Lavora per due anni (‘84/’85) al
CREA dell’ Ecole Polytechnique con Jean-Pierre Dupuy, Daniel Andler et
Isabelle Stengers sulla nascita della cibernetica e dell’intelligenza
artificiale.
Con il gruppo riunito attorno a Michel Serres,
partecipa alla redazione di Eléments d’histoire des sciences (1989),
di cui scrive la parte sull’invenzione del computer. Pubblica poi una
prima opera La Machine univers (1987) sulle implicazioni
culturali dell’informatizzazione e le sue radici nella storia dell’Occidente.
Il
secondo libro, Le tecnologie dell’intelligenza (Synergon, Bologna 1992),
è il frutto dell’esperienza di due anni in Canada, dove aveva
lavorato come professore presso il dipartimento di comunicazione dell’università
del Quebec a Montreal, e dove ha potuto approfondire le proprie
conoscenze nel campo delle scienze cognitive e scoprire il mondo degli
ipertesti. Nel libro tenta di dare consistenza filosofica al concetto di
ipertesto e stende il programma di una “ecologia cognitiva”, in
polemica con l’approccio strutturalista e chomskiano.
Tornato
in Europa concepisce una forma di scrittura per immagini, interattiva e
fruibile al computer. Quale tipo di scrittura potremmo inventare,
disponendo di supporti dinamici e interattivi, piuttosto che di un
supporto fisso? Verosimilmente una scrittura che non annoti suoni, come
l’alfabeto, ma modelli mentali. Il suo successivo libro, L’idéographie dynamique (1991),
elabora il fondamento teorico per un tale sistema di segni, in maniera
tale da rendere sistematico l’uso delle simulazioni grafiche
interattive, sia per la ricerca scientifica sia per i videogiochi.
Dal
1990 intraprende, con l’amico e ispiratore Michel Authier, una serie
di ricerche e riflessioni sulle nuove forme di accesso al sapere fomite
dagli strumenti informatici. Insieme approdano al concetto di “cosmopedia”,
un’enciclopedia sotto forma di ambiente virtuale, che si riorganizza e
si arricchisce automaticamente in base alle esplorazioni e alle domande
di coloro che vi si addentrano. Contribuisce all’invenzione di una
applicazione particolare della cosmopedia: il sistema “degli alberi
delle conoscenze”. Si tratta di un sistema aperto di comunicazione tra
individui, formatori e datori di lavoro, che consente di riconoscere la
diversità di competenze delle persone, di organizzare formazione e
apprendimento e di rendere visibile, grazie a una forma di
rappresentazione dinamica, lo “spazio del sapere dei gruppi umani
(scuole, imprese, bacini d’impiego). Tale progetto è descritto nell’opera Les arbres de connaissances (1992).
Sempre con l’amico Michel Authier fonda la società Trivium
che sviluppa e commercializza il programma e il metodo degli alberi
della conoscenza.
Sempre nel 1992 viene pubblicato De la programmation considérée comme un des beaux-arts
in cui si analizzano, all’interno di quattro casi concreti, gli atti
cognitivi e sociali realizzati dai programmatori, mettendone in risalto
gli aspetti più creativi e immaginativi.
Dal 1993 Pierre Lévy
insegna presso il dipartimento “Hypermédia” dell’università di
Parigi-VIII a Saint-Denis. Si interessa attivamente all’uso estetico
delle risorse e dei dispositivi numerici; partecipa al consiglio
artistico del centro Pompidou, è membro per tre anni del comitato di
redazione della “revue virtuelle” del centro Pompidou, intrattiene
numerosi contatti con artisti.
Pubblica nel 1994 un’opera su L’intelligenza collettiva,
che gli appare come la sola utopia che possa opporsi ai mali
contemporanei e il miglior uso possibile delle tecnologie di
comunicazione interattiva.
Analizza nel 1995 nel suo libro Qu’est-ce que le virtuel?
i mutamenti contemporanei del corpo, della cultura e dell’economia.
Contrariamente a certi punti di vista catastrofici, quest’opera
analizza la virtualizzazione della fine del XX secolo come un
proseguimento dell’ “umanizzazione”.
Nel 1997 pubblica Cyberculture,
rapporto al Consiglio Eurupeo, che può essere considerato un manifesto
umanista della nuova cultura emergente. |