INTERVISTA A WAU HOLLAND

 

Abbiamo incontrato Wau nella sede del CCC a Amburgo. Due sono le Impressioni che immediatamente si ricavano osservando l'ormai mitica postazione di Schwenckestrasse 85: la prima è relativa alla volontà del CCC di essere completamente pubblico e visibile, la seconda, puramente estetica, che è quella di trovarsi in un'officina alchemica, con pezzi di computers o computers-monstre ovunque. I fratelli sembrano preferire gli Atari perché più malleabili alle trasformazioni, ma abbiamo visto un telefono incredibile, costruito con pezzi vari provenienti da giochini elettronici e walkman. Completamente assorbiti, anche se in modo non maniacale, dalla tecnologia e dalle sue applicazioni alternative hanno sviluppato una "Nuova Carta dei Diritti dell'Uomo relativa all'Informazione", un gioiellino di riflessione teorica e pratica sul problema strutturale fondamentale della fine del XX secolo. Chi si sente cyberpunk o libertario li deve assolutamente conoscere.

Parla Wau
Nel 1981 ci fu a Berlino un incontro di diverse persone nelle sale di un giornale "Die Tageszeitung". Fu lì che si incominciò a parlare delle possibilità del computer e devo dire che ne uscimmo entusiasti. Ad esempio si vide che c'era la possibilità di riuscire a determinare con esattezza il consumo di energia elettrica di una città come Berlino oppure fare un censimento delle case sfitte e distribuire questi dati al movimento delle occupazioni. In sostanza si capì che chi ha il potere in questa società trae parte di questo potere dall'elaborazione dei dati e che non solo la polizia o il potere potevano utilizzare le banche dati ma che anche noi potevamo farlo.
Così abbiamo cominciato a lavorare sulle banche dati, ma questa cosa presentò subito delle difficoltà. perché in questa società l'organizzazione della comunicazione è chiusa. In una banca dati di conseguenza puoi trovare solo dati di un certo tipo, è quindi necessario un confronto tra vari tipi di dati cioè creare una comunicazione di tipo aperto. Per questo abbiamo iniziato a fare dei meetings internazionali in cui poter confrontare dati ed esperienze. Il primo di questi incontri, al quale parteciparono circa 500 persone, si tenne ad Amburgo nel 1984 e c'erano molti computer, strumentazioni per la telefonia, e fotocopiatrici, che sono le macchine più semplici per distribuire l'informazione. Da questo confronto ci si rese conto che lo scambio di informazioni e di riflessioni sulla creazione di una struttura aperta d'informazione poteva essere effettivo e che, come valenza sociale, poteva essere paragonato ad una bomba atomica. Solo una potenza come quella nucleare può infatti scardinare la struttura della gestione attuale dell'informazione, ma a noi sembrava di averla nelle mani.
E nacque così la pratica dell'hacking che definirei come quella pratica che ti permette di essere dentro una situazione appena questa accade e di poter da questa creare nuovi significati.
Gli strumenti che ti permettono di fare queste cose sono tecnologici, e già me ne resi conto quando andavo a scuola ed ero coinvolto nel movimento. Una volta volevamo incastrare un professore che faceva dei discorsi fascisti, allora mi portai un grosso registratore (all'epoca quelli portatili erano enormi), lo misi sotto il banco e riuscii a registrare le sue parole. Avevamo lì la prova di quello che diceva, potevamo buttargliela in faccia: "Hey, tu hai detto queste cose!". Si vede quindi come anche un registratore possa diventare una macchina di potere. Tutto ciò che registra e copia può diventare una macchina di potere, prova a pensare a quello che potrebbe succedere se durante un'occupazione dell'Università venissero trovati dagli studenti degli studi su delle applicazioni militari e che questi fossero copiati e distribuiti in tutto il paese... non solo nessun militare potrebbe negare la loro esistenza ed il loro scopo ma anche la tecnologia utilizzata potrebbe diventare di dominio ed uso pubblico.
Certo per realizzare ciò è necessario fare un lavoro collettivo ed è su questa strada che ci siamo mossi organizzando con regolarità dei meetings e delle esercitazioni pratiche sui media. Una di queste è stata ed è sul "phone phreeking". Il telefono è il media più diffuso ed esisteva molto prima dei computers. Tutti, anche solo per gioco, hanno provato a fare dei piccoli esperimenti con il telefono, ascoltando le interferenze, tentando di fare delle interurbane utilizzando solo una moneta o cose del genere. I primi esperimenti di "phone phreeking" furono fatti negli USA negli anni Settanta e noi abbiamo cercato di adattarli agli standard telefonici tedeschi in modo tale da renderli pubblici e praticabili da tutti. Ora, con le conoscenze che abbiamo, possiamo fare ed abbiamo insegnato a fare telefonate gratis utilizzando vari sistemi... Ce n'è uno semplicissimo che consiste nel battere velocemente e più volte l'interruttore sul quale si appoggia la cornetta. Un altro l'ha inventato un francese e consiste nel mettere un filtro che blocca il conta-scatti direttamente alla centralina della compagnia dei telefoni, utilizzando una frequenza costante di circa 16 KHtz lanciata a distanza. Questa frequenza viene interpretata dal relais della centrale come il segnale di chiamata urbana, il relais si chiude e resta bloccato fino alla fine della chiamata segnando solo uno scatto anche se parli quanto vuoi.
In ogni caso la nostra attività principale si è sviluppata sui computers e sulle forme di hacking a questi relative. Con questa pratica entri nelle banche dati, ti fai un giro, dai un'occhiata a quello che c'è e collezioni informazioni. Lo spirito con il quale entriamo è però di tipo comunitario, cioè prendiamo informazioni relativamente all'uso sociale che se ne può fare, facciamo dell'hacking sociale in sostanza. Questa cosa ci permette di non essere clandestini e di avere possibilità ampie, come quando i verdi ci hanno chiamato per fornire la nostra conoscenza tecnica alla maggioranza di governo sul problema dell'informatica applicata all'ecologia, settore sul quale pensiamo di avere il know-how più sviluppato in Germania. Alla fine i verdi hanno avuto paura di noi e hanno chiamato al nostro posto una grossa compagnia, ma questa cosa ci ha permesso di far nascere un ampio dibattito sul problema dell'informazione e sulla segretezza delle informazioni e di farci considerare osservatori delle dinamiche sociali ed organizzatori delle informazioni ad esse connesse, più che hackers che lavorano sui computers.
Inoltre ci siamo costituiti una rete informatica organizzata in modo tale da non poter essere controllata, infatti non è gerarchica ma caotica ed è impossibile o molto difficile, partendo da un nodo di questa, risalire a tutta la rete. Questo è stato necessario perché tempo fa è successo che un coordinamento che lavorava con una rete informatica contro il nucleare è stato bloccato dal governo proprio al momento di preparare le manifestazioni. Uno dei nostri scopi è infatti quello di creare un circuito di informazione che funzioni anche se non piace al governo, ed in questo senso ci siamo dovuti cautelare e forniamo modi per cautelarsi.
Anche se è vero in fondo che la tecnologia è creata dal sistema, per me è essenziale ricordare che è necessario che esista un creatore di questa tecnologia. Il creatore di tecnologia riflette sull'esistente e cerca di costruire macchine che facciano le cose in un modo nuovo. Noi con il nostro lavoro e le nostre pubblicazioni cerchiamo di fornire strumenti ed idee. Ogni volta che tu ti confronti con un prodotto tecnologico ti confronti infatti con le idee e le conoscenze che vi stanno dietro. Ogni macchina, ogni progetto non sono mai solo una macchina o un pezzo di carta ma una risorsa di pensiero, ogni invenzione quindi è un'invenzione sociale ed in questo senso bisogna rapportarvicisi ed utilizzarla.
In più lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione ha creato nuovi bisogni per un fondamentale diritto umano che è quello del libero, illimitato e non controllato scambio di informazioni, e questo sta alla base di tutta la nostra pratica, che più che essere ideologica cerca di essere una effettiva nuova forma di cooperazione tra la gente.
Dai primi hackers ai cyberpunx sono cambiate molte cose che però è difficile definire anche perché, primo, viviamo in un villaggio globale e, secondo, perché le generazioni non si definiscono più tanto in termini di età quanto piuttosto per la comunanza di esperienze, così anche nel Chaos Computer Club faccio veramente fatica a distinguere con esattezza il succedersi delle varie esperienze generazionali, è veramente un club caotico e pazzesco.
Rispetto al cyberpunk ricordo che le mie prime impressioni dopo aver letto Neuromante, qualche anno fa, furono che quella non era fantascienza ma realtà, il presente descritto in un modo un pò particolare. C'era anche qualcuno che gli dava un giudizio negativo ed al momento gli era venuta voglia di scrivere un'altra storia, anche perché il club non lavora a scopo di lucro e neanche con e per il governo. La cosa che ci sembrava più attinente alla nostra esperienza era verificare come fosse reale e pressante il potere delle multinazionali dell'informazione. E in ogni caso, nella nostra cyber-realtà, bisogna stare attenti ad evitare che i computers diventino un feticcio e che chi ci lavora diventi un computer-dipendente. Per quanto riguarda la comunicazione, ad esempio, c'è infatti una grossa differenza qualitativa tra "bit" e "significato", in quanto il bit è qualcosa di vuoto e che, appunto, non produce senso se non quando si arricchisce con il significato, quindi solamente quando comunica, quando cioè il dato tecnico viene accostato da un elemento vivo. La comunicazione deve svolgersi, in ultima analisi, tra due persone e non tra uomo e macchina. Il computer è solo uno strumento e nient'altro. Io lo uso e cerco di fare ogni passo, come del resto mi rapporto ad ogni esperienza della vita, con divertimento, non ho mai pensato che fosse uno strumento universale. La nostra filosofia è una sola: "libertà" ed in questa prospettiva cerchiamo di lavorare, attraverso lo scambio di idee sociali ed invenzioni sociali con le altre persone. Imparando da queste ed insegnando loro ciò che noi sappiamo. E ricorda che ogni informazione è anche deformazione... è come costruire una bottiglia partendo dal materiale grezzo e fuso: con le tue mani attraverso il processo di informazione tu dai una forma precisa a quel materiale che prima era non in forma e deformandolo otterrai la tua bottiglia, otterrai cioè uno strumento per scambiare idee.