E LA COSTRUZIONE DEL SIGNIFICATO
Teorie delle comunicazioni di Massa, Melvin L. DeFleur e Sandra J Ball-Rokeach, Il Mulino, 1989
Lo studio della comunicazione ha una lunga storia alle spalle ma non ha avuto il prestigio popolare o la visibilità di molte discipline scientifiche tradizionali.
Molte delle idee che circolano oggi hanno avuto origine tanto tempo fa.
Quindi non è la tecnologia dei media che bisogna far risalire ad una certa origine.
Ciò che importa è che certe forme della comunicazione umana e particolarmente quella mediale hanno bisogno di essere esaminate nella prospettiva della storia del pensiero.E' attraverso l'identificazione dei principi della condizione umana, che gli studiosi dei media possono capire come la comunica zione che oggi si passa attraverso i media sia un processo allo stesso tempo simile e diverso dalla comunicazione interpersonale delle prime società umane.
La teoria delle transizioni, è basata sull'osservazione che nelle varie fasi della preistoria e della storia, gli esseri umani hanno realizzato trasformazioni distintive e determinanti dei sistemi di comunicazione.
Il primo passo fu il lento passaggio dall'età dei segni e dei segnali all'età della parola e del linguaggio.
Questa fu seguita da un periodo in cui si sviluppò la scrittura. La transizione alla stampa fu più veloce e portò alla nostra era delle comunicazioni di massa,caratterizzate da una trasformazione molto rapida. Ciascuno di questi cambiamenti aumentò radicalmente la capacità delle società umane di immagazzinare,richiamare e trasmettere informazioni.
Questi sviluppi hanno un'importanza fondamentale per l'elaborazione della conoscenza nella disciplina delle comunicazioni di massa.
Le comunicazioni di massa rimangono totalmente e fondamentalmente dipendenti dall'uso del linguaggio, la prima grande facoltà veramente e unicamente umana.
Quindi;la comprensione dei principi del linguaggio è un'esperienza essenziale per la disciplina.
La seconda grande transizione è rappresentata dall'invenzione e dalla diffusione della scrittura.
I principi della comunicazione scritta sono ancora oggi tanto importanti quanto lo erano al tempo in cui si misero per iscritto le prime opere filosofiche.Anche se gli altri media sono diventati sempre più popolari,la scrittura è ancora il sistema preferito e più considerato per immagazzinare,richiamare e scambiare informazioni.
Soltanto pochi secoli fa ci fu un'altra transizione,con l'invenzione della stampa.Grazie ad essa l'uso della scrittura si estese moltissimo e divenne il fondamento per il moderno sviluppo della scienza,delle arti,della letteratura,dell'università,del sapere erudito e della conoscenza del mondo in generale.
Quando nacquero i giornali,la stampa in tutte le sue forme diventò medium tramite cui si diffusero nelle società occidentali grandi idee che cambiarono per sempre la natura della religione,del governo,dell'istruzione,dell'arte,del commercio,del teatro,della letteratura e perfino della cultura popolare.
Oggi i principi che governavano la comunicazione stampata nei giornali,nei quotidiani e nei libri tendono ad occupare un posto secondario all'interesse più alla moda per la televisione.
Sarebbe davvero miope pensare che l'attuale fase di transizione sia destinata ad avere sulla società,sulla cultura e sui singoli individui influenze meno profonde di quelle che si ebbero nel passato.
Un buon esempio di questo problema si trova nelle conclusioni a cui giunse Thomas Hobbes sull'importanza della stampa,nel 1651.
Egli disse che:
l'invenzione della stampa,per quanto ingegnosa,in confronto all'invenzione della scrittura non è di grande sostanza..... Ma che la scrittura è una proficua invenzione per mantenerela memoria del passato...............
Può essere allora utile adottare proprio questa prospettiva storica per esaminare il lento sviluppo di certi principi di comunicazione dall'antichità alle epoche successive.
Ma possiamo selezionare i principi della comunicazione scoperti nel passato e sempre validi;per vedere se possono esserci di qualche aiuto nella comprensione delle conseguenze della comunicazione nell'epoca dei mass media.
Prima della comparsa del linguaggio, c'era una sorta di apprendimento per tentavi,integrato da elementi di comprensione ottenuti tramite i segni e i segnali degli altri individui.
Questo metodo non era molto diverso dal modo in cui altri animali complessi controllavano il loro ambiente.
Il linguaggio fornì un mezzo più efficace di concettualizzazione e,ovviamente,una capacità molto superiore di acquisire conoscenze dagli altri.Tuttavia,per millenni l'acquisizione individuale di conoscenze dovette realizzarsi senza la comuonicazione mediata.Le società orali disponevano soltanto dell' inguaggio e della voce umana per superare il fossato che divideva la realtà oggettiva della natura e il mondo dei significati interiore e soggettivo dell'individuo.
All'epoca in cui entrò in uso la scrittura,che rese possibile registrare gli insegnamenti della filosofia,la questione di come le persone elaborano una conoscenza interiore del mondo esterno era già antica.
Dal momento che la comunicazione è ancora il processo fondamentale tramite cui le persone acquisiscano conoscenze soggettive della realtà oggettiva,questo processo resta un tema di studio sempre valido i cui principi devono ancora essere pienamente svelati.In questo processo,il ruolo di mediazione della comùnicazione diventa sempre più importante a mano a mano che l'uomo contemporaneo fa un uso più massiccio dei mass media.
Il termine "filosofia" viene dal greco e significa "amore per la sapienza".
Prima di Platone i filosofi non lasciarono in eredità dei lavori scritti,ma noi conosciamo una parte dei loro insegnamenti attraverso le idee che autori successivi hanno loro attribuito.Risulta chiaro che essi erano interessati allo studio dei principi che sono alla base della natura dell'essere,cioè di ciò che esiste nella realtà,e della conoscenza,cioè il corrispondente soggettivo di quella realtà.
Lo studio dell' "essere" diede origine ai primi fondamenti delle scienze fisiche perchè riguardava la natura della realtà stessa.I primi filosofi cercarono di capire di quali sostanze erano composte le cose,il funzionamento del sole,della luna e delle stelle,la natura degli animali e così via.
Il problema della "conoscenza",invece,condusse in definitiva a tutte le scienze sociali contemporanee perchè investiva direttamente la questione delle reazioni tra le rappresentazioni interiori e soggettive della realtà(i significati)e l'influenza della conoscenza sul comportamento umano.Così,per i pensatori dell'antica Grecia il rapporto tra il sapere e il fare era il tema assolutamente centrale perchè era la base da cui si potevano sviluppare le concezioni di virtù e giustizia. Essi compresero che quando una persona acquisisce una conoscenza interiore della natura delle cose,questa conoscenza le dà le basi per determinare i modi di comportamento appropriati nei confronti di queste stesse cese.
Per molti aspetti,la filosofia vera e propria inizia con Platone.La sua Repubblica è il primo libro di analisi filosofica giunto fino a noi in tutte le sue parti.Platone era un allievo di Socrate,dai cui insegnamenti trasse le basi per molte delle sue importanti idee.Dal suo maestro Platone adottò il metodo socratico come sistema per analizzare le idee:egli poneva una domanda rilevante e poi cercava di ottenere delle risposte dalle discussioni di gruppo con i suoi studenti.
I seminari universitari di oggi usano lo stesso metodo.
Socrate convinse Platone che per raggiungere la conoscenza bisogna usare determinati principi.Per esempio,egli mise in rilievo l'importanza delle definizioni sostenendo che per sapere qualcosa,non è sufficiente nominarla ma bisogna definirla con termini precisi e usare i significati in modo coerente nel corso delle discussioni.
Socrate sosteneva che soltanto partendo da definizioni chiare e distinte e poi seguendo regole che ne specificano il significato in modi standardizzati si può ragionare logicamente dalle premesse alle conclusioni in modo da raggiungere la verità.
Per Platone,se non potessimo sviluppare,nominare e concordare significati soggettivi per i vari aspetti della realtà oggettiva,non potremmo comunicare su di essi come facciamo e non
potremmo agire come esseri umani.La questione della contrapposizione tra mente e realtà e di come l'una conosca l'altra e dunque al centro dell'esistenza umana.
Fondamentalmente,l'antico problema della conoscenza include tre questioni basilari:
una è il problema di dividere il mondo con cui entriamo in contatto con i nostri sensi in segmenti mentalmente trattabili e di dare un'etichetta a ciascuno di essi.
Inseparabile dal primo è il problema di selezionare nella nostra memoria particolari insiemi di esperienze interiori che possiamo etichettare e riconoscere in seguito come il significato collegato a quell'etichetta.
Da questi insiemi di esperienze etichettate derivano le definizioni personali corrispondenti a qualche particolare oggetto,condizioni o stato di cose nell'ambiente fisico o sociale. Il termine "concetto" si riferisce all'insieme che risulta dai due elementi:l'etichetta e il significato.
Un passaggio cruciale nello sviluppo dei concetti è quello dell'accordo sulle regole in base alle quali si assocerà una particolare etichetta ad una specifica definizione che contiene il significato del concetto.Non si tratta soltanto di un comportamento individuale,ma di una specie di patto sociale. Dalle regole derivano le nostre convenzioni di significati e di definizioni,tramite la standardizzázione dei collegamenti tra le parole che descrivono i vari aspetti dell'ambiente e le nostre esperienze soggettive del significato che quelle parole comunicano.
I tre problemi della concettualizzazione,della convenzioni e degli effetti sul comportamento sono stati per molto tempo al centro dell'analisi della conoscenza e delle condizioni sociali dell'uomo.
Platone affrontò il più fondamentale problema della conoscenza,cioè il modo in cui definiamo e comprendiamo le cose che esistono al di fuori della nostra esperienza soggettiva,affermando che la conoscenza umana si sviluppa sulla base di "universali",ovvero di idee generali riguardanti le principali caratteristiche di ogni categoria di cose a cui gli esseri umani possano pensare.
Egli chiamò queste idee generali "forme" e pensava che la realtà stessa ne fosse composta.
Platone riteneva che,tramite la conoscenza degli attributi essenziali di una determinata classe di oggetti,reali o astratti,si potesse facilmente identificare,capire e discutere di qualsiasi ,particolare esempio" di quella categoria. Il significato di un oggetto,quindi,consiste nella sua forma ,cioè nella configurazione degli attributi essenziali che distinguono una categoria di oggetti dalle altre. I filosofi e gli altri studiosi posteriori a Platone incontrarono molte difficoltà con la sua teoria delle forme. Dunque,i concetti sono i fondamenti della conoscenza e il punto di partenza di una teoria della comunicazione umana. Essi rappresentano il nostro modo di relazionarci alla realtà attraverso le nostre esperienze soggettive e interiori degli oggetti,delle circostanze e delle relazioni presenti nel nostro ambiente fisico e sociale.
Qualunque sistema si impieghi per arrivare alla definizionedi un oggetto,di una comunicazione o di uno stato di cose,si presenta il problema di usare quel significato in modo coerente.
Si tratta di un problema più sociale che individuale,perché è una questione di accordo collettivo sulle regole che collegano i concetti ai loro significati.
E questa era appunto una questione di,importanza fondamentale per Platone.Per arrivare alla definizione di un concetto egli adottò il metodo sodratico,ovvero la dissertazione e il dibattito sistematico tra un dotto maestro e i suoi discepoli.
Così facendo era possibile decifrarne le implicazioni o conseguenze per il comportamento umano e per l'organizzazione della vita sociale.
Sembra dunque che al tempo di Platone fosse già molto chiara l'importanza del carattere convenzionale del significato,cioè il fatto che l'interpretazione soggettiva della realtà è una questione,sociale oltre che individuale.Secondo Platone, la conoscenza del mondo in cui viviamo dipende non soltanto da ciò che percepiamo personalmente con i nostri sensi,ma anche dal fatto che ci accordiamo con i nostri simili sui significati condivisi relativi al mondo esterno.
Riferendosi a questa idea,gli studiosi moderni parlano di costruzione sociale della realtà",anche se una definizione migliore potrebbe essere "accordo sociale sui significati" ; La visione di Platone circa il modo delle convenzioni nella strutturazione dei significati è mostrata chiaramente dalla ben nota allegoria della caverna.
"Si immagini",diceva Platone,"la condizione di uomini che abbiano sempre vissuto in una sorta di caverna sotterranea,con un ingresso da cui entra,soltanto la luce e un lungo passaggio che l'attraversa tutta".
Che quegli uomini vi fossero stati incatenati fin dall'infansia in modo che potessero guardare soltanto davanti a sè Dietro di loro c'era un muro,con un parapetto che correva per tutta la sua lunghezza.
Proprio dietro il parapetto correva una strada o un sentiero lungo il quale si muovevano delle persone che portavano degli oggetti,delle statuine di animali e di uomini,tenendoli proprio al di sopra del muro.Dietro il muro ardeva un fuoco molto intenso che mandava una luce molto forte contro la parete opposta della caverna.
In questo modo si proiettavano sul muro opposto della caverna le ombre degli oggetti che le persone portavano avanti e indietro,producendo così una sorta di fantasmagoria,come uno spettacolo di ombre cinesi che veniva osservato dagli uomini incatenati;Essi potevano parlare delle ombre,ma non potevano vedere le statuine o le persone che le muovevano.
Supponete,disse Platone,che le persone che portano gli oggetti parlino liberamente e che la prigione rimandi l'eco del muro su cui sono proiettate le ombre,cosicché gli uomini incatenati possano soltanto supporre che le voci che sentono vengano direttamente dalle ombre.
La questione che intendeva porre Platone era questa: in che modo questi uomini avrebbero interpretato le ombre percepite con i loro sensi?Secondo Platone i prigionieri avrebbero pensato che le ombre fossero la realtà e avrebbero organizzato la propria vita secondo regole condivise per la interpretazione di questi significati.
Essi avrebbero avuto un nome per ciascun tipo d'ombra;avrebbero lodato o venerato l'uomo con lo sguardo più acuto,quello capace di riconoscere le ombre al loro passaggio e di ricordarne l'ordine di apparizione;avrebbero premiato chi riusciva a prevedere quale ombra sarebbe apparsa dopo.
Ora,suggeriva Platone,supponete che uno di loro venga improvvisamente liberato e che gli sia consentito di vedere il muro,la strada,la gente,gli oggetti e il fuoco,cioè tutta la realà oggettiva da cui vengono create le ombre.Gli si potrebbe dire che ciò che vedeva prima non era altro che un'illusione e che sta sperimentando adesso è il vero significato del mondo precedente.Col tempo,naturalmente,lo si potrebbe educare e capirebbe che il nuovo mondo che è adesso davanti a lui è effettivamente la natura oggettiva della realtà.
Ma provate a immaginare che cosa succederebbe se questo uomo venisse riportato nella caverna e rimesso al posto che occupava prima.Provate anche,chiedeva Platone,a immaginare che cosa succederebbe se egli cercasse di spiegare ai suoi ex compagni che ciò che vedono non è affatto la realtà ma soltanto ombre del mondo reale.
Come reagirebbero gli altri?Platone era convinto che avrebbero respinto le sue spiegazioni come deliri di un pazzo, gli avrebbero riso dietro e,se avesse tentato di liberarli per fargli toccare con mano la nuova realtà che aveva scoperto lo avrebbero ucciso.
Le informazioni che vediamo sui nostri televisori o al cinema,dove si presentano come ombre proiettate o anche sulla stampa,ci portano a costruire significati condivisi del mondo reale che non hanno corrispondenti effettivi in quel mondo?
E' un'idea antica come il mondo,con un'applicazione attuale sorprendentemente chiara.Per di più,ci sono molti elementi per ritenere che effettivamente costruiamo significati convenzionalizzati della realtà sulla base dei messaggi dei nostri media!
Le convenzioni linguistiche sono le regole socialmente concordate per interpretare le parole note all'interno di una comunità linguistica.Tali convenzioni collegano una particolare parola alle esperienze soggettive interiori che i membri della comunità linguistica concordano di far corrisponde re a quella parola.Perchè sia possibile comunicare,questi significati devono essere uguali,o almeno molto simili,per tutte le persone che condividono la convenzione.
In epoca contemporanea,abbiamo notevolmente ampliato l'idea di ciò che chiamiamo concetti e convenzioni osservando che le convenzioni di significato riguardano non soltanto parole prodotte oralmente ma anche molti altri simboli.Quindi il linguaggio va oltre le espressioni orali:i gesti non-verbali spesso funzionano come le parole e lo stesso può dirsi degli aggettivi materiali,che svolgono anchlessi una funzione comunicativa.
Noi usiamo centinaia di oggetti che hanno convenzioni di significato di tipo linguistico;esempio lampante le due barrette d'argento sul colletto di un ufficiale dicono che l'individuo ha il grado di capitano.
Le parole naturalmente,restano la categoria più vasta e più importante di simboli tramite cui sviluppiamo e condividiamo convenzioni linguistiche.
Anche se dobbiamo molto a Platone e ai suoi emuli,negli ultimi tempi abbiamo scoperto alcuni principi della conoscenza che avrebbero creato più di un problema ai filosofi greci. Per esempio,che i concetti e le convenzioni non devono necessariamente avere a che fare con la verità .
Il fatto che ci sia una convenzione che collega una particolare parola a un significato concordato non dice se il significato è "corretto" o "esatto".Le persone sono in grado di collegare in modo coerente praticamente qualsiasi parola a qualsiasi significato per sviluppare un concetto,indipendentemente dal fatto che esso sia una rappresentazione esatta del mondo reale;per esempio i fantasmi o i dischi volanti. Due importanti principi di questo processo erano chiari già molto tempo fa,anche se i modi di discuterne erano molto diversi.Il primo è che i concetti sono i fondamenti della nostra conoscenza personale della realtà.Il secondo è che possiamo comunicare perchè sviluppiamo regole sociali,cioè conven zioni linguistiche che richiedano collegamenti coerenti tra le etichette e i loro significati.
Un altro grande punto fermo per i pensatori antichi era chela conoscenza condiziona l'azione,cioè che una delle più importanti conseguenze della conoscenza è la scelta tra diverse forme di comportamento.
Più tardi,quando la cristianità arrivò a dominare il pensiero occidentale,sia i filosofi morali che i teologi si riferivano a questo problema parlando di "libera scelta".
Il sistema legisdativo delle nazioni occidentali si basa da molto tempo sull'assunto che gli esseri umani sanno quale comportamento è richiesto loro dalla società e che se deviano da esso lo fanno in modo deliberato,volontario e doloso. L'espressione "la legge non ammette ignoranza" contiene appunto questo principio.
Il problema del rapporto tra la conoscenza e il comportamento resta al centro della comprensione della vita contemporanea.Il senso comune ci dice che le nostre convinzioni circa la natura della realtà fanno da scenario alle nostre decisioni sulle azioni da compiere.
In quanto danno forma sia al nostro comportamento manifesto che ai nostri pensieri,ciò che conta sono le nostre convinzioni condivise-cioè la nostra conoscenza soggettiva plasmata dalle convinzioni di significato che condividiamo con altri -e non la realtà in se stessa.Se alcune parole non hanno corrispondenti nel mondo oggettivo,ma noi crediamo che ce l'abbiano,possiamo ugualmente usarle per pensare e comunicare.Tali convinzioni assumono un'importanza davvero decisiva quando sappiamo che sono condivise da altri.
Tra il IX e il XIII secolo la filosofia si impiegò nella ricerca di verità molto diverse dagli interessi predominanti nei secoli precedenti.
Era l'epoca di consolidamento della religione.
Le fatiche degli studiosi si svolgevano negli ambienti protetti dei monasteri e delle scuole fondate per la prima volta da Carlo Magno.Questi centri di insegnamento diedero il nome ai filosofi dell'epoca,chiamati "Scolastici".I loro scritti consistevano in una mescolanza di teologia e di filosofia.L'obbiettivo più importante della loro ricerca era la conoscenza di ;Dio e del suo disegno sociale per l'umanità. All'epoca erano tre i modi per raggiungere la conoscenza: uno era rappresentato dalla rivelazione e dalla fede;un altro dall'autorità;il terzo constisteva nell'applicazione del Ragionamento metafisico.
Il ragionamento metafisico e le conclusioni raggiunte con questo metodo,insieme alla verità ricevuta già attraverso la fede,avrebbero costituito la via alla conoscenza.
Gli Scolastici preferivano la logica metafisica all'osservazione del mondo fisico,per due ragioni.
La prima era che essi non avevano molto interesse alle faccende del mondo.La seconda ragione è che sentivano di conoscere già tutto ciò che c'era da sapere sul mondo fisico,perchè disponevano degli insegnamenti di un grande maestro.
Gli Scolastici conoscevano gli scritti di Aristotele,reintrodotti in Europa dai mori che avevano invaso la Spagna.
Circa il 95% degli scritti di Aristotele riguarda il mondo della natura e egli fu considerato la fonte ultima per questi argomenti.Gli Scolastici chiamavano Aristotele "il Filosofo" o "il Maestro" e lo consideravano la fonte assolutamente decisiva di verità per tutti gli argomenti riguardanti il mondo naturale.
Da Aristotele gli Scolastici ereditavano un sofisticato sistema di ragionamento basato sul Sillogismo.La sua forma classica include due proposizioni chiamate premesse,con in comune un termine centrale,e una conclusione che necessariamente discende dalle prime due.Questo sistema di ragionamento serviva agli Scolastici per dimostrare l'esistenza di Dio per mezzo della sola logica.In questo modo,essi potevano scoprire dalle scritture e tramite il ragionamento metafisico i disegni di Dio per la vita buona e giusta,le cui regole erano quelle insegnate e fatte rispettare dalla loro chiesa
Grandi figure del XVI e del XVII secolo furono filosofi come Thomas Hobbes e John Locke,entrambi molto interessati alla natura del linguaggio e al suo rapporto con la vita mentale dell'essere umano.Hobbes nel suo saggio sul linguaggio sosteneva che attraverso le parole e il linguaggio sviluppiamo la capacità di pensare e di ricordare: "Usi speciali del linguaggio sono questi;primo,fissare ciò che attraverso la meditazione vediamo essere la causa di qualcosa presente o passata,e ciò che vediamo può essere prodotto da cose presenti e passate,cioè l'effetto;il che insomma è un'aquisizione di mezzi;in secondo luogo,mostrare agli altri la conoscenza raggiunta,il che è un reciproco consiglio ed insegnamento;il terzo,far noti agli altri i nostri desideri o scopi,sì che ci possiamo aiutare uno con l'altro; quarto,render lieti e sereni noi stessi e gli altri dilettandoci innocentemente con le nostre parole al solo scopo di abbellire e rallegrare la vita".
E' evidente che alla metà del XVII secolo era già invalso il principio che il pensiero dipendesse dall'uso del linguaggio. Jhon Locke fece del linguaggio anche il fondamento dell'ordine sociale.Egli descrisse la relazione tra le parole,i significati interni e il ruolo del linguaggio come base sia della mente che della società:
"L'uomo ebbe quindi dalla natura organi adatti a formulare i suoni articolati,che chiamiamo parole.Ma ciò non bastava a produrre il linguaggio.
Oltre ad articolare questi suoni era dunque necessario che egli fosse in grado di usarli come segni di concezioni interne,e di far sì che essi stessero come segni per le idee all'interno del suo spirito,rendendole così conoscibili agli altri di modo che i pensieri dello spirito umano potessero venire trasmesse da un uomo all'altro."
Uno dei grandi dibattiti in corso tra il XVI e il XVIII secolo rigurdava il valore della conoscenza razionale rispetto a quella empirica,cioè se la vera comprensione della realtà oggettiva fosse raggiungibile attraverso i contatti sensoriali con la realtà stessa.Alcuni pensarono che i sensi non fossero un mezzo di conoscenza affidabile e che le impressioni che di conseguenza rimanevano nella mente fossero inattendibili e ingannevoli.I nuovi filosofi insistevano sulla utilità dell'osservazione e degli esperimenti per dare sistematicità alle osservazioni della realtà.
Il grande modello di conoscenza razionale era la matematica. Gli idealisti respinsero entrambi gli approcci e affermarono che non possiamo sviluppare alcuna conoscenza della vera natura del mondo esterno perchè tutto ciò che conosciamo sono le idee che abbiamo nella nostra mente.
Lentamente,però,le interpretazioni degli empiristi finirono per dominare la filosofia.Il mondo,è percepito attraverso i sensi,e le immagini interiori e i concetti si sviluppano nella mente umana;separata dal mondo oggettivo esterno.
Le realtà soggettive interiori sarebbero simili per tutte le persone rendendo possibile lo scambio interpersonale di significati attraverso il linguaggio.
Il compito dei grandi pionieri che usavano per primi il metodo-scientifico(Bacone,Galileo,Copernico e Keplero),era di rivelare il funzionamento del metodo fisico.Soltanto molto tempo dopo la scienza si sarebbe finalmente spinta a comprendere l'esplorazione del mondo sociale e di quello psicologico. Era assolutamente necessario disporre di un'adeguata epistemologia,cioè di una teoria della conoscenza con cui i ricercatori potessero decidere della verità o della falsità delle conclusioni a cui giungevano attraverso l'osservazione empirica. Nel XIX secolo una delle principali risposte a quella domanda diventò la probabilità:si tratta di una risposta nuova e inconsueta all'antica questione di come noi conosciamo la realtà,che ebbe conseguenze assai importanti.
L'analisi e il dibbattito filosofico sviluppatesi nel corso dei secoli-e tuttora in corso-hanno individuato cinque grandi principi riguardanti l'esistenza umana che si possono così sintetizzare:
l)c'è una realtà in cui viviamo (che comprende sia il mondo oggettivo della natura che un mondo soprannaturale su cui c'è un consenso generale);
2)gli esseri umani sviluppano delle forme di rappresentazione mentale che producano dei significati per quella realtà;
3)in mezzo,c'è un processoper cui gli individui costruiscono significati soggettivi della realtà;
4)i nostri significati e le nostre interpretazioni'soggettive guidano il nostro comportamento personale;
5)i modelli di coportamento dell'umanità sono tali per cui è necessario un ordine sociale che eserciti un controllo attraverso regole eque.Quest'ultimo influenza a sua volta il comportamento.
La natura della realtà
Il progresso delle conoscenza
Le interpretazioni e i significati oggettivi
La condotta personale
La natura dell'ordine sociale
Alcuni si spinsero tanto in là da sostenere che non c'era alcuna realtà esterna:tutto l'esistente era soltanto nelle nostre menti.
Alla fine si arrivò alle conclusioni che la conoscenza è basata su contatti empirici con la realtà oggettiva.Il legame fondamentale tra la mente umana e i significati che la mente trae dalla realtà è rappresentato dai sensi.
Pertanto le nostre immagini,le idee e le interpretazioni- cioè i nostri significati sono costruite soggettivamente sulla base di impressioni sensoriali.
Col progresso della scienza si misero a punto criteri complessi basati sul calcolo delle probabilità per decidere se i risultati con quei mezzi erano attendibili.
La filosofia e i Mass-Media hanno molto in comune,poichè il loro fine è la comunìcazione di pensiero.
Per la filosofia il sapere era il primo bisogno concreto dell'uomo,per i Mass-Media è la comunicazione il primo elemento basilare,che insieme a una corretta trasmissione di pensiero educa l'uomo a un modo di essere costruito.
Quindi oggi conoscere la realtà e viverla in modo soggettivo, è molto difficile,perchè siamo continuamente bombardati e mediati dalla comunicazione;giornali,TV,;..............
Siamo pupazzi nelle mani di un Demiurgo che coordina il nostro modo di essere;di pensare,e ci fa vedere quello che lui ci vuol far vedere.
Siamo come la tastiera di un computer,che veniamo premuti solo quando serviamo per formulare quelle parole o quel simbolo. Gli studiosi moderni parlano di costruzione sociale della realtà legato al linguaggio,cioè ai significati o simboli. Però è anche vero che un oggetto non è classificato in ogni lingua con lo stesso significato.
Come disse Sapir:"il linguaggio è una guida alla realtà sociale,ma condiziona potentemente tutto il nostro pensiro sui problemi sociali.Esso è il larga misura costruito inconsapevolmente sulle abitudini linguistiche di un gruppo............. E quindi i mondi in cui vivono società diverse non sono altro che mondi diversi.
Concludendo dice:"noi conosciamo la realtà attraverso i nostri sensi e questa esperienza ci fornisce la possibilità di elaborare i significati relativi all'ambiente esterno." (Questo è quello che pensava Sapir ma anche i filosofi come Platone).
Quindi usare le convenzioni significa cercare di parlare tutti la stessa lingua,e quindi mediare un significato in qualsiasi parte del mondo per capirsi.
Comunque non esistono solo le comunicazioni del linguaggio ma anche dei simboli,e così via.
John Locke sosteneva che attraverso le parole e il linguaggio sviluppiamo la capacità di pensare e di ricordare.
Nel XIX secolo nasce il principio della probabilità,che si può riassumere:
"La natura della realtà è inseta nel processo della conoscenza che a sua volta è inseto nelle interpretazioni dei significati oggetti e ci portano alla condotta personale da un lato e alla natura dell'ordine sociale dall'altro.
Ciò significa che tutto l'esistente è soltanto nelle nostre menti.
Allieva: Isabella Varrà
Pittura III anno
Docente: Tommaso Tozzi
Corso di: Teoria e Metodo dei Mass Media - 1998/99