-MUSICA ELETTRONICA

. inizi e prime esperienze

“Il calcolatore ogni giorno lavorerà in modo diverso, lavorerà in continuazione, questo è uno degli aspetti che io ho approfondito di più. Ognuno di noi quando trova uno strumento nuovo lo sfrutta secondo le proprie inclinazioni e secondo i propri interessi. Io ho visto nel computer uno strumento e ho pensato di utilizzare questo strumento anche nel campo musicale.

Con il computer secondo me cambierà la vita, metterà l’uomo nella condizione di fare cose che prima erano impensabili. C’è quindi una spinta verso l’ignoto, verso l’imprevedibile. Io creo un’immagine, concepisco qualsiasi cosa, parlo, mando un messaggio e dopo qualche secondo è in capo al mondo. Questo trasformerà la vita dell’uomo. ”

Il rapporto tra Grossi e la musica elettronica nasce a Milano nei primissimi anni ’60 presso lo studio di fonologia della RAI. La prima esperienza di musica elettronica condotta da Grossi risale proprio a questo periodo quando, “ossessionato” dal calcolo combinatorio, elabora una formula particolare per produrre musica senza fine. Si tratta di Progetto 2-3, fasce sonore di sei frequenze, i cui rapporti intervallari venivano trovati dividendo in modo equabile l’intervallo dato dalle frequenze estreme. Queste, assegnate arbitrariamente per la prima fascia, venivano poi calcolate con un apposito algoritmo predisposto dal Maestro. Le modalità e l’ordine di successione di frequenze intermedie, come le pause tra una fascia e l’altra , venivano controllate con procedure derivate dal calcolo combinatorio: combinazioni, permutazioni, disposizioni, ecc… Realizza solo la prima mezz’ora di musica ma avrebbe potuto continuare all’infinito. Durante il giorno registrava allo studio i suoni occorrenti e durante la notte, a casa di un amico, tagliava il nastro registrato con le forbici per preparare le durate giuste; portava poi le bobine allo studio e montava i risultati. Si trattava di sonorità “nude”, di forma d’onda sinusoidale e volume costante.

Venne eseguito a Ferrara il 29 aprile 1962. Progetto 2-3 fu quindi il primo lavoro di musica elettronica, esperienza che indusse Grossi a fare di tutto per poterla sviluppare.

“Era la prima volta che avevo l’idea di progettare un sistema simile. Inizialmente escogitai una formula appositamente per la composizione elettronica, anche se poi, controllandola, mi accorsi che la situazione numerica era tale che le fasce generate diventavano troppo strette e si creava una situazione non valida per il proseguimento del processo. Comunque l’idea c’era. ”

“Ho cominciato a lavorare con il calcolatore negli anni ’60, per l’esattezza nel 1962. lessi sul giornale che il computer emetteva suoni e la cosa mi interessò, poiché a quell’epoca mi occupavo già di musica elettronica e di musica elettroacustica. Misi in casa un insieme di apparecchi, che poi nel ’65 sono stati trasferiti al Conservatorio per dare inizio al corso di musica elettronica che vi si svolge tuttora (ad oggi ci sono circa undici dodici cattedre in Italia che tengono il corso di musica elettronica).

Negli anni sessanta iniziai a lavorare al calcolatore e nel ’67, dopo ripetuti tentativi, lo feci suonare; riuscii ad ottenere una collaborazione con l’Olivetti e feci le prime esperienze musicali e foniche. In seguito venni accolto nel Centro di Calcolo dell’Università di Pisa dove in quei tempi avevano creato un centro di ricerca di notevoli proporzioni aiutati dall’IBM. A Pisa chiesi di fare delle ricerche a carattere musicale e le mie richieste furono accolte; potevo lavorare al Centro di Calcolo solo part time, poiché rimasi titolare di Violoncello al Conservatorio. Sono stato venticinque anni al CNUCE a Pisa dal 1969 al 1994, dove ho fatto esperienze di vario genere; ho dato vita alla sezione musicologica che funziona tuttora e che si sta sviluppando, ottenendo inoltre un trasferimento da parte della sezione musicologica al Conservatorio di Firenze nei primissimi anni ottanta, per poter cominciare anche l’attività didattica.

Ricordo un’esperienza riguardante il periodo in cui collaboravo con l’Olivetti Generale tra il ’67 e il ’69, mi trovavo a Milano e mi dissero: “guardi, possiamo dialogare con Londra, venga, venga a vedere…”. Erano i primi collegamenti tra centri di calcolo. Successivamente ottenni lavoro a Pisa, dove mi dettero spazio, strumentazione di altissimo livello e la possibilità di lavorare con l’aiuto di persone competenti.

Nel 1969, a febbraio, cominciarono al Conservatorio delle lezioni di programmazione del computer; queste lezioni furono tenute da un matematico della IBM, un certo Tignoli, che la IBM dietro mia richiesta mandò per fare dieci lezioni di programmazione per gli allievi del corso di musica elettronica. Io approfittai proprio di quelle lezioni per imparare a programmare e poco alla volta mi resi indipendente. Cominciai, così, ad interessarmi alla IBM, facendo loro proposte di sperimentazione e collaborazione ma dissero che non erano molto interessati e lasciarono cadere la cosa. Mi rivolsi quindi alla RAI di Roma in viale Mazzini, dove in un centro di calcolo mi fecero sentire alcune esperienze di carattere musicale tramite la stampante. Gli operatori avevano notato che dando certi caratteri, la stampante, battendo, emetteva l’equivalente di una frequenza. Le fecero così eseguire l’inno dei marines e il tema della nona di Beethowen. Il timbro naturalmente era di macchina da scrivere, ma non era importante, erano riusciti a farlo.

Allora, negli anni sessanta, la musica elettronica era molto diffusa. C’erano esperienze che venivano da Parigi, da Colonia, da Varsavia e un po’da tutto il mondo. Avevamo in tasca allora già un disco, “Computer music”, realizzato con il computer negli Stati Uniti, nell’Illinois, non suonato ma elaborato dal computer.

I primi tentativi di trasporre al computer delle melodie di autori classici, li feci quasi subito: presi un Capriccio di Paganini, il quinto, e sulla base della tabella che mi avevano dato perforai le schede, fatto il pacco di schede, lo assegnai al computer e il computer lo suonava. Siamo nel settembre/ottobre del 1967. Era l’inizio di una nuova fase, di un nuovo metodo di lavoro, si trattava di un’apertura verso illimitate possibilità di evoluzione. ”

La rielaborazione del Capriccio n. 5 comprende l’utilizzo di altri Capricci sovrapposti.

Da ricordare sono i pezzi di musica elettronica cosiddetti “storici” come P4M3 (1963), Progetto 4 (1964), Tetrafono (1965) e Collage (1968), tanto per citarne alcuni.

Tetracono e Tetragono sono stati realizzati con la collaborazione di Bruno Munari ed erano pensati come colonna sonora da inserire in una serie di cortometraggi pubblicitari.

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