da "il manifesto" del 03 Febbraio 2002 Declino
armato, il grande freddo dell'Impero BENEDETTO VECCHI Immanuel Wallerstein
ha da sempre guardato il mondo - o meglio il sistema-mondo - dalla prospettiva
della lunga durata, ovvero utilizzando quella metodologia di indagine storiografica
inaugurata dallo storico francese Fernand Braudel poi proseguita attraverso
l'esperienza degli Annales. A quella metodologia Wallerstein è rimasto
fedele - dirige tra l'altro il Fernand Braudel Center assieme all'economista
italiano Giovanni Arrighi - e la usa per continuare a giudicare e radiografare
il mondo attuale, senza farsi distrarre da eventi e fenomeni che nel presente
hanno una grande eco ma che, per usare le sue stesse parole, dopo un anno
o due tutti hanno dimenticato.Storico dell'economia divenuto famoso con
la pubblicazione dei primi due volumi del monumentale Il sistema mondiale
dell'economia moderna (Il Mulino), ha continuato la sua ricostruzione del
Capitalismo storico (pubblicato in Italia da Einaudi, ma continuamente revisionato
dallo stesso Wallerstein al punto da essere aggiornato già tre volte),
incontrando sulla sua strada studiosi che lo hanno portato a guardare con
interesse al ruolo svolto dai movimenti antisistema nella costituzione economica
e politica del sistema-mondo.Ed è infatti assieme a Giovanni Arrighi
e Terence Hopkins che ha scritto il magistrale Antisystemic mouvement (manifestolibri,
1992) dove applica, nuovamente, la lunga durata alla costituzione dei movimenti
sociali, al punto da individuare la genesi del Sessantotto - in quanto movimento
mondiale - nelle rivoluzioni del 1848.Intervistare Immanuel Wallerstein
vuol dire spingersi fuori dai confini nazionali ed essere continuamente
sollecitati a considerare il mondo nel suo insieme. Ma significa anche accettare,
ad esempio, la tesi secondo cui il neoliberalismo non è entrato in
crisi per l'azione del movimento dei movimenti né per l'attacco alle
Twin Towers, ma che la sua crisi data già dai tempi di Ronald Reagan.
Una tesi controcorrente che Wallerstein aveva sviluppato nel suo volume
Dopo il liberalismo (Jaca Book). Questa volta - tuttavia - il nostro punto
di avvio è la seconda edizione del forum sociale mondiale di Porto
Alegre.Vecchi BenedettoDa pochi giorni è iniziato il secondo forum
sociale mondiale a Porto Alegre. Che cosa si auspica possa emergere da questo
meeting? Immanuel WallersteinSono ottimista sulle potenzialità del
forum sociale. Ovviamente, il problema immediato è come rivedere
la tattica alla luce della "guerra al terrorismo". Ma il compito
più importante è come dotare di una qualche struttura questa
alleanza "a maglie larghe". Soprattutto, credo che il compito
più importante che ancora ci attende sia quello di abbandonare le
cosiddette azioni "difensive", quelle azioni che hanno costituito
il collante principale del movimento anti-globalizzazione. Finora si è
trattato di una strategia perfettamente giustificata anche perché
le esigenze di difesa erano immediate. Concentrarsi su di esse ha contribuito
a lanciare il movimento. Ma se il movimento dovesse ora restare immobile
dal punto di vista intellettuale, il rischio sarebbe quello di un possibile
crollo. Il movimento deve cominciare a esprimere il lato positivo dello
spirito di Porto Alegre. Vecchi BenedettoEppure, i movimenti antisistema
hanno comunque sempre ricoperto un ruolo importante, accelerando o modificando
le tendenza di lunga durata. Dalla rivolta di Seattle in poi, sembra che
abbiano rappresentato l'irruzione sulla scena mondiale di un "imprevisto"
che la globalizzazione economica non aveva - appunto - previsto né
tantomeno auspicato. Non le sembra che il movimento di critica alla globalizzazione
possa avere accelerato la crisi del capitalismo neoliberista? Immanuel WallersteinIl
movimento anti-globalizzazione ha dimostrato di essere perfettamente in
grado di opporsi con forza all'offensiva neo-liberista. Comunque considero
questo movimento non un "imprevisto". Per me, questo movimento
è figlio della rivoluzione mondiale del 1968, ne rappresenta la sua
versione più matura. Questo è vero sotto molti aspetti. Vecchi
BenedettoA quali carettteristiche del movimento, in particolare, fa riferimento
richiamando il Sessantotto? Immanuel WallersteinL'attuale "movimento"
- io lo chiamo lo spirito di Porto Alegre - non ha legami organici con la
sinistra storica, intendo con i partiti comunisti o social-democratici o
con i movimenti di liberazione nazionale. Il nuovo movimento, a differenza
della sinistra storica, non crede nella creazione di una struttura centralizzata.
Piuttosto, è una alleanza molto "a maglie larghe" di movimenti
di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, la maggior parte dei quali radicati
in contesti locali, ma aventi in comune la percezione che bisognerebbe costruire
qualcosa di diverso rispetto alla nostra world-economy capitalistica. E
il nuovo movimento non è ideologico, né settario. Al contrario.
un'arena di intelligenti discussioni su cui si innestano i percorsi più
utili. E' un movimento costantemente in costruzione. Questa - che potrebbe
apparire come una debolezza - può invece rivelarsi la maggiore forza
del movimento. Vecchi BenedettoLa sua analisi del sistema mondiale ha sempre
insistito sulla "lunga durata" dei processi sociali, economici
e politici. L'attuale capitalismo sembra in una fase di transizione da un
assetto geopolitico - lei ha scritto più volte di una geopolitica
dello sviliuppo - ad un altro, di cui è difficile tracciare la mappa.
Eppure si ha la sensazione che non ci sia più "lunga durata",
quanto un mutamento continuo e incessante che non prevede punti di quilibrio.
Non mi riferisco a un equilibrio dettato da leggi del mercato, ma di assetti
sociali e politici che garantivano una cornice all'accumulazione capitalista.
Quello che appare è invece una realtà che ridefinisce continuamente
la geopolitica dello sviluppo, rimodellendo continuamente il patto sociale.
E' d'accordo con questa lettura della realtà mondiale odierna? Immanuel
WallersteinSì, concordo con lei che il modello dominante dell'economia-mondo
capitalista abbia perso la sua forza propulsiva. Secondo lei, questo significa
che la "lunga durata" è una categoria che non sembra applicabile
a ciò che stiamo assistendo. E tuttavia, dovremmo tenere bene a mente
che per analizzare tutti i sistemi storici è necessario partire da
tre momenti diversi tra loro intrecciati: quando prende forma il sistema;
quando si dispiegano le sue caratteristiche; quando, infine, si manifesta
la sua crisi. La "lunga durata" coglie essenzialmente lo sviluppo
delle forme di vita di un sistema storico, intendendo con questo le regole
di funzionamento, i suoi andamenti ciclici, le tendenze secolari, le sue
istituzioni, i suoi costanti sforzi di cercare un equilibrio ogni volta
che lo perde. Per me, l'attuale sistema-mondo inizia attorno al XVI secolo
e manifesta la sua crisi negli anni Settanta del Novecento. Ed è
proprio in questi anni che inizia ciò che io ho definito "era
di transizione", cioé un periodo inevitabilmente caotico. Vecchi
BenedettoNella sua lettura del sistema mondo, ci sono sempre delle polarità
che si confrontano. Nel volume che lei ha dedicato al liberalismo, parla
espressamente delle triadi - Usa, Europa e Giappone - e della scissione
binaria, ovvero dell'alleanza di due componenti della triade contro la terza.
Sembra però che ciò cui andiamo incontro sia un regime imperiale
che vede un governo centrato su Stati uniti, Nato, Wto, Fmi e Banca mondiale.
E' questa, in sintesi, la tesi di un volume come "Empire" di Toni
Negri e Michael Hardt. Lei cosa ne pensa, concorda con le tesi di Negri
e Hardt? Immanuel WallersteinIo non sono così convinto che gli Stati
uniti siano capaci di costruire un "impero" che riesca a controllare
il mondo. Per essere chiari: questo è ciò che pensano i ceti
dominanti oltre a molti intellettuali e personalità della sinistra,
non solamente Negri e Hardt. Al contraio, ritengo che gli Usa siano più
deboli e più vulnerabili di quanto non sembri. Piuttosto, potrebbero
essere descritti come un potere egemonico in declino. Se si va indietro
un po' nel tempo, al periodo della vera egemonia americana (gli anni Cinquanta
e Sessanta, per intenderci), è più facile vedere come gli
Stati uniti possedessero - allora - tre "prerogative" grazie alle
quali sono riusciti a modellare un ordine mondiale a loro immagine e somiglianza.
In primo luogo, possedevano una indiscussa superiorità e abilità
nel produrre merci per un mercato mondiale a prezzi così bassi da
poter battere qualsiasi competitore, anche nella loro nazione. Inoltre,
avevano stabilito una rete di alleanze (in primo luogo con l'Europa occidentale
e il Giappone) all'interno della quale gli alleati potevano essere considerati
come stati "clienti" degli Usa che dagli Usa prendevano ordini.
Infine, avevano una chiara e indiscussa superiorità militare. Vecchi
BenedettoPrerogative che oggi, a suo parere, sono venute meno? Immanuel
WallersteinNonostante il dissolvimento dell'Unione sovietica, il potere
degli Stati uniti riposa oggi - nel 2002 - interamente sulla sua forza militare.
L'Europa occidentale e il Giappone sono da almeno trent'anni "pari-grado"
economici degli Stati uniti. Le fortune relative della Triade salgono e
scendono, ma nessuno ha il controllo sull'arena della produzione mondiale.
Inoltre mi aspetto che, nei prossimi dieci anni, l'economia Usa andrà
meno bene rispetto a quella dell'Unione europea o del Giappone. E non è
più vero che, dal punto di vista politico, l'Europa occidentale e
il Giappone siano dei semplici burattini degli Stati uniti. A dire il vero,
essi non hanno ancora rotto l'alleanza, ma hanno ridotto nei fatti la possibilità
per gli Usa di dettare legge. Può sembrare che in Afghanistan le
cose non siano andate così, ma fondamentalmente gli Usa in questa
guerra hanno dato fondo a tutte le loro risorse e, politicamente, hanno
giocato tutte le carte a loro disposizione. Tra cinque anni, gli potrebbero
arrivare a pensare che sia stata una follia aver speso un così grande
capitale politico, semplicemente per liberarsi dai Taliban. Vecchi BenedettoUn
impero militare, allora? Immanuel WallersteinL'unica risorsa di cui gli
Usa ancora dispongono è la loro forza militare. E i falchi statunitensi
vanno sostenendo che usarla apertamente riscatterà la posizione degli
Stati uniti come potenza egemonica. I falchi sono consapevoli del declino
di cui ho parlato. Semplicemente, loro sostengono che tale declino possa
essere invertito mediante un processo di intimidazione. Non so se i falchi
riusciranno effettivamente a persuadere Bush ad abbracciare appieno la via
degli incontri militari - in Iraq o in Iran, in Siria, in Corea del Nord
o in Colombia per ciò che la riguarda. Sono piuttosto convinto che,
se lo faranno, l'esito non sarà positivo per gli Stati uniti.Tutti
seguono i sondaggi e notano quanto la politica di Bush in Afghanistan sia
popolare presso il pubblico americano. Ma va tenuto presente che il pubblico
americano chiedeva una spettacolare vittoria militare a costo zero. L'ha
ottenuta. Nel momento stesso in cui essa dovesse diventare qualcosa di meno
che un successo, o se il costo salisse, il sostegno popolare statunitense
a queste politiche scenderebbe molto rapidamente. Per non parlare della
reazione che ci si può attendere in Europa occidentale o in Giappone.
E per non parlare di come reagirebbero la Russia e la Cina. Lo spazio di
manovra di Bush è nei fatti estremamente limitato. E io credo che
l'esercito americano (se non tutti i politici) se ne rendano ben conto.
Vecchi BenedettoL'attacco alle Twin towers ha cambiato il corso della storia.
Così molti analisti statunitensi e europei hanno commentato l'attentato
dell'11 settembre. Condivide questa tesi o ritiene che l'11 settembre non
abbia fatto altro che accelerare mutamenti di fondo del capitalismo mondiale?
Immanuel WallersteinPenso che noi esageriamo l'importanza dell'11 settembre.
L'attentato non ha cambiato gli aspetti fondamentali della world-economy
(e la sua crisi) o il sistema interstatale. L'unico grande cambiamento che
è avvenuto è nella psicologia sociale del popolo americano,
che per la prima volta in assoluto si è scoperto vulnerabile. Con
il suo successo militare, l'amministrazione Bush ha sperato di cancellare
questo senso di vulnerabilità. Ma poiché sono scettico nel
considerare duraturi i successi militari, penso che gli americani dovranno
vivere con questo nuovo senso di vulnerabilità. Vecchi BenedettoQuale
evoluzione prevede per il suo sistema-mondo? Immanuel WallersteinAncora
una volta, dobbiamo centrare la prospettiva. Nei prossimi cinque anni, le
tre questioni cruciali saranno: fino a che punto l'Europa sarà in
grado di creare una struttura politica più praticabile; l'effetto
dell'attuale (e mi aspetto che continui) deflazione mondiale sulla posizione
comparata degli Stati uniti, dell'Unione europea, e del Giappone; il numero
di sollevazioni semi-anarchiche, populiste nel resto del mondo. Gli Stati
uniti non hanno il controllo su alcuna di queste tre questioni. Tutte e
tre incideranno sul grado di "accelerazione" dei "mutamenti".
Vecchi BenedettoUltima domanda. A cosa sta lavorando? Immanuel WallersteinSto
lavorando a tre livelli. Scrivo sempre riguardo alla situazione contemporanea.
Tengo un commento bimestrale sugli eventi mondiali sul web http://fbc.binghamton.edu/commentr.htm
e attualmente sono impegnato in un progetto di ricerca che tenta di analizzare
i limiti imposti alla capacità dei capitalisti di accumulare capitale
dalla crescita inarrestabile dei costi della produzione. In secondo luogo,
mi occupo della crisi epistemologica nel mondo della conoscenza, a volte
credo di essere legato molto strettamente alla crisi dell'accumulazione.
Credo che la questione sia come superare il cosiddetto divorzio tra filosofia
e scienza, che è avvenuto proprio due secoli fa e che ha così
distorto il nostro lavoro intellettuale. Dobbiamo cercare di superare le
"due culture" e riunificare la conoscenza. Questo è un
compito intellettuale, morale, e politico a un tempo. E, in terzo luogo,
sto portando avanti il mio progetto di descrizione dell'itinerario storico
del "moderno sistema-mondo". Ho scritto tre volumi di questo libro
(ed esistono tutti in traduzione italiana). Ora sto lavorando al quarto
volume, che riguarderà più o meno il "lungo" XIX
secolo. Email (max 35 caratteri): Vecchi Benedetto bvecchi@ilmanifesto.mir.it Sito web (max 50 caratteri): www.ilmanifesto.it/g8/portoalegre/3c5ebc13c31da.html |
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