? "No, per niente. Sono le relazioni sociali a guidare le tecnologie. Ma le tecnologie non sono neutrali. Proprio per il fatto di esistere, esse rendono possibili ed ampliano certe forme di relazione sociale. Parlando concretamente: Internet era già operativo nel 1969, e per 25 anni è stato usato nelle università, nelle istituzioni di ricerca e nelle libere comunità virtuali; poi è esploso nella società, nelle comunicazioni, nel mondo degli affari, e ciò è avvenuto quando la società e l'economia sono diventate sempre più organizzate in reti di attività, per ragioni specifiche che spiego nel mio libro. Ed è proprio perché stavano nascendo le reti, che l'applicazione del server "www.", sviluppata nel 1990/91 da Berners-Lee e Caillau, ha facilitato la trasformazione di Internet in un mezzo globale di comunicazione per centinaia di milioni di persone. Dunque, le reti e l'interattività vengono prima, poi la tecnologia di Internet è stata adattata dalla società, e proprio in virtù di questo adattamento ora le reti e l'interattività si estendono a tutti i campi di attività e all'intero pianeta, benché in maniera molto selettiva". È sicuro del declino - lei parla addirittura di "fine" - dell'audience di massa e, con essa, della TV commerciale generalista gratuita? Lei sa che noi, in Italia, siamo un paese moderno, ma di fatto governato da un uomo che ha costruito la sua ricchezza, il suo consenso ed il suo potere politico su questo terreno ormai fuori moda, proprio quel genere di televisione che lei dice in declino, se non già finito. "L'audience di massa è già finita. Persino le reti televisive gratuite sono ormai solite rivolgersi a tipi differenziati di pubblico. L'audience è segmentata perché essa si riferisce ad un vasto sistema multimediale, che comprende cavo e satellite, TV, molte radio, e Internet, più una quantità sempre più diversificata di mezzi a stampa (sempre più specializzati) e, molto presto, le comunicazioni Internet Wap (Wireless Application Protocol) su larga scala, specialmente tra i giovani. Tutto ciò non è in contraddizione con la crescente concentrazione dei multimedia in pochi gruppi oligopolisti che sono globalmente interconnessi, e con una consistente influenza politica. I gruppi mediatici usano una grande diversità di mezzi di comunicazione, trovando così economie di scala e di scopi al tempo stesso, ma essi confezionano anche mezzi specifici per gruppi e audience speciali. C'è il consolidamento aziendale, e la flessibilità e la diversità di tecnologie della comunicazione, con linguaggi specifici per i messaggi specifici confezionati per specifiche fasce di audience". E la moderna Italia, dove la mettiamo? "E no, l'Italia non è un paese moderno, è uno degli ultimi paesi avanzati dove le vecchie teorie marxiste dell'integrazione di oligarchie affaristiche, potere mediatico e potere politico ancora aiutano a capire le dinamiche dello Stato". Che cosa intende per capitalismo informazionale? Quando parla del capitalismo, evoca nuove forme di conflitto basate sulle relazioni economiche? "Il capitalismo è il capitalismo, così come è stato definito e studiato da Adam Smith, Ricardo, Marx e Keynes. Informazionale si riferisce al paradigma tecnologico sulla base del quale esso opera. Il capitalismo industriale era basato sulla creazione, la lavorazione e la distribuzione di energia sulla base prima della potenza generata da vapore e poi dall'elettricità. Il capitalismo informazionale è il capitalismo che opera su scala globale usando tecnologie informatiche di comunicazione basate sulla microelettronica, e, sempre di più, sull'ingegneria genetica, come tecnologia capace di riprogrammare i codici informatici di tutte le forme di vita". Nella nostra epoca, nell'epoca che sta descrivendo, c'è una tendenza strutturale ad aumentare le disuguaglianze, a polarizzare la società, a sottolineare la divisione (il suo ultimo libro, The Internet Galaxy, ha un capitolo intitolato The Digital Divide) tra la gente con abilità di alto livello e la gente con capacità generiche, facili da sostituire con macchine o con altre persone, una tendenza a distruggere la solidarietà, a smantellare lo stato sociale; in sintesi, tutte quelle cose che erano terreno della socialdemocrazia, del riformismo liberale, dei governi di centrosinistra. Secondo lei, qual è oggi lo spazio di questi progetti politici? "L'era informatica non determina la fine dello stato sociale. In effetti, si potrebbe sostenere che la fonte della produttività e dell'innovazione è oggi una forza lavoro molto colta, informata ed autonoma, la quale dipende dall'esistenza di uno stato sociale forte nei campi dell'istruzione, della salute e dello sviluppo culturale. Prenda la Finlandia, il numero uno dell'informatica nel mondo, nonché l'economia più competitiva in assoluto, secondo la graduatoria del World Economic Forum. Essa è basata su uno stato sociale molto forte ed onnicomprensivo (ho appena terminato un libro su questo argomento, con il mio collega Pekka Himanen). Dunque, il modo in cui le società gestiscono la transizione verso la società delle reti e verso un'economia della conoscenza dipende dai progetti politici, dagli interessi sociali, e dalle decisioni politiche. La politica è più importante che mai, ma quel che osserviamo è che, in generale, la politica è dominata dall'immagine, e dagli scandali, come arma nella lotta politica". Che cos'è il Network State? "È il sistema di assunzione delle decisioni a livello politico che risulta dai legami sistematici tra diversi Stati nazionali, tra i diversi livelli dello Stato nazionale (nazionale, regionale, locale), e con istituzioni internazionali e sovranazionali al fine di gestire i processi globali di creazione e distribuzione di ricchezza, informazione e potere. L'Unione Europea è già uno network state, con le sue relazioni sistematiche tra tutti questi livelli dello Stato, entro un sistema di governo e di sovranità condivisi."Sì, la cultura in termini di valori. Quel che determina che cosa fa la gente, sono i loro valori. Se il mio valore è Dio, questo è molto più importante del denaro, ed io userò il mio denaro per realizzare la parola del mio Dio. Se do più valore alla protezione della natura che non ai consumi materiali, farò in modo di tenere sotto pressione le aziende e i governi per modificare il modello di crescita economica in questa specifica direzione. Se do valore alla libertà in Internet, mi accerterò che la commercializzazione in Internet non leda il principio di libertà. Se il mio valore è il denaro, allora mi concentrerò sul far soldi, ma oggi per far soldi avrò bisogno di innovatori. Sì, il denaro può comprare un sacco di cose, persino l'amore. Ma non può cambiare le menti che sono state formate su altri valori".
Fonte bibliografica: Intervista pubblicata da La Repubblica il 24 Gennaio 2002 |
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