15 GIUGNO 2000 BOLOGNA

VERTICE OCSE


A Bologna, i ministri dell'industria dei 29 paesi più industrializzati del pianeta, insieme ai rappresentanti e amministratori delle piccole e medie imprese, si darono appuntamento per una serie di incontri sui temi della globalizzazione e della competitività. E sul ruolo di quelle imprese che, pur non essendo colossi industriali, riescono a conquistare piccole fette dei mercati più difficili e a dar fastidio alle multinazionali. Un modello imprenditoriale, quello dell'azienda di dimensioni ridotte, inventato in Emilia e poi esportato nel mondo. Obiettivo dell'incontro era la firma della "Carta di Bologna": manifesto della new economy che apre le porte della globalizzazione alle piccole imprese. E proprio contro la "Carta di Bologna" puntarono il dito i nuovi ribelli: "Ecco un altro di quei summit internazionali - accusano nelle liste di discussione su Internet - in cui si parla di globalizzazione e di sviluppo economico a porte chiuse". "A Bologna, i ministri del Club dei ricchi - si legge sul sito del Coordinamento anti Ocse - sveleranno alle piccole e medie imprese come approfittare della globalizzazione e come essere più competitivi in barba ai diritti dei lavoratori". E' un vertice liberista - sostenerono dal canto loro i ribelli della new economy - che non tutela la figura del lavoratore della piccola e media impresa e che guarda a un'estrema flessibilità della manodopera. Questa volta, alle manifestazioni di piazza, i nuovi ribelli hanno affiancato altre tattiche di protesta. Non soltanto dimostrazioni, barricate e sit in, ma anche attività di controinformazione e boicottaggio su Internet. La prima tappa fu la costruzione di un network massmediale indipendente.. I cyberwarriors tentarono anche di boicottare i siti ufficiali dell'Ocse, organizzando un cosiddetto "netstrike": una sorta di "corteo telematico", una mobilitazione sulla rete che consistette nel concentrare i modem e i mouse di migliaia di navigatori su un determinato sito web fino a "ingolfarlo". A un orario prestabilito e a ripetizione, i cyberwarriors presero di mira il sito ufficiale dell'Ocse per renderlo inutilizzabile a chiunque intendesse accedervi La speranza fu insomma quella di ripetere l'exploit di Seattle e Davos: alla fine del '99.