HACKER!No pirati della rete.

Di solito quando si parla di hacker si fa riferimento a gruppi di persone dediti a piraterie informatiche, ma questo è soltanto il significato che i media gli hanno attribuito a partire dalla seconda metà degli anni ottanta.
In realtà il loro lavoro costituisce in gran parte la base tecnologica della nostra società: la diffusione del personal computer, la programmazione di software, la creazione del modem, l'affermazione planetaria di internet fino alla realtà virtuale e studi sull'intelligenza artificiale.
Ma prima di tutto essere hacker significa essere un esperto o un entusiasta di qualsiasi genere, ponendo l'entusiasmo appunto come fulcro portante dell'attività dell'individuo.
In quest'ottica si può essere hacker anche senza aver mai toccato un computer.(es.hacker della scienza).
Ciò significa che si può considerare l'etica Hacker in un accezione più ampia, presentandola come nuova etica del lavoro in contrapposizione a quell'etica del lavoro protestante, analizzata da Max Weber in "l'etica del lavoro protestante e lo spirito del capitalismo", che per così tanto tempo ci ha resi schiavi (del consumo).
La differenza sostanziale tra le due etiche del lavoro sta nello scopo ultimo del lavoro che, nel capitalismo è rappresentato dall'accumulo di ricchezze, mentre per gli hacker sta nel creare qualcosa di utile per la comunità dei propri pari.
Per definire invece coloro che creano virus, penetrano nei sistemi informatici, la comunità hacker ha coniato il termine "cracker".
È importante però capire il significato di questi "crimini informatici"(termine usato dai media per diffamare il movimento) poiché non sono fini a se stessi ma rappresentano un disagio provocato dalle politiche di alcune grandi società e dei governi stessi che minano la privacy e la libertà di informazione, elementi fondamentali per la democrazia in rete.
È giusto quindi chiamare criminali coloro che hanno permesso la diffusione della rete, che si battono per il libero accesso alle informazioni, che proteggono la libertà di parola e la privacy?
È giusto che i governi e le multinazionali, tramite i media tradizionali, diffamino il movimento per non dover rispondere ad un opposizione globalmente riconosciuta?