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La filosofia politica
della sorveglianza digitale
L'avanzamento tecnologico della società
dell'informazione sta portando all'evoluzione dei meccanismi di sorveglianza
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testo dell'articolo
Nel suo ultimo lavoro, "L'occhio
elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza." (1997), edito
in Italia per i tipi della Feltrinelli nella collana Interzone, curata
da Ermanno (Gomma) Guarneri e Raffaele (Valvola) Scelsi, David Lyon, sociologo
alla Queen's University di Kingston, Ontario, pone a tutti noi l'importante
quesito se la tanto celebrata società dell'informazione non stia
piuttosto evolvendo verso una nuova società della sorveglianza,
se è vero come è vero che l'introduzione massiccia delle
tecnologie della comunicazione a base informatica comporta un salto di
qualità rispetto ai tradizionali meccanismi del controllo sociale.
E questo non solo per la "genetica" capacità delle memorie
informatiche di registrare immense quantità di dati nell'universale
formato del bit e di traferirle e scambiarle attraverso le reti di comunicazione
al di là dei vincoli costituiti dallo spazio-tempo. Il concetto
di controllo è infatti dallo studioso associato ad una disamina
dello sviluppo sociale che va oltre i meccanismi di prevenzione e repressione
della devianza criminale per indicare il controllo dei tempi di vita,
nel rapporto capitale/lavoro o i meccanismi di inclusione/esclusione sociali
nel rapporto capitale/consumo.
L'acuta riflessione di Lyon a proposito della dialettica del controllo
si concentra infatti nell'osservare come non sia semplicemente all'avanzamento
tecnologico che è attribuibile l'evoluzione della società
della sorveglianza quanto alla *filosofia politica* del controllo che
informa ogni società come *macchina* di organizzazione totale.
Pero` da questo punto di vista Lyon ritiene parimenti inadeguate le metafore
del Grande Fratello come del Panopticon per descrivere il nuovo panorama
del controllo laddove egli scorge l'aspetto progressivo della società
della sorveglianza nella sua crescita coevolutiva all'affermazione dei
diritti di cittadinanza e in definitiva del welfare. In soldoni, secondo
Lyon è pur vero che "siamo tutti schedati", ma è
lo stesso codice numerico che ci identifica in quanto cittadini che ci
consente di partecipare al sistema sanitario nazionale o a quello pensionistico
nei paesi dove ancora esistono.
Gli si potrebbe obiettare che la sorveglianza simbiotica ai diritti civili
è però controllo perverso fintanto che la cittadinanza è
vincolata al sistema lavoro ed alla collocazione geografica dei cittadini
decidendo l'inclusione di alcuni e l'esclusione di altri e riprononendo
in maniera stringente il problema degli *haves* e degli *have nots* dai
sistemi di protezione del welfare state e dalla partecipazione al ciclo
delle merci. Ma soprattutto questo lato progressivo diventa ambiguo allorché
si fa sfumato il controllo dello stato e quello del mercato i cui sistemi
di sorveglianza vieppiù si amalgano e superano la soglia domestica
valutando e inducendo comportamenti di consumo. La nuova frontiera del
controllo totale.
Certo, le tecnologie della sorveglianza diventano meno intrusive si fanno
raffinate e seduttive, ma il loro adempimento è comunque quello
di mantenere l'ordine sociale nelle tradizionali sfere della sorveglianza:
Stato, Mercato, Lavoro, Antropologie Sociali. Cioè il controllo
dell'adesione alla norma in quanto cittadini, il controllo dei comportamenti
di consumo, il controllo delle funzioni e dei tempi nella produzione,
il controllo dei corpi e del pensiero.
Allora, dice Lyon, è tempo di rinnovare forme e contenuti del comunicare,
inventare nuove pratiche organizzative attraverso cui, noi, i cittadini,
possiamo conservare la nostra indipendenza e la nostra privacy senza rinunciare
ai benefici della macchina sociale spinta dal motore della sorveglianza,
oggi come nel medioevo. Ricordando come l'invocare leggi a tutela dei
soggetti sociali spesso serve l'ambiguo risultato di rendere i cittadini
più condiscendenti verso sottili forme di controllo immaginandosi
garantiti dalla stessa macchina che li vigila. Insomma, anche Lyon pare
voler dire che per l'affermazione dei diritti, la continua vigilanza,
l'attivismo, la comunicazione con gli altri, sono gli ingredienti sempre
più necessari e irrinunciabili per creare i mondi dove vogliamo
vivere. Liberi.
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