I computer in classe inducono a ridisegnare la scuola

 

Partiamo da un dato. La scuola elementare è molto più avanti nell'alfabetizzazione multimediale delle scuole superiori. Una recente conferma è venuta dalla Mediateca Regionale Toscana, fondazione facente capo alla Regione Toscana, forte collaboratrice della Rai, impegnata in prima linea nel campo dei nuovi linguaggi. Consegnando alla fine dell'anno scolastico 1999-2000 i riconoscimenti-premio («Abc Media») per i migliori multimedia realizzati nelle scuole — i partecipanti erano centinaia —, ha denunciato che creatività e sperimentazione multimediale sono presenti principalmente nelle scuole elementari. Viceversa, a mano a mano che si risale verso le superiori, si potranno trovare siti Web o Cd-Rom meglio realizzati da un punto di vista informatico, ma il rapporto fra elaborazione dei contenuti e uso specifico del linguaggio multimediale è pretestuoso: quello che conta è acquisire competenze software, come valore assoluto e non relativamente a un obiettivo comunicativo.
I ragazzini delle elementari, viceversa, hanno stupito per la loro capacità essenziale, concreta di scrivere con le immagini, di usare la musica, lo "speakerato" con un 'espressività delle voci sorprendente, dicendo cose che altri linguaggi, non multimediali, non avrebbero potuto dire meglio. Del resto, pur essendo interessati ai videogiochi, a loro piace anche giocare a nascondino, con la pasta di pane, con la carta e i colori. Hanno voglia di diversità, di varietà. E un linguaggio multimediale espresso da necessità così determinate, da bisogni così impellenti e così liberi, è un esempio di vitalità per gli studenti più grandi. Vi si trova quella ragion d'essere che tanti editori illustri, che pure stanno facendo soldi a palate in edicola con Cd-Rom vari — supporto nuovo per vecchie idee —, non sono riusciti a trovare.
Più o meno nei giorni stessi in cui «Abc Media» pressava i docenti a riflettere circa l'uso di sistemi multimediali, sulle rive del Tevere, Microsoft, per bocca di Sirmi (una società di consulenza e di ricerche di mercato), presentava al ministro i Sviluppo delle Tecnologie Didattiche 1997-2000», varato dal ministero della Pubblica istruzione, aveva permesso alla scuola italiana di cambiare marcia rispetto agli anni precedenti; ma, attenzione, gli altri Paesi europei come Gran Bretagna, Francia e Danimarca erano ancora lontani. La ricerca poi sciorinava dati, alcuni dei quali importanti. Innanzitutto, nelle scuole ogni 23 studenti c'è un computer con caratteristiche. medio-basse (processore Pentium e Ram da 16 a 64 Mb); ma l'istituto dichiara il proprio impegno ad aggiornare le macchine. Qui dominano gli applicativi di office automation (scrivere, archiviare, far di conto, comunicare con Internet, e-mail: leggi Microsoft) e pacchetti per la creazione di multimedia. In secondo luogo, nel 77,3% delle scuole pubbliche inferiori si registra la presenza di aule e laboratori d'informatica; quelle private si fermano al 68,3 per cento. La percentuale aumenta molto nelle scuole superiori: 98,6% pubblico, 70,4% privato. Per quanto riguarda Intemet, infine, il 61,2% degli istituti inferiori ha un collegamento web (contro il 45,8% delle scuole private). Mentre sono 93,1% le scuole superiori pubbliche collegate in rete e il 63,2% quelle private. Certo, il divario con la Danimarca è ancora immenso (1 pc ogni 10 studenti); meno male che c'è la Francia (1 ogni 21 studenti).
Ma il problema non va posto soltanto in termini numerici. Perché la quantità conta, ma quando è chiaro l'uso che si vuole fame. In proposito, è significativo un altro dato, presente nell'indagine e relativo all'uso di Internet: solo poco meno del 12% delle scuole ha un proprio sito, e questo è definito di «carattere prevalentemente informativo»; il che significa usato come un qualcosa fra la brochure e la newsletter; l'interazione pressoché inesistente, nemmeno per velocizzare la burocrazia.
Eccoci al punto. Ma parliamo prima d'impresa. Uno dei mali che affliggono le imprese, impegnate nel cercare di rinnovare il proprio sistema di comunicazione alla luce della multimedialità, è che gli investimenti nell'innovazione non sempre hanno il rientro immaginato; non solo: la comunicazione interattiva crea forti conflittualità all’interno delle aziende stesse.
La multimedialità non consente restyling. Questo è il punto che la rende nuova davvero. Pensare di usare un sito web come una brochure più efficiente, o le e-mail come la posta di una volta, solo molto più veloce e senza pagare i francobolli, è un errore difficile da sradicare dalla mentalità corrente. Il problema dell'e-commerce nasce qui. La comunicazione esterna, infatti, se sceglie la multimedialità comporta un ripensamento di tutta l'organizzazione interna all'azienda. Comunicazione esterna e comunicazione interna oggi come mai sono diventate tutt'uno.
La scuola non può sfuggire a questa logica. La comunicazione multimediale non è fare meglio quello che già si faceva. Un film interattivo non è Roma città aperta con un menu che informa su quante furono le vittime delle Fosse Ardeatine. La televisione interattiva non è il nostro solito apparecchio, ma più piatto e con un telecomando che non finisce più. Qui ci si trova davanti a uno spazio, quello virtuale, che quanto più si rivela autonomo da quello reale, tanto più lo travolge con trasformazioni epocali. E aggettivo non fu mai usato più a proposito. La scuola che si appresta a divenire multimediale non è, e non sarà più la solita scuola, se vuoi essere multimediale.
Cambiando gli strumenti per esprimere e per comunicare, cambia tutto. Questa trasformazione va a ridefìnire le strutture portanti della comunità, dell'essere gruppo fra gruppi. Le strutture interattive già stanno travolgendo steccati, categorie tradizionali. Per questo ci vuole molta progettualità, insieme a una ritrovata voglia d'imparare facendo, sperimentando. Un testo multimediale, per esempio, sarà un testo che uscirà sempre più dallo spazio in cui si trova il lettore, e si diramerà, si radicherà nella rete. È lì perché è, contemporaneamente, anche altrove. I confini dell'esperienza sono e sempre più saranno ridisegnati. E così la scuola.


[A cura di Luca Toschi]

 

 

 

 

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