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Hackers nel mirino
Sei giovani tra i 15 e i 23 anni
accusati di aver attaccato, nei giorni del G8, numerosi siti web, tra
cui quelli del Pentagono e di Claudio Baglioni. Rischiano l'accusa di
terrorismo, grazie alle leggi varate dopo l'11 settembre
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Sarebbero sei giovanissmi tra i 15
e i 23 anni gli hacker italiani che per il Gat (Gruppo anticrimine tecnologico)
"avrebbero infestato" internet nei giorni del G8. I sei apparterrebbero
al gruppo italiano "Hi-Tech Hate" (Odio ad alta tecnologia)
e potrebbero essere proprio quei sei che hanno "lasciato appeso"
sul sito Ansa della Regione Campania un messaggio antiglobalizzazione
dedicato alle rispettive fidanzate: Simona, Linda, Laura, Danyela, Gloria.
I "faboulos six " allora si facevano chiamare B4dBoy, naDrol
Rah'S, E-@ack, DauthiJackal, tux e Onslaught. Mostri di bravura loro o
quelli che li hanno acchiappati? Nessuna delle due, forse. Se sono loro
gli indagati, sono noti, conosciuti e plurintervistati. Difficile sarebbe
stato non trovarli.
Ma che siano "geni del male" come dicono i soliti sensazionalisti,
oppure "normali bravi ragazzi, ingegnosi, ben preparati", rischiano
grosso, se verranno provate le accuse contro di loro. E questo perché
se hanno attaccato per davvero il Pentagono come riportato dalle agenzie
di stampa, possono essere accusati di terrorismo (reato previsto dal Terrorism
act), sequestrati in Italia, deportati in America e processati per direttissima
come i talebani. Processi che nessuno fermerebbe, se è vero che
per il Consiglio della comunità europea i colpevoli di reati informatici
possono essere accusati di terrorismo se "così decide il governo
competente".
Secondo le agenzie gli hacker sarebbero accusati di avere attaccato siti
in 62 paesi. Stando però a quello che sappiamo finora, gli attacchi
si sarebbero concretizzati soltanto nello sfregio della homepage dei siti
di aziende, governi e istituzioni, fra cui la Nasa, il Pentagono, i governi
britannico, pachistano e altri. In Italia, invece, Senato, Sanità,
Difesa, Regioni e Province, Camere di Commercio, Rai, Mediaset, Ansa,
partiti, sindacati e providers. Ma anche il sito del cantante Claudio
Baglioni, che con la globalizzazione c'entra poco o niente.
Tutto qui? La critica radicale allo status quo da parte degli hackers
utilizza da sempre questa forma estrema di protesta. Il gruppo che fa
capo alla storica rivista 2600, ad esempio, tiene un archivio decennale
dei defacements alle home pages di importanti istituzioni accusate dagli
hackers di essere fasciste, illiberali o corrotte (basta andare sul sito
www.2600.org).
Siccome i defacements consistono nello stravolgimento delle homepage del
sito web con l'immissione di contenuti irridenti e critici, a volte nonsense,
e rappresentano una sorta di "attacchinaggio abusivo sui muri di
Internet" - il defacciamento dei siti è illegale, ma non in
tutti i paesi - è difficile considerarli alla stregua di un'azione
terroristica o di guerra perché non provocano danni permanenti
e non sono rivolti al furto di informazioni o alla distruzione di materiali
riservati, quanto piuttosto a occupare temporaneamente uno spazio d'espressione.
E non somigliano neppure da lontano ai D-DoS, i Distributed denial of
service che l'anno scorso fecero tremare i siti di commercio elettronico
come Amazon.com ed E-Bay.com. Le interruzioni dei servizi internet causati
dai DoS, infatti, producono un blocco totale delle attività e talvolta
compromettono le infrastrutture di comunicazione bersagliate, causando
danni per milioni di dollari. I danni fatti dai defacers si riparano in
pochi minuti. Basta accorgersene.
Se si visitano i siti degli hackers/defacers, come www.alldas.de si capisce
che si considerano "antagonisti oppressi del discorso pubblico egemone",
e che gli stessi loro simpatizzanti paragonano il defacciamento dei siti
web al graffitismo della cultura hip-hop, a metà tra una forma
d'arte digitale e una filosofia di resistenza contro l'internet delle
multinazionali e dei governi. Basta leggere questa testimonianza dalla
mailing list cyber-rights@ecn.org per capirlo:"chi fa defacing non
è un vandalo se non distrugge il sistema ma si limita a usare il
web come uno spazio dove poter esprimersi, anche con un atto forte come
il defacing (mi piace l'idea dell'attakkinaggio nel Web). L'azienda o
le aziende subiscono un danno? E chi se ne frega, quanti danni fanno le
aziende, nel nome del profitto, nel mondo?
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