Berardi Franco "Dissociare il webdesign dall'usabilità" (articolo, 2/3/2001) Negli ambienti che si occupano del divenire dell'Internet, ha suscitato grande interesse negli ultimi tempi un libro di Jakob Nielsen dal titolo Web Usability che in Italia è stato pubblicato dall'editore Apogeo. La tesi del libro è talmente semplice da rasentare l'ovvietà più assoluta: Jakob Nielsen sostiene che i siti Web debbono essere chiari e coerenti, devono permettere una navigazione semplice ed efficace, devono mantenere quello che promettono ed evitare ogni tipo di ambiguità e di ridondanza del messaggio. Tutte queste cose concorrono a formare il concetto di "Web Usability" o usabilità dei siti Web. (vedi il sito: www.useit.com/) Ma dietro l'apparente ovvietà delle tesi sostenute da Nielsen si gioca una partita decisiva per il futuro della rete e in generale delle tecnologie di comunicazione. Quel che è in gioco, infatti, è il problema della produzione di significato e delle modalità di interpretazione sociale. Bisogna rendere le cose facili, facilissime, il più facili possibile, dice Nielsen. E chi si opporrebbe alla semplicità alla comprensibilità? Ciò a cui Nielsen si oppone sono le complicazioni estetiche e tecnologiche, l'uso di Flash, ad esempio (secondo lui il 98 per cento delle realizzazioni flash è inutile e si porrebbe tranquillamente eliminare). Ma l'ovvietà nasconde una strategia comunicativa che a qualcuno appare pericolosa: in effetti l'idea che si afferma attraverso la definizione di criteri di web-usability è quella dell'automatizzazione dei processi di interpretazione e di navigazione. Dietro la semplificazione della navigazione si intravede la trasformazione della rete in una sorta di percorso prestabilito che segue strade precostituite verso destinazioni che poi sono facilmente intuibili: comprare, comprare comprare. Making things easy (facilitare le cose) è il principio guida per la trasformazione della rete in un sistema di potere economico e politico rigido, automatico, inevitabile. Se riduciamo Internet a un sistema pavloviano di domande prevedibili e di risposte precostituite, la rete diverrà un congegno di produzione e distribuzione di merce e di potere. Nielsen parte dalla premessa che l'Internet si è allargata enormemente rispetto alle sue origini pionieristiche, quando si navigava in Mosaic, e la rete era un intrico di piccole viuzze e di indirizzi nascosti per pochi frequentatori. Poco alla volta la rete di viuzze si è trasformata in un'autostrada con i suoi caselli obbligati di ingresso costruita in modo che il flusso ci conduca verso certi portali di consumo. A questo scopo, dice Nielsen, il percorso deve essere privo di ambiguità. Ma l'ambiguità è l'essenziale di ogni comunicazione che non sia riducibile a mera ingiunzione, ordine che proviene dal potere e al quale bisogna obbedire se non si vuole essere emarginati ed espulsi. La pretesa di una comunicazione univoca e non ambigua può rivela una certa ignoranza della semiologia della interazione, o piuttosto rivela l'intenzione di ridurre l'interazione a processo precostituito. Alcuni ambienti nei quali si svolge l'analisi teorica e critica del divenire della rete hanno lanciato una discussione approfondita sulle implicazioni semiologiche, psicologiche, e sociali, delle tesi di Jakob Nielsen. Ad esempio in Nettime (http://www.mediamente.rai.it/frame.asp?pag=http://www.nettime.org/)si è sviluppato (e non è ancora esaurito) un thread (un filo di discussione) dedicato al tema Disassociate Webdesign from Usability (dissociare la progettazione di rete dall'usabilità).Felix Stadder, uno degli animatori di questo ambiente, in un messaggio inviato alla mailing list (nettime.org/archive) dice: è vero, molto spesso l'animazione flash o 3D non produce alcun contenuto interessante, e di conseguenza una maggioranza degli utenti tende a saltare le intro e le animazioni di questo genere. Ma qualcun altro si chiede: Come possiamo allora parlare della bellezza, dell'estetica, della polisemanticità del messaggio che circola attraverso la rete? Internet non è un medium che deve sacrificare ogni cosa alla creazione di opportunità economiche ma una sfera di creazione nella quale si pongono delle domande estetiche, delle ricerche di significato, cioè della comunicazione vera, e non prestampata a uso e consumo di commercianti e di utenti conformisti.
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