Il
multimedia d’autore.Notizie da un progetto sperimentale
Il programma di alfabetizzazione multimediale avviato, ormai da qualche
anno, all’interno della scuola nel tentativo di colmare il divario
che divide l’Italia dagli altri paesi industrializzati rappresenta
una rivoluzione di tipo linguistico-comunicativo le cui implicazioni,
a livello sociale e politico, risultano, anche per gli addetti ai lavori,
non ben definite; certo sconvolgenti.
Di qui l’attenzione da parte della cultura cooperativa verso questo
fenomeno di grande portata e, in particolare, la decisione di Coop Toscana
Lazio di promuovere un convegno dedicato al tema che andasse controcorrente
rispetto a iniziative analoghe2.
Lo studio di come introdurre la multimedialità nella società,
infatti, e, specificatamente nella scuola, è stato impostato
dando la massima rilevanza alla ‘pratica’ della scrittura
e della lettura, con l’obiettivo di tutelare e sviluppare il ruolo
espressivo, critico del soggetto, individuale o collettivo.
L’insegnante e l’allievo considerati potenzialità
creative rispetto a questo nuovo linguaggio, non oggetti di un trend
commerciale; tentare di capire come si legge e come si scrive un multimedia,
affrontare, quindi, concretamente i problemi tecnici più ricorrenti,
ma alla luce di una più complessa riflessione sui ruoli del lettore
e dell’autore e quindi sulle implicazioni politico-culturali insite
nei diversi modi con cui è possibile avvicinarsi a questo mondo.
Così inedito da vivere ancora una fase di grandissima incertezza
lessicale, dal momento che lo stesso termine "multimediale"
- tralasciando l’accezione precedente l’avvento dell’informatica
-viene usato, almeno, per indicare:
- MM1. un testo multimediale, un multimedia (ancora oggi a volte chiamato
ipertesto ma costituito anche da codici iconici e sonori) on line e
off line, per ‘leggere’ il quale è necessario
- MM2. un Multimedia Personal Computer (MPC), una sola macchina, con
tanti dispositivi periferici, che può comportarsi come tante
macchine diverse. L’MPC, infatti, racchiude in sé il lettore
di CD di varia natura, di DVD, il televisore, il fax, il telefono, una
macchina per stampare di tutto (fotografie comprese) su tutto, un altro
per montare audiovisivi, un altro per scrivere lettere, libri, biglietti
da visita, per suonare, per registrare ecc.. Insomma, l’MPC permette
di:
MM2.1 — ‘leggere’, vedere, ascoltare testi di diversa
natura e provenienza (via cavi vari, via etere o altro);
MM2.2 — ‘scriverli’, realizzarli, produrli;
MM2.3 — comunicarli.
- MM3. l’estensione dell’MPC a una rete: la più nota
è Internet, un insieme mondiale di reti, collegate fra loro tramite
il protocollo TCP/IP, che fornisce servizi quali FTP, gestione file
remoti, posta elettronica, il WWW - un insieme strutturato in tanti
URL (indirizzi) di pagine elettroniche, scritte in HTML e rese accessibili
da ovunque tramite il protocollo HTTP -, le news di Usenet, Intranet
ecc.;
- MM4. l’uso di differenti mezzi d’espressione e di comunicazione
(non necessariamente mass media) che, interagendo gli uni con gli altri,
ognuno con un proprio testo, danno vita ad un’unica opera.
La larghezza della banda di oscillazione semantica spiega bene, quindi,
la fase sperimentale che si sta attraversando; che presenta un aspetto
sconvolgente totalmente inedito in quanto l’alfabetizzazione investe
l’intera società, essendo trasversale rispetto sia all’età
sia al ceto sociale (si pensi alla centralità che sta assumendo
il capitolo "formazione permanente"). In questo scenario il
compito affidato alla scuola occupa un posto fondamentale. Ma se va
sostenuta e promossa qualsiasi iniziativa sperimentale rivolta ai giovani,
è altrettanto importante riconoscere e collocare tale attività
d’avanguardia nel più generale quadro della ricerca scientifica
e del dibattito sociale in corso, riconoscendole di aver assunto, di
fatto, un ruolo che va ben oltre quello tradizionale e che può
portare ad un generale ripensamento della collocazione della scuola
all’interno della società, e in particolare delle attività
produttive.
A tal scopo, concretamente, si è pensato che poteva essere importante
discutere su quanto fino ad oggi sembra avere caratterizzato la presenza
della sperimentazione multime-diale all’interno della scuola:
e cioè la realizzazione, ad opera di insegnanti e di studenti,
di testi multimediali (si veda, sopra, il punto 1), facendo parlare
proprio loro, che ne hanno sentita l’esigenza, che si sono presi
l’incarico di idearli e di ‘scriverli’, mettendoli
in condizione di discutere il senso, i problemi, le prospettive di una
tale scelta.
E la risposta a questa impostazione è stata positiva.
Il convegno - moltissimi e attivissimi i partecipanti - hanno messo
in luce, come mai, forse, era accaduto, che i problemi relativi alla
rivoluzione in corso nella scuola (ma la riflessione, è già
stato detto, va estesa all’intera società) ruotano attorno
a un punto fondamentale:
Persiste una grande confusione, nel modo di avvicinarsi al Multimedia
Personal Computer (MPC), fra un uso dell’MPC per fare didattica
in genere (A1) e didattica del linguaggio multimediale (A2).
Nel primo caso, cioè, si tratta di strumenti con motore digitale,
di varia natura, che possono essere adoprati nell’insegnare e
nell’apprendere: testi multimediali (on line, off line –
MM1) su questa o quella materia e uso in genere dell’MPC (MM2),
anche per comunicare (MM3).
Nel secondo, invece, si pone l’urgenza di insegnare quando e come
avvalersi del nuovo linguaggio, sia a livello espressivo che comunicativo
(MM2.1; MM2.2; MM2.3). Il che significa capire la natura dell’e-text,
il cui aspetto principale, per quanto non sia il solo, è rappresentato
dalla possibilità di adoprare contestualmente parole, immagini
e suoni, realizzando testi interattivi on line e/o off line: badando
a sottolineare che la peculiarità dell’interazione può
riguardare sia
la sintassi interna ad un ‘testo’ elettronico sia
la sintassi esterna, e cioè il rapporto che esso può stabilire
- con altri testi elettronici dello stesso genere oppure di genere diverso;
ma anche
- con testi espressi da altri linguaggi ed affidati ad altri supporti
(MM4).
Gli insegnati hanno investito ingenti risorse, specialmente private,
personali, per realizzare degli ipertesti (così si preferisce
ancora chiamare i multimedia nelle scuole). Questi elaborati (appartenenti
al punto A1) sono interessanti e importanti ma soprattutto - e contrariamente,
nella maggior parte dei casi, alle intenzioni degli autori - nella prospettiva
relativa al punto A2: come palestra di scrittura e di analisi della
stessa. Certo che scrivere in genere, e a maggior ragione in maniera
multimediale, al di là dei risultati raggiunti, può rivelarsi
uno strumento di grande efficacia per studiare, riflettere su un argomento
specifico (storia, letteratura, matematica, scienze, musica, ambiente,
diritti umani ecc.). Ma questo pur rilevante aspetto, di fatto, va a
rafforzare l’idea, oggi dominante, che la scrittura multimediale
- ultima nata di una civiltà dove l’immagine e il suono
continuano, purtroppo, ad essere ritenuti segnali di facile, quasi naturale,
spontanea interpretazione - non abbia uno statuto linguistico e retorico
peculiare, difficile; inedito. Quasi che la semplificazione tecnica,
che permette finalmente di elaborare su un unico supporto codici tradizionalmente
affidati a supporti diversi, significasse il trionfo di una visione
istintiva, naturale dell’espressione e, viceversa, la morte della
competenza, della perizia, dello studio.
E proprio questo è il punto debole, contraddittorio, dell’alfabetizzazione
in corso nella scuola; e nella società: basti pensare a come
si stanno accostando alla multimedialità le aziende, che, seppure
sollecitate da esigenze produttive precise, faticano ad avere le idee
chiare in proposito. Ne è specchio eloquente l’uso linguisticamente
povero, quasi primitivo, di uno strumento alla portata di tutti come
Internet.
Tutti autori alla ricca Fiera delle illusioni
Negli insegnanti il riscontro più evidente di questa situazione,
ampiamente emerso durante i convegni, è il duplice senso, da
una parte, di motivato orgoglio per la consapevolezza di essere un’avanguardia
d’importanza strategica e, dall’altra, di insoddisfazione
per la qualità ‘editoriale’ - sarebbe meglio dire
linguistica - dei testi multimediali realizzati.
Hanno ragione, perché si sentono costretti a fare un mestiere
che non è il loro. Dovrebbero essere gli editori, infatti, ad
approntare opere multimediali specifiche per questa o quella materia,
avvalendosi e coordinando competenze professionali di tipo didattico,
scientifico, multimediale, informatico, editoriale appunto, grafico,
musicale, tipografico, commerciale ecc.
Nel vuoto generale creato dall’impresa privata, che aspetta secondo
una brillante prospettiva imprenditoriale sovvenzioni pubbliche per
partire - magari sotto forma di adozioni scolastiche sicure -, non ha
molto senso che gli insegnanti si inventino tutte quelle competenze,
magari sulla scia di corsi d’aggiornamento o di acquisti di hard/software
presto datati. Anzi può rivelarsi diseducativo e pericoloso;
perché questa logica del "fare di necessità virtù",
se conferma, ancora una volta, la sensibilità sociale e umana
della stra-grande maggioranza di chi decide di dedicarsi all’insegnamento,
è anche indice del livello di abbandono grave a cui questi lavoratori
sono stati relegati, contribuendo a rafforzare, nel caso della multime-dialità,
l’idea dell’inesistenza di un linguaggio specifico.
Viceversa, oggi è fondamentale spiegare che la multime-dialità,
come sempre, quando si ha a che fare con le macchine, è un linguaggio,
nuovo, importante e assai complesso; che va riconosciuto come tale,
insegnato, studiato, capito, governato.
Un linguaggio, appunto.
Avvertire che l’apparente semplicità dell’interazione,
la falsa leggerezza degli infiniti clic del mouse - tecnologico telecomando
dell’ultima generazione troppo rapidamente identificato con uno
strumento capace, di per sé, di sviluppare il senso critico del
computer-spettatore: ogni scatto metallico una decisione, una scelta
-, comunicano sempre e comunque un testo (si tratti della guida turistica
ad una città d’arte o di un corso di lingua straniera o
di un videogioco, on o off line); un testo assai forte che trasmette
una precisa visione del mondo, una concezione del vivere sociale, della
polis. Se si ignora o si sottovaluta questo fatto, la nostra mente e
il nostro cuore risultano indifesi; storditi e schiacciati fra la disarmante
semplicità dei clic e la selva oscura di programmi complicati
e sempre in continua trasformazione: un know how la cui ragion d’essere,
per i più, rischia di essere quella di riprodurre se stesso secondo
strategie di marketing ben precise.
Nella scuola, quindi, si sta combattendo una battaglia importantissima:
vi è in gioco qualcosa che è molto di più di una
normale questione didattica.
Anche per questo Coop Toscana Lazio ha inteso promuovere il lavoro svolto
da diverse scuole sul territorio romano decidendo di pubblicare un cd-rom
che contenesse degli specimen, un’antologia dei multimedia più
significativi rea-lizzati da insegnanti e allievi. Iniziativa unica
nel suo genere a livello nazionale: importante sia perché propone
un capitolo strategico, tuttora da finire di scrivere, della nostra
storia scolastica di cui si sta perdendo troppo rapidamente la memoria
- secondo una visione che nega al presente la necessità di una
prospettiva storica -, sia perché, mentre sottolinea l’importanza
di queste sperimentazioni, prende decisamente le distanze dall’interpretazione
‘tecnicistica’, leggera, debole del testo multimediale.
Ma Coop Toscana Lazio, forte della sua appartenenza ad una cultura,
quella cooperativa, che da sempre ha cercato di leggere la dimensione
sociale, collettiva dell’individuo - specie in una società
di massa come la nostra - non come vincolo storicamente abbrutente,
fatalmente penalizzante, bensì come risorsa, energia a cui attingere
per restituire libertà creativa alla persona, ha deciso di intervenire
ancor più direttamente in questo dibattito che è linguistico
nel senso più sociale e politico del termine.
Ha pensato, cioè, di mettere in cantiere un’iniziativa
che contribuisse fattivamente a sostenere un’alfabetizzazione
multimediale la quale, nella necessità, universalmente avvertita,
di rinnovare le forme di comunicazione e d’espressione, contribuisse,
però, ad ampliare gli spazi di creatività per l’individuo,
il suo senso critico, difendendolo dal predominio delle macchine, o
meglio degli interessi economici di cui ‘questi’ hardware,
‘questi’ software sono paladini. Ha dato il via, così,
tramite il proprio "Laboratorio di Comunicazione Multimediale"
(LCMM), alla realizzazione del programma Come scrivere la sceneggiatura
di un multimedia, da offrirsi alle scuole, e non solo.
Alla ricerca dell’autore perduto
"Come scrivere la sceneg-giatura", si osservi, e non "Come
produrre, realizzare" un multimedia.
Il tentativo di cambiare radicalmente atteggiamento davanti all’alfabetizzazione
elettronica in corso è ben riassunto, quindi, in questa semplice
scelta del Laboratorio di Comunicazione Multimediale di rilanciare,
valorizzandola, la prima parte del lungo cammino che porta alla realizzazione
di un multimedia: quella dominata dalla ricerca autoriale sui contenuti
e sul linguaggio, dove l’individuo è ancora in grado di
giocare tutta la propria inventiva a livello espressivo e comunicativo
senza per questo dover essere esperto del funzionamento dei vari programmi:
gli basta sapere, infatti - e ciò comporta, comunque, un’attenta,
specifica preparazione professionale -, quello che questo o quel programma
può e non può esprimere. È la parte dominata dall’ideazione
del testo, dalla raccolta dei dati, dalla realizzazione di una struttura
idonea, dalla definizione della modalità di lettura proposta
agli utenti (insomma che tipo di interazione offrire), dalla preparazione
dei dati stessi in vista del montaggio vero e proprio del multimedia,
la stesura dettagliata, quindi, della ‘sceneggiatura’.
"Scrivere la sceneggiatura" riassume tutte le fondamentali
e numerose operazioni che precedono l’uso dei software specifici
(tools di authoring, programmi di grafica, di modellazione 3D, editor
per video e per audio ecc.): solo dopo che questa scrittura d’autore
si sarà conclusa, infatti, si procederà al montaggio -
che è a tutti gli effetti un’altra forma di scrittura -
per cui saranno necessarie competenze specifiche a livello infor-matico,
un lavoro, quest’ultimo, che, in un grossolano confronto con la
produzione di un libro, potrebbero essere paragonate alla ‘scrittura’
propria di coloro che lavorano in una casa editrice e in una tipografia.
L’obiettivo fondamentale di questa scelta strategica della Coop
Toscana Lazio è quello di ridefinire criticamente la cultura
del "fai da te", che sembra aver trovato nel campo della multimedialità
la sua legittimazione definitiva.
Il fenomeno viene da lontano. Le sue origini più rilevanti affondano
nello sviluppo tecnico-industriale di primo Ottocento; ma negli ultimi
decenni ha vissuto un’accelerazione inimmaginabile: si pensi,
per esempio, alla fotocopiatrice dei primi anni Settanta, oppure alla
videocamera dei primi anni Ottanta, alle fotocamere digitali (scatti,
osservi sul video, correggi e stampi) della fine degli anni Novanta.
L’MPC sembra esaltare questa tendenza offrendo possibilità
eccezionali. Per esempio, anche senza pensare a cose troppo complicate,
restando sempre nel campo del vecchio, tradizionale libro, consente
di fare desktop publishing (DTP): un calcolatore, cioè, e alcuni
software particolari (per l’elaborazione testi alfabetici, delle
immagini, per l’impaginazione) danno l’illusione a chiunque
sappia un po’ digitare di poter diventare editore o tipografo.
Ma avere - si sa - non è essere. Così la possibilità
di disporre di più strumentazioni su una sola macchina (MPC)
non significa conoscerne l’arte, possederne le relative competenze
professionali. Editare, pubblicare, stampare sono linguaggi assai complessi:
il rinnovamento e l’ammodernamento dal punto di vista tecnico
comporta una ridefinizione delle relative competenze professionali non
una loro cancellazione.
Eppure il rischio di sbronze da onnipotenza è grande. Si pensi
ad Internet, dove mettere giù qualche schermata per un sito web
significa, ormai, ‘pubblicare’. La promozione commerciale
del settore va tutta in questa direzione; affermando, per di più,
di vedere in questa tendenza i segni di una rinascente libertà,
di una potente democrazia, resa forte da una fulgida tecnologia. Computer
sempre più potenti, programmi sempre più professionali,
comunicazioni sempre più planetarie sono gli elementi di questo
teatrino delle illusioni.
Dinanzi al dilagare, quindi, di una mentalità marketing-centrica,
ribadire l’importanza della complessità e della varietà,
cercare di distinguere, capire e valorizzare i tanti stadi compositivi
attraverso cui passa la realizzazione di un testo multimediale, individuandone
le relative e specifiche professionalità, è operazione
di grande rilevanza sociale, culturale. Perché mentre si torna
ad affermare la necessità di tante e differenti competenze, si
svuota, è vero, il mito oggi vincente dell’individuo che,
reso onnipotente dalla muscolatura delle macchine, può fare tutto
da solo, bastando a se stesso; ma questo non significa impoverire l’importanza
della presenza individuale. Al contrario, si tratta di difendere e di
rilanciare la centralità della persona seppure su un piano opposto,
quello dell’orchestrazione delle competenze individuali, riqualificate
e arricchite dallo sforzo comune di raggiungere un obiettivo così
alto da essere impensabile per le risorse del singolo.
La ricerca della qualità diventa così strategica.
Nel caso specifico della scrittura di un multimedia, restituire priorità
alla fase autoriale, recuperata insieme a quella editoriale e tipografica
(termini tradizionali che si cerca qui di adattare ad un quadro totalmente
diverso), vuol dire puntare sulla qualità. E le parti editoriale
e tipografica misurano la propria efficacia, il proprio valore non in
astratto, secondo parametri autonomi, ma in riferimento ad un preciso
testo d’autore a cui si rapportano, in un comune sforzo di comunicazione
e di espressione. Viceversa, dal punto di vista dell’importanza
data fino ad oggi al tipo di risorse e di investimenti, la situazione
potrebbe essere raffigurata come una piramide particolare, perché
capovolta. In basso, la base d’appoggio è minima, giacché
minime sono le risorse investite nel lavoro di ricerca e di elaborazione
autoriale; in alto, minaccioso, paurosamente oscillante nel vuoto, un
vertice immenso, costoso, impegnativo, raffigurante il lavoro editoriale
e tipografico:
Nella realizzazione di un multimedia, quindi, sono state dedicate assai
più risorse alla parte informatica, cioè a quella editoriale
e tipografica, che non a quella autoriale, la quale risulta fragile,
quasi subordinata rispetto alle altre due. Situazione che viene riassunta
dall’opinione corrente - peraltro giustissima - che quasi tutti
i multimedia oggi in commercio (leggi cd-rom), ad eccezione di alcuni
videogiochi, altro non sono che trasposizioni di libri o similari su
supporto digitale: cioè sono testi inutili, proprio perché
deboli nella parte dell’ideazione e della concezione autoriale.
Se questo è vero per le case editrici, non c’è da
meravigliarsi che lo sia ancora di più per gli insegnanti la
cui attenzione finora è stata assorbita principalmente dalla
parte tecnica a scapito di quella creativa; impegnati come sono stati
ad apprendere gli aspetti inge-gneristici piuttosto che i risvolti linguistici
dei vari hard/software. Insomma, si è pensato che fosse più
importante imparare a creare un collegamento, a memorizzare un’immagine
o un suono, a formattare un testo alfabetico, evitando di interrogarsi
sulle implicazioni linguistiche di una scelta rispetto ad un’altra.
Il programma Come scrivere la sceneggiatura di un multimedia, quindi,
vuole essere uno strumento per restituire creatività a chiunque
abbia intenzione di scrivere un multimedia indipendentemente dalla possibilità
economica o semplicemente dall’intenzione poi di produrlo. Permetterà,
cioè, a chi lo utilizzerà di raggiungere il massimo dell’espressione
senza però dare inizio al montaggio vero e proprio.
Sarà un sistema di scrittura nel senso che lo intendeva un tradizionale
autore di libri, il quale era scrittore a tutti gli effetti del proprio
lavoro anche se poi il suo testo veniva ‘ri’-scritto dal
direttore editoriale, dai redattori, dai grafici, dall’ufficio
marketing, dai tipografi, dall’ufficio stampa della casa editrice.
Non sarà un lavoro facile quello che sta davanti al LCMM di Coop
Toscana Lazio, perché in contro tendenza rispetto ad un mercato
che ha influenzato e influenza profondamente chi si è accostato
o si sta accostando al mondo della multime-dialità. Un primo
mattone di un edificio tutto da costruire, alla cui realizzazione dovranno
partecipare tante altre risorse. Ma la posta in palio va ben oltre le
ragioni di una riforma scolastica: si pensi alle implicazioni che potrà
avere l’alfabetizzazione multimediale nel campo dei consumi, quando
l’e-communication (dall’e-market all’e-information)
esploderà: un tempo non più tanto remoto come sembrava
solo qualche mese fa. Il prototipo verrà presentato pubblicamente
e proposto alle scuole affinché ne sperimentino l’efficacia
e collaborino alla costruzione del nostro progetto.
[A cura di Luca Toschi]
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