Alcune
multinazionali, prendiamo ad esempio McDonald's e Shell, in seguito
a dei "disastri di immagine", come l'affare "Brent Spar"
per Shell ed il processo contro London Greenpeace per la McDonald's
, hanno convocato il loro staff di pubbliche relazioni (PR) e pubblicitari
per capire cosa stava succedendo. Teniamo conto che ad esempio McDonald's
spende 2 miliardi di dollari!!! all'anno per curare la propria immagine,
e quindi capiamo bene il livello di interessi in gioco. In entrambi
i casi, hanno analizzato, che fosse soprattutto stato sottovalutato
un elemento, la comunicazione via Internet. Questo perché queste
compagnie si sono abituate a controllare senza ormai grossi problemi
la stampa ufficiale e all'improvviso si sono trovate completamente disarmate
di fronte ad un media, Internet, che ha permesso agli attivisti, senza
alcuna spesa, di poter raggiungere ed approfondire le problematiche
direttamente dal basso con milioni di persone. "La più grande
minaccia verso la reputazione delle compagnie e dei marchi delle multi
arriva da Internet, la più nuova e potente arma dei gruppi di
pressione. L'utilizzo agile e globale che ne fanno sta riducendo il
vantaggio che finora i budget delle multinazionali ci consentivano".Quello
qui sopra citato è un esperto di PR che sta insegnando alle multinazionali
come rispondere ai moderni gruppi di pressione. Stanno lavorando su
uno scenario che attualmente si presenta da incubo per le compagnie,
ma sappiamo che queste imparano presto dai propri avversari e possono
velocemente tramutare le avversità in opportunità di business.E'
quindi importante capire come si stanno muovendo.Le tre strategie principali
sono le seguenti: #Apertura e cooptazione. #Controllo e lavoro di intelligence.
#Minacce legali, controcampagne aggressive, gruppi di base finti. Il
tutto è sempre accompagnato da un grande riadeguamento verde
dell'immagine della compagnia. In questa fase abbiamo quelle offese
alla nostra intelligenza costituite da slogan pubblicitari che inneggiano
a "benzina verde", alle automobili, le più grandi e
veloce fonti di inquinamento del pianeta che diventano "enviromentally
friendly" [amiche dell'ambiente] e così via. I lavori del
tavolo sulle "counter-strategies" sono stati coordinati da
Eveline Lubbers attivista specializzata nella ricerca sulle strategie
di propaganda delle multi e corporate intelligence. 1. Apertura e cooptazione.Riguardo
alle strategie di apertura e cooptazione è molto più facile
farsene un'idea dopo aver visitato il sito della Shell - http://www.shell.com/
- ma anche il sito dell'ENI italiana - http://www.eni.it/ - è
costruito con la stessa logica. Una volta arrivati sul sito di Shell
penserete di essere sul sito di una organizzazione per i diritti umani
o di una associazione ambientalista, invece siete sul sito della multinazionale
anglo olandese Shell, la stessa che ha legami strettissimi con i regimi
militari più feroci del pianeta, la stessa che ha distrutto l'ambiente
del delta del Niger, la stessa che teneva in piedi il regime dell'apartheid.
La Shell ha messo uno staff a tempo pieno che segue permanentemente
il sito e risponde personalmente in 48 ore ad ogni e-mail che arriva
(il sito di Shell riceve circa 1.100 e-mail al mese), ha aperto dei
forum di discussione dove si parla liberamente delle pratiche di Shell,
della repressione degli Ogoni, ci sono poi link verso le altre compagnie
petrolifere e verso i siti di detrattori della Shell (come Greenpeace
o Friends of the Earth, niente di più estremista). La strategia
di Shell è abbastanza scoperta... mantenere il dibattito e le
controversie all'interno, fingere interesse per le critiche e dare un
senso di ascolto e di dialogo. Cooptare il dibattito ambientalista è
solo una parte della medaglia, demonizzare e marginalizzare il movimento
ambientalista è l'altra.Un guru delle pubbliche relazioni ha
delineato una strategia in tre passaggi di divide et impera per contrastare
gli attivisti che ha diviso in quattro categorie: "radicali",
"opportunisti", "idealisti" e "realisti".
L'obiettivo è isolare i radicali, coltivare gli idealisti ed
"educarli" a diventare realisti, quindi cooptare i realisti
ed armonizzarli sulla linea delle multi. Un altro specialista di PR
afferma che portare gli attivisti al dialogo è già averli
battuti. Il rifiuto del dialogo, la non compromissione pone problemi;
ad esempio la tribù degli Uwa in Colombia ha rifiutato ogni dialogo
ed ha minacciato il suicidio di massa se la Shell avesse iniziato ha
perforare il loro territorio. Alla fine la Shell se ne è dovuta
andare. 2.Controllo e lavoro di intelligence.Dopo l'affare Brent Spar
(l'affondamento di una piattaforma petrolifera Shell nel Mare del Nord),
considerato il disastro di PR del secolo, la Shell, che all'epoca non
aveva neanche un sito unitario ha iniziato a considerare la rete come
un barometro della pressione dei gruppi critici a Shell. Dal quartier
generale Shell a Londra lo staff internet di Shell cerca poi incessantemente
sulla rete se appare qualcosa che riguarda la compagnia e cerca di capire
cosa si sta per muovere.Riguardo alla questione intelligence c'è
da notare ad esempio che il gruppo di London Greenpeace che aveva lanciato
la campagna contro la McDonald's era stato infiltrato da ben 7 investigatori
privati, in alcune riunioni del gruppo c'erano tanti infiltrati quanti
militanti veri del gruppo e che alcuni investigatori ignari del fatto
che la McDonald's ne aveva arruolati altri si indagavano a vicenda,
un'altra investigatrice ha avuto una storia d'amore di 6 mesi con uno
dei militanti del gruppo di London Greenpeace.3. Minaccie legali, controcampagne
aggressive, gruppi di base finti.La paura di ritorsioni legali intimorisce
l'attività dei gruppi di base nella diffusione delle notizie.
La paura di sostenere una causa contro una multinazionale fa tremare
le gambe a chiunque, pensando allo staff di avvocati che possono mettere
in piedi. E fino al processo McLibel questa strategia aveva funzionato,
ad esempio le più importanti testate giornalistiche inglesi,
dalla BBC al Guardian, una volta minacciate di essere trascinate in
tribunale per una causa di diffamazione, tutte avevano fatto marcia
indietro e chiesto scusa a McCensura... aveva sempre funzionato fino
a che McDonald's non ha portato in causa Helen Steel e Dave Morris,
due proletari inglesi impegnati nei volantinaggi contro McDonald's.
Questi non si sono tirati indietro ed hanno sostenuto il processo per
diffamazione, intorno si è creata una campagna mondiale di sostegno,
imperniata su un avanzatissimo ed efficacissimo sito internet "McSpotlight,
tutto quello che non vogliono farti sapere" e così McDonald's
si è trovato in un altro disastro di immagine, alla fine quello
che hanno riportato i giornali del verdetto del giudice, dopo il più
lungo processo civile d'Inghilterra, è stato che il giudice ha
ritenuto provato che McDonald's ha una etica pessima riguardo alla pubblicità
verso i bambini che è eccessivamente aggressiva, che paga salari
miserabili hai lavoratori ed ha fatto crollare i salari per gli addetti
alla ristorazione in Inghilterra, che ha una profonda avversione alle
organizzazioni sindacali, ed anche che le pratiche di allevamento e
macellazione non sono rispettose delle norme di legge riguardo gli animali.
Dopo questo disastro, che ha visto finalmente la possibilità
per i giornali di poter scrivere su McDonald's senza paura di ritorsioni
legali e che ha visto articoli in prima pagina su giornali come il Wall
Street Journal o USA Today, la strategia della minaccia di azione legale
è un'arma abbastanza spuntata e così molte compagnie preferiscono
adottare la strategia dello struzzo... ossia mettere la testa sotto
la sabbia e sperare che la tempesta passi. Un'altra contro-strategia
di pubbliche relazioni e quella di creare gruppi di facciata (di base
o di élite a seconda delle esigenze), l'esperienza più
sfacciata e più alta è quella della GCC Global Climate
Coalition, una commissione scientifica creata e stipendiata dalle compagnie
petrolifere e dall'industria dell'automobile, che, dietro la sua apparenza
verde, ha speso 60 milioni di dollari per persuadere l'opinione pubblica,
prima del vertice sul clima di Kyoto della fine del 1997, che quelli
del clima e dell'effetto serra non sono problemi gravi e che possiamo
continuare tranquillamente così e non modificare né i
nostri stili di vita, né i nostri consumi... sulla strada dell'autodistruzione.
Quando parliamo di pubbliche relazioni aggressive parliamo ad esempio
della dinamica, della spirale di paura che si crea quando ogni azione
diretta in difesa degli animali o dell'ambiente viene definita ecoterrorismo.
Negli Stati Uniti ad esempio ognuno di questi episodi viene considerato
di "interesse" nazionale ed interviene l'FBI, nello stesso
tempo questo clima pesante rende "accettabile" la violenza
contro gli attivisti di base. Chi subisce la maggior parte degli attacchi,
sono donne delle organizzazioni indipendenti dei piccoli centri, lontane
dalla "sicurezza" dei grandi numeri della metropoli, per i
casi di violenza contro gli attivisti viene interessato lo sceriffo
che solitamente archivia il caso - come ci ha fatto spaere Sheila O'Donnell,
investigatrice privata "verde". Una californiana di 49 anni
che appunto svolge le indagini sulle violenze, le minacce e gli attacchi
fisici contro gli attivisti negli Stati Uniti nei quali la O'Donnell
vede un sempre più stretto legame tra industrie come mandanti
ed i gruppi paramilitari di destra, le "milizie", come esecutori.
Insomma questo in breve un piccolo ed immediato report del momento di
informazione che c'è stato al N5M3 di Amsterdam sulle controstrategie
delle multinazionali, conoscerle per contrastarle.
Think
Globally - Act Locally