da "il manifesto" del 28 Gennaio 2003 Chomsky
contro l'impero Incontro con lo scrittore americano: «Chi viene
a Porto Alegre lotta per la vita» B. V., Quando i pacifisti israeliani
e quelli palestinesi si sono presi per mano e hanno iniziato a cantare
Imagine, le dieci, quindici mila persone presenti al Gigantinho di Porto
Alegre hanno iniziato a piangere, sorridere e cantare con molti che
si prendevano per mano. Cinque minuti di una messa laica in nome della
pace e della fine del conflitto tra Israele e palestinesi. La stessa
scena si ripeteva nei vari punti della città, all'accampamento
della gioventù, l'Università cattolica, dove a un certo
punto si è diffuso il falso allarme di una bomba e della conseguente
evacuazione della Puc - dove l'incontro tra Noam Chomsky e Arundathi
Roy su «Come fermare l'impero» veniva trasmesso in diretta.
La lettura di un documento firmato dai palestinesi e israeliani presenti
al forum sociale di Porto Alegre che chiede la fine della guerra e la
ripresa del negoziato tra le parti in conflitto è stato sicuramente
il momento più intenso della conferenza al palazzo dello sport
della città brasiliana. Poi tutti a fare la ola, mentre il linguista
statunitense e la scrittrice indiana prendevono posto sul palco. A fare
gli onori di casa, Paul Nicholson di Via Campesina, che con lo stile
secco e rude che lo ha contraddistinto in questi giorni ha chiesto:
«Noam, secondo te come possiamo fermare l'Impero?».Un timido
sorriso e Chomsky ha sostenuto che forse prima di parlare era meglio
presentare Arundathi Roi, una «che di lotte all'impero qualcosa
ne sa, forse più di noi».Tra le migliaia di persone presenti
a Porto Alegre, Noam Chomakhy è un personaggio conosciutissimo
e le sue parole sono ascoltate con una attenzione al limite del silenzio.
Pochi, infatti, commentano, tantissimi prendono appunti, quasi che i
ragionamenti del linguista americano siano decisivi per comprendere
come va il mondo. E' stato così anche lo scorso anno quando la
conferenza di Lula e Chomsky fece il pieno della Puc.Va subito detto
che il linguista americano non ha mai dato la sua ricetta per fermare
l'impero. Ha solo ricordato che chi si riunisce a Porto Alegre non «sta
pensando alla lotta al capitalismo, ma sta lottando per la vita, perché
il capitalismo è l'unica forma di vita che vuole essere imposta
nel mondo da alcuni stati, dalle grandi corporation. Ma il capitalismo
- ha continuato Chomsky - distrugge le comunità locali, provoca
miseria. Cosi le persone che sono qui stanno lottando per la vita. Anzi
stanno pensando alla vita dopo il capitalismo». La platea del
Gigantinho è tanto attenta, quanto generosa con gli applausi
e l'autore dei tanti libri che hanno denunciano la politia estera degli
Stati uniti e quella dei gestori della «fabbrica del consenso»
deve più volte fare cenno con la mano di smettere di battere
le mani e di farlo continuare a parlare. Per un docente universatario
noto al Mit per le sue lezioni, dove non sono ammesse interruzioni fino
a quando ha finito, è stata una vera e propria disocntinuità.
www.ilmanifesto.it/g8/portoalegre2003/
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