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Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete

 

di A. Di Corinto e T.Tozzi

 

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3. Cronologia e Storia - 3.1. Alcune riflessioni teoriche sui Media e la Comunicazione

 

Le ricerche sul concetto di "massa" tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, così come le analisi del marxismo sulla società delle merci e le analisi della Scuola di Francoforte fin dagli anni venti e quelle successive di Marcuse, favoriscono negli anni cinquanta e sessanta un clima culturale in cui la macchina per eccellenza, il computer, viene criticata di essere uno strumento di alienazione dell'individuo. Secondo il senso comune in quel periodo, lo sviluppo del progresso sociale prodotto dall'avvento dei computer nell'economia avrebbe ridotto le persone a dei numeri, dati indistinti di una generica massa che non avrebbe reso possibile all'individuo di crearsi e riconoscersi in un'identità propria. La letteratura della prima metà del novecento si era scagliata contro le macchine, criticandone il conseguente eccesso di burocrazia e spersonalizzazione implicito nel loro uso negli ambiti della produzione. L'IBM, International Business Machine, nata grazie allo sviluppo di macchine di calcolo per fare i censimenti veniva considerata un pachiderma il cui criptico funzionamento delle sue macchine era da una parte riservato ad un'elité, mentre dall'altra non era a misura d'uomo. Uno dei dubbi verso i calcolatori era quello del rischio che tali macchine avrebbero favorito la massificazione degli individui ignorandone i bisogni specifici. Il timore era quello che P. Levy ha sintetizzato nel suo saggio "Cybercultura" come il rischio di non riuscire ad ottenere un'universalità che non fosse esente allo stesso tempo dal totalitarismo. C'era fin da allora una diffusa richiesta di diventare soggetti attivi sia nella sfera del lavoro che in quella della comunicazione. Non essere considerati numeri, ovvero semplici esecutori di ordini impartiti da una macchina, schiavi dunque della macchina stessa, bensì soggetti le cui attività fossero espressione delle proprie scelte personali.

Su questo senso diffuso fa breccia la richiesta di interattività sia nelle attività lavorative che in ogni altra occupazione sociale.

Una richiesta che si afferma anche grazie ad una situazione di crisi del sistema di produzione fordista che evidenzia i suoi limiti e l'incapacità di coordinare attraverso una pesante burocrazia gerarchica i vari sistemi di produzione. Un sistema di produzione in cui gli operai delle fabbriche sono l'ultimo anello, passivo, di una catena di produzione difficilmente gestibile secondo il modello verticale fordista.

Inoltre, differenti teorie sui media avevano da tempo avviata una forte critica dei mezzi di comunicazione di massa di cui sottolineavano il carattere centralizzato e asimmetrico. E' in questo clima e su questi bisogni che si fa strada la necessità di costruire macchine interattive. Una necessità rilevata anche dagli studi che dimostravano come la comunicazione tra soggetti avvenissero solo attraverso un processo bidirezionale di partecipazione attiva fra l'emittente e il ricevente e che dunque per raggiungere tutti i soggetti sociali era necessario un sistema di comunicazione in cui avvenisse uno scambio ed una partecipazione. C'era bisogno cioè che sia l'operaio, sia il cittadino, si sentisse un soggetto attivo ed avesse personalmente un interesse a partecipare alla produzione, così come alla vita sociale.

Ecco dunque che come avvenne a inizio ottocento, periodo in cui gli interessi del mercato di avere un sistema di comunicazione globale efficiente andavano parzialmente a collimare con gli interessi di coloro che chiedevano una società basata sui principi della cooperazione e dello scambio mutuale (Mattelart, 1994), anche nel XX secolo, nell'immediato dopoguerra, si riproponeva una situazione in cui gli interessi del mercato (rappresentati dalle agenzie di pubblicità che fungono da intermediarie tra le aziende e la massa) andavano a collimare in alcuni aspetti con quelli di chi chiedeva una società maggiormente  partecipativa.

E' curioso notare che la rete Internet nasce dalla rete Arpanet, ovvero la rete telematica costruita dall'agenzia ARPA che il Presidente Eisenhower aveva commissionato nel 1957 al nuovo segretario alla Difesa degli Stati Uniti d'America, Neil McElroy. E' curioso perché Neil McElroy è un ex dirigente della Procter and Gamble, azienda leader nel mondo della comunicazione commerciale e pubblicitaria, ed è stato colui che ha portato la pubblicità dei detersivi in radio e televisione. E' sua infatti l'idea delle "Soap Opera", ovvero delle trasmissioni televisive pensate appositamente per essere interrotte da pubblicità, spesso di detersivi. E' curioso anche perché McElroy verrà affiancato per tale progetto dall'allora presidente del Massachussets Institute of Technology, James R. Killian Jr.. E' buffo notare che è proprio al MIT che nascerà l'etica hacker alla fine degli anni cinquanta.

Ancora, il primo direttore dell' ARPA sarà Roy Johnson, che prima di allora lavorava per la General Electric, mentre altri del personale dell'Arpa provenivano da industrie che avevano contratti con il pentagono, quali ad esempio Lockheed, Union Carbide e Convair. E' curioso che sarà proprio Edwin Artzt, ovvero il presidente della Procter & Gamble, a pronunciare nel 1994 un discorso all' American Association of Advertising Agencies in cui emergerà chiaramente l'utilità dell'interattività per il mercato. Secondo Artzt, Internet potrà "trasformarsi in una formidabile occasione per realizzare nuovi utili. Basti pensare a tutte le nuove circostanze favorevoli che si presentano. Potremo utilizzare l'interattività per invitare il consumatore a partecipare alla nostra pubblicità. (...)Potremo utilizzare i giochi, l'info-pubblicità, i video- centri commerciali. Disporremo di un'infinità di strumenti per attirare il consumatore e informarlo. Se sapremo lavorare bene, il pubblico sarà inchiodato alle poltrone davanti al computer, al momento della pubblicità".

Ciò nonostante negli anni cinquanta e sessanta il mercato non è ancora pronto per l'arrivo delle teconologie digitali. Anzi, quando queste inizieranno a fiorire negli anni ottanta e inizio novanta, le varie aziende dovranno ristrutturarsi , dando luogo a nuove modalità di produzione e nuove alleanze per garantirsi  una posizione monopolistica sia sulla comunicazione che sulla produzione e distribuzione delle merci.

Negli anni cinquanta e sessanta al contrario si assiste ad una strana, ma accanita disputa tra i cosiddetti apocalittici ed integrati. Tra coloro cioè che vedevano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti il cui uso non poteva essere che negativo e coloro che al contrario li consideravano strumenti positivi per la società (DeFleur, 1995). Tale contrapposizione sarà mediata da posizioni come quella di H. M. Enzensberger che nel 1974 scrive "Constituents of a Theory of the media" in cui ad un uso repressivo dei media, Enzensberger fa corrispondere il loro uso emancipativo (Scelsi, 1999, pag.70): media decentrati anziché centralizzati. La comunicazione molti a molti anziché uno a molti. L'interazione e partecipazione del pubblico che non è più passivo. La produzione collettiva e non elitaria. Il controllo attraverso forme autorganizzate di base anziché verticali. In tal modo il filosofo tedesco metteva in luce un modo diverso di guardare ai media, in qualche modo superando la diffidenza che la critica marxista riservava ai mezzi di comunicazione di massa.

 

E' stata tutta una questione di vendita di saponette o c'è qualcosa di più?

C'è sicuramente molto di più.

Quello che segue in questo paragrafo è solo una selezione di notizie riguardanti testi scritti da intellettuali il secolo scorso. Altre notizie riguardanti altri testi fondamentali sono riportate nei paragrafi successivi.

 

Nel 1932 Bertolt Brecht ipotizza una radio autogestita dal proletariato, in cui l'ascoltatore diventi anche fornitore di informazioni in relazione con altri. Una radio dunque che permetta non solo di ricevere, ma anche di trasmettere (Celant, 1977, pag. 7). E' la risposta al nazismo che attraverso la propaganda radiofonica impone un'ideologia totalitarista al mondo. Nello stesso periodo si ha un clima culturale di forte critica all'uso dei media fatto dalla Scuola di Francoforte di M. Horkheimer al punto che viene fatta chiudere dal nazismo e costretta a trasferirsi in America.

La richiesta di un pluralismo dell'informazione, di media bidirezionali e autogestiti, sarà una costante negli ultimi decenni del XX secolo e stimolerà la creazione e lo sviluppo delle tecnologie alla base sia dei personal computer che delle reti telematiche.

Nel 1937 H.G. Wells predice che l'enciclopedia del futuro: <<non ha bisogno di concentrarsi in un unico luogo, ma può assumere la forma di una rete... Essa costituirà l'inizio materiale di un effettivo Cervello Globale>>" (Wells, 1990, pag.92).

Nel 1964 M. McLuhan scrive "Understanding Media" in cui i media sono descritti come un'estensione del corpo umano in grado di interconnetterlo globalmente.

Nel 1969 A. Touraine scrive "La Societé post-industrielle".

Nel 1974 H. M. Enzensberger scrive "Constituents of a Theory of the media".

Nel 1976 Deleuze e Guattari scrivono "Rizoma" in cui viene descritto un modello di pensiero che trae la sua metafora nelle radici delle patate che hanno una struttura reticolare molto simile alle reti distribuite e comunque differente da quella gerarchica delle radici di un albero. Vi si leggono delle affermazioni profetiche sulle forme di contaminazione attraverso cui si sviluppa il rizoma, applicandole ad un'idea di decentramento del senso, ovvero alla dipendenza del senso non da un codice o un ordine prestabilito, bensì dalla molteplicità connessa. Secondo il principio di connessione e d'eterogeneità "qualsiasi punto del rizoma può essere collegato con qualunque altro", non esiste un centro e un ordine prestabilito. "Non si ha più una tripartizione tra un campo di realtà, il mondo, un campo di rappresentazione, il libro, ed un campo di soggettività, l'autore. Ma un concatenamento mette in relazione certe molteplicità prese in ciascuno di questi ordini, cosicché un libro non ha il suo seguito nel libro successivo, né il suo oggetto nel mondo, né il suo soggetto in uno o più autori. In breve ci sembra che lo scrivere non verrà mai fatto abbastanza in nome di un di fuori. Il di fuori non ha immagine, ne significazione, né soggettività. Il libro, concatenamento con il di fuori, contro il libro-immagine del mondo" (Deleuze e Guattari, 1976).

Nel 1978 viene coniato in Francia il termine télématique (contrazione di télécommunications e informatique). Viene presentato in Francia da S. Nora e A. Minc il rapporto "L'informatisation de la societé". Il rapporto, richiesto dal Presidente Valery Giscard d'Estaing, prevedeva che "in futuro avrà luogo una computerizzazione sociale di massa, che si diffonderà nella società come l'elettricità. (...) Il dibattito si incentrerà sulla interconnettività. (...) Il potere sarà in mano a chi crea le reti e a chi controlla i satelliti". (...) Non mancarono di rilevare che "la telematica, a differenza dell'elettricità, non fa circolare una corrente inerte, ma informazioni, ossia potere" e che "avere il controllo della rete è pertanto un obiettivo essenziale. Perciò occorre che la struttura venga concepita nell'ambito di un sevizio pubblico" (S. Nora e A. Minc in Rheingold, 1994, pag. 263-64).

Nel 1980 A. Toffler scrive "The Third Wave". Secondo A. Toffler la nostra società non è basata sulla gerarchia, ma sul decentramento, non sulla rigidità, ma sulla fluidità (Scelsi, 1990, pag. 39).

Nel 1980 esce il libro "Goodbye Gutenberg: the newspaper revolution of the 1980s" di A. Smith in cui egli definisce le tecniche elettroniche come la terza rivoluzione delle comunicazioni, intendendo che la prima è stata l'invenzione della scrittura (...) e la seconda quella portata da Gutenberg con la tecnica di stampa a caratteri mobili. (...) Ricordando che Alessandria d'Egitto è stata la sede della più grande biblioteca del mondo antico, Smith afferma, con un immagine molto suggestiva, che le modalità di conoscenza interattive proprie dell'età elettronica possono essere paragonate ad una nuova Alessandria "elettronica", unificata ma universalmente accessibile, in cui si realizza un migliore equilibrio fra ciò che è stato accumulato in passato e ciò che si deve aggiungere nel presente. Si può concludere che la telematica rappresenta il superamento delle tradizionali distinzioni fra i diversi media, ed in particolare fra mezzi stampati e mezzi elettronici. In futuro l'interattività modificherà in senso partecipativo il rapporto fra produttori dei programmi, gestori dei mezzi e utenti del servizio con un ridisegno del panorama culturale di massa (Glucksmann, 1982, pag. 247-249).

Nel 1982 G. Richeri scrive "L'universo telematico. Il lavoro e la cultura del prossimo domani".

Nel 1982 R. Glucksmann scrive "Telematica. Dal viewdata all'office automation" in cui, cosciente delle conseguenze sociali messe in atto dalla rivoluzione delle comunicazioni pone il problema del divario tecnologico accumulato dagli Stati europei nella telematica nei confronti degli Stati Uniti e di come tale processo metta in dubbio i principi di sovranità nazionale. Attraverso banche dati e reti telematiche gli americani stanno assumendo il controllo dell'informazione con conseguenze sulle attività economiche, tecniche, scientifiche e universitarie. Per tali motivi Glucksmann auspica delle azioni dei pubblici poteri mirate a garantire una maggiore autonomia. Quindi profetizza la tendenza al decentramento nelle attività lavorative attraverso forme di telelavoro quale la posta elettronica. Infine pone il problema della riservatezza paragonando la telematica al bisturi di un chirurgo, che così come può guarire se usata per finalità sociali, può allo stesso tempo diventare uno strumento di morte se usata per raccogliere, correlare e memorizzare informazioni private sugli individui, senza rispettare la loro esigenza di libertà (Glucksmann, 1982, pag. 251-262).

Nel 1982 W. Ong scrive "Oralità e scrittura" in cui dimostra che l'avvento della scrittura nel V secolo a.c., oltre a modificare modelli artistici, politici e commerciali, produsse un profondo cambiamento nella coscienza umana determinando le forme lineari e astratte della logica del pensiero occidentale attuale. M. Heim nella sua Teoria della trasformazione (1987) ritiene che la rivoluzione dell'informazione sia la terza tappa in questo processo e cioè una rivoluzione tanto grande quanto il passaggio dall'oralità alla scrittura (Brent, 1994).

Nel 1983 I. De Sola Pool, insegnante al MIT, scrive "Tecnologie di Libertà" in cui afferma che i computer e le reti telematiche sostituiranno i libri, le librerie, le riviste, i quotidiani e il sistema postale. Quindi afferma che "non ci sarà libertà di parola se anche queste cose non saranno libere" e che tale libertà sarà protetta solo se i mezzi di comunicazione saranno sparpagliati, decentralizzati, e facilmente disponibili come avviene per i microcomputers (De Sola Pool, 1983).

Nel 1984 I.De Sola Pool scrive, senza poterlo pubblicare, "Tecnologie senza frontiere".

Nel 1984 B. Nadoulek scrive "Enciber. Rapporto sui criteri utilizzati per la compilazione dell'Enciclopedia Cibernetica e l'analisi del fenomeno di rivolta sociale denominato Bushido Moderno" (Nadoulek, 1984).

Nel 1984 H. Bey scrive "Chaos. The broadsheets of ontological anarchism".

Nel 1984 S. Turkle scrive "The second self: computers and the human spirits".

Nel 1984 C.P. Snow fa la lettura del saggio "The Two Cultures and the Scientific Revolution"

Nel 1985 D. Haraway scrive: "La microelettronica è la base tecnica del simulacro; che è copia senza originale" (Birringer, 1998, pag. 258).

Nel 1988 N. Chomsky scrive "Manufacturing Consent" in cui vengono descritti i meccanismi grazie ai quali i politici, le corporazioni e i media progettano l'opinione pubblica.

Nel 1988 esce il primo numero di Extropy (www.extropy.com). La rivista indaga sui possibili mutamenti scientifici, filosofici e sociali.

Nel 1988 K. Robins e F. Webster, scrivono il saggio "Il capitalismo cibemetico: informazioni, tecnologia, vita quotidiana" in cui descrivono il modo in cui M. Foucault analizza il modello di controllo sociale basato sul Panopticon. "Panopticon è il nome di una prigione molto efficace, concretamente proposta in Gran Bretagna da J. Bentham nel 1791. Una combinazione di architettura e ottica rende possibile che una sola guardia veda tutti i prigionieri, senza che i prigionieri si vedano tra loro; l'effetto è che tutti i prigionieri si comportano sempre come se fossero sotto sorveglianza" (Rheingold, 1994, pag. 319). In tale modello la tecnologia è al servizio del controllo e dell'esercizio del potere. Così come la capacità di leggere, scrivere e comunicare liberamente dà ai cittadini il potere di autogovernarsi e proteggersi dallo Stato, le possibilità che la tecnologia permette di sorvegliare ed invadere la privacy dei cittadini, dà allo Stato il potere di confondere, sottomettere e controllare i cittadini e le popolazioni istruite. Secondo K. Robins e F. Webster le nuove tecnologie informative e comunicative consentono una massiccia estensione e trasformazione della stessa mobilitazione a cui aspirava il principio panottico di Bentham. Ciò che sostengono queste tecnologie, in realtà, è la stessa distribuzione del potere e del controllo, ma liberata dalle limitazioni architettoniche del prototipo di pietre e mattoni di Bentham. Sulla base della "rivoluzione informativa", non solo la prigione o la fabbrica, ma tutta la società funziona come la macchina gerarchica e disciplinare di Panopticon (Rheingold, 1994, pag. 325-26).

Nella primavera del 1989 su Whole Earth Review 62:90, viene pubblicato l'articolo di R. Dawkins "Universal parasitism and the co-evolution of extended phenotypes" con cui spiega ad un pubblico di non addetti ai lavori il suo concetto di "meme" teorizzato molti anni prima (Rushkoff, 1994, pag. 10). La teoria dei memi susciterà molto interesse nell'underground telematico (vedi Il falso come strumento di lotta).

Nel 1989 J. Carey scrive The Mythos of the Electronic Revolution (Carey, 1989) in cui descrive il rischio che la rottura del monopolio e totalitarismo dei mass media potenzialmente permessa dalle reti telematiche venga imbrigliata ed impedita da leader politici e dalla commercializzazione e mercificazione del dibattito pubblico. Il rischio dunque che la democrazia elettronica sia l'ennesima versione di un mito del progresso tecnologico che ha da sempre accompagnato l'umanità insieme all'altro mito della democrazia rappresentativa. Che dunque lo spettro della manipolazione politica che J. Goebbels fece attraverso la radio per il Terzo Reich non si allontana semplicemente liberando i media, in quanto attraverso il controllo delle notizie, del mercato dei beni di consumo e pubblicitario, chi ha i soldi può permettersi di manipolare l'opinione pubblica (Rheingold, 1994, pag. 322-25).

Nel 1991 N. Chomsky scrive "Media Control. The spectacular Achievements of Propaganda".

A giugno del 1992 apre la collana Interzone di Feltrinelli, attraverso la quale Raffaele Scelsi e Ermanno "Gomma" Guarneri fanno conoscere al pubblico italiano autori e riflessioni radicali ed innovative sui nuovi media.

Nel 1992 esce l'antologia "Sabotage in the american workplace. Anecdotes of dissatisfaction, mischief and revenge" a cura di M. Sprouse, con sezioni sui computer, l'arte e il design, la conoscenza, l'informazione, ecc.

Nel 1993 B. Sterling scrive "A brief history of the Internet" un testo che viene distribuito liberamente in rete in cui afferma che Internet è "libera. Internet è uno dei rari esempi di vera, moderna e funzionale anarchia" (Sterling, 1993).

Nel 1993 nasce la rivista "CTheory" (www.ctheory.com), con testi di A.Kroker, CAE, Bey, e altri.

Nel 1993 Henry Edward Hardy scrive "The History of the Net" (Hardy, 1993), che viene distribuita on-line per una richiesta di contributi allo stesso lavoro.

Nel 1995 da R. Barbrook e A. Cameron scrivono "The Californian Ideology" in cui descrivano le contraddizioni per cui l'utopia californiana comunitaria degli anni settanta e le loro speranze di rivoluzione sociale attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie si sia scontrata con la sussunzione fatta dall'ideologia californiana attraverso le nuove industrie dei media ed high tech che ripropongono la filosofia del libero mercato ottocentesco: "I sacri dogmi del liberismo economico sono contraddetti dalla storia attuale degli ipermedia. Per esempio, le tecnologie del computer e della Rete non sarebbero potute essere inventate senza l'aiuto di enormi finanziamenti dello Stato e la partecipazione entusiastica di una base amatoriale. L'impresa privata ha giocato un ruolo importante, ma solo come una parte di un'economia mista. Per esempio, il primo computer, The Difference Engine, è stato costruito e progettato da una compagnia privata, ma il suo sviluppo è stato reso possibile solo attraverso un contributo del Governo Britannico di L. 17.470 che nel 1834 era una vera e propria fortuna. Dal Colossus all'EDVAC, dai simulatori di volo alle realtà virtuali, lo sviluppo dei computer è dipeso nei momenti chiave dai risultati delle ricerche pubbliche o da grossi contratti con le agenzie pubbliche (...). L'IBM costruiva il suo primo computer programmabile solo dopo che gli era stato commissionato dal Dipartimento della Difesa americana durante la guerra in Corea. (...) Oltre ai finanziamenti statali, l'evoluzione del computer è dipesa dal coinvolgimento della cultura del d.i.y. (Do It Yourself - fai da te). Ad esempio, il personal computer è stato inventato da tecnici amatoriali che volevano costruire la loro propria macchina a basso costo. L'esistenza di una economia del dono tra gli hobbisti è stato un requisito necessario per il conseguente successo dei prodotti fatti dalla Apple e dalla Microsoft. Ancora adesso, i software liberi giocano un ruolo vitale nello sviluppo della progettazione del software. Anche la storia di Internet contraddice i dogmi delle ideologie del libero mercato. Per i primi vent'anni della sua esistenza lo sviluppo della Rete era quasi completamente dipendente dai fondi governativi. Sia attraverso i finanziamenti militari che universitari, un gran numero di dollari venivano investiti nella costruzione delle infrastrutture e nel pagamento dei costi di uso dei suoi servizi. Allo stesso tempo molte delle applicazioni e dei programmi chiave della Rete furono inventate sia da hobbisti, che da liberi professionisti che lavoravano durante il loro tempo libero. (...) Tutti questi fondi pubblici e coinvolgimento comunitario ha avuto un enorme effetto benefico -sebbene misconosciuto e non pagato- sullo sviluppo della Silicon Valley e delle altre industrie hi-tech. Gli imprenditori capitalisti spesso hanno un senso di orgoglio verso il loro proprio ingegno e concedono solo un minimo riconoscimento ai contributi che gli sono arrivati sia dallo Stato, che dai loro lavoratori o dalla comunità in generale. Tutti i progressi tecnologici sono cumulativi -dipendono dal risultato di un processo storico collettivo e devono essere riconosciuti, almeno in parte, come un'azione collettiva" (Barbrook e Cameron, 1996).

Nel 1995  F. Carlini scrive "Chips & Salsa. Storie e culture del mondo digitale". Una raccolta degli omonimi articoli usciti per Il Manifesto.

Nel 1996 M. Dery scrive "Escape velocity: Cyberculture at the end of the century".

Nel 1996 M. Castells scrive "The Information Age: Economy, Society and Culture".

Nel 2000 N. Klein scrive "No Logo" (Klein, 2000).

Nel 2001 P. Himanen scrive "L'etica hacker" in cui, citando K. Portenfield, riassume "la dipendenza generale del funzionamento di Internet e della Rete dalle creazioni degli hacker, descrivendo cosa accadrebbe in pratica se i programmi degli hacker venissero ritirati: Più di metà dei siti Web su Internet scomparirebbero. (...) Scomparirebbero anche i newsgroup di Usenet. (...) Le e-mail non funzionerebbero." Molti altri programmi e funzioni di internet non sarebbero possibili, come, ad esempio, gli indirizzi dei domini come www.netaction.org, si dovrebbero  scrivere come una sequenza di numeri tipo 199.201.243.200 (Himanen, 2001, pag. 157-8).

 

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