Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete
di A. Di Corinto e T.Tozzi |
||
3.
Cronologia e Storia |
||
Le
ricerche sul concetto di "massa" tra la fine dell'ottocento
e l'inizio del novecento, così come le analisi del marxismo sulla
società delle merci e le analisi della Scuola di Francoforte fin dagli
anni venti e quelle successive di Marcuse, favoriscono negli anni
cinquanta e sessanta un clima culturale in cui la macchina per eccellenza,
il computer, viene criticata di essere uno strumento di alienazione
dell'individuo. Secondo il senso comune in quel periodo, lo sviluppo
del progresso sociale prodotto dall'avvento dei computer nell'economia
avrebbe ridotto le persone a dei numeri, dati indistinti di una generica
massa che non avrebbe reso possibile all'individuo di crearsi e riconoscersi
in un'identità propria. La letteratura della prima metà del novecento
si era scagliata contro le macchine, criticandone il conseguente eccesso
di burocrazia e spersonalizzazione implicito nel loro uso negli ambiti
della produzione. L'IBM, International Business Machine, nata grazie
allo sviluppo di macchine di calcolo per fare i censimenti veniva
considerata un pachiderma il cui criptico funzionamento delle sue
macchine era da una parte riservato ad un'elité, mentre dall'altra
non era a misura d'uomo. Uno dei dubbi verso i calcolatori era quello
del rischio che tali macchine avrebbero favorito la massificazione
degli individui ignorandone i bisogni specifici. Il timore era quello
che P. Levy ha sintetizzato nel suo saggio "Cybercultura"
come il rischio di non riuscire ad ottenere un'universalità che non
fosse esente allo stesso tempo dal totalitarismo. C'era fin da allora
una diffusa richiesta di diventare soggetti attivi sia nella sfera
del lavoro che in quella della comunicazione. Non essere considerati
numeri, ovvero semplici esecutori di ordini impartiti da una macchina,
schiavi dunque della macchina stessa, bensì soggetti le cui attività
fossero espressione delle proprie scelte personali. Su
questo senso diffuso fa breccia la richiesta di interattività sia
nelle attività lavorative che in ogni altra occupazione sociale. Una
richiesta che si afferma anche grazie ad una situazione di crisi del
sistema di produzione fordista che evidenzia i suoi limiti e l'incapacità
di coordinare attraverso una pesante burocrazia gerarchica i vari
sistemi di produzione. Un sistema di produzione in cui gli operai
delle fabbriche sono l'ultimo anello, passivo, di una catena di produzione
difficilmente gestibile secondo il modello verticale fordista. Inoltre,
differenti teorie sui media avevano da tempo avviata una forte critica
dei mezzi di comunicazione di massa di cui sottolineavano il carattere
centralizzato e asimmetrico. E' in questo clima e su questi bisogni
che si fa strada la necessità di costruire macchine interattive. Una
necessità rilevata anche dagli studi che dimostravano come la comunicazione
tra soggetti avvenissero solo attraverso un processo bidirezionale
di partecipazione attiva fra l'emittente e il ricevente e che dunque
per raggiungere tutti i soggetti sociali era necessario un sistema
di comunicazione in cui avvenisse uno scambio ed una partecipazione.
C'era bisogno cioè che sia l'operaio, sia il cittadino, si sentisse
un soggetto attivo ed avesse personalmente un interesse a partecipare
alla produzione, così come alla vita sociale. Ecco
dunque che come avvenne a inizio ottocento, periodo in cui gli interessi
del mercato di avere un sistema di comunicazione globale efficiente
andavano parzialmente a collimare con gli interessi di coloro che
chiedevano una società basata sui principi della cooperazione e dello
scambio mutuale (Mattelart, 1994), anche nel XX secolo, nell'immediato
dopoguerra, si riproponeva una situazione in cui gli interessi del
mercato (rappresentati dalle agenzie di pubblicità che fungono da
intermediarie tra le aziende e la massa) andavano a collimare in alcuni
aspetti con quelli di chi chiedeva una società maggiormente partecipativa. E'
curioso notare che la rete Internet nasce dalla rete Arpanet, ovvero
la rete telematica costruita dall'agenzia ARPA che il Presidente Eisenhower
aveva commissionato nel 1957 al nuovo segretario alla Difesa degli
Stati Uniti d'America, Neil McElroy. E' curioso perché Neil McElroy
è un ex dirigente della Procter and Gamble, azienda leader nel mondo
della comunicazione commerciale e pubblicitaria, ed è stato colui
che ha portato la pubblicità dei detersivi in radio e televisione.
E' sua infatti l'idea delle "Soap Opera", ovvero delle trasmissioni
televisive pensate appositamente per essere interrotte da pubblicità,
spesso di detersivi. E' curioso anche perché McElroy verrà affiancato
per tale progetto dall'allora presidente del Massachussets Institute
of Technology, James R. Killian Jr.. E' buffo notare che è proprio
al MIT che nascerà l'etica hacker alla fine degli anni cinquanta. Ancora,
il primo direttore dell' ARPA sarà Roy Johnson, che prima di allora
lavorava per la General Electric, mentre altri del personale dell'Arpa
provenivano da industrie che avevano contratti con il pentagono, quali
ad esempio Lockheed, Union Carbide e Convair. E' curioso che sarà
proprio Edwin Artzt, ovvero il presidente della Procter & Gamble,
a pronunciare nel 1994 un discorso all' American Association of Advertising
Agencies in cui emergerà chiaramente l'utilità dell'interattività
per il mercato. Secondo Artzt, Internet potrà "trasformarsi in
una formidabile occasione per realizzare nuovi utili. Basti pensare
a tutte le nuove circostanze favorevoli che si presentano. Potremo
utilizzare l'interattività per invitare il consumatore a partecipare
alla nostra pubblicità. (...)Potremo utilizzare i giochi, l'info-pubblicità,
i video- centri commerciali. Disporremo di un'infinità di strumenti
per attirare il consumatore e informarlo. Se sapremo lavorare bene,
il pubblico sarà inchiodato alle poltrone davanti al computer, al
momento della pubblicità". Ciò
nonostante negli anni cinquanta e sessanta il mercato non è ancora
pronto per l'arrivo delle teconologie digitali. Anzi, quando queste
inizieranno a fiorire negli anni ottanta e inizio novanta, le varie
aziende dovranno ristrutturarsi , dando luogo a nuove modalità di
produzione e nuove alleanze per garantirsi una posizione monopolistica sia sulla comunicazione
che sulla produzione e distribuzione delle merci. Negli
anni cinquanta e sessanta al contrario si assiste ad una strana, ma
accanita disputa tra i cosiddetti apocalittici ed integrati. Tra coloro
cioè che vedevano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti
il cui uso non poteva essere che negativo e coloro che al contrario
li consideravano strumenti positivi per la società (DeFleur, 1995).
Tale contrapposizione sarà mediata da posizioni come quella di H.
M. Enzensberger che nel 1974 scrive "Constituents of a Theory
of the media" in cui ad un uso repressivo dei media, Enzensberger
fa corrispondere il loro uso emancipativo (Scelsi, 1999, pag.70):
media decentrati anziché centralizzati. La comunicazione molti a molti
anziché uno a molti. L'interazione e partecipazione del pubblico che
non è più passivo. La produzione collettiva e non elitaria. Il controllo
attraverso forme autorganizzate di base anziché verticali. In tal
modo il filosofo tedesco metteva in luce un modo diverso di guardare
ai media, in qualche modo superando la diffidenza che la critica marxista
riservava ai mezzi di comunicazione di massa.
E'
stata tutta una questione di vendita di saponette o c'è qualcosa di
più? C'è
sicuramente molto di più. Quello
che segue in questo paragrafo è solo una selezione di notizie riguardanti
testi scritti da intellettuali il secolo scorso. Altre notizie riguardanti
altri testi fondamentali sono riportate nei paragrafi successivi.
Nel
1932 Bertolt Brecht ipotizza una radio autogestita dal proletariato,
in cui l'ascoltatore diventi anche fornitore di informazioni in relazione
con altri. Una radio dunque che permetta non solo di ricevere, ma
anche di trasmettere (Celant, 1977, pag. 7). E' la risposta al nazismo
che attraverso la propaganda radiofonica impone un'ideologia totalitarista
al mondo. Nello stesso periodo si ha un clima culturale di forte critica
all'uso dei media fatto dalla Scuola di Francoforte di M. Horkheimer
al punto che viene fatta chiudere dal nazismo e costretta a trasferirsi
in America. La
richiesta di un pluralismo dell'informazione, di media bidirezionali
e autogestiti, sarà una costante negli ultimi decenni del XX secolo
e stimolerà la creazione e lo sviluppo delle tecnologie alla base
sia dei personal computer che delle reti telematiche. Nel
1937 H.G. Wells predice che l'enciclopedia del futuro: <<non
ha bisogno di concentrarsi in un unico luogo, ma può assumere la forma
di una rete... Essa costituirà l'inizio materiale di un effettivo
Cervello Globale>>" (Wells, 1990, pag.92). Nel
1964 M. McLuhan scrive "Understanding Media" in cui i media
sono descritti come un'estensione del corpo umano in grado di interconnetterlo
globalmente. Nel 1969 A. Touraine scrive "La Societé
post-industrielle". Nel 1974 H. M. Enzensberger scrive "Constituents
of a Theory of the media". Nel
1976 Deleuze e Guattari scrivono "Rizoma" in cui viene descritto
un modello di pensiero che trae la sua metafora nelle radici delle
patate che hanno una struttura reticolare molto simile alle reti distribuite
e comunque differente da quella gerarchica delle radici di un albero.
Vi si leggono delle affermazioni profetiche sulle forme di contaminazione
attraverso cui si sviluppa il rizoma, applicandole ad un'idea di decentramento
del senso, ovvero alla dipendenza del senso non da un codice o un
ordine prestabilito, bensì dalla molteplicità connessa. Secondo il
principio di connessione e d'eterogeneità "qualsiasi punto del
rizoma può essere collegato con qualunque altro", non esiste
un centro e un ordine prestabilito. "Non si ha più una tripartizione
tra un campo di realtà, il mondo, un campo di rappresentazione, il
libro, ed un campo di soggettività, l'autore. Ma un concatenamento
mette in relazione certe molteplicità prese in ciascuno di questi
ordini, cosicché un libro non ha il suo seguito nel libro successivo,
né il suo oggetto nel mondo, né il suo soggetto in uno o più autori.
In breve ci sembra che lo scrivere non verrà mai fatto abbastanza
in nome di un di fuori. Il di fuori non ha immagine, ne significazione,
né soggettività. Il libro, concatenamento con il di fuori, contro
il libro-immagine del mondo" (Deleuze e Guattari, 1976). Nel
1978 viene coniato in Francia il termine télématique (contrazione
di télécommunications e informatique). Viene presentato in Francia
da S. Nora e A. Minc il rapporto "L'informatisation de la societé".
Il rapporto, richiesto dal Presidente Valery Giscard d'Estaing, prevedeva
che "in futuro avrà luogo una computerizzazione sociale di massa,
che si diffonderà nella società come l'elettricità. (...) Il dibattito
si incentrerà sulla interconnettività. (...) Il potere sarà in mano
a chi crea le reti e a chi controlla i satelliti". (...) Non
mancarono di rilevare che "la telematica, a differenza dell'elettricità,
non fa circolare una corrente inerte, ma informazioni, ossia potere"
e che "avere il controllo della rete è pertanto un obiettivo
essenziale. Perciò occorre che la struttura venga concepita nell'ambito
di un sevizio pubblico" (S. Nora e A. Minc in Rheingold, 1994,
pag. 263-64). Nel 1980 A. Toffler scrive "The Third
Wave". Secondo A. Toffler la nostra
società non è basata sulla gerarchia, ma sul decentramento, non sulla
rigidità, ma sulla fluidità (Scelsi, 1990, pag. 39). Nel
1980 esce il libro "Goodbye Gutenberg: the newspaper revolution
of the 1980s" di A. Smith in cui egli definisce le tecniche elettroniche
come la terza rivoluzione delle comunicazioni, intendendo che la prima
è stata l'invenzione della scrittura (...) e la seconda quella portata
da Gutenberg con la tecnica di stampa a caratteri mobili. (...) Ricordando
che Alessandria d'Egitto è stata la sede della più grande biblioteca
del mondo antico, Smith afferma, con un immagine molto suggestiva,
che le modalità di conoscenza interattive proprie dell'età elettronica
possono essere paragonate ad una nuova Alessandria "elettronica",
unificata ma universalmente accessibile, in cui si realizza un migliore
equilibrio fra ciò che è stato accumulato in passato e ciò che si
deve aggiungere nel presente. Si può concludere che la telematica
rappresenta il superamento delle tradizionali distinzioni fra i diversi
media, ed in particolare fra mezzi stampati e mezzi elettronici. In
futuro l'interattività modificherà in senso partecipativo il rapporto
fra produttori dei programmi, gestori dei mezzi e utenti del servizio
con un ridisegno del panorama culturale di massa (Glucksmann, 1982,
pag. 247-249). Nel
1982 G. Richeri scrive "L'universo telematico. Il lavoro e la
cultura del prossimo domani". Nel
1982 R. Glucksmann scrive "Telematica. Dal viewdata all'office
automation" in cui, cosciente delle conseguenze sociali messe
in atto dalla rivoluzione delle comunicazioni pone il problema del
divario tecnologico accumulato dagli Stati europei nella telematica
nei confronti degli Stati Uniti e di come tale processo metta in dubbio
i principi di sovranità nazionale. Attraverso banche dati e reti telematiche
gli americani stanno assumendo il controllo dell'informazione con
conseguenze sulle attività economiche, tecniche, scientifiche e universitarie.
Per tali motivi Glucksmann auspica delle azioni dei pubblici poteri
mirate a garantire una maggiore autonomia. Quindi profetizza la tendenza
al decentramento nelle attività lavorative attraverso forme di telelavoro
quale la posta elettronica. Infine pone il problema della riservatezza
paragonando la telematica al bisturi di un chirurgo, che così come
può guarire se usata per finalità sociali, può allo stesso tempo diventare
uno strumento di morte se usata per raccogliere, correlare e memorizzare
informazioni private sugli individui, senza rispettare la loro esigenza
di libertà (Glucksmann, 1982, pag. 251-262). Nel
1982 W. Ong scrive "Oralità e scrittura" in cui dimostra
che l'avvento della scrittura nel V secolo a.c., oltre a modificare
modelli artistici, politici e commerciali, produsse un profondo cambiamento
nella coscienza umana determinando le forme lineari e astratte della
logica del pensiero occidentale attuale. M. Heim nella sua Teoria
della trasformazione (1987) ritiene che la rivoluzione dell'informazione
sia la terza tappa in questo processo e cioè una rivoluzione tanto
grande quanto il passaggio dall'oralità alla scrittura (Brent, 1994). Nel
1983 I. De Sola Pool, insegnante al MIT, scrive "Tecnologie di
Libertà" in cui afferma che i computer e le reti telematiche
sostituiranno i libri, le librerie, le riviste, i quotidiani e il
sistema postale. Quindi afferma che "non ci sarà libertà di parola
se anche queste cose non saranno libere" e che tale libertà sarà
protetta solo se i mezzi di comunicazione saranno sparpagliati, decentralizzati,
e facilmente disponibili come avviene per i microcomputers (De Sola
Pool, 1983). Nel
1984 I.De Sola Pool scrive, senza poterlo pubblicare, "Tecnologie
senza frontiere". Nel
1984 B. Nadoulek scrive "Enciber. Rapporto sui criteri utilizzati
per la compilazione dell'Enciclopedia Cibernetica e l'analisi del
fenomeno di rivolta sociale denominato Bushido Moderno" (Nadoulek,
1984). Nel
1984 H. Bey scrive "Chaos. The broadsheets of ontological anarchism". Nel 1984 S. Turkle scrive "The second
self: computers and the human spirits". Nel
1984 C.P. Snow fa la lettura del saggio "The Two Cultures and
the Scientific Revolution" Nel
1985 D. Haraway scrive: "La microelettronica è la base tecnica
del simulacro; che è copia senza originale" (Birringer, 1998,
pag. 258). Nel
1988 N. Chomsky scrive "Manufacturing Consent" in cui vengono
descritti i meccanismi grazie ai quali i politici, le corporazioni
e i media progettano l'opinione pubblica. Nel
1988 esce il primo numero di Extropy (www.extropy.com). La rivista
indaga sui possibili mutamenti scientifici, filosofici e sociali.
Nel
1988 K. Robins e F. Webster, scrivono il saggio "Il capitalismo
cibemetico: informazioni, tecnologia, vita quotidiana" in cui
descrivono il modo in cui M. Foucault analizza il modello di controllo
sociale basato sul Panopticon. "Panopticon è il nome di una prigione
molto efficace, concretamente proposta in Gran Bretagna da J. Bentham
nel 1791. Una combinazione di architettura e ottica rende possibile
che una sola guardia veda tutti i prigionieri, senza che i prigionieri
si vedano tra loro; l'effetto è che tutti i prigionieri si comportano
sempre come se fossero sotto sorveglianza" (Rheingold, 1994,
pag. 319). In tale modello la tecnologia è al servizio del controllo
e dell'esercizio del potere. Così come la capacità di leggere, scrivere
e comunicare liberamente dà ai cittadini il potere di autogovernarsi
e proteggersi dallo Stato, le possibilità che la tecnologia permette
di sorvegliare ed invadere la privacy dei cittadini, dà allo Stato
il potere di confondere, sottomettere e controllare i cittadini e
le popolazioni istruite. Secondo K. Robins e F. Webster le nuove tecnologie
informative e comunicative consentono una massiccia estensione e trasformazione
della stessa mobilitazione a cui aspirava il principio panottico di
Bentham. Ciò che sostengono queste tecnologie, in realtà, è la stessa
distribuzione del potere e del controllo, ma liberata dalle limitazioni
architettoniche del prototipo di pietre e mattoni di Bentham. Sulla
base della "rivoluzione informativa", non solo la prigione
o la fabbrica, ma tutta la società funziona come la macchina gerarchica
e disciplinare di Panopticon (Rheingold, 1994, pag. 325-26). Nella
primavera del 1989 su Whole Earth Review 62:90, viene pubblicato l'articolo
di R. Dawkins "Universal parasitism and the co-evolution of extended
phenotypes" con cui spiega ad un pubblico di non addetti ai lavori
il suo concetto di "meme" teorizzato molti anni prima (Rushkoff,
1994, pag. 10). La teoria dei memi susciterà molto interesse nell'underground
telematico (vedi Il falso come strumento di lotta). Nel
1989 J. Carey scrive The Mythos of the Electronic Revolution (Carey,
1989) in cui descrive il rischio che la rottura del monopolio e totalitarismo
dei mass media potenzialmente permessa dalle reti telematiche venga
imbrigliata ed impedita da leader politici e dalla commercializzazione
e mercificazione del dibattito pubblico. Il rischio dunque che la
democrazia elettronica sia l'ennesima versione di un mito del progresso
tecnologico che ha da sempre accompagnato l'umanità insieme all'altro
mito della democrazia rappresentativa. Che dunque lo spettro della
manipolazione politica che J. Goebbels fece attraverso la radio per
il Terzo Reich non si allontana semplicemente liberando i media, in
quanto attraverso il controllo delle notizie, del mercato dei beni
di consumo e pubblicitario, chi ha i soldi può permettersi di manipolare
l'opinione pubblica (Rheingold, 1994, pag. 322-25). Nel
1991 N. Chomsky scrive "Media Control. The spectacular Achievements of Propaganda". A
giugno del 1992 apre la collana Interzone di Feltrinelli, attraverso
la quale Raffaele Scelsi e Ermanno "Gomma" Guarneri fanno
conoscere al pubblico italiano autori e riflessioni radicali ed innovative
sui nuovi media. Nel
1992 esce l'antologia "Sabotage in the american workplace. Anecdotes
of dissatisfaction, mischief and revenge" a cura di M. Sprouse,
con sezioni sui computer, l'arte e il design, la conoscenza, l'informazione,
ecc. Nel
1993 B. Sterling scrive "A brief history of the Internet"
un testo che viene distribuito liberamente in rete in cui afferma
che Internet è "libera. Internet è uno dei rari esempi di vera,
moderna e funzionale anarchia" (Sterling, 1993). Nel
1993 nasce la rivista "CTheory" (www.ctheory.com), con testi
di A.Kroker, CAE, Bey, e altri. Nel
1993 Henry Edward Hardy scrive "The History of the Net"
(Hardy, 1993), che viene distribuita on-line per una richiesta di
contributi allo stesso lavoro. Nel
1995 da R. Barbrook e A. Cameron scrivono "The Californian Ideology"
in cui descrivano le contraddizioni per cui l'utopia californiana
comunitaria degli anni settanta e le loro speranze di rivoluzione
sociale attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie si sia scontrata
con la sussunzione fatta dall'ideologia californiana attraverso le
nuove industrie dei media ed high tech che ripropongono la filosofia
del libero mercato ottocentesco: "I sacri dogmi del liberismo
economico sono contraddetti dalla storia attuale degli ipermedia.
Per esempio, le tecnologie del computer e della Rete non sarebbero
potute essere inventate senza l'aiuto di enormi finanziamenti dello
Stato e la partecipazione entusiastica di una base amatoriale. L'impresa
privata ha giocato un ruolo importante, ma solo come una parte di
un'economia mista. Per esempio, il primo computer, The Difference
Engine, è stato costruito e progettato da una compagnia privata, ma
il suo sviluppo è stato reso possibile solo attraverso un contributo
del Governo Britannico di L. 17.470 che nel 1834 era una vera e propria
fortuna. Dal Colossus all'EDVAC, dai simulatori di volo alle realtà
virtuali, lo sviluppo dei computer è dipeso nei momenti chiave dai
risultati delle ricerche pubbliche o da grossi contratti con le agenzie
pubbliche (...). L'IBM costruiva il suo primo computer programmabile
solo dopo che gli era stato commissionato dal Dipartimento della Difesa
americana durante la guerra in Corea. (...) Oltre ai finanziamenti
statali, l'evoluzione del computer è dipesa dal coinvolgimento della
cultura del d.i.y. (Do It Yourself - fai da te). Ad esempio, il personal
computer è stato inventato da tecnici amatoriali che volevano costruire
la loro propria macchina a basso costo. L'esistenza di una economia
del dono tra gli hobbisti è stato un requisito necessario per il conseguente
successo dei prodotti fatti dalla Apple e dalla Microsoft. Ancora
adesso, i software liberi giocano un ruolo vitale nello sviluppo della
progettazione del software. Anche la storia di Internet contraddice
i dogmi delle ideologie del libero mercato. Per i primi vent'anni
della sua esistenza lo sviluppo della Rete era quasi completamente
dipendente dai fondi governativi. Sia attraverso i finanziamenti militari
che universitari, un gran numero di dollari venivano investiti nella
costruzione delle infrastrutture e nel pagamento dei costi di uso
dei suoi servizi. Allo stesso tempo molte delle applicazioni e dei
programmi chiave della Rete furono inventate sia da hobbisti, che
da liberi professionisti che lavoravano durante il loro tempo libero.
(...) Tutti questi fondi pubblici e coinvolgimento comunitario ha
avuto un enorme effetto benefico -sebbene misconosciuto e non pagato-
sullo sviluppo della Silicon Valley e delle altre industrie hi-tech.
Gli imprenditori capitalisti spesso hanno un senso di orgoglio verso
il loro proprio ingegno e concedono solo un minimo riconoscimento
ai contributi che gli sono arrivati sia dallo Stato, che dai loro
lavoratori o dalla comunità in generale. Tutti i progressi tecnologici
sono cumulativi -dipendono dal risultato di un processo storico collettivo
e devono essere riconosciuti, almeno in parte, come un'azione collettiva"
(Barbrook e Cameron, 1996). Nel
1995 F. Carlini scrive "Chips
& Salsa. Storie e culture del mondo digitale". Una raccolta
degli omonimi articoli usciti per Il Manifesto. Nel 1996 M. Dery scrive "Escape velocity:
Cyberculture at the end of the century". Nel 1996 M. Castells scrive "The Information
Age: Economy, Society and Culture". Nel
2000 N. Klein scrive "No Logo" (Klein, 2000). Nel
2001 P. Himanen scrive "L'etica hacker" in cui, citando
K. Portenfield, riassume "la dipendenza generale del funzionamento
di Internet e della Rete dalle creazioni degli hacker, descrivendo
cosa accadrebbe in pratica se i programmi degli hacker venissero ritirati:
Più di metà dei siti Web su Internet scomparirebbero. (...) Scomparirebbero
anche i newsgroup di Usenet. (...) Le e-mail non funzionerebbero."
Molti altri programmi e funzioni di internet non sarebbero possibili,
come, ad esempio, gli indirizzi dei domini come www.netaction.org,
si dovrebbero scrivere come una sequenza di numeri tipo 199.201.243.200 (Himanen,
2001, pag. 157-8). |
||
|
||
Licenza: Questo testo e' soggetto alla GNU Free Documentation License Copyright (c) 2002 A. Di Corinto, T.Tozzi
Permission is granted to copy, distribute and/or modify this document
under the terms of the GNU Free Documentation License, Version 1.1 |