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La Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio di Barlow ha diviso le opinioni in Rete: è giusto che Internet sia regolamentato dall'alto come accade nel mondo reale?
- Come dovrebbe essere regolamentata la Rete? - Barlow e la Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio - Gli oppositori dell'indipendenza della Rete - Quali spunti di riflessione?
Come dovrebbe essere regolamentata la Rete? La diffusione che Internet ha subito negli ultimi anni ha evidenziato l’esistenza di una questione molto importante relativa alla gestione ed al funzionamento della Rete, cioè la necessità o meno di una regolamentazione delle attività che vi si svolgono. In particolare, il tema su cui la discussione si è fatta molto accesa è quello della necessità di creare nuove regole dirette a disciplinare fenomeni resi possibili dall’introduzione della tecnologia digitale e telematica, e dalle fonti che dovrebbero essere incaricate di elaborare le normative stesse. In particolare, a questo proposito esistono due diverse e contrapposte posizioni: da un lato, infatti, ci sono coloro che ritengono che il cyberspazio debba autoregolamentarsi. All’opposto, abbiamo coloro che sostengono l’importanza e la necessità di una regolamentazione della rete simile a quella applicata alle attività che hanno luogo nel mondo reale. Barlow e la Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio La prima impostazione è quella sostenuta, tra gli altri, da John P. Barlow, che esprime la sua posizione nella “Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio”, presentata a Davos, alla Confederazione Elvetica, l’8 febbraio 1996, che recita testualmente: “Governi del Mondo Industriale, stanchi giganti di carne e acciaio, io vengo dal Cyberspazio, la nuova sede della Mente. Per il bene del futuro, chiedo a voi del passato di lasciarci in pace. Non siete i benvenuti tra noi. Non avete sovranità là dove ci siamo riuniti. Noi non abbiamo un governo eletto, e non abbiamo intenzione di averne, quindi mi rivolgo a voi con non più grande autorità che quella con cui la libertà stessa ha sempre parlato. Io dichiaro che lo spazio sociale globale che noi stiamo costruendo sarà naturalmente indipendente dalle tirannie che cercate di imporci. Non avete alcun diritto morale di governarci e non possedete alcuno strumento di costrizione che dobbiamo realmente temere. I governi derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati. Voi non avete mai richiesto ne’ ricevuto il nostro. Noi non vi abbiamo invitato. Voi non ci conoscete, e nemmeno conoscete il nostro mondo. Il Cyberspazio non si trova all’interno dei vostri confini. Non pensate di poterlo edificare, come se fosse un progetto di costruzione pubblica. Non potete. E’ un atto della natura e cresce da solo grazie alle nostre azioni collettive. Non siete entrati nel nostro grande e comune dialogo, e non avete creato la ricchezza della nostra piazza. Non conoscete la nostra cultura, la nostra etica, o i codici non scritti che danno già alla nostra società più ordine di quello che potrebbe essere ottenuto con qualunque vostra imposizione. Affermate che tra noi ci sono problemi che voi dovete risolvere. Voi usate questa affermazione come una scusa per invadere i nostri territori. La maggior parte di questi problemi non esiste. Dove ci sono conflitti reali, dove ci sono torti, li identificheremo e li affronteremo con i nostri mezzi. Stiamo creando il nostro Contratto Sociale. Questa autorità nascerà secondo le condizioni del nostro mondo, non quelle del vostro. Il nostro mondo è diverso. Il Cyberspazio consiste in scambi, rapporti e pensiero stesso, disposti come una potente onda nella ragnatela delle nostre comunicazioni. Il nostro è un mondo che si trova dappertutto e da nessuna parte, ma non dove vivono i corpi. Stiamo creando un mondo dove tutti possano entrare senza privilegi o pregiudizi basati su razza, potere economico, militare, o stato sociale. Stiamo creando un mondo dove chiunque ovunque possa esprimere le proprie opinioni, non importa quanto singolari, senza paura di venire costretto al silenzio o al conformismo. I vostri concetti legali di proprietà, espressione, identità, movimento e contesto non si applicano a noi. Sono basati sulla materia. Qui non c’e’ alcuna materia. Le nostre identità non hanno corpi, quindi, al contrario di voi, noi non possiamo ricevere ordini tramite coercizione fisica. Crediamo che con l’etica, con l’illuminato interesse personale e con il benessere comune, il nostro governo emergerà. Le nostre identità potranno essere diffuse attraverso molte delle vostre giurisdizioni. La sola legge che tutte le nostre culture costituenti riconosceranno generalmente è la Regola Aurea. Speriamo di essere capaci di costruire le nostre soluzioni particolari su quella base. Ma non possiamo accettare le soluzioni che voi state tentando di imporre. Negli Stati Uniti, avete creato una legge, il Telecommunications Reform Act, che rinnega la vostra stessa Costituzione ed è un insulto ai sogni di Jefferson, Washington, Mill, Madison, DeToqueville, e Brandeis. Questi sogni devono ora rinascere in noi. Siete terrorizzati da vostri stessi figli, perché sono nativi in un mondo dove voi sarete sempre immigranti. Siccome ne avete paura, voi affidate alla vostra burocrazia la responsabilità di genitori che siete troppo codardi per affrontare. Nel nostro mondo, tutti i sentimenti e le espressioni di umanità, dall’avvilente all’angelico, sono parti di un tutto unico, il dialogo globale dei bit. Non possiamo separare l’aria soffocante dall’aria su cui si scaldano le ali. In Cina, Germania, Francia, Russia, Singapore, Italia e negli Stati Uniti, state cercando di respingere il virus della libertà edificando posti di guardia alle frontiere del Cyberspazio. Questi potranno tenere fuori il contagio per un poco, ma non funzioneranno in un mondo che sarà presto soffocato dai media basati sui bit. Le vostre industrie dell’informazione sempre più obsolete si perpetueranno proponendo leggi, in America e da ogni altra parte, che pretendono di possedere la parola stessa in tutto il mondo. Queste leggi dichiareranno che le idee sono un altro prodotto industriale, non più nobile della ghisa. Nel nostro mondo, qualunque cosa la mente umana possa creare può essere riprodotto e distribuito all’infinito senza alcun costo. Il trasferimento globale del pensiero non ha più bisogno delle vostre fabbriche per avvenire. Questi provvedimenti sempre più ostili e coloniali ci mettono nella stessa posizione di quei precedenti amanti della libertà e dell’autodeterminazione che hanno dovuto rifiutare le autorità di poteri distanti e disinformati. Dobbiamo dichiarare le nostre identità virtuali immuni alla vostra sovranità, pur continuando a consentirvi di governare sui nostri corpi. Ci diffonderemo attraverso il Pianeta così che nessuno potrà arrestare i nostri pensieri. Noi creeremo una civiltà della Mente nel Cyberspazio. Possa essa essere più umana e onesta del mondo che i vostri governi hanno prodotto in precedenza”. Gli oppositori dell'indipendenza della Rete A fronte di questa posizione, che, di fatto, non riconosce a nessuna organizzazione l’autorità di emanare leggi per la regolamentazione di Internet, dal momento che la Rete è un “non-luogo” che esiste solo grazie alle persone che ci navigano, e che sono le uniche che possono determinarne regole e comportamenti, i fautori dell’alternativa opposta considerano la Rete come un mezzo per compiere attività (lecite o no che siano) che devono essere previste nel mondo reale. Di fatto, attualmente, non esiste una disciplina unitaria per le attività in questione, ma, al contrario, si riscontrano situazioni riconducibili ora all’una, ora all’altra alternativa: per esempio, le norme di comportamento sulle chat e nelle mailing list, i contratti di accesso predisposti dai service provider, le decisioni dei magistrati virtuali (ad esempio nelle controversie sui nomi di dominio), ecc. dipendono dalle decisioni degli stessi cyber-utenti, ed hanno lo stesso effetto di una legge promulgata dallo Stato. D’altro canto, non mancano esempi di norme dettate dai legislatori statali per disciplinare Internet (per esempio, le leggi emanate dal governo degli Stati Uniti per la regolamentazione della Rete, come il Digital Millennium Copyright Act, il Child Online Protection Act e le leggi antispamming). Di conseguenza, ognuna delle due alternative presenta degli elementi di riflessione rilevanti: infatti, da un lato, l’autoregolamentazione voluta dai fautori del cyberspazio come “regno della disciplina dal basso” permetterebbe, almeno secondo l’impostazione di questi ultimi, una migliore allocazione delle risorse (nel senso che la produzione decentrata delle regole sarebbe più efficiente della burocratica normazione statuale) e realizzerebbe appieno gli ideali liberal-democratici, assecondando, tramite la produzione di regole dal basso, il principio della sovranità popolare, e favorendo, allo stesso tempo, l’autonomia dei gruppi di soggetti. Allo stesso tempo, i principi di cui sopra non mancano di porre degli interrogativi importanti, legati, per esempio, alla tutela delle minoranze e alla garanzia dell’accessibilità, da parte di tutti, alle nuove tecnologie (per cui, in tal senso, la legislazione statuale cerca di scongiurare il rischio che un “governo di tutti” in realtà nasconda il “privilegio di pochi”). |
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