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Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete

 

di A. Di Corinto e T.Tozzi

 

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2. Scegli il tuo obiettivo

 

I principi dell’etica hacker concretamente praticati dai singoli e dai collettivi hanno nel tempo assunto la forma di rivendicazioni esplicite che gli hacktivisti considerano obiettivi irrinunciabili nell’abbattimento dei confini della frontiera elettronica.

Stiamo parlando dei diritti digitali, cioè di quell’insieme di aspirazioni, prassi conoscitive, attitudini e comportamenti considerati fondanti l’agire comunicativo delle comunità elettroniche eticamente orientate.

Perciò, anche se non sempre essi costituiscono un blocco unico e omogeneo di rivendicazioni, per la stretta connessione che li unisce – i «confini» tra un diritto digitale e l’altro sono sottili, le aree interessate da uno si incrociano e si sovrappongono a quelle di un altro – proveremo a sintetizzarli e a illustrarli consapevoli di tutti i limiti che una trattazione di questo tipo comporta.

Nell’ambito delle comunità elettroniche i principali diritti correlati all’uso dei Media Interattivi sono considerati:

Il diritto alla cooperazione, che riguarda una concezione della rete basata su rapporti di interscambio orizzontale secondo un modello di relazioni paritetico e rizomatico. Un diritto che implica la possibilità di realizzare un tipo di comunicazione libera e aperta, capace di accrescere le conoscenze collettive e la cultura di ognuno.

Il diritto alla privacy e all’anonimato. La privacy, inizialmente correlata al concetto di soglia e di tranquillità domestica, è stata a lungo considerata come il diritto di essere lasciati soli. L’avvento della rete e di altri strumenti informatici ha modificato totalmente il senso e la portata di questo concetto-guida per il fatto che oggi questo diritto è in pericolo ogni volta che usiamo bancomat, carte di credito, smart cards, codice fiscale, patenti di guida o tessere del supermercato, ogni volta che entriamo in Internet, ogni volta che abbiamo a che fare con gli uffici pubblici, e con qualsiasi apparato in grado di tenere traccia e registrare i nostri comportamenti.

Per questo le comunità elettroniche rivendicano l’uso di strumenti adeguati per proteggersi da tali intrusioni nella propria vita, pubblica e privata, con adeguati sistemi di cifratura e anonimizzazione dei dati.

Ugualmente, poiché un atteggiamento poliziesco da parte di istituzioni e imprese sovente minacca il diritto all’anonimato – i dati personali, anziché essere richiesti in caso di reato o a fronte di specifiche esigenze degli interessati, vengono richiesti come precauzione verso quanti potrebbero, forse, nascondersi per compiere chissà quali delitti – si fa sempre più diffusa l’esigenza di tutelare le proprie interazioni attraverso anonymous remailers, crittazione a doppia chiave pubblica, e altri sistemi di anonimizzazione.

Il diritto alla libertà di copia è una rivendicazione che coinvolge direttamente la libertà d’informazione e di espressione, perché le leggi sul copyright e sui brevetti limitano direttamente la circolazione di notizie e scoperte vincolandole a criteri di carattere economico e inoltre perché limitando la circolazione di informazioni – ciò vale soprattutto nel caso della scrittura software – viene limitata la possibilità stessa di conoscere i media che ciascuno utilizza per esprimersi. La battaglia contro il copyright, il cui raggio d’azione spazia dalla musica all’editoria, fino alle biotecnologie alimentari e farmaceutiche, ha però un nuovo orizzonte nella diffusione di beni, merci e servizi di carattere libero e gratuito che godono di particolari tutele sotto specifiche licenze (la Gpl, General Public Licence, la Fdl, Free Documentation Licence ed altre).

Il diritto all’accesso si articola su diversi piani e include il problema concreto dei costi del materiale e delle connessioni. Sotto questo aspetto gli hacktivisti considerano che devono essere garantiti ad ognuno alcuni requisiti per poter parlare di reale diritto d’accesso:

1.            La possibilità di acquisire l’hardware e il software necessario per utilizzare gli strumenti della comunicazione digitale.

2.            L’accesso a connessioni che permettano effettivamente di accedere a tutta l’informazione esistente in rete e di comunicare con tutti coloro che utilizzano la rete senza essere penalizzati da una connessione lenta o da una limitazione all’accesso delle risorse in rete.

3.            La disponibilità di hardware e di software adeguati a fruire di tutte le risorse presenti in rete.

4.            L’accesso alla formazione necessaria per riuscire a sfruttare tutte le risorse degli strumenti della comunicazione digitale.

Per diritto alla formazione, in particolare, si intende la necessità di avviare corsi e iniziative atte a migliorare l’alfabetizzazione informatica degli utenti in quanto la conoscenza di questi mezzi sta diventando una discriminante sia per quanto riguarda l’accesso alle informazioni e alla comunicazione che l’ingresso nel mondo del lavoro.

Per questo è considerato importante ribaltare la tendenza in atto a fornire software sempre più «amichevoli» che non favoriscono la possibilità di comprenderli e di usarli nel modo che è più consono alle modalità cognitive e agli scopi degli individui. Complementare a questa rivendicazione è la volontà, attraverso una adeguata formazione, di conoscere e scrivere software che non limitino o controllino l’agire in rete e interfacce che garantiscano un’accessibilità reale ad ognuno senza penalizzazioni derivanti dal ceto, dalla razza, dal sesso, da handicap o altro.

Il diritto all’informazione contrasta con ogni forma di censura, istituzionale, tecnica o commerciale. In questa prospettiva il mezzo digitale va tutelato da ogni controllo indesiderato e considerato soggetto solo alla responsabilità individuale di chi lo utilizza. Questo diritto può concretamente dispiegarsi solo quando sia garantito l’accesso a una molteplicità di fonti informative e la possibilità di generarne di nuove senza limitazioni di sorta per poter affermare una reale libertà di espressione.

 

 

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