Nomadi-stanziali: 2 Passato e presente
 
 


La nostra mente sa fare fughe meravigliose, sa inventare mondi inesistenti e forse anche impossibili, sa concepire situazioni assurde. Ma questa possibilità di sganciarsi dalle condizioni dell'esistenza quotidiana ha dei limiti precisi, che sono i limiti dell'origine fisica, corporea del nostro pensiero.
Per descrivere i mondi astratti e immaginari della nostra fantasia, o l'organizzazione logica dei nostri pensieri, noi siamo costretti a fare riferimento a situazioni più immediate, e quasi sempre trasportiamo in questi mondi più astratti la nostra esperienza percettiva dell'ambiente che ci circonda.
Quando inventiamo una nuova rete di relazioni immateriali mediate dalla potenza di calcolo e dalla versatilità del computer, non troviamo altra parola per descriverla che la parola "spazio", e ci mettiamo davanti il prefisso "ciber-" per indicarne la novità. Quando vogliamo indicare la situazione di mobilità, di libertà, di incertezza che regna nella comunicazione telematica, diciamo che siamo "nomadi". Ma qui viene fuori un altro paradosso, uno dei tanti del mondo della rete. Possibile che non riusciamo a fare a meno del passato?
Possibile che per descrivere una situazione che ci appare così nuova, così inedita, dobbiamo riesumare una parola che indica una condizione delle origini della storia, una condizione superata dagli sviluppi successivi (l'agricoltura, l'industria)? Questo paradosso si presenta di frequente in questi anni - anni di sviluppo, di maturazione, di superamento (dicono alcuni) della modernità - soprattutto nelle culture giovanili.

Musica techno-trance, tatuaggi e piercing, cultura "tribale", sono fenomeni largamente diffusi nel mondo giovanile oggi, in una strana ma affascinante mescolanza di tecnologia d'avanguardia e di immagini e pratiche che potremmo definire arcaiche.
La postmodernità (o la supermodernità, se preferite) sembra avere una particolare predilezione per il recupero dell'antico, del superato, del premoderno. Non vorrà dire forse, questo, che la rivoluzione agricola e quella industriale hanno tagliato via troppo frettolosamente una dimensione "nomade" che è connaturata all'esperienza umana, di cui l'uomo non può fare a meno?