"Io non ho particolari talenti. Sono solo appassionatamente
curioso"
(Albert Einstein, fisico)
"Il mio unico crimine e' la curiosita'"
(The Mentor, Hacker's Manifest, anni 80)
"Non riusciamo ad immaginarci una vita senza la Rete, ci fa sentire
parte integrante di un mondo di pionieri. Un giorno avro' tante cose da
raccontare a mio figlio, forse un po' come il figlio del minatore nella
miniera di carbone inglese della rivoluzione industriale o come il figlio
del primo telegrafista italiano...
Hacker ti senti dentro, e se lo eri sul serio, lo sarai sempre."
Non siamo certo tutti degli Einstein, ma se il nostro crimine e' la curiosita'...
Oggi
Ho iniziato a fare hacking una decina di anni fa e da qualche tempo mi
sono dedicato all'analisi del fenomeno e dei mondi correlati ad esso:
l'aspetto giuridico, etico, il fenomeno giovanile, gli aspetti tecnici.
Questo perche' l'hacking per me era tempo libero, era vita, era tutto:
sicuramente era anche una droga.
In seguito sono stati scritti molti libri e, in genere, gli autori sono
riusciti a rendere chiara l'idea dell'hacking e le motivazioni degli hacker
stessi.
L'ultima frontiera era riuscire a fare un quadro del mondo hacker in Italia:
chi sono, quanti sono, cosa fanno. Spaghetti Hacker ha ben definito questi
contorni, dando un'ampia panoramica dell'argomento.
Sono pero' cambiate molte cose in questi ultimi anni, dal tipo di reti
agli stessi sistemi operativi vittime di "attacchi": sono cambiate
le persone, gli interessi, la diffusione della telematica in Italia. In
questo mio primo articolo vorrei cercare di fare una carrellata delle
varie "epoche telematiche".
Anni 80/90
Negli anni '80 vi erano alcuni appassionati i quali - a proprie spese
- "tiravano" su e gestivano le cosiddette BBS (Bulletin Board
System): c'era la rete FIDO e non c'era Internet. Credo sia giusto ricordare
questi avvenimenti e parlarne, per avere ben chiara la situazione attuale
e, forse, evidenziare tutta una serie di problemi correlati.
Parlare oggi di FidoNet ai "navigatori" del Web e' arduo: mi
metto infatti nei panni di un normale utente Internet al quale raccontare
che si chiamava la BBS alle 4 di mattina per trovarla libera - al solo
fine di scambiarsi messaggi con 30/40 persone o prelevare un file shareware
- possa sembrare quanto meno "buffo". Eppure, tutta una generazione
di telematici ed hacker e' nata in questo modo, chiamando la propria BBS
di zona, ascoltando pareri e rimanendo chiusi nella propria citta'. Una
mail via echomail-Fido poteva si' arrivare negli States, ma ci impiegava
alcuni giorni ed implicava, comunque, delle spese aggiuntive per il gestore
della BBS.
Il massimo era, quindi, poter parlare con qualcuno di un'altra citta'
italiana, quando comunque ci si accontentava di "un qualcuno"
della stessa citta'.
Parallelamente al circuito Fido nacquero poi altre reti, tutte pero' basate
sullo stesso concetto di "circoscrizione" territoriale. Intanto
l'Italia "casalinga" scopriva un nuovo fenomeno di comunicazione,
il "Videotel", improntato per la maggior parte sulle famigerate
Chat-lines. Su Videotel ho appreso molte cose, ho avuto i primi timidi
contatti con hacker "storici" italiani, seguiti dalle prime
connessioni su QSD (messaggeria francese, ritrovo di hacker americani
ed europei). Ho incontrato le persone piu' diverse, piu' strane; persone
che fa piacere e nostalgia ricordare, persone che mi hanno introdotto
al "secondo livello", l'hacking vero.
Dopo mesi e mesi su Videotel, venivo ammesso in circuiti come Altos: si
andava in QSD quando c'erano 10, 20 utenti, tutti esclusivamente hackers.
Col tempo, arrivarono Pegasus, prima BBS su reti X.25 focalizzata sull'hacking,
un "ostello telematico" di piccoli pirati, provenienti da varie
parti del mondo ed ognuno con la sua specializzazione. Si parlava di hacking
VMS, Unix, phreaking, blue boxing.
1998
Cos'e' cambiato in questo decennio? Tutto e niente, e' la risposta. Alcune
delle persone prima citate, probabilmente, non avranno piu' nulla a che
fare con la Rete o, quantomeno, con l'hacking.
Altre ancora le ho rincontrate, virtualmente o fisicamente. Altri continuano
a fare hacking, avendolo scelto come stile di vita.
Altri sono passati all'hacking "di lavoro".
Tra questi ci sono io.
Quello che considero il mio "maestro" e' emigrato. Non vive
piu' in Italia. Ma non e' andato a fare il pizzaiolo in Germania: lavora
per un governo straniero. Un altro ex "collega" vende le sue
conoscenze alle multinazionali, fa spionaggio elettronico. Lo pagano per
fare quello per cui - prima - lo arrestavano e condannavano. Io oggi mi
occupo di sicurezza informatica. Proteggo i sistemi. Creo prodotti di
I.T. Security, mi chiamano come relatore in convention e workshop del
settore. Perche'?
Questo, secondo me, fa pensare. Sono stato il primo caso eclatante di
hacking in Italia. In un periodo particolare della mia vita, a nemmeno
20 anni, decisi di fare un "raid". Quasi 50 sistemi informatici,
collegati a reti X.25, DECnet ed Internet, furono violati.
Nomi famosi, tra questi sistemi: Ente Nazionale Energia Alternativa, Consiglio
Nazionale delle Ricerche, case farmaceutiche di fama mondiale, compagnie
telefoniche americane ed europee, la Banca d'Italia. Il gioco non era
piu' tale, si era fatto pesante e io non lo sapevo e un giorno venni arrestato
per reati di natura informatica.
Mesi dopo scoprii che il governo americano aveva effettuato richieste
di estradizione, che i mitici "Feds" (agenti federali F.B.I.)
erano stati a Roma, a causa mia, con un folto gruppo di avvocati alquanto
arrabbiati.
Oggi: Back to the roots?
Non ho voluto raccontare parte della mia storia per motivi personali:
voglio far capire a chi legge l'assurdita' di tante cose, l'assoluta errata
impostazione della legislazione italiana in merito, le motivazioni degli
hacker, le vere colpe e responsabilita'.
Gli imputati sono sempre stati gli hacker. Io, da hacker, dico di no:
gli imputati dovrebbero essere - e forse lo saranno un domani, quando
il mondo capira' un po' di piu' - le istituzioni, i mass-media, i giudici
e i PM, i system administrator delle aziende, le aziende stesse.
La IBM, nell'ultima campagna stampa sulla sicurezza dei propri server,
recitava: "E se un bambino violasse la tua rete ?" Stiamo arrivando
alla strumentalizzazione degli hacker, alla "moda" dell'hacking.
Il cinema, la televisione, gli articoli sui settimanali, i trafiletti
sui quotidiani hacking, hackers, pirati, danni.
Quando mi sono avvicinato all'hacking per la prima volta vedevo questo
mondo come un luogo sacro, una religione, uno stile di vita, un modo di
pensare e agire. La penso ancora cosi'. Ho rifiutato spesso di procedere
o partecipare all'identificazione di hacker responsabili di violazioni
di sistemi, ma non di danni. Perche' hacking, per me, continua a voler
dire liberta', sfida, essere piu' bravi. Mi dicono di esser passato "dall'altra
parte", perche' oggi mi occupo di sicurezza. Non la penso cosi'.
Non credo di condividere le idee comuni dei responsabili o esperti di
sicurezza informatica. Continuo a sentirmi hacker "dentro":
trovo spesso difficile, nel mio lavoro, fare capire i miei punti di vista;
sono pero' convinto che tante cose stiano cambiando.
Quattro anni fa dei ragazzi scrissero un messaggio, il quale apparve su
tutta una serie di monitor e terminali, sparsi per l'Italia. Il messaggio
recitava: "Ieri il potere erano le armi nucleari, era la potenza
economica; oggi il potere e' rappresentato dall'informazione. Milioni
di dati, dati economici e personali, che transitano su centinaia di reti,
attraverso migliaia di computer. Abbiamo l'informazione, abbiamo il potere:
guardatevi intorno, i vostri nuovi nemici saranno i monitor". Forse
quei ragazzini non si sbagliavano poi di molto.
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