La nostra mente sa fare fughe meravigliose, sa inventare mondi inesistenti
e forse anche impossibili, sa concepire situazioni assurde. Ma questa
possibilità di sganciarsi dalle condizioni dell'esistenza quotidiana
ha dei limiti precisi, che sono i limiti dell'origine fisica, corporea
del nostro pensiero.
Per descrivere i mondi astratti e immaginari della nostra fantasia,
o l'organizzazione logica dei nostri pensieri, noi siamo costretti a
fare riferimento a situazioni più immediate, e quasi sempre trasportiamo
in questi mondi più astratti la nostra esperienza percettiva
dell'ambiente che ci circonda.
Quando inventiamo una nuova rete di relazioni immateriali mediate dalla
potenza di calcolo e dalla versatilità del computer, non troviamo
altra parola per descriverla che la parola "spazio", e ci
mettiamo davanti il prefisso "ciber-" per indicarne la novità.
Quando vogliamo indicare la situazione di mobilità, di libertà,
di incertezza che regna nella comunicazione telematica, diciamo che
siamo "nomadi". Ma qui viene fuori un altro paradosso, uno
dei tanti del mondo della rete. Possibile che non riusciamo a fare a
meno del passato?
Possibile che per descrivere una situazione che ci appare così
nuova, così inedita, dobbiamo riesumare una parola che indica
una condizione delle origini della storia, una condizione superata dagli
sviluppi successivi (l'agricoltura, l'industria)? Questo paradosso si
presenta di frequente in questi anni - anni di sviluppo, di maturazione,
di superamento (dicono alcuni) della modernità - soprattutto
nelle culture giovanili.
Musica techno-trance, tatuaggi e piercing, cultura "tribale",
sono fenomeni largamente diffusi nel mondo giovanile oggi, in una strana
ma affascinante mescolanza di tecnologia d'avanguardia e di immagini
e pratiche che potremmo definire arcaiche.
La postmodernità (o la supermodernità, se preferite) sembra
avere una particolare predilezione per il recupero dell'antico, del
superato, del premoderno. Non vorrà dire forse, questo, che la
rivoluzione agricola e quella industriale hanno tagliato via troppo
frettolosamente una dimensione "nomade" che è connaturata
all'esperienza umana, di cui l'uomo non può fare a meno?