HACKING E CRIMINALITA'

 

Parte I - L'etica hacker, la criminalita' informatica e le attuali legislazioni
Oggigiorno sentiamo parlare sempre piu' di violazioni, danneggiamenti e truffe telematiche ai danni di sistemi informativi sparsi per il mondo. Il tema dominante e' quello della nuova criminalita'.
Della criminalita' "classica", attuata mediante i nuovi mezzi di manifestazione del pensiero, e di "nuova" criminalita' che si e' manifestata solo a partire dai primi anni settanta.
Nuovi comportamenti che, a seguito delle nuove opportunita' offerte dalla tecnologia informatica, minacciano sia i beni giuridici gia' esistenti, (si pensi al danneggiamento informatico in relazione alla tutela del patrimonio), sia i "nuovi" beni: privacy, domicilio informatico etc.
È lecito, quindi, chiedersi se la reazione del nostro ordinamento a tali aggressioni sia adatta ai tempi o se, come probabile, gli strumenti utilizzati siano inadeguati per non dire inutili.
Come gli altri paesi della famiglia romano-germanica, l'Italia per fronteggiare situazioni pericolose nuove ha infatti sempre fatto largo, per non dire esclusivo, uso dello strumento della sanzione penale.
A dispetto delle proclamazioni costituzionali l'attivita' "specialpreventiva" e' invece spesso rimasta argomento delle sole dispute dottrinali ed il legislatore, al limite, si e' affidato alla sanzione
amministrativa.
Quindi, anche in questo caso, ad un mezzo repressivo e (quasi) sempre dopo un periodo di "vigenza" penale (con la depenalizzazione).
La diffusione di tali strumenti alternativi alla pena e' stata sempre ostacolata dal pregiudizio sulla loro reale capacita' di essere alternative "valide".
Nel momento in cui, oggi, anche lo strumento "principe" incomincia ad evidenziare tutti i suoi limiti e' forse, pero', finalmente giunto il momento di abbandonare le ataviche diffidenze e mettere tutto il sistema pubblico di protezione dei beni giuridici in discussione. A partire proprio dal sistema penale. Iniziando col ricondurlo... nel suo alveo originario.
Non vi e' dubbio che il ricorso allo strumento della pena sia (o meglio) debba essere limitato in relazione a quelle lesioni cagionevoli di un danno tale da considerarsi intollerabile dal nostro ordinamento giuridico e vieppiu', incapaci da prevenirsi attraverso strumenti alternativi a quello della sanzione penale. (sanzioni amministrative, misure preventive, ecc.).
Degno di considerazione appare, allora, il ricorso alla pena nel caso in cui si sia svolta una attenta analisi del grado di lesivita' dei beni protetti dai comportamenti ritenuti devianti. Solo quando questi appaiono intollerabili ai piu', il ricorso alla sanzione penale appare giustificata. Sembrerebbe che o tale soggettivita' (la collettivita' sociale) si sia espressa esplicitamente in tal modo o che si possa, (e appare piu' consono al sistema della democrazia rappresentativa), ritenere che in tal senso sia manifestata, ma tacitamente, la sua volonta'.
Quindi appare evidente ricorrere alla pena solo nei casi in cui la lesione sia di tale gravita' e di tale portata per cui nulla e nessuno possa mettere in dubbio la necessita' di tale strumento. La extrema ratio della pena, (il fine giustifica i mezzi), ci appare consona solo in relazione al sistema (tempo, spazio, rapporti umani) in cui viene attuato.
L'insicurezza nel nostro sistema e dei valori che lo sorreggono impone una tutela rafforzata di beni (giuridici) che ne costituiscono il fondamento. All'aumentare pero' della loro sicurezza si impone una diminuzione delle misure atte a proteggerli. Non ha senso infatti tutelare cio' che si auto tutela. Da quanto detto, appare sempre piu' evidente che, alla luce delle profonde trasformazioni delle normative atte a tutelare quei beni (che oggi appaiono sempre piu' auto tutelati), non assume nessun rilievo una sanzione di tipo afflittivo come quella di natura penale.
Molte delle lesioni che anni fa apparivano intollerabili oggi assumono una lesivita' tale da non destare alcun allarme sociale. L'informatizzazione ha difatti posto una crescente attenzione da parte di tutti su alcune tematiche (es: la tutela dei dati digitalizzati) ed oggigiorno una tutela penale forte di tali beni appare del tutto insensata. All'accelerazione del divenire della societa' corrisponde un parallelo divenire dei beni posti a suo fondamento. Appare quindi necessario sempre piu' una rivisitazione dei sistemi di tutela degli stessi. I beni informatici hanno una natura particolare e a differenza di quelli "analogici" o "classici" mutano piu' velocemente nel tempo. Il concetto stesso di beni quali il domicilio informatico appare oggi alquanto indefinito, ed e' logico che lo sia, se lo si pone in rapporto a quello della sfera della personalita', che sempre piu' si realizza attraverso nuove forme di manifestazione del pensiero. La suddetta riflessione impone che si comprenda come l'hacking, o meglio la nuova etica del pensiero ad essa sottostante (la necessita' di cogliere la sostanza delle cose senza fermarsi alla sola forma), si accinga a spiegare questi mutamenti sociali ritenuti la base portante del sistema.
La nuova societa' che si sta formando appare sempre piu' legata alla disponibilita' del flusso di informazioni: ve ne sono di private e di pubbliche. Il rapporto tra queste appare sempre piu' sbilanciato verso le prime. Difatti cio' che e' pubblico puo' divenire privato molto piu' facilmente del contrario.
Oggi e' questo che si avverte. Molte delle informazioni pubbliche, (osservabili da tutti in una relativa realta' fenomenica), vengono trasformate da privati e distribuite al pubblico. Nel processo molte di queste vengono privatizzate. La ricerca di cio' che accade, nei punti piu' reconditi del sistema che ci circonda, appare sempre piu' difficile. La rete telematica, per eccellenza, appare in grado di ripristinare l'equilibrio. Sino ad ora essa e' pubblica, non vi sono privati che possono reclamare la integrale titolarita' dei contenuti o dei sistemi che la compongono. La liberta' dell'informazione appare necessaria per ristabilire un ordine sociale. Un ordine in cui ognuno possa, in base alle proprie capacita' e nel pieno sviluppo della propria personalita', partecipare per costituirlo. Solo con il libero accesso alle informazioni ognuno di noi puo' vivere liberamente in un mondo dove le diverse reti di comunicazioni consentono a cose o a persone di transitare da un luogo all'altro in poco tempo. Di questo discutono gli hackers: della liberta' delle informazioni e della possibilita' di utilizzare la rete a tal fine, della necessita' di una miglior tutela della privacy e di una pubblicazione di quelle informazioni (ora private) che sono ritenute essenziali per una vita libera e dignitosa. Nel criminalizzare i comportamenti di coloro che cercano di accedervi, molti media hanno mal interpretato il loro operato definendoli criminali del cyberspazio o piu' semplicemente pirati informatici.