POLITICA
Tra
gli anni '60- '70 viene finalmente commercializzato il video che nato inizialmente
per uso privato, diventa strumento di controinformazione lotta e propaganda
politica.
Artisti e attivisti politici iniziano ad utilizzare il video per presentare
una realtà diversa da quella dei canoni tradizionali, arricchendo lo
scontro politico di una nuova forma di lotta, quella sull'informazione e sulla
documentazione.
Le minoranze cominciano a tener in considerazione solo le informazioni fornite
dagli appartenenti ai gruppi politici che, con i loro video, ribaltano il modello
televisivo borghese.
Dappertutto questo mezzo si pone come lavoro politico e creativo e diventa obbiettivo
e strumento di lotta.
Il video infatti è considerato uno strumento poliedrico, nato dall'incrocio
di scienza, comunicazione e tecnologia; è un mezzo di potere ma anche
di resistenza al potere stesso, è uno strumento di controllo che produce
informazione
Nei movimenti femministi dell'epoca, il video viene utilizzato come forma di
protesta contro l'inferiorità a livello sociale ed economico delle donne,
esse infatti venivano considerate come "corpo senz'anima" e "oggetto
del desiderio".
La ricchezza e la pluralità degli intenti del video utilizzati per finalità
socio-politiche è testimoniata anche dai numerosi nomi che sono stati
utilizzati al suo riguardo: "Video di Movimento", "Video Militante",
"Video Underground", "Video di Base", "Televisione
Leggera", "Televisione povera" (rispetto alla televisione "Ricca"
quella commerciale e broadcast, ma anche al video d'arte)
Riprendendo Alberto Grifi nel suo "Parco Lambro" troviamo le insanabili
contraddizioni interne del "popolo della sinistra" ed anche le strategie
occulte ma efficaci del mantenimento del potere, offrendo un'importante lezione
politica.
Un'esperienza a metà tra arte e controinformazione è invece quella
svolta dal Laboratorio di Comunicazione Militante del 1976, questo nasce come
"organismo che opera nell'ambiente sociale attraverso la critica al linguaggio
del potere e la diffusione dei nuovi modelli di comportamento e di pensiero
espressi dal proletariato metropolitano".
E' un arte che viene prodotta dal basso, che vuole "rompere con i meccanismi
dominanti di controllo e di selezione della produzione culturale e confrontare
e verificare socialmente il proprio lavoro".
Tutto ciò significa evitare le mediazioni delle gallerie, dei mercanti
e dei critici e quindi assumere direttamente la gestione del proprio lavoro
in quanto parte del suo contenuto.