Berardi
Franco
"Q
& Partcules, i due ultimi romanzi dell'epoca moderna"
(articolo
3/7/1999)
C'era già in Vineland di Thomas Pynchon questo sentimento di essere
in uno spazio temporale poststorico, nel quale più nulla accade
se non un assurdo passeggiare sul bordo del passato. Una figlia (Prayrie)
ricostruisce partendo da frammenti le tracce delle esperienze generazionali
di un passato non molto lontano (il passato dei suoi genitori) ma già
indecifrabile. Indecifrabile perché le chiavi di lettura che possono
offrire Zoyd e Frenesi, il padre e la madre che vissero gli anni sessanta
californiani hanno perduto senso, leggibilità. Zoyd si mantiene
simulando incidenti e ricevendo un sussidio per seminfermità mentale,
Frenesi si caccia in sempre nuove disastrose avventure. Ma Vineland non
è un libro contemporaneo, cioè non è stato scritto
da qualcuno che vive nella postgeneration, perché Pynchon, il più
grande sconosciuto dei nostri tempi, anche se non sappiamo chi sia né
quanti anni abbia, è certamente contemporaneo degli anni psichedelici.
Pynchon ha anticipato Luther Blissett con il suo nome senza volto però
sta piantato nel secolo della tragedia storica. Ora invece ecco le prime
grandi tessiture narrative della generazione che viene dopo. Dopo la storia
moderna, dopo l'umanesimo moderno, per intenderci. Alla fine della primavera
del Kosovo krieg, questa primavera durante la quale gli studenti italiani
non hanno occupato neppure una facoltà e gli studenti francesi
e quelli tedeschi neppure, ho letto questi due romanzi straordinari: Les
particules elementaires di Michel Houellebecq e Q di Luther Blissett.
È uno sguardo dall'esterno quello che prende forme in questi due
libri. Anzi sono due sguardi dall'esterno ben differenti. Quello che li
accomuna è la posizione, il punto di osservazione. Quale punto
di osservazione? quello in cui l'azione si è fatta ingovernabile,
e dunque ha perso di senso. Ma i panorami che si vedono da questo punto
di osservazione sono diversi. Disperatamente infelice, quello di Houellebecq,
disperato ma felice quello di Luther Blissett. Les particules elementaires
è raccontato da due fratelli, figli di madre hippy. Qua sta il
nucleo narrativo. La mamma, quella puttana hippy se n'è andata
quando i fanciullini avevano pochi anni, se n'è andata per fottere
con un amante californiano, ha cambiato nome (anche lei) e non s'è
più fatta vedere per i prossimi vent'anni. La loro mamma bellissima,
sensuale con quei colori mediterranei negli occhi ha lasciato il loro
corpo di bambini solo, senza carezze, insensibile al piacere, incapace
di giocare il gioco della carne, della pelle, delle labbra, del sesso.
Sono passati trent'anni, tutti questi anni pieni di storia, di speranze
di tragedie, di desiderio, di tradimenti. Bruno e Michel non se ne sono
neppure accorti di tutta questa densità di eventi e di emozioni.
Chiusi nel loro rancore contro il piacere, contro la sensualità,
contro la libertà del corpo nulla di ciò che nel mondo fiorisce
può appassionarli. Bruno di mestiere fa il maniaco sessuale, mette
le mani sulle cosce alle ragazze, è perseguitato dall'idea di avere
l'uccello piccolo, mangia wurstel e dolci arabi, ingrassa schifosamente,
riceve Anne che gli fa dei pompini ma non si rivolgono quasi la parola.
Michel fa il biologo in un laboratorio, si occupa di biogenetica e percepisce
il mondo nel quale trascina i suoi giorni come flaccida ininterrotta ricombinazione
di particelle elementari. La storia non ha più alcuna forma, né
i corpi si riconoscono come corpi di desiderio, perché non hanno
storia, ma solo biologia. Proiettare piacere non fa più parte del
mondo dell'esperienza possibile. Spasimare di umide mucose e schizzo di
liquidi organici, per colpa della mamma odiosa, per colpa della sua fuga
(figa) libertaria e crudele. Colpa dell'egoista generazione che ha consumato
tutto il piacere disponibile. Naturalmente in Francia hanno detto che
il libro è di destra, politically uncorrect, perché parla
dell'emancipazione femminile come una porcata e delle donne come animali
in calore. Stronzate. Leggetelo e vedrete. È un libro che ha il
coraggio della disperazione, il coraggio di guardare negli occhi la genesi
del fascismo contemporaneo. Il fascismo che nasce dalla solitudine del
corpo maschile spregevole e disprezzato, schifoso ed aggressivo. È
un libro che fa a pezzi l'idealismo della cultura moderna, l'idealismo
ipocrita dei maschi che erigono altari ai valori del lavoro della missione
della patria della guerra della terra e del sangue, semplicemente perché
non sanno nulla della vita, del piacere, delle carezze, del dialogo fra
corpi consapevoli. L'idealismo degli stati delle nazioni, dei nazisti
e dei comunisti l'idealismo della libertà di profitto, l'idealismo
di tutti coloro che sulla frustrazione e sul disprezzo del corpo fondano
grandi edifici di civiltà e di massacro.
Les particules elementaires e Q hanno qualcosa di decisivo in comune.
Sono i primi romanzi consapevolmente poststorici, e al tempo stesso (è
forse la stessa cosa) sono romanzi postidentitari. L'identità si
dissolve però in due maniere diverse, anzi opposte. La disidentità
di Houellebecq sostituisce agli individui con il loro nome e cognome e
storia personale e collettiva il flusso aggregativo e disaggregativo del
divenire organico, della decomposizione biologica, è una disidentità
degradante, lo strisciare delle particelle elementari alla ricerca di
una consistenza dell'individuo che non si trova più. La disidentità
LB è invece consapevolezza del divenire nel linguaggio, nel mutamento
di ruoli, nel farsi comunità, del divenire dei corpi che si incontrano,
dell'abbandono e del perdersi.
"Adesso mi volto quando mi chiamano Gustav, mi sono abituato a un
nome che non è più mio di qualunque altro." Anche Q
è un libro che viene dopo la storia. Guardate qui come padroneggiano
la storia questi pirati disidentitari, con il disprezzo di chi ha guardato
in controluce la tessitura degli ideali, della civiltà, della religione
e della politica. Gli ideali sono il condimento per il pasto cannibalico
della modernità. Sono il sale e il pepe della violenza che la storia
esercita contro il corpo, della violenza che l'uomo esercita contro la
donna. Anzitutto bisogna dire che Q è scritto con maestria straordinaria.
La ricombinazione temporale, molto più che un semplice susseguirsi
di flash back, piuttosto un montaggio di strati temporali stesi in successione
soggettiva dallo sguardo passionale di Gert dal pozzo e dallo sguardo
politico-poliziesco di Q. Nonostante la mole del libro che fa più
di seicento pagine, la narrazione scorre veloce e coinvolgente. Poi bisogna
dire che Q è un libro di densità formidabile dal punto di
vista filosofico, etico, politico. Il campo in cui si muovono i personaggi
dal nome incerto, è quello della follia prodotta da un passaggio.
Transizione infosferica indotta dalla diffusione di una tecnologia comunicativa.
L'epoca della stampa, della replicazione del testo. La parola, non più
volante, acquista una potenza che non aveva mai avuto, con l'invenzione
del volantino, del flug-blatt. I contadini e gli artigiani dei borghi
ricevono un messaggio dotato di forza inoppugnabile. Il verbo si fa materia,
si fa storia. Tutta la follia il fanatismo la crudeltà e la dedizione,
la generosità e la violenza che si sprigionano nella lotta di classe
moderna nascono da messaggi che circolano non più dalla bocca all'orecchio,
ma di mano in mano, che si presentano all'occhio del lettore con la verità
indiscutibile delle tavole della legge. La Bibbia è scrittura,
ogni scrittura è bibbia. La scrittura si diffonde, non è
più appannaggio esclusivo di chi detiene il potere. Tutti possiamo
far circolare il verbo, fare del verbo carne. C'è un salto nella
relazione tra mente e infosfera. La parola scritta si diffonde in un circuito
sociale che si è formato sull'oralità, e quindi decodifica
il messaggio secondo modalità mitologiche, potentemente configurazionali.
La mitologia comunitaria sorge dalle ceneri della cultura orale e si sovrappone
alla critica del potere, trasformando la critica in dogma e la rivolta
in potere totalitario. La sovrapposizione della critica discorsiva e della
mitologia comunitaria è l'illusione che affligge da cinque secoli
la comunità proletaria.
La critica del mondo si trasforma nella mitologia del Regno, e l'autonomia
si muta in dialettica, trasformando gli insorti in vittime ed i corpi
gaudenti in carne per il macello storico.
Il romanzo di Luther Blissett mette in scena la tragedia della comunità
proletaria lungo tutti questi cinque secoli della modernità. Il
tempo in cui si svolge la vicenda narrata nel romanzo è quello
immediatamente successivo alla Riforma luterana, negli anni delle rivolte
contadine in Germania. Attraverso questa storia possiamo intravedere la
storia dei nostri anni sessanta e settanta, il susseguirsi esaltante e
poi tragico di creazione di comunità per forza di discorso, di
condivisione, di piacere della carne e delle menti, e poi dello scontro
armato, della violenza fanatica in nome degli ideali, e della repressione
poliziesca.
Non so se lo ha già notato qualcuno dei numerosi recensori: Q è
il primo romanzo italiano (europeo per quanto posso saperne) che faccia
i conti con l'esperienza dei movimenti libertari ed autonomi e poi del
terrorismo nel suo nesso inestricabile di fanatismo totalitario e di provocazione
statale.
Da questo punto di vista Q è un romanzo disperato. Non c'è
speranza nella storia, non c'è speranza nella dialettica o nella
rivolta. Quando il movimento che sale dalla vita quotidiana si erge a
giudice vendicatore, quando all'esistenza si sostituisce l'utopia, ecco
allora il fantasma dell'identità prendere corpo, ecco che il corpo
ribelle diviene idealità fanatica e ansia di sacrificio, ecco che
il padrone riconosce il volto del ribelle e può colpirlo.
Nel romanzo di Luther Blissett non c'è speranza, però vi
può essere felicità.
È un romanzo epicureo, o spinoziano. La felicità è
nel piacere dell'incontro, del contatto, della carezza e della parola
giocata senza pretesa di verità.
Eloi, il copritetti che organizza una comunità egualitaria di Amsterdam
fondata sul rifiuto di ogni violenza e di ogni scontro armato, è
il prototipo di tutta una generazione di ribelli che non vogliono il potere,
non vogliono la vittoria né la vendetta. Tutta una generazione
di ribelli trascinati nel gorgo della storia assassina da quei loro fratelli
fanatici e sessualmente repressi che fondano partiti organizzano insurrezioni,
provocano massacri o creano stati totalitari.
"Ursula è qualcosa che non proverò mai più,
Melancolia un'incisione nell'anima e nella carne. La guardo.
-Tu non sei come Hoffmann, tu non ti aspetti niente. Hai negli occhi una
sconfitta disperata ma non è la rassegnazione che ti affligge.
È la morte. Già una volta hai scelto la vita." (Q,
pag. 191)
Gli eroi di Luther Blissett possono essere felici proprio perché
non si aspettano niente, proprio perché non investono le loro energie
desideranti nella storia, nel futuro, nel dogma, nella verità da
realizzare a costo del sacrificio della carne.
Solo nel presente della carne, del piacere, del contatto, della comunità
concreta dei corpi che si toccano e delle menti che scambiano segnali,
solo in questo sta la felicità.
Q è la più grande lezione dell'ironia contro il fanatismo
che a mia conoscenza sia stata prodotta.
Q ha provocato sconcerto nella cerchia dei fedelissimi, sembra. "Ma
come?" dice qualcuno, "Luther Blissett firma un contratto con
una casa editrice, e allora dove va a finire il nome collettivo la disidentità?"
Colpo di genio finale, prima del programmato dissolvimento nell'aere.
Prima di tutto non ci sono fedelissimi perché LB è uno sberleffo
contro la fedeltà. E poi: se la smentita della fissità identitaria
vuol essere radicale può accadere anche questo, può accadere
che il meccanismo che ha prodotto mille spostamenti nel rapporto tra il
nome ed il soggetto ora provochi questo ennesimo ultimo postumo spostamento:
chi è sfuggito con tanta pervicacia alla logica autorale, ora si
prende la libertà di agire come Autore, autorissimo.
Tanto di cappello compagno Luther Blissett chiunque tu sia. La letteraturicchia
dei ragazzetti cattivi che fanno boccacce cannibali in salotto splatterizzando
appare, dopo Q, per quello che è: esercizi di stile per pariolini.
E Luther Blissett ne esce come la cosa più importante che sia avvenuta
nella cultura italiana nel corso degli anni '90.
Critica della politica, critica della letteratura, critica della critica.
Ma anche e soprattutto grande politica grande letteratura grande critica.
Cioè vita, piacere della lotta piacere del linguaggio piacere della
comunità che non si fissa non si stabilizza ma fluisce, diviene
altro.
Altro cosa?
Ecco la grande scommessa che si presenta di fronte a LB allo scadere del
suo piano quinquennale.
Hic Rodus hic salta?
Che ne sarà di voi ragazzi, che ne sarà di noi?
Alla prossima, senza speranza, felicemente.
|