RESISTENZA DIGITALE
Per molti decenni è esistita una pratica culturale che ha evitato nomi e categorizzazioni. Le sue radici sono la moderna avanguardia, nel senso che chi si impegnava in questo tipo di pratiche dava grande valore alla sperimentazione e chiamava in causa il legame indissolubile fra rappresentazione e politica. Questo è forse un indizio per capire perché queste pratiche sono rimaste così a lungo senza un nome. Visto che le avanguardie erano morte, doveva essere morta anche la loro progenie. Semplicemente, questa discendenza è probabilmente irriconoscibile perché molti dei metodi e delle narrazioni dell'avanguardia sono state ricostruite e riconfigurate a tal punto che qualunque somiglianza di famiglia è andata scomparendo, così come il suo aspetto riconoscibile. Per rendere la cosa ancora più complessa, gli autori di queste pratiche non hanno un'identità chiara: non sono artisti in nessuno dei sensi tradizionali del termine e non vogliono rimanere intrappolati nella rete di marchi metafisici, storici e romantici che accompagnano l'essere indicati come tali. Né sono attivisti politici nel senso tradizionale, perché rifiutano di prendere solamente la posizione di reazione dell'anti-logos, e preferiscono semplicemente attraversare i campi del nomos sfidando l'efficienza e la necessità. In entrambi i casi, tali ruoli si rivelano troppo restrittivi, nel senso che i confini di ruolo sbarrano l'accesso a sistemi sociali e di sapere che sono invece la materia prima del loro lavoro. Potremmo trovare qui un ultimo legame con l'invisibilità: gli autori di queste pratiche danno valore all'accesso più che all'abilità, e a chi può davvero importare del lavoro di un dilettante? Tutte le cose buone prima o poi finiscono. Il processo di creazione di un nome e di una definizione è cominciato insieme a una dinamica articolata che ha preso la forma di un movimento con numerose sotto-campagne. Il processo è cominciato nel 1993 quando una coalizione di gruppi culturali olandesi produsse ad Amsterdam un evento e una scena chiamati Next 5 Minutes (N5M). Il tema dell'evento era "Televisione Tattica" [Tactical Television] (chiamato in questo modo dai teorici olandesi coinvolti nella produzione dell'evento ispirandosi all'opera di de Certeau, The practice of everyday life). L'evento attirò ogni genere di persona che in Europa e in Nord America fosse interessata a temi come l'intervento sulla televisione, la teorizzazione su struttura e dinamica della cultura video, la costruzione di modelli politici che sostenessero lo sviluppo di giustizia sociale, la creazione di modelli alternativi di distribuzione, e così via. L'evento fu piuttosto piccolo (circa trecento persone), ma mostrò che stava cominciando a prendere forma un nuovo tipo di coalizione. Gli organizzatori ben presto si accorsero che la televisione tattica era un tema con un'ampiezza troppo limitata, perché c'erano persone con una sensibilità simile che lavoravano in maniera tattica con ogni tipo di media; tutte queste pratiche dovevano essere riunite. La successiva edizione dell'evento nel 1996 ebbe come tema i "Media tattici" [Tactical Media], così come poi avvenne nel 1999. Questa volta l'evento aveva un carattere più internazionale e comprendeva ogni forma di media anche se poi il dibattito fu deviato verso i media elettronici (radio, TV, Internet). Emerse un nome che sarebbe rimasto, insieme alla definizione fornita dagli organizzatori di N5M: Il termine "media tattici" si riferisce a un uso e a una teorizzazione critici delle pratiche di produzione mediatica, e attinge a tutti i media vecchi e nuovi, sia limpidi che sofisticati, per ragguingere una varietà di specifici obiettivi non commerciali e sostenendo ogni forma di argomenti politici potenzialmente sovversivi. Questi momenti che producono senso di comunità attraverso il recupero linguistico sono di solito accompagnati da sensazioni contrastanti, e questo caso non fece eccezione. Da un lato, c'era la sensazione di dover stare attenti e forse un senso di rammarico: una volta acquisito un nome e una definizione, qualunque movimento è pronto per essere cooptato. Se i media tattici diventassero popolari, il loro recupero da parte del capitale economico sarebbe immediato. Le definizione inoltre creano confini. Quello che una volta era un processo così fluido, sarebbe diventato sempre più strutturato e separato man mano che il movimento sarebbe stato teorizzato e storicizzato. D'altro canto, dalla separazione può emergere un entusiasmo che si esprime come differenza produttiva. C'era una sensazine di sollievo sapendo che chi era coinvolto nei media tattici potesse essere qualunque sorta di ibrido culturale: artista, ricercatore scientifico, tecnico, teorico, attivista, ecc. potevano essere tutti ruoli mescolati in varie combinazioni con un peso e delle intensità diverse. Tutti questi ruoli (diventare artista, attivista, ricercatore, ecc.), contenuti in un singolo individuo o in un gruppo, potevano essere riconosciuti e acquistare valore. Molti si sentirono liberati dal doversi presentare al pubblico necessariamente come degli specialisti per essere considerati degli esperti (e per acquistare quindi valore). Era la vendetta di un'idea del proto-anarchico Fourier secondo cui il piacere e l'apprendimento provengono da quella che aveva chiamato la "Farfalla": il desiderio umano di avere accesso a quante più attività creative e risorse per imparare sempre di più. O, posta in maniera negativa, un'avversione per la noia causata dalla ridondanza causata da un'attività specializzata. Venivano così riscattate anche alcune idee di Guattari, nel senso che questo gruppo elaborò un sistema collettivo di affermazioni di liberazione dalle separazioni rigide. Nonostante questa situazione non fosse l'inizio di una rivoluzione molecolare (anche se un giorno potrebbe rivelarsi tale), si trattava comunque di un intervento molecolare. In quel momento c'era - e continua ad esserci - un senso di liberazione dalla tirannia capitalistica della specializzazione, che ci obbliga ad agire come fossimo costituiti in base a un insieme fisso di relazioni e caratteristiche e che reprime o controlla in modo stretto ogni altra forma di desiderio ed espressione. I partecipanti a questa scena ebbero modo di sapere che molti gruppi o singoli individui in tutto il mondo avevano cominciato (in genere con invenzioni simili sviluppate in parallelo) un processo di azioni concrete che andavano verso un tipo di reale pratica interdisciplinare, e che i metodi necessari per aggiornare questa pratica erano oggetto di ricerca e sperimentazione in tutto il mondo. Su un piano più personale i membri di Critical Art Ensemble (CAE) avevano sensazioni contrastanti rispetto a questo tema. Venire categorizzati con un nome sembrava restrittivo e, nei momenti più paranoici, addirittura omicida. Tuttavia, visto che comunque CAE era oggetto di un processo di categorizzazione che lo volesse o no, questa volta era positivo avere una categoria in cui i suoi membri si sentivano a loro agio. Avevamo evitato l'insopportabile peso di essere artisti e, all'interno della specializzazione artistica, potevamo distinguerci da artisti specifici di un luogo, artisti di comunità, artisti pubblici, artisti new genre e le altre categorie per cui provavamo poca o nessuna simpatia. Poiché il collettivo non appariva impegnato in un tipo particolare di pratica, sentivamo il peso di questa categorizzazione, oppure ci sentivamo complici di questo processo di categorizzazione, cosicché potemmo iniziare un dialogo con persone che non erano a proprio agio con ciò che non aveva un nome. L'insieme dei tratti definitori della pratica dei media tattici dipende da chi li definisce. C'é un continuo spostamento del suo valore che rispecchia lo scarto che esiste fra i diversi ruoli dei singoli individui coinvolti in queste pratiche; così i punti di vista sui media tattici possono variare con grande facilità. Oltre a questo, il contesto culturale gioca un ruolo talmente significativo nella percezione del tactical media user, che il modello deve essere continuamente riconfigurato per rispondere a determinate esigenze sociali. Il modello dei media tattici non è monolitico, ma flessibile, e chiede di essere continuamente riformulato. Contiene molte considerazioni diverse e spesso contraddittorie, ma possiede alcuni principi fondamentali che, nonostante ci possano sempre essere eccezioni, sembrano avere valore generale. Innanzitutto, i tactical media sono una forma di interventismo digitale (*). Sfidano l'esistente regime semiotico replicandolo e ricombinandolo in un modo tale da offrire ai partecipanti una nuova maniera di vedere, comprendere e nella migliore delle ipotesi interagire con un sistema esistente. Il già esistente e il non detto sono la materia utilizzata da un evento creato attraverso media tattici. Come dice Stanley Aronowitz a proposito del pensatore post-moderno: "Noi decostruiamo l'"essere dato" per mostrare le rotture che le suture hanno rattoppato, per dimostrare che quello che viene preso come discorso privilegiato è semplicemente una costruzione che concerne il potere e interessi personali". Altrettanto può essere detto di chi è impegnato nella pratica dei media tattici, con la differenza che anziché fare semplicemente delle letture critiche ed elaborare delle teorie, chi sviluppa media tattici continua a produrre eventi collettivi che danno una dimostrazione di tale critica attraverso un'esperienza. Chi è impegnato nella pratica dei media tattici utilizza qualunque mezzo di comunicazione necessario all esigenze della situazione. Anche se possono essere esperti in singoli campi, non limitano le proprie imprese a un solo mezzo di comunicazione: useranno qualunque media fornisca i migliori strumenti di comunicazione e partecipazione in una data situazione. La specializzazione non determina il tipo di azione. Questo è in parte il motivo per cui i media tattici si prestano a sforzi collettivi: c'é sempre bisogno di abilità diverse e questo si sviluppa meglio attraverso la collaborazione. Inoltre, chi pratica i media tattici sostiene e dà grande valore all'azione da parte di dilettanti - che sia la propria o quella di altri. I dilettanti hanno la capacità di guardare attraverso i paradigmi dominanti, sono più liberi di ricombinare elementi propri di paradigmi ritenuti ampiamente defunti e riescono ad applicare alle proprie decisioni l'esperienza della vita quotidiana. Ancora più importante, tuttavia, è che i dilettanti non sono coinvolti in sistemi istituzionalizzati della produzione del sapere e della creazione di politiche, e perciò non hanno forze irresistibili che guidano il risultato del loro processo, come per esempio mantenere una posizione nella gerarchia dei finanziamenti o mantenere capitale-prestigio. Uno degli esempi più recenti di questa tendenza é l'incredibile lavoro che hanno svolto e continuano a svolgere scienziati dilettanti e operatori della sanità nel riformulare le politiche sul virus HIV. La maggior parte degli esperti non riconoscerebbe queste persone come scienziati o fornitori di assistenza medica: queste persone erano semplicemente singoli individui che volevano impegnarsi per la giustizia sociale e che collettivamente hanno avuto un impatto sulla creazione di politiche. Le loro abilità venivano principalmente dall'esperienza quotidiana e dalla ricerca amatoriale, e tuttavia questo insieme di persone che manifestò in coalizioni come ACT UP ebberò una notevole capacità di visione e continuano ad avere impatto sul settore. I media tattici sono effimeri. Lasciano poche tracce materiali. Quando un'azione giunge alla fine, ciò che rimane é innanzitutto memoria di chi vi ha assistito. Sfortunatamente [...] nessuno ha ancora risolto il ricorrente problema dell'archiviazione, un tema isolato per primo da Derrida. I media tattici raramente sfuggono ai problemi della rappresentazione secondaria e spesso le poche tracce materiali, registrazioni parziali e in un rapporto di totale dipendenza da un'esperienza diretta vissuta, si appropriano dell'intero valore di tale esperienza. Una volta che l'evento é finito, rimangono foto, schemi, video, grafici e altri elementi, pronti alla resa e al recupero. Nonostante questi problemi, la situazione non é totalmente disastrosa. Tracce e resti sono molto meno problematici dei prodotti di una strategia, che arrivano a dominare lo spazio in cui vengono collocati. I lavori monumentali sono grandi strumenti di territorializzazione: si rifiutano di cedere lo spazio. Al contrario vi iscrivono i propri imperativi e impediscono qualunque cosa che non sia l'osservazione passiva. Questi sono i grandi strumenti di negazione delle differenze produttive [negaters of generative difference] e i motori della separazione che produce alienazione. A differenza dei progetti monumentali (che siano monumenti in senso stretto o, anche peggio, movimenti, coalizioni, campagne o programmi che diventano burocrazie), la struttura interpretativa di una traccia é stratificata su più livelli, così che non importa quanto velocemente o profondamente viene assimilata, ma conterrà sempre la possibilità di azione radicale. Questa possibilità riscatta il valore dei documenti perché fa crescere delle storie minori, che rendono credibile la convinzione in qualcosa di diverso dall'inumanità del capitale e nella possibilità di indebolire l'intensità della cultura autoritaria grazie alla continua possibilità di un'azione autonoma diretta. Avendo questa possibilità come obiettivo, i media tattici sono sempre ad hoc e autoconclusivi.
INDICE