TECNICHE
di
DISINFORMAZIONE
Testo
ripreso da
http://italy.indymedia.org/features/media/
Manuale per una
lettura critica
della stampa
Gruppo di Apprendistato Collettivo
COMUNICAZIONE POPOLARE
SCUOLA POPOLARE
DI “PROSPERIDAD”
Madrid
RIGOROSAMENTE ANTI-COPYRIGHT
(Il sapere non ha padroni)
Si raccomanda e si
ringrazia la riproduzione parziale, o meglio,
totale di questo lavoro, per qualunque mezzo, telematico,
elettronico, meccanico, tipografico o altri,
ed incoraggiamo la sua massiccia
distribuzione e/o
pubblicazione.
Distribuito da:
SCUOLA POPOLARE PER
ADULTI “LA PROSPE”
c/Luis Cabrera, 19
28002 MADRID
Tel. : 0034 91 562 70 19
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SENTIMIENTOS KONTRA EL
PODER (SENTIMENTI KONTRO IL POTERE)
Apdo. De Correos 5
28901 GETAFE (Madrid)
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INDICE
INTRODUZIONE
A) STRUTTURAZIONE
DELL’INFORMAZIONE NEL PERIODICO
1. Localizzazione ed
estensione della notizia
1.1 Secondo le pagine dove appare
1.2 Secondo la sua ubicazione nella pagina
1.3 Secondo la sua estensione
1.4 Secondo la sezione dove appare
2. Contorno/cornice
nella quale è inserita la notizia
3. Fotografie ed altro
materiale grafico
4. Strutturazione di
una notizia: la “Piramide rovesciata”
4.1 Titoli e trafiletti
4.2 Decontestualizzazione
B) IL LINGUAGGIO
1. Il linguaggio
scritto
1.1 Tono/linguaggio orientato
1.2 “Parole magiche”
1.3 Associazioni di parole e fatti
1.4 Eufemismi e tecnicismi
1.5 Espressioni orientate
1.6 Stili narrativi
2. Il linguaggio delle
immagini
2.1 Immagini manipolative
2.2 Campagne fotografiche
3. Il linguaggio dei
numeri
C) CONTENUTO
DELL’INFORMAZIONE
1. Selezione ed uso
delle fonti di informazione
2. Informazione falsa
2.1 Informazione falsa scritta
2.2 Informazione falsa visiva
3. Selezione degli
argomenti di informazione
3.1 La non-informazione
3.2 “Informazione-Fulmine”. Notizie che appaiono e scompaiono
3.3 La sovrinformazione
ANNESSO: NOTIZIE PER ORDINE DI COMPARSA
INTRODUZIONE
Oggi giorno l’opinione pubblica costituisce un elemento fondamentale per la
stabilità o l’instabilità del sistema. E in una società mediatica “l’opinione
pubblica si forma giorno dopo giorno mediante il continuo bombardamento dei
mezzi di comunicazione. La verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò
che non è riportato dalla stampa non esiste, e quello che esiste è solo nella
forma in cui appare in essa”.
L’importanza dei media
da luogo, da un lato ad un forte controllo su questi da parte di chi ha potere,
ma, contemporaneamente, alla necessità che questo controllo passi inosservato
per mantenere l’apparenza di libertà di informazione, imprescindibile perché si
possa considerare una società come democratica. Un terzo aspetto è che la
maggior parte dei media siano aziende, da cui derivano obbiettivi commerciali
che vanno ad influire anch’essi sulla loro linea informativa. Il risultato
dell’unione di questi tre obbiettivi è la configurazione di un sistema di
manipolazione ampio e sottile, a volte contraddittorio, ma che generalmente più
che informare pretende imporre una realtà mediante opinioni e valorazioni
presentate come verità indiscutibili.
La raccolta di queste
tecniche di disinformazione è frutto di tre anni di lavoro del Gruppo di
Apprendistato Collettivo (GAC) di Comunicazione Popolare, nell’ambito del
progetto educativo e sociale della Scuola Popolare di “Prosperidad”. Tre anni
analizzando in maniera critica numerose notizie di stampa estratte dai principali
periodici nazionali spagnoli, di modo che, giorno dopo giorno, abbiamo definito
ed elaborato criteri e conclusioni che adesso vi presentiamo sotto la forma di
queste tecniche.
Tutte queste sono
apparse in maniera chiara e ripetitiva, isolate o combinate fra loro. Molte di
loro possono essere applicate ad altri mezzi, TV o radio, anche se non alla
lettera, perché ogni mezzo di comunicazione possiede i suoi strumenti di
disinformazione dovuti alle proprie caratteristiche differenti dagli altri.
La soggettività è
inevitabile in ogni prodotto culturale per cui, anche pretendendo dare una
visione neutra ed imparziale della realtà, questa non potrà mai essere
totalmente oggettiva. La maniera migliore di avvicinarsi all’oggettività è
mostrando la realtà da differenti punti di vista, raccogliendo informazione su
uno stesso tema a traverso fonti distinte e con differenti posizioni su di
esso.
Dunque è precisamente
in questo punto dove risiede un primo e fondamentale elemento di manipolazione
da parte dei media: la sua pretesa di oggettività, l’inganno di offrirci la
loro visione della realtà come se si trattasse della realtà stessa, e
nascondendo sempre gli interessi che difendono. Per fare una lettura critica
dell’informazione, presumibilmente oggettiva, è fondamentale conoscere gli
interessi ai quali rispondono coloro che ti offrono questa informazione.
La “realtà virtuale”
costruita dai media è quindi parziale e obliqua. Generalmente questi danno
copertura e priorità ai punti di vista di coloro che ostentano i poteri
politico ed economico (aziende, grandi partiti politici, governo, grandi
sindacati, ecc.) in cambio la visione, valutazione opinioni e interessi dei
giovani, anziani, lavoratori, malati, studenti, detenuti, donne, immigrati,
impiegati, organizzazioni popolari, …. sono quasi sempre passati sotto silenzio
o emarginati o deformati.
La disinformazione non
sempre è sistematica, preparata e disegnata in maniera cosciente e controllata.
La complessità del processo di elaborazione dell’informazione, ed il vasto
campo da dove si può raccogliere fa che molte volte la disinformazione sia
frutto dell’incompetenza del/della giornalista per non conoscere un argomento,
per mancanza di tempo e spazio, per i suoi pregiudizi o quelli del
redattore/trice, per applicare schemi di lavoro troppo semplicisti o
sensazionalisti, ecc. Però non c’è dubbio che in molti altri casi esistono
campagne di disinformazione che rispondono ad interessi economici o politici
chiari, del mezzo di comunicazione o dei gruppi impresariali che lo finanziano
e sostengono.
La maggior parte delle
notizie sono distribuite da Agenzie di Stampa internazionali. Queste al
principio selezionano una piccola parte delle informazioni perché il 90 per
cento di esse vengono rifiutate. Vale a dire, che ciò che viene a nostra
conoscenza è solo una piccola frazione di ciò che succede nel mondo. È
necessario per tanto conoscere che criteri di selezione sono usati per la
scelta delle informazioni ed a che interessi possono rispondere.
Non dimentichiamoci che
la maggior parte di queste agenzie sono grandi aziende nordamericane, europee e
giapponesi, che sono di solito strettamente vincolate ad importanti gruppi
finanziari in contatto diretto con i governi dei paesi ai quali appartengono.
Logicamente non hanno interesse a ché si verifichino cambi sociali, né
certamente nel far conoscere notizie e situazioni che manifestino i pericoli e
gli aspetti negativi del sistema o mettano in questione la sua validità.
Però non solo queste
agenzie influiscono nell’informazione (sono solo il primo filtro) ma lo fanno
pure le banche che finanziano i mezzi di comunicazione, le corporazioni che
possiedono questi mezzi, le aziende che hanno azioni o che sostengono il
giornale (radio; TV; ecc.) mediante la pubblicità. E non si tratta solo di
aziende: per esempio lo stesso Stato spagnolo (italiano; ecc.) è colui che
apporta più soldi ai media nazionali, sotto forma di pubblicità (pagata con
denaro pubblico); in questo modo indiretto può “castigare” o “premiare” le voci
avverse o quelle a lui favorevoli.
E alla fine, la stessa
linea ideologica dei giornalisti e dei redattori, vale a dire: anche i loro
pregiudizi, il loro corporativismo, eccessiva specializzazione, fedeltà alla
impresa e la loro tendenza alla autocensura influiscono nell’orientamento
dell’informazione.
La disinformazione
viene quindi da numerosi filtri e obliquità, senza che nessuno di questi in
particolare, se non tutto il processo sia la causa per cui l’informazione ci
arriva manipolata e deformata, e incluso spesso coscientemente alterata. Quindi
non solo in ciò che si pubblica, ma anche in come si pubblica sta la
disinformazione.
Di quando in quando
appaiono notizie critiche e discordanti nei media. Però in generale non sono
che “fessure controllate” che danno credibilità al mezzo dotandolo di
un’apparenza plurale ed indipendente, e che sono abbondantemente contrastate da
un’alluvione di informazioni di segno contrario (che rispondono ai diversi
interessi di potere) o da una presentazione che gli imprime un carattere lontano
ed aneddotico. Inoltre, la maggioranza di queste informazioni discordanti,
realmente critiche, appaiono sotto forma di opinione (colonnisti, “lettere al
direttore, ecc.”), la qual cosa relativizza la sua importanza.
Questo dossier non si
incentra sulle cause o origini della disinformazione (struttura impresariale
del processo mediatico, interessi politico-economici, ecc.) ma sulle forme con
cui si attua questa disinformazione sulla stampa, sotto la apparente
oggettività ed esaustività del periodico. Per questo lo abbiamo sottotitolato
“Manuale per una lettura critica della stampa”. Perché più che inquietudini
teoriche, ci guida in questo lavoro un desiderio pratico di proporre strumenti
per l’analisi critica.
Le tecniche di
manipolazione che sono qui raccolte sono solo alcune gocce d’acqua di tutta una
corrente che tergiversa la realtà. Però anche così, consideriamo importante
imparare a difenderci dai media, a vedere quello che c’è dietro la facciata
(leggere le notizie “ dal rovescio “) per, alla fine, pianificarci adesso
l’esigenza e la necessità di avere una informazione al servizio dei nostri
interessi, e non contro di essi.
Il presente dossier è
strutturato in tre parti. Nella prima ci soffermiamo su come si organizza e
gerarchizza l’informazione in un giornale (sezioni, estensione, …), il contesto
in cui si presenta la notizia e come si ordina quest’ultima. Nella seconda
parte analizziamo il linguaggio scritto, fotografico e statistico, vale a dire
la forma in cui ci presentano la notizia, lo stile narrativo, l’uso di
virgolette, aggettivi, ecc. E nella terza ed ultima parte del lavoro studiamo
il contenuto delle notizie: la loro precedenza, la loro falsificazione, gli
argomenti che trattano, quelli che vengono esclusi e quelli che vengono esagerati.
Segue un annesso con notizie concrete che illustrano ed esemplificano i punti e
le idee esposte.
A) STRUTTURAZIONE DELL’INFORMAZIONE NEI GIORNALI
1. LOCALIZZAZIONE ED
ESTENSIONE DELLA NOTIZIA
Il luogo e lo spazio
che occupa una notizia influisce in maniera fondamentale nella sua percezione
da parte del lettore, relativizza la sua importanza e favorisce il fatto che
una determinata informazione possa passare più o meno inosservata in funzione
degli interessi del periodico. Sotto l’apparenza di stare informando in maniera
dettagliata sopra una gran quantità di fatti di attualità, i media stabiliscono
in realtà una gerarchizzazione interessata degli stessi, secondo la loro
localizzazione ed estensione, che privilegia quindi certe notizie ed emargina e
quasi occulta altre.
Si possono considerare
varie forme di risaltare o nascondere una notizia che dipendono dal luogo e
dallo spazio che occupa:
1.1 Secondo le pagine
dove appare
Le notizie in copertina
e nelle prime pagine sono quelle che si leggono per prime dato che risaltano
fra le altre come le più importanti. Influiscono dunque sopra i lettori
dandogli come già selezionati alcuni centri di interesse a scapito di altri.
Nella stessa maniera si può risaltare di più una notizia se si presenta in una
pagina dispari poiché si presta più attenzione a quella (è più “in vista”). Di
fatto, inserire un annuncio in una pagina dispari è sempre più caro che in una
pagina pari, perché risulta più visibile.
1.2 Secondo la sua
ubicazione nella pagina
Se è situata, per
esempio, negli angoli superiori, sopra tutto quelli a destra, una notizia salta
più agli occhi che in altre posizioni. La composizione finale della pagina può
quindi servire per emarginare certe notizie e risaltare altre.
1.3 Secondo la sua
estensione
L’ampiezza di una
notizia, vale a dire: il numero di pagine che un periodico le dedica e quello
dei giorni che lo mantiene “di attualità” sono un buon metro dell’interesse che
il periodico vuole dare (e che i lettori diamo) ad un determinato argomento.
Un esempio che illustra i punti anteriori lo troviamo in El Mundo 27-5-99 (vedi
pag. 38) che dedica la copertina e le due prime pagine interne al processo di
Milosevic da parte del Tribunale de L’Aia (il giorno successivo appare una nota
in prima pagina ed una pagina interna –vedi pag. 39 – così come successivi
commenti al riguardo durante le settimane posteriori). La denuncia, in cambio,
che la Yugoslavia presenta nello stesso tribunale contro la NATO solo si merita
in quello stesso giornale del giorno 3 di Giugno mezza colonna in una pagina
(pari) interna (vedi pag. 40).
1.4 Secondo la sezione
in cui appare
Tutto il giornale è
suddiviso in sezioni, in base generalmente a due criteri distinti:
Sezioni di estensione o
portata: Opinione, Internazionale, Nazionale, Regionale, e incluso Locale.
Determinano la rilevanza o la portata che ha una notizia.
Sezioni specializzate:
Società, Cultura, Economia, Sport, ecc. Determinano il carattere o
l’interpretazione della notizia.
Questa suddivisione
della realtà non è implicita nei fatti, ma dipende dal criterio soggettivo di
ogni periodico. In teoria suddivisione in queste sezioni si realizza per
ordinare l’informazione e facilitare la sua comprensione.
Però, oltre il
proposito di organizzare le informazioni, l’assegnazione di una notizia ad una
o un’altra sezione di solito ha un’influenza importante sopra la sua rilevanza
e diffusione, e sopra l’interpretazione che gli si da.
a) Effetti sulla
rilevanza e la diffusione
Tutte le sezioni non
hanno la stessa importanza né diffusione, ma hanno una gerarchizzazione. Quanto
prima si ponga una sezione, normalmente le sue notizie saranno più risaltate.
L’ordine delle sezioni varia a seconda dei periodici, ma di solito è: Opinioni,
Nazionale, Internazionale, Società, Cultura, Regionale (diffusione che non
oltrepassa la regione corrispondente), Economia.
La collocazione di una
notizia in una o un’altra sezione, anche se spesso può risultare abbastanza
ragionevole, altre volte risulta senza dubbio arbitraria e discutibile. Così la
scelta della sezione può avere l’effetto di risaltare molto o emarginare
totalmente un avvenimento.
Per esempio, la sezione
delle Opinioni (contiene gli Editoriali ed i colonnisti ed umoristi più
prestigiosi) è, per la sua collocazione, una delle più lette di qualsiasi
testata. Ed il criterio per decidere se un fatto si merita o no di essere
commentato in Opinioni, o come “argomento del giorno” negli Editoriali, è
totalmente arbitrario. Si tratta semplicemente di ciò che il giornale considera
più rilevante.
Nel caso delle altre
sezioni, anche se i criteri di collocazione sono di solito più chiari, ci si
può trovare ugualmente un certo grado di arbitrarietà. Risulta spesso
abbastanza arbitrario e interessato il fatto che, per esempio, a molte
dichiarazioni dei politici, estratte dai loro continui “deliri”, bisticci e
strategie, gli si attribuisca importanza nazionale, mentre si relegano quasi
tutte le mobilitazioni sociali importanti a sezioni “più discrete” come
Società, Regionale (che non vengono diffuse al di fuori della regione) o
incluso Economia.
Per esempio, alle
dichiarazioni del politico nazionalista basco Arzallus, estratte da un discorso
fatto in una festa regionale, El Paìs del 25/4/00 gli da una portata Nazionale
(ed internazionale, per coloro che leggano questi periodici fuori da questo
stato, vedi pag. 41). Mentre una protesta effettuata da agricoltori di tutto il
paese che si riunirono a Madrid per manifestare il loro malcontento per il
rialzo del prezzo del petrolio, il Diario 16 del 4/5/99 (vedi pag. 42) non la
riporta nella sezione Nazionale ma in quella di Madrid, per cui la diffusione e
risonanza di una protesta di carattere nazionale non supera in questo caso il
ristretto ambito regionale.
Da un’altro aspetto, a
parte gli effetti sulla diffusione della notizia, l’aggiudicare un fatto a
Nazionale o a Regionale influenza logicamente l’idea che il lettore si fa sulla
sua rilevanza, come qualcosa di aneddotico o qualcosa che arriva ad interessare
tutto il paese.
Però a volte si può
verificare un effetto inverso nella relazione fra le sezioni Internazionale e
Nazionale. Nonostante entrambe abbiano la stessa diffusione, l’inclusione di
una notizia in Internazionale può cercare un effetto di lontananza conveniente
(in questioni scomode o delicate). Di modo che un fatto che ci interessa in
maniera importante è presentato come qualcosa di distante, estraneo alla nostra
realtà più immediata e per tanto poco rilevante. Di solito questo succede in
ciò che riguarda le riunioni ed accordi di organismi internazionali su temi
militari (NATO, OCDE), economici (FMI, WTO) o incluso alimentari (Per esempio,
la discussione sugli alimenti transgenici ci suona come qualcosa che sta
succedendo “lì fuori”, quando in realtà è molto tempo che li stiamo
consumando).
b) Effetti
sull’interpretazione
Però è soprattutto con
la collocazione in “sezioni specializzate” dove il periodico sta offrendo una
chiara interpretazione previa del fatto, quindi ognuna di queste sezioni
apporta un punto di vista proprio. Queste sono a diffusione nazionale, però in
generale risultano più marginali delle “sezioni di estensione o portata”
Nazionale e Internazionale, quindi all’interno della gerarchizzazione si
situano sempre dopo di esse.
Sono inoltre sezioni
dirette a un pubblico “più specializzato”, e ciò le rende ancora più marginali
(come la sezione Società, autentico “ripostiglio” in cui si mescolano notizie
di interesse sociale con fatti, scoperte scientifiche, ed altre curiosità ed
aneddoti morbosi) o più ristrette (come la sezione Economia/Affari, che
utilizza persino un gergo proprio pieno di tecnicismi).
Così succede che a
certi fatti di interesse generale gli si da meno importanza collocandoli in
sezioni specializzate come Società, o si restringe la sua lettura ad un
“pubblico selezionato” situandoli in Economia.
Per esempio, in “El
Paìs” del 30/5/99 (pag. 43) figura nella sezione di Affari-Economia una pagina
intera dedicata alla Turchia sotto il titolo “Nonostante tutto Expotecnia
viaggia a Istambul”. Leggendo l’articolo scopriamo che non tratta solo dati
economici o commerciali, ma che apporta informazioni molto dettagliate sopra
questo paese: situazione politica, relazioni con la Spagna, problema kurdo,
conflitto con il governo basco per l’intenzione di questo di ospitare il
governo kurdo in esilio, ecc. Vale a dire, fatti di chiaro interesse generale e
non esclusivamente commerciale, come suggerisce la sezione in cui è situata la
notizia. Però la sua lettura è rimasta ristretta ad impresari ed economisti.
Un altro buon esempio è
quello di una notizia sulla scoperta che lo Stato Svedese ha applicato
politiche di massiccio “miglioramento razziale” (mediante la sterilizzazione di
persone considerate inferiori, per evitare la loro riproduzione), durante più
di 40 anni e fino a quattro anni fa. Un fatto tremendamente scandaloso, che il
giornale ABC del 29/3/00 (pag. 44) relega alla fine della sezione Società,
insieme ad una notizia sopra un incidente di sciatori in Austria e morbose
informazioni sui riti criminali di una setta apocalittica africana. La notizia
passa così abbastanza inosservata, ed è interpretata in chiave aneddotica e
morbosa.
In generale,
l’inclusione di un fatto in una sezione specializzata si suppone che gli dia un
determinato punto di vista, ugualmente specialistico, scartando altre
interpretazioni che potrebbero essere altrettanto o più valide.
Per esempio, l’ABC del
1/6/99 (pag. 45) include nella sezione Economia una notizia intitolata
“Convocato uno sciopero dei minatori per oggi e domani”, dando a questa un
trattamento esclusivamente economico, come corrisponde alla sezione. Così non
vengono trattati gli aspetti umani, sociali e del lavoro della protesta e della
situazione dei minatori.
Riassumendo, uno stesso
fatto si può dirigere a gente molto differente, ed interpretare in maniera
molto differente a seconda della sezione specializzata in cui si includa.
Per terminare, un buon
modo per sopradimensionare un fatto e generare molta attenzione su di esso è
includerlo contemporaneamente in più sezioni del periodico, di modo che arriva
a tutti i lettori. Per esempio, ripetendo i successi economici di un governo
simultaneamente in Opinioni, Internazionale, Nazionale, Economia, Società, ed
incluso negli articoli dei supplementi domenicali. Molti fatti possono essere
affrontati ed interpretati da molti aspetti e punti di vista
contemporaneamente, però il periodico lo fa solo quando gli risultano
specialmente interessanti.
2. CONTORNO/CORNICE
NELLA QUALE È INSERITA LA NOTIZIA
La cornice in cui si
inserisce la notizia, vale a dire le altre notizie, coi loro titoli e foto, che
la circondano, può influire in maniera importante sulla sua interpretazione. La
maggior parte delle volte la cornice di una notizia è abbastanza casuale, o
risponde alla logica delle sezioni tematiche, dello spazio disponibile, ecc.
Però più spesso di quanto si possa pensare, si “disegnano” le pagine (selezione
e collocamento strategico di notizie, foto, redazione di titoli, ecc.) perché
anche il contorno influisca su una notizia, rafforzando così il “messaggio”
negativo o positivo della stessa, smentendola, coprendola o, al contrario,
risaltandola. Il “disegno” della pagina, nel suo insieme, può convertirsi in un
meccanismo molto sottile di interpretazione della realtà, provocando
l’associazione più o meno cosciente di idee e notizie che formalmente sono
indipendenti e che non sono relazionate esplicitamente.
Un esempio chiaro si
vede in El Paìs del 24/12/98 (pag. 46). La copertina riporta “Barrionuevo e
Vera escono oggi dal carcere dopo l’indulto del Governo”, vale a dire, sono
liberati nonostante la loro provata implicazione nel terrorismo di stato dei
GAL (organizzazione illegale, ma tacitamente consentita, di poliziotti e
“guardia civil” spagnoli che si dedicavano a perseguitare ed uccidere sospetti
appartenenti all’ ETA). Questa notizia viene messa giusto sopra la foto di
copertina relativa ad un’altra questione, con la seguente didascalia: “Ormai
non ci sono più detenuti dell’ETA nelle isole Canarie”, e mostra un’auto della
“Guardia Civil” (corpo di polizia simile ai Carabinieri) vicino ad un aereo
militare. Due notizie in colonna, alla destra della pagina, completano la
cornice: la prima, la dimissione di due ministri britannici per aver nascosto
un prestito; la seconda, la condanna per corruzione dell’ex-vicepresidente
Belga.
Questa composizione non
è casuale: l’indulto e scarcerazione di due ex-membri del governo spagnolo per
un crimine di terrorismo di stato, ha senza dubbio una componente scandalosa
che si pretende neutralizzare in due maniere. Da una parte, si vuole affermare
che anche col terrorismo dell’ETA si agisce in maniera benevolente, con
l’avvicinamento di alcuni detenuti. Da un altro lato, si mostra la “normalità”
che è la corruzione dei politici incluso in paesi “democratici da sempre” come
Gran Bretagna e Belgio.
Un altro caso di uso
manipolativo del contorno è l’abituale collocazione di notizie sopra
occupazioni (sgomberi violenti, processi o manifestazioni conflittuali) nella
sezione Nazionale vicino a notizie sopra Jarrai e la “kale borroka” (violenze e
vandalismi urbani perpetrati dall’ETA) nei Paesi Baschi, seguendo la tattica
del Governo di relazionare entrambi i fenomeni, presentando al movimento dei
centri sociali come infiltrato e contagiato dai protagonisti della guerriglia
urbana basca. Data la mancanza di prove in proposito, si fa uso di tecniche
manipolative come questa.
3. FOTOGRAFIE ED ALTRO
MATERIALE GRAFICO
Insieme ai titoli, le
foto ed altro materiale grafico (disegni, schemi, cartine, ecc.) sono gli
elementi di una notizia che attraggono maggiormente l’attenzione su di essa.
Senza dubbio, il fatto di aggiungere o meno una foto ad una notizia, così come
la sua grandezza, influisce poderosamente nel risaltare o sminuire il fatto
riportato. Questa è un’altra tecnica che possiede il periodico per imporre ciò
che considera fatti interessanti ed emarginare quelli che non gli interessano.
Un esempio molto comune
di questa attitudine sono le notizie che si riferiscono all’ultima novità di
qualche scandalo politico o qualche dichiarazione ufficiale, che di solito
includono la fotografia del/la ministro/a o politico/a di turno, spesso fin
troppo conosciuto dai cittadini medi, per cui questa foto non sta adempiendo
nessuna funzione informativa né di verifica, ma semplicemente serve per
richiamare l’attenzione e risaltare la notizia in questione.
Un buon esempio di
quest’ultima cosa lo troviamo nel periodico ABC del 17/5/99 (pag. 47), in una
tipica notizia di accuse e corruzioni politiche che vede come protagonista il
primo ministro Spagnolo Aznar, che è accompagnata da una foto dello stesso
Aznar. La foto non aggiunge assolutamente nessuna informazione ulteriore, dato
che il volto di Aznar è sufficientemente conosciuto; e oltretutto non è nemmeno
stata scattata nel momento in cui realizzò queste accuse, ma si tratta di una
foto di archivio. Evidentemente in questo caso l’unica funzione di questa foto
è risaltare la notizia attraendo l’attenzione dei lettori.
4. STRUTTURAZIONE DI UNA NOTIZIA: LA “PIRAMIDE ROVESCIATA”
Perché l’informazione
data da una notizia sia pienamente comprensibile deve rispondere per quanto è
possibile alle 6 domande basiche: cosa/chi/come/quando/dove/perché? Le risposte
(normalmente nel solito ordine) dovrebbero apparire nello svolgimento della
notizia, ma i media non prestano la stessa attenzione a tutte.
Questa gerarchizzazione
delle domande, per privilegiare quell’informazione che il media considera più
importante, viene determinata per ciò che nel vocabolario giornalistico si
conosce come la tecnica della “piramide rovesciata”, che è la forma classica di
scrivere una notizia (quella che si insegna nelle facoltà e scuole di
giornalismo). La piramide rovesciata struttura l’informazione nella seguente
maniera:
1. Titolo e trafiletto (riassunto in grassetto).
2. Il fatto centrale della notizia.
3. Antecedenti e conseguenze (contestualizzazione).
4. Altri dati complementari (ampliazione del tema e relazione con altri fatti)
Secondo questo schema,
la cosa meno rilevante è il contesto (il perché?) nel quale si produce un fatto
e le sue relazioni con altri avvenimenti, dunque ciò che, seguendo la piramide
rovesciata, si suole lasciare in fondo. A causa della gran quantità di notizie
che contiene un giornale, la maggior parte dei lettori leggono solo titoli e
trafiletti, dove ciò che risalta è il che? ed il chi? Vale a dire, si tende a
descrivere il fatto isolato, fuori del contesto e svincolato da altre realtà
relazionate, dato che poca gente è solita arrivare fino alla fine del testo
della notizia (a meno che le interessi in particolar modo), per cui il contesto
ed altri dati complementari sono di solito condannati a passare abbastanza
inosservati.
D’altra parte, quando
il/la redattore/trice capo ha problemi di spazio per inquadrare tutte le
notizie nelle pagine, taglia sempre i testi iniziando dalla fine, per cui, la
prima cosa che sparisce da una notizia è la connessione con altri fatti e la
sua contestualizzazione. Questa forma di strutturare e trattare la notizia
rende difficile la piena comprensione di ciò che è accaduto, quindi possiamo
vedere come la stessa logica di redazione di un giornale tende ad emarginare e
sacrificare gli elementi che normalmente permettono di capire più profondamente
la realtà dei fatti: cause e contesto dei fatti, relazione con altri
avvenimenti, ecc.
E per gli stessi motivi
tende a risaltare esageratamente le cose più aneddotiche: il che? immediato
(avvenimento isolato), il chi? (personificando eccessivamente molti fatti,
creando personaggi pubblici o di attualità) ed il come? (i dettagli più
spettacolari di come è successo il fatto, ecc.). Questo si nota molto nelle
notizie relative a conflitti sociali, movimenti sociali, ecc.
4.1 Titoli e trafiletti
I titoli risaltano gli
aspetti della notizia che interessa mettere in evidenza. Insieme alla
fotografia, è di solito l’elemento più appariscente di una notizia, poiché
funge da sintesi e richiamo dell’attenzione. Come sintesi (una frase) non
lascia spazio a sfumature, è sempre abbastanza semplicista. Come richiamo tende
a cercare lo scandaloso.
La curiosità è che a
volte i titoli e i trafiletti iniziali non corrispondono al contenuto reale
della notizia (il corpo del testo) o con le cose più importanti di questa, o
incluso possono arrivare a falsare la notizia riportata. Dato che, come già
abbiamo commentato, è provato che la maggior parte dei lettori leggono
principalmente i titoli, qualche trafiletto iniziale (se ci sono), e leggono
solo poche notizie complete, l’immagine che si formano su determinati argomenti
dei quali normalmente facciano questa lettura tanto superficiale può risultare
molto deformata. Il fatto che i titoli siano più manipolativi dei testi ha
quindi un’importante effetto di disinformazione.
Quest’ultimo caso è
chiaro in El Paìs 17/4/99 (pag. 48). Il titolo della colonna dice: “Il
Pentagono sospetta che Belgrado tenga un arsenale chimico”. Sorprendentemente,
il contenuto della notizia denuncia l’utilizzazione costante da parte del
Pentagono di propaganda e soffiate alla stampa di “sospetti” di questo tipo
(certamente, impossibili da confermare), come un’arma in più per demonizzare
determinate persone o paesi (Milosevic adesso e prima Saddam Hussein) e
giustificare davanti all’opinione pubblica le sue guerre. La stessa notizia che
rende conto della manipolazione informativa sta, essa stessa, effettuando la
stessa manipolazione alla quale si riferisce, per la maggior parte dei lettori
che leggono solo il titolo di una notizia secondaria.
Un altro buon esempio è
il titolo della notizia di El Paìs del 13/2/99 (pag. 49), il quale valuta in
modo tagliente come fallimento il tentativo di IU (Izquierda Unida, partito di
sinistra Spagnolo) di raccogliere 500.000 firme per la legge delle 35 ore (“IU
fallisce nel suo tentativo di raccogliere 500.000 firme per le 35 ore”). Però
leggendo il testo si scopre che il termine per raccogliere le firme non è
ancora scaduto, per cui ancora non si può affermare in nessun modo che
l’iniziativa sia un fallimento. Di fatto, tre mesi dopo (il 23 Maggio) IU era
riuscita a raccogliere fino a 700.000 firme.
4.2
Decontestualizzazione
Anche nel caso in cui una notizia proponga informazione che risponda alle 6
domande, il “perché?” può essere spiegato solo in base alle sue ragioni più
immediate e accessorie, senza permettere al lettore di arrivare a capire la
situazione di partenza che originò il fatto.
Anche se la realtà è
molto complessa ed i fatti non si producono in forma isolata, sulla stampa di
solito sono presentati come fatti indipendenti, senza nessun vincolo con altre
questioni ed aspetti della stessa realtà che sono spesso la loro causa ed
origine. Il contesto passato e presente di una notizia è fondamentale per poter
comprendere ed analizzare una realtà e, a partire da questa analisi, valutare e
formarsi una opinione propria su quello che succede. Nella misura in cui il al
lettore manchino elementi coi quali valutare l’origine e l’ampiezza di un fatto
per formarsi una propria opinione in merito, risulterà più facile al giornale
imporre la sua.
La decontestualizzazione
può essere di due tipi:
a)
Decontestualizzazione storica: Omissione di antecedenti politici, economici,
sociali, internazionali, ecc. che permettano analizzare e comprendere fatti e
situazioni attuali.
b) Notizie-puzzle: Dispersione e frammentazione dei differenti aspetti e
cause/conseguenze di un fatto, di modo che si complica o impedisce la visione
d’insieme e gli effetti che derivano da questo. La frammentazione si può fare
nel tempo (pubblicazione in date distinte) e/o nello spazio (distribuendo nelle
varie sezioni del periodico gli aspetti economici, sociali, internazionali ecc.
di uno stesso fatto), svincolando quindi il fatto dal suo contesto attuale.
Un esempio di come
questa struttura piramidale complica la comprensione globale dei fatti lo
troviamo nel Diario del 16/7/99 (pag. 50). La notizia ha come titolo: “Il
presidente dell’Ecuador cede alle proteste ed abbassa il prezzo della benzina”.
I primi quattro paragrafi e parte del quinto (ed ultimo) si limitano a
rispondere alle sei domande di base: in Ecuador (dove?) il Presidente Jamil
Mahuad (chi?), alla fine (quando?) cede alle proteste riducendo e congelando il
prezzo del combustibile (che? come?), col fine (perché?) di abbassare la
tensione sociale e di far finire lo sciopero dei trasportatori, e le proteste
degli indigeni, sindacati ed altri settori sociali.
Fin qui non fa altro
che completare il titolo con dati illustrativi però non chiarificativi, come la
percentuale dell’ultimo aumento del prezzo del combustibile, il giorno concreto
in cui i trasportatori iniziarono lo sciopero, il tempo che si prevede che duri
la congelazione dei prezzi, ecc. però ciò che si spiega appena è perché gli
indigeni stanno assediando la città. Solo alla fine, nelle quattro ultime
linee, per i pazienti e scarsi lettori che leggono le notizie fino alla fine,
introduce la frase “rinuncia a certe manovre (ajustes) ”, da cui si può dedurre
che le proteste non sono solo per il rialzo del petrolio, ma per tutto un piano
di manovre dello stato. Questo probabilmente era stato imposto da organismi
finanziari internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, …),
ed è probabile che contemplasse tagli alle spese sociali ed imposizioni
agricole ed industriali che, possibilmente, stessero peggiorando la situazione
della popolazione di un paese molto impoverito.
Però tutto questo, che
ci darebbe la chiave per comprendere realmente l’origine di ciò che sta
succedendo in Ecuador, solo possiamo supporlo, poiché in questo caso il
periodico non ha spazio per parlare di quello, almeno mentre stanno informando
sulla “realtà” di un paese in una sezione tanto letta quanto quella
Internazionale. Senza dubbio, alcuni dati che permettono comprendere molto
meglio questi fatti si trovano in El Paìs del 25/7/99 (pag. 54) anche se nel
supplemento Affari, diretto ad impresari e “specialisti” economici. Così il
contrasto politico e popolare viene preso come “un ostacolo alla stabilità
economica del paese” (da tenere in conto per gli oppositori), ed appaiono dati del
contesto che lasciano capire la causa di questa sollevazione popolare, come gli
accordi del paese con il FMI ed il risanamento bancario previsto che avrà un
costo di 2500 milioni di dollari.
Un buon esempio di
decontestualizzazione a puzzle lo troviamo in El Paìs 11/11/98 (pag. 52): nella
copertina della sezione Economia-lavoro appare la notizia intitolata “Il
governo Brasiliano taglia il 40% dei preventivi per le spese sociali”. La
notizia, piena di numeri e percentuali, scarseggia senza dubbio della minima
contestualizzazione che permetta di capirla. Principalmente, perché non si
menziona in nessun momento la causa di un taglio così tremendo, vale a dire,
gli antecedenti del fatto: Che cosa spinge il governo Brasiliano a ridurre in
maniera così brutale le spese sociali? Si tratta di una notizia redatta fuori
dal suo contesto preciso e per la maggior parte dei lettori rimane una
informazione aneddotica e poco comprensibile.
Quattro mesi dopo, nel
medesimo periodico e sezione, El Paìs 09/03/99 (vedi pag. 53), appare una
notizia intitolata “il FMI indurisce le condizioni per aiutare il Brasile”. Di
nuovo si tratta di una notizia molto tecnica, piena di dati macroeconomici
riferiti alla situazione brasiliana ed alle imposizioni del FMI. In questa
occasione la decontestualizzazione si produce al non menzionare in nessun
momento le conseguenze sociali delle dure misure economiche imposte dal FMI.
Per questo il lettore non può apprezzare la trascendenza della notizia, che
rimane una notizia di difficile comprensione.
Adesso, se uniamo le
due notizie che si riferiscono ad uno stesso fatto però separate
artificialmente, riusciamo a ricomporre parte del puzzle, e comprendere meglio
ciò che sta succedendo in Brasile. Però sembra che El Paìs abbia voluto evitare
tutto questo, non facendo da un lato nessuna allusione alla responsabilità del
Fondo Monetario Internazionale nei duri tagli sociali in Brasile, e dall’altro
ignorando le conseguenze sociali delle misure imposte da questo organismo
internazionale.
B) IL LINGUAGGIO
1. IL LINGUAGGIO
SCRITTO
La redazione della
notizia occulta spesso, sotto la facciata della neutralità ed oggettività, la
valutazione del/la giornalista e del media per il quale lavora. Possiamo
distinguere diverse tecniche per far scivolare, mediante il solo uso
dell’espressione scritta, l’opinione dei redattori sopra l’informazione che ci
offrono:
1.1 Tono/linguaggio
orientato
L’uso, a seconda dei
casi, di un tono trionfalista, peggiorativo o di condanna tagliente,
presentando come indiscutibile la valutazione positiva o negativa di un fatto a
traverso il linguaggio, per togliere ogni dubbio e dibattito in merito.
Un esempio lo troviamo
in El Paìs 3/6/99 (pag. 54) nella notizia “Anguita chiama i sette milioni che
dissero no alla NATO”, nella quale il giornalista introduce una gran quantità
di espressioni peggiorative ed ironiche per ridicolizzare il protagonista della
notizia, e per tanto delegittimare i suoi progetti (vedi sottolineato).
Un’altra maniera più sottile per screditare una cosa mediante il linguaggio è
l’uso delle virgolette. Non per trascrivere una dichiarazione, come vedremo nel
punto Fonti di Informazione, ma per mettere in dubbio un termine od un fatto.
Per esempio, nelle
notizie che si riferiscono alle occupazioni di solito mettono fra virgolette
l’espressione Centro Sociale, mentre non accade lo stesso se si tratta di un
centro sociale o culturale del comune. La stessa cosa avviene con l’espressione
Scuola Popolare, che nelle notizie viene messa fra virgolette mentre non viene
fatto lo stesso con le scuole statali o private. Evidentemente, in questi casi
ed in molti altri le virgolette hanno la funzione di screditare e mettere in
dubbio il loro contenuto.
1.2 “Parole magiche”
La creazione ed
imposizione di una opinione mediante ciò che abbiamo chiamato “parole magiche”,
vale a dire: termini con una connotazione positiva (sviluppo, crescita,
tecnologia, Europa, moderato, competitività, impiego, flessibilità) o negativa
(primitivo, radicale, illegale, fondamentalista, protezionismo). Questi sono
utilizzati così ripetutamente in certi discorsi o contesti che finiscono
assumendo per conto loro un valore aggiunto, una connotazione che va oltre il
loro semplice significato.
Il risultato pratico è
che, una volta generata la “parola magica”, basta associarla a qualsiasi tema o
argomento per impregnarlo dei suoi valori. Così per presentare la liquidazione
del settore pubblico come qualcosa di positivo basta risaltare (se possibile
nei titoli) che questo va a generare più competitività, più crescita, o che ci
avvicinerà di più all’Europa. E per giustificare e legittimare l’investimento
multimilionario dello Stato in armamenti, basta riferirsi alla quantità di
impiego che questo genera. In cambio, per demonizzare e criminalizzare
qualsiasi iniziativa o azione dei movimenti sociali o popolari che metta in
dubbio seriamente il sistema dominante, si usa ed abusa del termine “radicale”,
previamente negativizzato ed associato a concetti come “fanatico”, “ultrà” o
incluso “terrorista”.
1.3 Associazioni di
parole e fatti
Alcune parole inoltre
sono di solito associate a determinati collettivi o persone (“giovani radicali”
o “giovani violenti”, “radicalismo basco”, “esercito umanitario”,
“integralismo/radicalismo arabo/islamico”…) di modo che una delle due parole
finisce per evocare automaticamente l’altra.
In altri casi la
manipolazione si produce nell’associare ripetutamente certi collettivi con
determinati fatti. Il miglior esempio è il caso di fatti delittuosi che hanno
come protagonisti immigrati, nei quali solitamente viene risaltata (e
normalmente nei titoli) la nazionalità o condizione di immigrato/a degli
stessi. Anche se normalmente le notizie non stabiliscono una relazione diretta
ed esplicita fra il fatto di essere immigrato e la delinquenza, si genera per
ripetizione una stretta associazione fra l’immigrazione e fatti delittuosi o di
conflitto, fomentando con ciò allarme sociale, xenofobia e razzismo.
1.4 Eufemismi e
tecnicismi
Hanno l’effetto di
banalizzare, ammorbidire o togliere valore alla portata di un argomento,
presentandolo sprovvisto del suo proprio contenuto e significato. Per esempio,
presentando un certo armamento come un prodotto di alta tecnologia, utilizzando
espressioni eufemistiche come “danni collaterali” invece di civili morti quando
si parla di una guerra, “forze dell’ordine” invece di forze di polizia o forze
repressive, “intervento aereo o terrestre” invece di attacco, bombardamento o
invasione, “maltrattamenti o violenza domestica” invece di aggressione o
violenza maschilista o maschile, ecc.
Abbiamo un buon esempio
in un articolo di El Mundo del 23/12/97 (vedi pag. 56) intitolato “Santa
Barbara termina la creazione dell’obice più avanzato del mondo”, che presenta
una nuova arma come se si trattasse della pubblicità dell’ultimo modello di una
macchina. La notizia, piena di tecnicismi, sottolinea le sue qualità e
prestazioni tecniche, la sua tecnologia all’avanguardia, però non dice niente
sulla sua capacità distruttiva, il prezzo che costerà ai paesi che pretendano
acquistarlo, in che tipo di guerre e per quali fini si può utilizzare, ecc.
In altri casi l’uso di
un certo linguaggio tecnico, come il gergo giuridico, amministrativo o di
determinate professioni complica, quando non impedisce, alla maggior parte dei
lettori di comprendere il significato di certe notizie (come abbiamo visto
nelle notizie di El Paìs del 11/11/98 e del 9/3/99, pagine e ).allo stesso
tempo, con l’utilizzo di questi termini tecnici-specializzati si pretende di
rivestire l’informazione (con le valutazioni ed opinioni che incorpora) di
autorità e oggettività, appoggiandosi sul carattere di indiscutibilità che
viene attribuito di solito a tutte le cose scientifiche.
1.5 Espressioni
orientate
Senza che siano
precisamente degli eufemismi, sono “frasi fatte” che tendono a ripetersi nel
linguaggio giornalistico, e che servono per orientare in un certo senso la
descrizione apparentemente oggettiva di certi fatti.
Gli esempi sono
innumerevoli, anche se vale la pena di riportarne alcuni:
Per esempio, per
giustificare cariche poliziani nel caso di manifestazioni, si suole utilizzare
le seguenti espressioni: “La polizia si vide obbligata a caricare”, o
“Provocarono la carica della polizia”. Così in molti casi si scarica la
responsabilità della violenza su coloro che prendono le botte.
Quando non si
verificano cariche, numerose relazioni di manifestazioni finiscono con
espressioni tipo: “Non ci sono stati incidenti”. La formula non è innocente,
perché sembra indicare la cosa come un fatto eccezionale. Vale a dire che
sottolineando che non ci sono stati incidenti si vuol fare capire che la cosa
normale sarebbe stato il contrario, e con ciò si insiste sottilmente nel
conferire un’immagine violenta a certi gruppi o collettivi.
L’espressione: “Fonti
ben informate” si suole utilizzare per dare affidabilità ad informazioni
estratte da fonti inconfessabili, sospettose o direttamente per legittimare
rumori o informazione inventata.
Il conflitto basco,
tanto contaminato dalla disinformazione, ha “lanciato la moda” fra i media
ufficiali dell’uso di sue espressioni orientate contrapposte: “violenti” e
“democratici”, la prima per inglobare tutte le espressioni del nazionalismo
basco, da ETA a coloro che votano o simpatizzano per il MLNV (Movimento di
Liberazione Nazionale Basco), e la seconda per tutti gli altri, con il PNV
(Partito Nazionalista Basco) gravitando fra le due etichette, a seconda del
momento politico. Un concetto così ampio ed ambiguo come quello di “violenza”*
è attribuito in maniera così ripetitiva, semplicista ed assoluta ad un
movimento (del resto molto variegato e contraddittorio) che la tremenda
campagna mediatica sta riuscendo nel fatto che basti citare l’aggettivo “i
violenti” per identificare tutto il movimento nazionalista basco, convertendolo
in sinonimo di violenza. E tutti i suoi oppositori in sinonimo di “democratici”
o “pacifisti”.
· Non ci dimentichiamo
che è lo stato che ha il monopolio della violenza, contando con migliaia di
persone allenate e pagate per esercitarla sotto eufemismi come “Difesa” o
“sicurezza”. I celerini sono pagati tanto per controllare violentemente come
per provocare la violenza; i soldati per risolvere violentemente i conflitti
internazionali a favore di interessi economici o di potere delle elìtes. La
legittimità istituzionale e mediatica per attribuire o esonerare dall’aggettivo
“violento” un collettivo è quindi più che dubbia e criticabile. In questo caso,
sia alcuni settori del MLNV sia alcuni settori dello Stato utilizzano metodi
violenti, fra le altre strategie, per riuscire nei propri obbiettivi.
1.6 Stili narrativi
Per scrivere certe
notizie spesso si utilizzano diversi stili narrativi (epico, lirico, satirico,
pubblicitario), cercando così di generare un sentimento di consenso o rifiuto
verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa maniera potrebbero
suscitare nel lettore impressioni non convenienti.
Un chiaro esempio si
trova in “Piccola storia di un aviatore notturno”; notizia di El Paìs del
30/5/99 (vedi pag. 57), nella quale si utilizza uno stile fra il poetico e
l’epico per descrivere un bombardamento. Il giornalista dà briglia sciolta alla
sua lirica fino a convertire uno scenario di guerra in un’avventura romantica,
cercando di suscitare certe emozioni. Per far ciò non esita ad utilizzare
figure letterarie come metafore o simili adornate con numerosi aggettivi.
Riesce così a sdrammatizzare le dure conseguenze che si associano a ciò che in
realtà è un polemico intervento militare di castigo, esaltando
contemporaneamente fino a livelli “da film” l’operato degli aggressori aerei.
2. IL LINGUAGGIO DELLE
IMMAGINI
Le fotografie di un
periodico compiono in teoria basicamente due funzioni: verificare visivamente
l’informazione riportata nel testo, rendendola più realistica, ed eventualmente
aggiungere nuova informazione che completi il testo. Però in realtà la foto è
utilizzata per altre “funzioni nascoste”. Abbiamo già visto per esempio nel
punto 3 del capitolo A che grazie alla loro visibilità le foto potevano essere
utilizzate per risaltare alcune notizie. A parte questo effetto, possono anche
servire per influenzare sottilmente sul contenuto dell’informazione.
2.1 Immagini
manipolative
Un’altra “funzione
occulta” della fotografia consiste dunque in cambiare il senso di una notizia
(alleggerendola, rinforzandola, distogliendo l’attenzione, ecc.), e può
arrivare anche a contraddirla. Dato che alla fotografia viene data un’immagine
di oggettività (si riceve come un “frammento della realtà stessa”), ottiene di
solito una credibilità abbastanza acritica da parte del lettore e impone il suo
“messaggio” al contenuto nello stesso testo. Noi lettori non siamo molto
coscienti del fatto che anche la foto si costruisce e disegna come
un’espressione in più col suo proprio linguaggio, secondo piani, illuminazione,
uso di simboli ed altri trattamenti.
Un buon esempio di come
alleggerire la durezza di una notizia tramite la foto lo abbiamo nell’articolo
intitolato “Solo la metà dei detenuti tossicodipendenti riceve il trattamento
con il metadone” pubblicato su El Paìs il 18/03/99 (vedi pag. 58). Per
illustrare la notizia di un informe di Izquierda Unida, che denuncia le
terribili condizioni di vita che soffrono i detenuti in Spagna (isolamento,
torture, condizioni sanitarie insufficienti, ecc.), il periodico ha la
sfacciataggine di mostrare un primo piano della piscina olimpica del carcere di
Soto del Real (Madrid). Con ciò tenta evidentemente di controbattere e smentire
la denuncie dell’informe, cercando di far capire che le condizioni di vita in
prigione sono “di lusso” (quando in realtà la suddetta piscina la può
utilizzare solo il personale ed una minoranza dei detenuti…).
In altri casi la
manipolazione proviene direttamente da effetti fotografici (il già commentato
linguaggio fotografico) usati per deformare o aggiustare in maniera espressiva
un’immagine secondo gli interessi del media.
Come esempio di questo
tipo di manipolazione abbiamo le foto della notizia apparsa in La Razòn del
20/5/99 (pag. 59) intitolata “Militanti del PSOE credono che i cartelli
danneggiano i loro candidati”, nella quale si utilizza chiaramente un
obbiettivo fotografico speciale, conosciuto come “grandangolare”, o
l’inquadratura delle foto, per deformare le immagini ed esagerare così
l’effetto visivo dei cartelli del PSOE (Partito Socialista Spagnolo),
appoggiando così l’ipotesi del periodico sopra la campagna di immagine di
questo partito.
Il linguaggio simbolico
visivo è anche utilizzato per trasmettere certi messaggi o significati spesso
in maniera abbastanza subliminale.
La foto che accompagna
l’articolo di El Mundo del 25/4/00 (pag. 60) intitolato: “PP e PSOE giudicano
razziste le parole di Arzallus” approfitta di un piano fotografico preso per
caso durante un discorso di Arzallus (Presidente del Partito Nazionalista
Basco; PNV) per attribuirgli un’immagine che si avvicina alla simbologia
fascista. Infatti, nella foto il leader nazionalista basco appare alzando il
braccio in un momento del suo discorso, gesto che ricorda il classico saluto
fascista, che evidentemente Arzallus non ha mai avuto intenzione di fare. Senza
dubbio, El Mundo decise di scegliere, e nostro parere non a caso, questa foto
piena di fortuito simbolismo, fra le tante foto che aveva dello stesso
discorso.
In alcuni casi, quando
al giornale scarseggiano fotografie, pubblica disegni per sostituirle
(abitudine comune in ABC e El Mundo), con totale libertà per ricreare ed
inventare la realtà a piacere.
2.2 Campagne
fotografiche
Un altro fenomeno che
ha come principale elemento il linguaggio fotografico è quello che abbiamo
denominato “campagne fotografiche”, che consiste nel trattamento fotografico
che danno i media alle notizie relazionate con determinate tematiche
specialmente sensibili.
Si può osservare, per
esempio, una gran uniformità nell’illustrazione fotografica che si dà alle
notizie sui paesi arabi (con sufficiente indipendenza dell’argomento trattato);
si tratta in maggioranza di foto che esprimono violenza e fanatismo che hanno
come principali protagonisti masse di persone o donne col velo. In questo caso
si mette in relazione, per ripetizione ( per questo lo chiamiamo “campagna”,
perché si va tessendo giorno per giorno) la cultura araba e la religione
musulmana (che tendono ulteriormente a confondere e mescolare, quando ci sono molti
musulmani che non sono arabi, ed arabi che non sono musulmani), con la violenze
e l’irrazionalità.
Qualcosa di simile,
anche se più complicato e sottile, succede con molte immagini che si
riferiscono al conflitto nei Paesi Baschi (quante volte si mostra la polizia
che carica contro i manifestanti, e quante volte “giovani radicali”
incappucciati ed in azione?). Se ci si attiene alle fotografie si ha
l’impressione che nel Paese Basco non ci siano mai cariche di polizia né
repressione.
Una campagna più puntuale
ma che ebbe un’impressionante copertura fotografica fu il trattamento visuale
dato alle diverse vittime dell’ultimo conflitto in Jugoslavia, così come agli
eserciti implicati: i soldati della NATO apparivano di frequente in emotivi
addii alle loro famiglie o circondati da bambini kosovari, i guerriglieri
albanesi dell’UCK apparivano feriti o morti, ed i soldati serbi erano sempre
ritratti con un aspetto specialmente feroce e crudele.
3. IL LINGUAGGIO DEI
NUMERI
Sono molte le notizie
che includono diagrammi o grafici statistici, e ciò le dota dell’oggettività
che si suole attribuire alla scienza della statistica. Anche se a volte questi
grafici risultano confusi o poco comprensibili per la loro complessità, non
importa molto dato che l’effetto di sicurezza e credibilità non dipende tanto
dalla comprensione ma dal suo essere Statistica, Scienza.
Altre volte la notizia
stessa sono i dati, le cifre, che la fanno acquisire un aspetto incontestabile,
categorico, occultando o mascherando la rigorosità dello studio e la sua
credibilità. La Statistica è una scienza i cui risultati finali dipendono dal
processo di raccolta dei dati e dal modello che viene scelto. In qualsiasi
analisi statistica, il fatto di selezionare una popolazione o un’altra, un
modello od un altro, cambia in modo significativo i risultati. Per tanto
succede abitualmente che venga invertito il processo di studio, vale a dire:
partire da alcune conclusioni o risultati finali previamente decisi in funzione
degli interessi del periodico o di altre istituzioni, e costruire un modello
che li giustifichi. Non è un caso che, ad esempio, il Gruppo Prisa,
proprietario di El Paìs oltre che di altri mezzi di comunicazione (anche di As,
di Cinco Dìas, la Cadena Ser, Antena 3 Radio, Canal +, ecc.), sia pure il
proprietario della famosa azienda di statistica Demoscopia.
Un esempio che mette in
dubbio la “credibilità” di certi studi è la disparità di risultati che mostrano
la Inchiesta della Popolazione Attiva (EPA) da un lato e la Contabilità
Nazionale da un altro rispetto allo stesso dato: il lavoro. Sotto ogni
inchiesta esistono alcuni interessi, per esempio la pubblicazione di alcuni
dati o altri sopra la intenzione di voto nei processi preelettorali mobilita o
meno i votanti di uno o un altro partito. Un’altra forma di manipolazione
statistica è ritardare la pubblicazione degli indicatori economici. (Se si
vuole ampliare l’informazione sopra la manipolazione delle statistiche vedere
El Paìs del 9/4/00 (pag. 61), reportage che non a caso fu pubblicato nella
specializzata sezione dell’Economia, che non a caso poca gente legge.
Però oltre la
occultazione o trattamento interessato dei dati, la manipolazione si può dare
anche mediante l’interpretazione degli stessi, risaltando gli aspetti positivi
di alcuni risultati senza contare i negativi. Per esempio, risaltare la
diminuzione della crescita dei morti in incidenti di lavoro è una manovra per
dare un aspetto ottimista ad una tremenda realtà, vale a dire, che gli
incidenti di lavoro continuano ad aumentare, anche se a minor ritmo. O le
trionfaliste campagne del governo sulla riduzione della disoccupazione, che
nasconde che si sta ottenendo grazie all’aumento della precarietà del lavoro,
al peggioramento delle condizioni di lavoro, ed al togliere progressivamente ai
lavoratori i loro diritti.
Un buon esempio
concreto di un uso disinformativo e manipolante delle statistiche lo troviamo
nella seguente notizia di El Paìs del 26/5/00 (vedi pag. 62). In piena campagna
allarmista iniziata con l’approvazione della Legge sull’immigrazione per
giustificare una politica restrittiva e repressiva verso l’immigrazione, El
Paìs presenta con il titolo “La cifra degli immigrati inclusi nella legge
sull’immigrazione supera tutte le previsioni” alcuni dati statistici con tre tipi
di cifre: numero di persone prese in considerazione (che hanno chiesto
semplicemente informazioni), numero di coloro che hanno sollecitato la
regolarizzazione e numero di casi risolti (non indica se positivamente, cioè
che hanno ottenuto la regolarizzazione, o negativamente, che gli è stata
negata).
Un’analisi non
tendenziosa delle cifre, non afferma assolutamente che queste sono superiori
alle aspettative, ma tutto il contrario: le previsioni di 80.000 o 100.000 si
riferiscono al numero di stranieri regolarizzati, ed alla metà del periodo il
numero di casi risolti non arriva a 43.000 e, come dice il testo della notizia,
la maggior parte positivamente ma non tutti, vale a dire che al momento il
numero di stranieri regolarizzati non arriva a 40.000 persone, meno della metà
delle previsioni più pessimiste.
Senza dubbio, invece di
comparare le cifre adeguate (previsione di regolarizzazioni con la quantità di
coloro che la hanno realmente ottenuta), ricorre alle cifre logicamente molto
maggiori: numero di coloro che hanno sollecitato la regolarizzazione, o incluso
di chi semplicemente ha chiesto informazioni. Questo errore è troppo elementare
per essere involontario, per cui sembra che voglia creare allarme sociale con
la sensazione di che per colpa della legge gli immigrati ci stanno invadendo,
giustificando così la riforma della legge, che era prevista anche prima di che
entrasse in vigore.
C) CONTENUTO DELL’INFORMAZIONE
1. SELEZIONE ED USO
DELLE FONTI DI INFORMAZIONE
Nel linguaggio giornalistico
si intendono per fonti di informazione gli elementi che forniscono al
giornalista l’informazione con cui costruisce la notizia. Questi possono
essere:
-persone (implicati,
testimoni, esperti)
-istituzioni (politiche, giuridiche, poliziesche, impresariali, agenzie di
stampa, ecc.)
-documenti (inchieste, informi, studi, altri mezzi di comunicazione, ecc.)
A volte una notizia
scarseggia di fonti di informazione quindi è, nella sua totalità, il prodotto
dell’osservazione diretta dei fatti da parte del giornalista. Però ciò non è
molto comune, per questo il ruolo delle fonti di informazione risulta
fondamentale.
In teoria si suppone
che il giornalista debba cercare quelle fonti che gli possono fornire
un’informazione più abbondante, disinteressata e contrastata, per cui
normalmente dovrebbe ricorrere ad una grande varietà di fonti. Però la realtà è
che la scelta di queste risponde spesso ad una strategia di manipolazione
informativa, nel senso che dando eco a certe fonti ed ignorando altre, il media
riesce a trasmettere il suo proprio punto di vista ed opinione senza perdere
l’apparenza di oggettività. Il mezzo si presenta così come un mero ed asettico
trasmettitore di informazioni, quando in realtà tende a scegliere come fonti
quelle persone, istituzioni o documenti che sa che possono favorire i suoi
interessi o con le quali vuole mantenere buone relazioni.
Da questo l’importanza
dei Dipartimenti di Pubbliche Relazioni o Gabinetti Stampa, non solo di
istituzioni ed organismi ufficiali, ma anche di grandi imprese e “personaggi
pubblici”, il cui principale obbiettivo consiste in convertirsi in fonti di
informazione assidua dei media. Altre volte vengono contrattate Agenzie di
Pubbliche Relazioni, perché gestiscano l’informazione su un certo fatto.
Per esempio, nel 1991
il governo del Kuwait contrattò per 10,8 milioni di dollari una delle agenzie
di pubbliche relazioni più prestigiose, la nordamericana Hill & Knowlton,
con l’obbiettivo di convincere l’opinione pubblica nordamericana ed europea di
intervenire nel golfo Persico.
I dipartimenti o
gabinetti sono composti da esperti in comunicazione (giornalisti, pubblicitari,
psicologi, sociologi, ecc.) che si incaricano di elaborare strategie e prodotti
informativi molto completi e di alta qualità (notizie già redatte, reportage,
foto, registrazioni, dichiarazioni, ecc.), disegnati per favorire gli interessi
dell’istituzione o impresa in un determinato fatto che la riguarda. Offrendo
questi “prodotti” ai giornalisti dei distinti mezzi di comunicazione diventano
fonti privilegiate di informazione.
Questo fu il lavoro,
per esempio, del gabinetto stampa della NATO durante l’ultimo conflitto in
Yugoslavia, dato che monopolizzava buona parte dell’informazione sulla guerra.
Così che la maggior parte dell’informazione diffusa dai mezzi sui bombardamenti
fu previamente filtrata dalla NATO. Le altre fonti di informazione durante
questo conflitto furono principalmente i Governi Alleati ed i partiti politici
favorevoli all’attacco; e raramente si dava voce a chi si opponeva ad esso.
Esistono molti altri
esempi di quest’uso manipolativo delle fonti di informazione: l’informazione
che riguarda l’ETA la fornisce quasi sempre il Ministero degli Interni,
l’informazione sulle carceri le stesse Istituzioni Penitenziarie, molto raramente
gli stessi detenuti o i loro familiari (eccetto quando il detenuto è un
personaggio famoso), le notizie sulle occupazioni (specialmente quando c’è uno
sgombero) si nutrono dell’informazione della polizia o di rappresentanti
municipali, lasciando alle dichiarazioni degli stessi occupanti uno spazio
aneddotico (sempre che glielo concedano).
A volte le informazioni
procedenti dalle “fonti di informazione privilegiate” (cioè, in pratica, quelle
che convengono al media), riportano citazioni dirette fra virgolette di
dichiarazioni pubbliche o documenti, per cui gli viene data una voce e una
diffusione massiccia, propagando alla lettera i loro progetti ed il loro
linguaggio.
Un buon esempio
dell’uso interessato delle fonti di informazione, così come dell’abuso delle
virgolette lo abbiamo nella notizia “Almunia felicita Aznar per l’esito del
Governo nel negoziato con la NATO” di El Paìs del 23/12/97 (vedi pag. 63). Le
due principali fonti di informazione scelte per questa notizia sono i due
leader delle forze politiche più favorevoli alla NATO. Di fatto, tutto il testo
è una continua e compiacente trasmissione dei loro discorsi, in gran parte
letteralmente grazie all’abbondanza di frasi fra virgolette. Nonostante la
appariscente protesta organizzata dagli oppositori alla piena integrazione
nella Organizzazione Atlantica, questi sono appena presi in considerazione come
fonte di informazione. In questo modo, diffondendo letteralmente le
dichiarazioni e progetti di coloro che sono a favore della piena integrazione,
ed emarginando quelli che sono contro, il periodico si schiera senza perdere
l’apparenza di oggettività.
Un altro buon esempio
di selezione parziale, e pertanto manipolativa, delle fonti di informazione è
la notizia intitolata: “I grandi magazzini hanno venduto nel 1998 il 9 % in più
ed hanno creato 15.000 posti di lavoro” pubblicata in El Paìs del 10/06/99
(vedi pag. 64). L’articolo è una esaustiva sequenza di dati economici ed
impresariali procedenti nella loro totalità da un informe della ANGED (Associazione
Nazionale di Grandi Imprese di Distribuzione), sicuramente confezionato e
distribuito dalla sua agenzia di Pubbliche Relazioni, che presenta la sua
grande crescita aziendale con un tono assolutamente trionfalista, ricorrendo,
come no, all’“argomento magico” della creazione di nuovi impieghi. Al non
ricorrere a nessun’altra fonte di informazione (piccoli commerci, lavoratori
del ramo, sindacati, associazioni di consumatori) il periodico realizza
pubblicità gratuita a queste multinazionali. Non si dice niente, per esempio,
dei posti di lavoro che distruggono i grandi magazzini, che è sempre molto
superiore a quello che creano (chiusura di innumerevoli piccoli commerci, che
sono i maggiori creatori di posti di lavoro), delle condizioni di contrattazione
e di lavoro degli impiegati, dell’impatto urbanistico che causano, delle
condizioni di acquisto che impongono ai loro fornitori, ecc.
Anche se il periodico
non mente (non c’è dubbio che tutti questi dati e molti di più vengono raccolti
nell’informe dell’ANGED), al ricorrere ad una sola fonte di informazione e
dandogli diffusione di massa in forma acritica e compiacente, sta manipolando e
distorcendo la visione della realtà dei grandi magazzini e del loro impatto
socioeconomico.
2. INFORMAZIONE FALSA
Si intende per
“informazione falsa” quella che è stata deliberatamente inventata per costruire
e trasmettere una realtà differente da quella che conoscono i giornalisti o le
loro fonti di informazione. Falsare o inventare l’informazione è una tecnica
manipolativa meno abituale delle altre che abbiamo visto fino ad ora per una
semplice regione: è molto rischioso, poiché nel caso in cui si scoprissero le
manipolazioni il prestigio e la credibilità del mezzo di comunicazione ne
uscirebbero molto compromessi. Inventare informazione è troppo grossolano e
rischioso quando esistono molti altri mezzi, come quelli visti fino ad ora, più
sottili e sicuri per manipolare senza mentire letteralmente.
Però questo non
significa che non si faccia, soprattutto quando si vuole influire in forma
immediata ed irreversibile nell’opinione pubblica (perché, per esempio, appoggi
con urgenza lo scoppio o il mantenimento di una guerra, o qualche manovra
politica). Le smentite, se vengono fatte, possono arrivare in seguito, quando ormai
è troppo tardi. A parte i loro effetti immediati, le bugie medianiche hanno un
altro grande vantaggio: sono molto difficili da verificare per noi lettori,
poiché non abbiamo i mezzi per farlo la maggior parte delle volte. Per questo è
molto complicato dare esempi concreti e dettagliati di informazione
falsificata. Solo una piccola parte dei casi di falsificazione di notizie
vengono resi pubblici (abbiamo raccolto per questo dossier alcuni degli scarsi
esempi che sono stati diffusi negli ultimi anni).
Un’altra caratteristica
dell’informazione falsa è che risulta difficile sapere la sua provenienza, che
può essere dalla fonte di informazione (governo, esercito, aziende, agenzie di
stampa, polizia, ecc.) o direttamente dal mezzo di comunicazione.
In ogni modo, anche nel
caso di un’informazione inventata dalla fonte, il media è di solito complice
attivamente o passivamente, poiché suo compito sarebbe quello di verificare e
contrastare ogni informazione prima di diffonderla.
2.1 Informazione falsa
scritta
È la più facile da
realizzare, poiché ad un giornalista bastano alcuni minuti per inventarsi
qualsiasi cosa. L’informazione scritta risulta senza dubbio meno credibile ed
impattante di altri tipi di informazione.
L’informazione falsa
può consistere nell’invenzione di un’intera notizia. Per esempio, nell’ultimo
conflitto nei Balcani l’agenzia stampa della NATO diffuse verso la fine di
marzo del 1999 la falsa notizia che erano spariti numerosi intellettuali
albano-kosovari, facendo credere che erano stati giustiziati dai serbi. La
stampa dette un ampio eco alla notizia, senza verificarla, proponendola come
una prova in più della perversità dei Serbi. Mesi dopo (una volta terminato il
conflitto, come succede sempre) si seppe che questi intellettuali non erano mai
spariti, che era una notizia falsa (vedi El Mundo 19/6/99, pag. 65).
Un altro esempio più
vicino, nel quale le notizia falsa procede ugualmente dalla fonte di
informazione (in questo caso si tratta della polizia di Barcellona) ed i media
la diffondono senza nessun tipo di verifica o riprova, fu la notizia
intitolata: “Una giovane resta paralizzata dopo essere picchiata da delle teste
rasate” (vedi El Paìs del 29/3/00, pag.66). Poco dopo si scoprì che si trattava
di un’invenzione della polizia (vedi El Paìs 31/3/00, pag. 67), sicuramente per
alimentare il clima di allarme sociale ed insicurezza cittadina, e giustificare
così la sua attività.
Un’altra falsatura
dell’informazione consiste nell’inventare dati e fatti dentro una notizia, per
orientarla secondo determinati interessi. Questa falsificazione è molto più
comune, poiché non risulta così rischiosa né scandalosa come inventarsi una
notizia intera (come abbiamo visto negli esempi anteriori), così quando gli
interessa molti media adottano il detto “diffama, che qualcosa resta”. Per ciò
spesso ricorrono a certe tecniche, come inventarsi fonti di informazione
inesistenti (con la tipica formula di “secondo fonti ben informate”) per
mettere in bocche anonime accuse false o tendenziose.
Un buon esempio di
questo è la campagna di diffamazione che nel 1991 scatenò il giornale ABC
contro la Scuola Popolare di Prosperidad (Madrid). La scuola svolgeva le sue
attività in un locale di proprietà dell’Arcivescovato di Madrid, che nel 1943
affittò al Comune di Madrid, che a sua volta lo cedette nel 1982 alla scuola
perché vi svolgesse le sue attività educative. Però nel 1990 il Comune ruppe
unilateralmente il contratto d’affitto con l’Arcivescovato dando via libera a
questo perché recuperasse il locale, espellendo la Scuola. Il caso fu
sottomesso a processo nel 1991, e l’Arcivescovato ricevette tutto l’appoggio da
parte dell’ABC, che iniziò una tremenda campagna di diffamazione contro la
Scuola. Un articolo di quell’epoca ci può servire come esempio di falsa informazione,
poiché è pieno di invenzioni, esagerazioni ed inesattezze.
Il titolo è:
-Manifestazioni organizzate da comunisti per evitare lo sfratto de “La
Prospe”-, datato 28/6/91 (pag. 68). Per prima cosa, attribuiscono
l’organizzazione della manifestazione a “comunisti”, e più concretamente alla
presidente dell’Associazione Popolare Gisela Meyer, membro di Izquierda Unida.
In realtà la manifestazione fu organizzata dalla stessa Scuola “La Prospe”,
senza che in ciò avesse niente a che fare Gisela Meyer ed IU. Nella scuola
hanno sempre confluito una gran quantità di correnti ideologiche, da comunisti
ad anarchici, ecologisti, femministe, però soprattutto numerose persone che
preferiscono non essere etichettate. La Scuola è indipendente da qualsiasi
partito o sindacato, per cui il semplicista e cospiratorio titolo dell’ABC è
falso.
Fra i molto spropositi che contiene l’articolo (uso di virgolette, vocabolario
peggiorativo e criminalizzante, ecc.) risaltano parecchie altre falsità. Come
quella che “i partecipanti de La Prospe abbiano lanciato minacce” (terzo
paragrafo); il riferirsi a questi come “ persone che si identificano come
educatori, maestri ed assistenti sociali” mettendolo in dubbio quando molti
effettivamente lo sono, e in ogni caso la Scuola Popolare è riconosciuta come
tale dal Ministero dell’Educazione. La rotonda affermazione (sempre nel terzo
paragrafo) che “la maggioranza dei vicini applaude la decisione municipale (di
chiedere lo sfratto) e dubitano della bontà delle attività impartite ne La Prospe”
è igualmente falsa, poiché il sentimento comune nel quartiere di Prosperidad è
l’appoggio di numerosi vicini (nelle manifestazioni ed attività) e
l’indifferenza di molti altri. L’affermazione che la maggioranza del vicinato
applaude la chiusura della Scuola è dunque falsa, tanto quanto la testimonianza
che segue del supposto vicino. Questa è piena di menzogne: mette in dubbio che
si realizzi educazione di adulti, qualifica la partecipazione delle gente come
scarsa (in quell’epoca frequentavano il locale circa 250 persone), afferma che
i partecipanti nelle proteste non sono gente del quartiere ma gente “reclutata”
dai “capetti” della Scuola (un collettivo come La Prospe non ha capi né recluta
nessuno; non è un’organizzazione paramilitare né un partito). Anche supponendo
che quell’anonimo testimone fosse reale, e non inventato come sembra (poiché
riassume, dalla bocca di un “vicino”, le tipiche accuse propinate da ABC nella
sua particolare campagna), il semplice fatto di diffonderle letteralmente e
senza verificarle contribuisce a falsificare l’informazione.
Nell’ultimo paragrafo,
sotto il titoletto “Replica”, ABC risponde ad una lettera di protesta inviata
giustamente da membri de La Prospe per protestare per le falsità scritte in un
articolo anteriore. In sua difesa il periodico afferma di possedere prove di
tutto ciò che ha scritto, nuova bugia da aggiungere al cumulo di falsità
dell’articolo.
Questa è solo una
piccola parte di tutta una campagna “informativa” piena di menzogne e di dati
falsi, inventati o tergiversati, che scatenò il quotidiano ABC per danneggiare
La Prospe e difendere gli interessi dell’Arcivescovato di Madrid.
In generale, le notizie
scritte totalmente inventate procedono dalla stessa fonte di informazione. Ed
il media si trasforma in complice delle stesse quando (sia per interessi di
potere, per clientelismo, per sensazionalismo, ecc.) le pubblica senza
verificarle. Nel caso in cui si scopra la falsità, la responsabilità si divide
fra ciò che crea la notizia e ciò che la diffonde.
In cambio la falsatura
parziale dell’informazione, molto più comune e difficile da verificare, è
spesso prodotto dello stesso periodico, il quale, partendo da un fatto reale,
lo deforma ed adultera in funzione dei suoi interessi.
2.2 Informazione falsa
visiva
Disegnare informazione
visiva falsa è tecnicamente più complicato e suppone un rischio maggiore che
realizzare falsa informazione scritta. Però risulta più credibile, poiché
l’informazione visiva viene presa di solito come immagine della realtà stessa.
Si può generare falsa
informazione visiva in varie forme:
A) Immagini inventate.
Foto che sono state direttamente messe in scena.
Per esempio, verso la
metà del 1999 la stampa spagnola diffuse una foto di un gruppo di zapatisti che
consegnavano le armi a rappresentanti del governo messicano affermando che: “14
ribelli zapatisti disertano l’EZLN” (vedi El Paìs 31/3/99, pag. 69).
Posteriormente si scoprì che era tutto una messa in scena, e che gli
incappucciati che apparivano nella foto non erano zapatisti, ma gente
mascherata che fingeva una falsa consegna di armi, come riporta la notizia di
El Paìs del 2/4/99 (pag.70) (molto più piccola della prima e senza foto). Si
può dire che la manipolazione partì dal governo messicano (manipolazione
esercitata dalla fonte) e non dalla stampa, però risulta molto difficile
credere che la sua diffusione sia stata realizzata senza la connivenza di
quest’ultima. In ogni modo, è sorprendente che non si siano scomodati a
verificare quest’informazione con l’EZLN.
B) Immagini manipolate.
Foto che anche se hanno a che fare con il fatto sono state manipolate per
cambiare il loro significato ed implicazione.
A volte viene fatto
semplicemente tagliando la foto in maniera che cambi il suo significato. Vale a
dire, manipolando l’inquadratura.
Come varie foto apparse
durante la guerra dei Balcani, la cui inquadratura fu convenientemente
manipolato per associare ripetutamente i gesti di Milosevic con saluti
fascisti. Per esempio, nella foto apparsa in El Paìs del 28/5/99 (vedi pag. 71)
si vede Milosevic con un braccio in alto e la mano stesa, e l’altro braccio non
si vede (lo hanno tagliato dall’inquadratura). Si tratta di una foto di
archivio (per cui scelta arbitrariamente dal periodico) e che appare in
copertina. Posteriormente, dopo la denuncia di vari lettori, lo stesso
quotidiano ammise che quella foto era stata tagliata e che nell’originale si
vedeva coi due bracci stesi salutando l’atterraggio di un aereo, cosa che gli
dà un senso completamente differente.
Però è sempre più frequente
la manipolazione si realizzata mediante nuove tecniche digitali.
Così nella copertina
dell’ABC del 7/7/88 (pag. 72) si vede una foto delle feste di San Fermìn dove
numerose bandiere del Paìs Vasco portate dal pubblico furono manipolate con il
computer per convertirle in bandiere in identificabili, ed appoggiare così il
senso del titolo.
C) Immagini fuori
contesto. In alcune occasioni si trovano foto che non sono inventate né
manipolate, però sono totalmente e deliberatamente fuori contesto.
Un esempio celebre che
apparve in tutta la stampa mondiale durante la Guerra del Golfo è la foto del
cormorano moribondo macchiato di petrolio presentata dai giornali come prova
dei supposti versamenti di greggio che stava realizzando il malvagio ed
“eco-terrorista” Saddam Hussein per ostacolare l’invasione “alleata”. In
seguito si seppe non solo che quasi tutti i versamenti in mare furono frutto
dei bombardamenti nordamericani di petroliere irachene, ma che inoltre la
famosa foto del cormorano era stata fatta anni addietro in un disastro
ecologico dopo l’affondamento di una petroliera nel Mar del Nord. In questo
caso, l’immagine era tanto deliberatamente fuori contesto che si può
considerare quasi come un esempio di immagine inventata per l’occasione.
3 SELEZIONE DEGLI
ARGOMENTI DI INFORMAZIONE
3.1 La non-informazione
a) Non-informazione
assoluta
In tutti i paesi c’è
una lista di “argomenti riservati”, e come tali censurati e chiusi
all’informazione in generale. In Spagna fino a poco tempo fa la Guinea Equatoriale
era inclusa in questa lista. Sull’utilizzo di fondi riservati, non solo non si
può informare, ma nemmeno possono essere controllati dal Parlamento. Questioni
classificate come di Difesa Nazionale, attività e documenti dei servizi
segreti, ecc.
Logicamente, la serie
di argomenti soggetti ad una censura quasi totale non sono molti, poiché lo
Stato potrebbe essere facilmente accusato di mancanza di democrazia. Come
commentavamo nel caso della falsa informazione, ci sono maniere più sottili per
disinformare. Però i pochi argomenti vietati all’informazione generale sono
totalmente fuori da qualsiasi controllo pubblico, poiché non viene mai ammessa
l’esistenza di una censura, e non risulta facile accorgersi di quali sono gli
argomenti la cui conoscenza ci è proibita per decisione politica.
b) Non-informazione
relativa
Oltre a questi
argomenti riservati, ci sono molti altri che, pur non essendo soggetti a
censura possono essere sicuramente inclusi in questo capitolo sulla non
informazione. Ci riferiamo a fatti o realtà sulle quali, anche se a volte viene
pubblicato qualcosa in merito (poiché, come già detto, la loro censura totale
risulterebbe grossolana e facilmente criticabile), le notizie che ci arrivano
sono così scarse ed incomplete (il minimo perché non si possa dire che si
stanno occultando totalmente) che in nessun modo si può dire che ci stiano
informando realmente.
Il fenomeno della non
informazione relativa ha molte cose in comune a quello della sovrinformazione,
che analizzeremo più avanti. Nella stessa forma che l’offerta di qualsiasi
prodotto, per quanto sia inutile, se si è capaci di diffonderlo, finisce per
generare una richiesta e rimpiazzare quella di altri prodotti più necessari,
l’offerta informativa che riceviamo finisce ugualmente per modellare la
richiesta del “prodotto informativo”, generando interesse per questioni che
realmente sono poco rilevanti o per niente, ed in cambio insensibilizzando ed
annullando ogni preoccupazione per altre che incidono in maniera importante in
uno o molti aspetti della nostra vita.
Per esempio, molto
probabilmente la gente ammetterà che i problemi relazionati con l’alimentazione
e la salute (qualità degli alimenti, manipolazione genetica degli stessi,
prezzo dei prodotti alimentari, organizzazione del lavoro agricolo, i suoi
costi e la creazione/soppressione di posti di lavoro) sono molto più importanti
e vitali di ciò che riguarda l’industria cinematografica e la sua propaganda.
Senza dubbio l’attenzione che genera nei media una consegna dei premi Oscar è
infinitamente maggiore di quella creata da una riunione in cui si decidono e si
profilano i criteri ed i controlli per la manipolazione genetica degli
alimenti, la loro produzione e distribuzione (es. nel vertice
dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, o WTO).
In questo squilibrio di
interessi avrà una motivazione l’ampia attenzione mesi prima della consegna
degli oscar di tutti i mezzi informativi e, al contrario, lo scarso o nullo
interesse che questi mezzi danno ai vertici delle organizzazioni come il WTO,
che sono presentate come riunioni di tipo “tecnico” e per tanto abbastanza
estranee ai cittadini “normali”.
In ugual maniera, è
molto maggiore l’attenzione prestata (dai media, e di conseguenza dal pubblico)
a qualsiasi dettaglio, per piccolo che sia, della vita quotidiana di personaggi
famosi, che quella diretta alle inumane condizioni di vita che i detenuti
devono sopportare quotidianamente nelle carceri spagnole.
Dato che si finisce per
assumere che “ciò che non si vede sui giornali o in televisione non esiste”,
l’assenza sistematica di informazione su un tema, fa sì che non solo non si
rivendichi il diritto a conoscerlo, ma che nemmeno sentiamo la necessità di
farlo perché non siamo coscienti che esiste.
Segue una raccolta (non
esaustiva) di argomenti propri della non informazione, vale a dire
tradizionalmente “dimenticati” nonostante la loro importanza:
A scala nazionale:
- Fra gli argomenti
importanti, per la loro vicinanza ai nostri interessi ed alla nostra vita,
risalta tutto ciò che è relativo ai movimenti sociali. Associazioni e
collettivi che nascono precisamente per difendere e rivendicare le questioni
più vitali e vicine (associazioni di vicini, movimento dei centri sociali,
movimento femminista, collettivi per la difesa dei diritti dei detenuti, contro
le torture ed abusi di potere, ecc.) difficilmente trovano uno spazio
informativo, mentre riceviamo ripetuta ed ampia informazione sulle questioni
interne dei partiti politici (che in teoria devono occuparsi di tutte queste
questioni), sui loro bisticci e problemi interni.
- Situazione nelle carceri. Caratteristiche della popolazione reclusa,
condizioni, tipo di misure disciplinarie. In Spagna perché fosse fatto un breve
riferimento a questa questione, nel febbraio del 2000 dovettero fare lo
sciopero della fame molti detenuti in celle di isolamento e varie persone del
Coordinamento di appoggio. Altri argomenti carcerari sono ugualmente ignorati:
condizioni di vita nei riformatori giovanili, nei manicomi, in case di riposo…
- Imbrogli economici: in questioni economiche statali e municipali, non si
informa sui modi di aggiudicare opere e servizi, sulla distribuzione (le entità
beneficiarie) di sovvenzioni ed aiuti pubblici. Quando per interessi politici
si ventila qualche imbroglio in qualche quotidiano le notizie e le critiche si
centrano usualmente nella politica coinvolta, non prestando quasi attenzione
all’altro accusato: generalmente qualche azienda o banca. Nemmeno vengono
diffusi troppo certi indulti concessi dal governo (generalmente per reati
chiamati “delitti da colletto bianco”, vale a dire: evasioni massicce di
imposte, grandi frodi, ecc.).
- Commercio di armi, esportazioni di armi (destinatari, benefici, ecc.),
seguito delle aziende belliche.
- Destino finale degli aiuti per lo sviluppo, aziende che intervengono, forma
di assegnazione
- E molti altri argomenti che nemmeno sospettiamo…..
A scala internazionale:
- Situazione del mondo
indigeno in America Latina. (Guatemala, Chiapas, Brasile, Cile, ecc.)
- L’Africa è un continente totalmente dimenticato dall’informazione, eccetto
quando succedono grandi catastrofi naturali o selvagge guerre fratricide
(incomprensibili perché non gli viene data la contestualizzazione adeguata).
- Situazione dei diritti umani nei “paesi alleati” alle grandi potenze
occidentali (Turchia ed il conflitto kurdo, la situazione della donna in Kuwait
od in Arabia Saudita, complicità del governo o dell’esercito nella sanguinosa
repressione della popolazione civile in Brasile, Colombia, Guatemala, Messico,
Algeria, Thailandia, ed un lungo eccetera.)
- Le implicazioni di governi, multinazionali e banche in alcuni dei commerci
internazionali più torbidi e fruttiferi: commercio di armi, droga, ecc.
- Politiche economiche imposte da certi organismi internazionali (FMI, BM,
GATT, OMC, G8, ecc.), soprattutto in ciò che riguarda le conseguenze sociali ed
umane delle loro decisioni. Chi controlla questi organismi? Chi ed in funzione
di quali criteri decide le politiche da applicare?
3.2
“Informazione-fulmine”. Notizie che appaiono e scompaiono
È un fenomeno comune
nel panorama informativo la repentina apparizione di numerose notizie
relazionate con uno stesso argomento o con certi fatti (anche se questi
esistevano già molto tempo prima, e non erano mai stati riportati come
notizia). Durante un certo periodo di tempo il pubblico è bombardato da tutti i
media con notizie, reportage, interviste, ecc. sopra un certo argomento,
passando in primo piano nell’attualità informativa. Quando all’improvviso
inizia a diminuire il flusso di notizie, arrivando a sparire completamente
anche se la situazione in causa non è ancora finita o non è ancora stata
risolta.
Si capisce che in molti
casi questo fenomeno non è casuale, ma risponde agli interessi del mezzo
informativo o delle fonti informative non rese pubbliche, spesso difficili da
verificare.
a) Apparizione
Come nel caso
dell’informazione falsa (vedi capitolo), nelle “informazioni-fulmine” risulta
spesso ugualmente complicato distinguere se la causa della loro comparsa è
direttamente attribuibile allo stesso mezzo di comunicazione o procede dalle
loro fonti di informazione, che utilizzano il mezzo come diffusore. Come
sappiamo, le principali fonti di informazione dei media, a parte i giornalisti,
sono le agenzie di stampa internazionali (anche aziende multinazionali) e i
dipartimenti di stampa o di pubbliche relazioni di istituzioni statali e delle
grandi imprese (vedi capitolo Fonti di informazione). Quando una istituzione o
un’impresa è molto interessata nel rendere pubblici certi fatti secondo il suo
punto di vista, gli basta nutrire i media con informazione di gran qualità ed
interesse perché questi abbiano un’eco.
b) Propagazione
La propagazione di
“notizie fulmine” da parte di tutti i media non sempre vuol dire che tutti
abbiano gli identici interessi. Spesso viene dato ciò che potremmo denominare
“contagio dell’attualità”, vale a dire: se uno o più media concedono molta
attenzione ad un fatto, riuscendo ad attrarre l’attenzione del pubblico, il
resto dei media dovranno informare ugualmente dello stesso per non restare
indietro e perdere la capacità di “offrire attualità”. Per tanto la
propagazione spesso si deve a ragioni commerciali, di competitività
informativa.
c) Scomparsa
Una volta che la
diffusione massiccia di un fatto abbia soddisfatto gli interessi occulti a cui
si doveva la sua comparsa (togliere prestigio o persino far cadere un governo,
scatenamento di una guerra, ecc.), l’informazione al rispetto suole sparire con
la stessa rapidità con la quale apparve, anche se la situazione o i fatti
ancora non si sono risolti. In altri casi la sparizione si deve semplicemente
ad un fenomeno di saturazione del pubblico, stufo di ascoltare o leggere sempre
la stessa informazione sopra la stessa cosa. Così anche argomenti tremendamente
drammatici (come la violenza contro le donne, le mattanze in Algeria, gli
incidenti di lavoro), finiscono per banalizzarsi e si convertono in “una parte
in più del paesaggio informativo” quotidiano, e smettono di avere rilevanza o
interesse per il pubblico. In tal caso il media tende a farle sparire (anche se
la realtà sulla quale si informa non sparisce), almeno per un periodo di tempo.
Esistono esempi molto
chiari di “informazioni fulmine”:
Quello del terrorismo
di stato dei GAL, ampiamente diffuso in principio dal periodico El Mundo, ed in
seguito per “contagio di attualità” dal resto dei media, anni dopo del
verificarsi dei fatti. L’origine di questi improvvisi bombardamenti risponde ad
interessi politici ed impresariali, più o meno chiari, però per niente
manifesti (i media fingono sempre neutralità). El Mundo iniziò una feroce
campagna di accuse contro il governo “socialista” scatenando e dando eco alla
maggior parte dei casi di corruzione. Curiosamente dalla caduta del governo del
PSOE questo quotidiano ha dimenticato notevolmente il caso GAL, che a stento
ritorna di attualità nell’insieme dei media (anche se restano molti processi da
terminare).
Un altro esempio è la
dittatura di Suharto in Indonesia; appoggiata dagli Stati Uniti e tremendamente
sanguinosa, che continuava da anni ad assassinare migliaia di oppositori
politici (comunisti, indipendentisti di Timor, ecc.) davanti al silenzio
unanime e complice dei media occidentali. Di improvviso, circa due anni fa,
iniziano ad apparire sulla stampa articoli e reportage denunciando il carattere
tirannico e mafioso del regime indonesiano. Mesi dopo scoppiarono in Indonesia
rivolte studentesche, ampiamente coperte dei media, e seguite dalle
“dimissioni” di Suharto. Subito dopo essere stato sostituito da Habibi, uno dei
suoi uomini di fiducia, d’improvviso l’Indonesia torna a sparire dalle notizie
di attualità. Che è stato di Suharto? E delle proteste studentesche? Qual è la
politica del nuovo governo? E c’è stato qualche cambiamento realmente
democratico? In questo caso, possibilmente l’origine dell’”informazione
fulmine” si deve cercare nei governi occidentali che controllano la situazione
politica indonesiana (Stati Uniti o Australia); o magari nelle compagnie
petrolifere che controllano la tremenda produzione di greggio di questo paese.
Gli uni o gli altri sono probabilmente i responsabili della rapida diffusione e
della brusca sparizione dell’informazione sull’Indonesia.
Come un esempio
significativo di repentina scomparsa interessata di un’informazione risalta
l’insieme di notizie sulla sollevazione zapatista in Messico. La spettacolarità
e novità della sollevazione assicurò la sua massiccia diffusione all’inizio del
1994, però l’attenzione dei media si ridusse improvvisamente in maniera
drastica in coincidenza con la visita del presidente messicano in Spagna.
Adesso, quando la repressione dell’esercito messicano è forse maggiore, si
parla appena degli zapatisti.
3.3 La sovrinformazione
Nell’altro estremo
della non-informazione o carenza informativa di determinati temi troviamo il
processo di “sovrinformazione” di altri. Entrambi, come facce di una stessa
moneta, costituiscono una forma di disinformare. Numerosi esperti di
comunicazione, come Ignacio Ramonet, centrano gran parte delle loro critiche ai
media su questo fenomeno della sovrinformazione.
La sovrinformazione si
manifesta in due forme differenti:
a) Sovrinformazione di
alcuni aspetti di un argomento
informare in modo molto
abbondante sopra certi aspetti di un argomento è una forma di emarginare altri
aspetti, speso più importanti, polemici o chiarificatori. Non è che non si
informi sopra questi ultimi aspetti, ma gli viene dedicato così poco spazio
comparato a quello che si dedica agli altri aspetti che passano praticamente
inosservati agli occhi del pubblico in generale.
Allo stesso tempo si
diffonde la sensazione di essere esageratamente informati sopra un fatto, col
il quale i media stanno compiendo la loro funzione, quando in realtà ci
forniscono aneddoti ma scarseggiamo di chiavi per comprenderlo. Questo è il
tipo di sovrinformazione più comune.
Di solito si
materializza con una valanga ripetitiva di certe informazioni, dati ed immagini
(spesso seguendo una linea sensazionalista, di notizia-spettacolo) senza
entrare realmente nel fondo della questione.
Come abbiamo
commentato, paradossalmente l’eccesso di informazione su di un tema suole
produrre un effetto simile al non informare realmente sullo stesso. Per
iniziare, un gran volume di informazione costante obbliga a leggere
superficialmente, vale a dire, principalmente i titoli ed alcun trafiletto. E
come abbiamo visto nella sezione dedicata a questi elementi, sono spesso i più
manipolativi dentro una notizia. Il lettore, non essendo capace di assimilare
tanta informazione, in gran parte deliberatamente superflua ed inutile, termina
per saturarsi dell’argomento trattato. Questo può portare a che finisca per
ignorarlo (se si oltrepassa una certa soglia di sovrinformazione) o, più
comunemente, che accetti senza nessuno spirito critico la versione dei fatti
con la quale lo bombardano.
Abbonda per esempio
l’informazione sopra gli attentati dell’ETA ed il loro intorno, e le
dichiarazioni in merito di personaggi pubblici, però si informa a mala pena sul
contesto politico e sociale nei Paesi Baschi, sulla storia recente del
nazionalismo basco o sulla strategia poliziesca repressiva. Centinaia di pagine
di giornale, di ore di televisione e di radio, di dibattiti, discorsi ed
articoli dedicati ogni giorno al conflitto basco, e senza dubbio la maggior
parte della gente ignora quasi tutto sullo stesso. Quale miglior esempio di
sovrinformazione disinformativa?
Un altro esempio più
concreto ed illustrativo è estratto dal contesto della Guerra del Golfo: in una
inchiesta realizzata a Denver (Stati Uniti) nel febbraio del 91 (in piena
guerra) l’81 per cento degli interrogati era capace di rispondere quanti
missili Patriot avevano lanciato “gli alleati” contro gli Scud iracheni il
giorno anteriore, però solo il 2 per cento sapeva che una delle principali
ragioni per cui l’Iraq aveva invaso il Kuwait alcuni mesi prima erano le
manovre delle autorità kuwaitiane per abbassare il prezzo del petrolio (esempio
preso dal libro”Occhio ai media!” di Michel Collon). La sovrinformazione si
basa spesso sull’informare molto (e superficialmente) sul “come?” (nel caso
anteriore, come si sta sviluppando la guerra) ed informare appena sul “perché?”
(perché si iniziò realmente questa guerra) e sul contesto del fatto.
b) Sovrinformazione su
temi banali
Alcuni argomenti
aneddotici e banali sono oggetto di grande attenzione da parte dei media,
presentandoli come di grande importanza. L’effetto è quello di distrarre
l’attenzione pubblica da altri fatti e realtà molto più importanti per la vita
delle persone e della società. Si distoglie l’attenzione da questi argomenti e
si dirige verso altri meno conflittuali, in ogni caso meno compromettenti per i
poteri dominanti: matrimoni reali, calcio, scandali amorosi del tipo del caso
Lewinsky o sulla vita e morte di Lady D, ecc. con l’auge della telespazzatura
(programmi rosa, Reality-show, ecc.) questi argomenti banali ed aneddotici
hanno guadagnato un protagonismo insolito, invadendo anche le copertine dei
giornali e gli spazi televisivi di informazione generale.
Col tema della
sovrinformazione ha molto a che vedere la tremenda concentrazione mediatica
attuale, vale a dire che sempre più mezzi di comunicazione stanno in mano a
sempre meno persone. Così una azienda multimediatica è capace di diffondere uno
stesso fatto, o una stessa versione dello stesso, da una grande diversità di
mezzi di comunicazione, dando vita per conto suo ad una autentica campagna di
sovrinformazione interessata. Come già affermava uno dei primi teorici (e
pratici) della comunicazione sociale, Göbbels (responsabile della propaganda
nazista nella dittatura di Hitler): “La più grande bugia ripetuta cento volte
si trasforma in una grande verità”. La ripetizione asfissiante di una
informazione genera credibilità, ed ancor più se si realizza da una grande
quantità e varietà di media. Quindi il recettore tende a credere ad una
versione dei fatti, o a dar maggiore importanza ad un argomento banale, quanto
più numerosi e diversi siano gli informatori che coincidono nel dare la stessa
versione, ignorando che in realtà tutti possono appartenere alla stessa
azienda.
Per esempio, il gruppo
mediatico spagnolo Prisa può attualmente diffondere un fatto od una versione
dello stesso simultaneamente mediante le notizie dei quotidiani El Paìs e Cinco
Dìas, le radio Cadena SER e Antena 3Radio ed il canale TV Canal Plus; mediante
studi dell’agenzia di statistica Demoscopia e mediante monografici dei suoi
editoriali Alfaguara, Aguilar, Santillana e Taurus. Poi la sovrinformazione può
estendersi ad altri gruppi mediatici mediante il “contagio di attualità”.
Il fenomeno della
sovrinformazione può rispondere a varie cause, a seconda dei casi e delle
circostanze. Spesso la sovrinformazione di un tema banale o degli aspetti
banali di un argomento risponde ad interessi politici, che hanno la loro
origine nei gruppi di potere e di pressione e che contano con la collaborazione
attiva dei mezzi di comunicazione. Non ci dimentichiamo che questi sono imprese
spesso controllate da entità bancarie od altre multinazionali strettamente
relazionate con i circoli del potere.
A questi interessi
politici di solito si sommano gli interessi commerciali, di modo che spesso
risulta complicato distinguere le cause reali di una campagna di
sovrinformazione. Per esempio, la diffusione di fatti banali però propizi al
sensazionalismo ed alla morbosità (che includano sesso, violenza, gente famosa,
ecc.) ottiene sempre un notevole aumento degli ascolti o dell’acquisto della
stampa. D’altra parte, la dura competizione commerciale fra aziende medianiche
suole portare al “contagio di attualità”, vale a dire che se un’azienda riesce
a rendere di attualità un argomento, il resto delle aziende in competizione
dovrà ugualmente considerarlo, per non perdere ascolti. In questo modo, il
bombardamento informativo che ci propina un gruppo aziendale si moltiplica
quando la diretta concorrenza “segue la corrente per non rimanere indietro”.
Anche se ogni impresa
da una versione propria dei fatti, d’accordo coi suoi interessi (ma a volte
possono coincidere anche questi), in ogni caso tutti i media parlano
costantemente delle stesse cose. I fatti sono ormai rabbiosa attualità, e la
sovrinformazione è servita.
Un buon esempio di come
dietro una stessa notizia ci possano essere tanto interessi politici come
commerciali fu il Caso Lewinsky: le relazioni sessuali adultere di un
Presidente di Governo (sesso, personaggio famoso) sono diffuse per ragioni
politiche (da parte dell’opposizione Repubblicana, per infangarne l’immagine)
con tale intensità che persino i media alleati (pro-Democratici) si vedono
obbligati a trattare il tema (contagio di attualità). Nello stato spagnolo,
senza dubbio, la tremenda diffusione di un caso che riguarda principalmente la
politica interna americana non si spiega tanto con gli interessi politici,
quanto con quelli commerciali: dovuto all’alto contenuto morboso del fatto.
Un altro caso più
vicino fu quello di tre ragazze sequestrate, violentate ed assassinate ad
Alcàsser verso la fine del 1992. un fatto senza dubbio terribile, però non
molto più di altre migliaia che ogni anno succedono in Spagna e che non
raggiungono una grande diffusione. Il triplice crimine di Alcàsser fu senza
dubbio così intensamente diffuso e sfruttato dai media, che in solo una
settimana il fenomeno raggiunse quote di allarme sociale. Il fatto si produsse
proprio quando i Reality Shows iniziavano a guadagnare grande popolarità nella
televisione spagnola, per cui l’origine di questa quasi isterica campagna di
sovrinformazione fu basicamente commerciale: questo tipo di programmi trovò in
un caso così morboso (violenza e sesso) il suo “battesimo del fuoco” col quale
raggiunsero una quota di ascolti impressionante.
Però subito dopo il
fatto fu ripreso dagli spazi di informazione generale (stampa quotidiana e
telegiornali), in uno spiegamento di “giallismo” giornalistico senza
precedenti. Possibilmente per ragioni commerciali: per sfruttare al massimo
l’audience che i Reality-Shows erano riusciti a generare. Però anche per
ragioni politiche, poiché l’allarme sociale fu tale che il governo del PSOE,
con in testa il Ministro degli Interni Corcuera, ne approfittò per agire contro
la magistratura (accusandola di essere troppo permissiva con i criminali) ed
introdurre, con l’appoggio di un’opinione pubblica molto sensibilizzata, modificazioni
che indurirono la politica di permessi penitenziari del nuovo codice penale in
progetto.
Anche se secondo molti
giudici tali modificazioni (che appoggiavano la linea di Corcuera e della sua
criticata Legge di Sicurezza Cittadina: “Legge Corcuera”) violavano lo Stato di
Diritto, il PSOE si appoggiò sull’”allarme sociale” per introdurle.