home

Arte & fisica.

Dalla Relatività, all'indeterminismo

alla Dissipazione

 

 

di Enrico Pedrini

indice
(conferenza a cura di Tommaso Tozzi per il progetto “Arte, Media e Comunicazione”, 1997)

 

Arte & Fisica, infatti, propone una identità comparativa e essoterica tra due discipline che esprimono una differenziata ma comune realtà: il percorso della conoscenza come perpetua presenza della sua evoluzione.

E’ quello che, con Broomann, definirei un comparativismo attivato, dove le ragioni e le nozioni di una disciplina (in questo caso: la fisica) suggeriscono e ipotizzano l’organizzazione delle conoscenze alle quali l’arte non può sottrarsi, pena il riciclaggio stilistico, l’elefantiasi culturale che tanto, ancora oggi, affligge di penosi ritardi l’evoluzione conoscitiva dell’arte contemporanea.

 

Sia che si tratti di lavorare su Duchamp piuttosto che su Cage o su Fluxus o sull’ l’arte di questi ultimi  anni, è costante  e determinante (e lo definisco per ordine di chiarezza nei confronti dell’ascoltatore), la sospensione della lettura dell’opera, come resa di conoscenze chiuse e stagne per aprirsi a nuove possibilità di discussione  cioé all’analisi delle identità culturali che la circondano.

Il nostro punto di vista sarà quello di fondare sulla stutturalità delle conoscenze della fisica teorica la frontiera di corroborazione capace, non di spiegare, ma di attestare la pertinenza dell’opera d’arte al momento storico-culturale che le ha prodotte.

La fisica apparirà, allora, come una certezza  capace di vincolare  verso le conoscenze del nostro tempo le testimonianze e le espressioni dell’arte contemporanea.

Su questo piano si finisce quindi  con l’intendere la fisica teorica come la definizione del mondo ‘a priori’, passibile di mutamenti e traumi capaci di interessare l’intero sistema della comunicazione conoscitiva e l’indagine stessa della realtà.

Attorno a questa comparazione attivata  si svolge  quanto sto per esporre.

 

 

 

Le scienze non possono essere separate dall’avventura umana.

“Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri per divenire l’oggetto della libera curiosità e della contemplazione - come dice Einstein - là iniziano arte e scienza”.

Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all’interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se invece le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e purtuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l’aspirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale.

La Fisica, come formatrice di nuovo sapere, attraverso le sue scoperte ed i suoi principi, che possono essere considerati come strumenti intellettuali con cui gli uomini ritengono utile ed opportuno organizzare le loro  rappresentazioni mentali della struttura interna del mondo reale, diventa il luogo centrale della formazione dei processi di sviluppo della conoscenza. In questo secolo tale branca del sapere è sempre più presentata come momento di invenzione di nuovi rapporti tra le leggi atemporali dell’universo ed il mondo dei processi e degli eventi, senza i quali la nostra vita e la nostra attività pratica sarebbero prive di senso. Essa diventa la testimonianza della creatività umana, che crea un mondo al contempo semplificato e povero, intensificato e pieno di relazioni ed interpretazioni.

Il concetto di spazio e di tempo sono così basilari per la nostra descrizione dei fenomeni naturali, che la loro radicale modificazione, comporta indubbiamente una modificazione dell’intero sistema di riferimenti che noi usiamo in Fisica per descrivere la natura. Così quando nel 1905 appare la teoria di Einstein della Relatività Ristretta, dove il concetto di spazio e quello di tempo sono intimamente ed inscindibilmente connessi, sì da formare un continuo quadridimensionale chiamato “spazio-tempo” (detto anche cronotropo), le idee classiche di uno spazio assoluto e di un tempo assoluto vengono radicalmente mutate e poi abbandonate. Secondo la teoria di Einstein, tanto lo spazio quanto il tempo sono concetti relativi, ridotti al ruolo soggettivo di elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere fenomeni naturali. D’ora in poi non potremo  più  parlare di spazio senza parlare anche di tempo e vicevesa.

La conseguenza più importante del sistema relativistico è stata la presa di coscienza del fatto che la massa non è altro che una forma di energia. Anche un oggetto in quiete ha dell’energia immagazzinata nella sua massa  e la relazione fra le due è data dalla famosa equazione di Einstein E=mc2 , dove “c” è la velocità della luce.

I cubisti, i futuristi e i dadaisti conoscevano certamente questi studi, o perlomeno respiravano il nuovo clima che la fisica andava elaborando. La Teoria della Relatività metteva in questione la stabilità di tutte le forme spazialmente estese, sostenendo che i corpi cambiano la loro forma, quando si muovono, rispetto ad un sistema di riferimento fisso. Un corpo rigido, che ha la forma di una sfera quando è visto in stato di quiete, comincerà ad assumere una forma ellissoidale,  quando è osservato in movimento; tutti gli oggetti tri-dimensionali si ”contrarranno in figure piane” quando la loro velocità relativa raggiunga la velocità della luce. La teoria generale della relatività demolisce invece il senso convenzionale di stabilità dell’intero universo materiale. Secondo Einstein ogni frammento di materia nell’universo genera una forma gravitazionale che accelera tutti i corpi materiali nel suo campo e modifica la loro dimensione visibile: non ci sono più corpi rigidi. L’Avanguardia Storica dei primi anni del secolo corre in parallelo alle scoperte della Relatività. Il Cubismo infatti rifletterà il senso della relatività della conoscenza; tale movimento non esprime più l’oggetto nella sua tradizionale collocazione spaziale, ma ne smonta la volumetria, cercando di rappresentare dell’oggetto tutti gli aspetti esprimibili in una simultaneità di visioni. Nel Futurismo lo spazio è reso come elemento attivo e costituente l’atmosfera, al pari del “soggetto”, un’atmosfera che è messa in movimento dai corpi in moto che la fendono. Il movimento è velocità e la velocità è una forza che interessa due entità: l’oggetto che si muove e lo spazio in cui si muove. I corpi, sotto la spinta della velocità, si deformano fino al limite dell’elasticità e si scompongono secondo le tendenze delle linee di forza.

Nel 1911 Rutherford con la scoperta del nucleo dell’atomo e la conferma della dissoluzione della sostanza della materia, nel gioco di forze elettriche fra atomi e molecole, porta avanti il più grande cambiamento  alle nostre idee sulla materia, mai realizzato da Democrito in poi. Con la  scoperta del vuoto della materia e la rappresentazione dell’atomo poroso come un sistema solare, viene messa in discussione la sostanzialità della vecchia materia.

In questo contesto accade improvvisamente l’evento del gesto di Marcel Duchamp: una ruota di bicicletta montata su una sedia da cucina firmata e datata dallo stesso artista; oggetto anonimo prelevato dalla serie e dalla propria destinazione, che viene esposto in un luogo deputato all’arte, come vera opera d’arte. L’artista, dopo aver isolato l’oggetto dal proprio ambiente e dal proprio contesto fisico ed averlo confinato in un nuovo ordine di significati logici, rinominandolo con un diverso termine, compie un gesto e produce un evento: lo espone in una galleria o in un museo.

L’oggetto divenuto ‘ready-made’ per scelta dell’artista, che lo mette in presa diretta con la realtà della struttura linguistica dell’arte, non solo muta la nozione stessa dell’arte, ma a sua volta, perso il suo statuto di utensile, viene trasfomato dal sistema dell’arte in oggetto artistico.

 

Nel 1927 Einstein inizia con Niels Bohr, rappresentante della scuola di Copenhagen insieme a Heisemberg, una intensa polemica, nel tentativo da parte di Einstein di operare una sintesi tra la Relatività Generale e la Fisica Quantistica. Polemica che si esaurirà solo alla morte dei due fisici.

Con la Teoria dei Quanti si arriva al radicale superamento tra la materia, concepita come un insieme di minuscole entità discrete ed individuali nello spazio e nel tempo e la radiazione, intesa come fenomeno continuo ed ondulatorio.

Secondo questa Scuola, nella microfisica, i fenomeni studiati non possono prescindere dagli effetti, dalle azioni di disturbo, provocate dall’osservatore, che viene pertanto assunto come parte integrante del fenomeno.

Con Heisemberg d’altronde si dissolve il meccanismo di ‘causa-effetto’ che aveva retto nella Fisica Classica Newtoniana il principio della possibilità di osservazione obiettiva del “reale”, facendo sì che la sorgente casuale di un fenomeno rappresenti la probabilità della sorgente casuale di un altro fenomeno.

La casualità, tanto importante per Marcel Duchamp e per l’area Dadaista, intesa come indifferenza visiva ed attitudine alla libertà (la rottura del Grande Vetro), trova nel Principio di Indeterminazione un approdo, che diventerà terra feconda di lavoro per tutta la Seconda Avanguardia del Secolo, la cui nascita può collocarsi intorno al 1956-58, anni in cui gli allievi di Cage iniziano la loro attività con i primi lavori di “happenings” e di “events”.

Nel 1926 Schrödinger suggeriva che si può intendere la materia come collezione di onde che si sommano, interferenti fra loro e che creano nodi. Affermando che una particella non era altro in realtà che un gruppo di onde di dimensioni relativamente piccole (ossia una sorta di minuscolo insieme di onde)  egli andava introducendo un’indeterminatezza di comportamento al carattere dell’atomo.

Carl David Anderson nel 1932 otteneva una fotografia nitida di una particella, che si incurvava nella direzione sbagliata! La particella aveva la stessa massa, ma carica opposta. I positroni erano il nuovo tipo di materia-antimateria, che Dirac aveva previsto qualche anno prima (1930). Dirac  infatti era arrivato a mettere a punto una nuova concezione del vuoto, come un mare senza fondo, occupato da elettroni di energia negativa. Un’altra frontiera era caduta! Da quel momento diviene sempre più chiaro che quasi tutte le particelle hanno un’anti-particella uguale di massa nella maggior parte delle proprietà, ma di carica opposta. Dirac era arrivato alla conclusione che il vuoto fosse pieno di copie virtuali  (particelle-antiparticelle), che quando si incontrano si annichilano, liberando, con la scomparsa della materia, l’energia di massa (E=mc2 ) .

Il concetto di materia e di antimateria, particella ed antiparticella rimanda e visualizza la nozione di positivo e di negativo ed apre la possibilità di indagine nel campo della negatività. La possibilità della materia di presentarsi sotto forme diverse, sia come energia che come materia universale, in quanto tutte le particelle elementari possono, ad energie sufficientemente alte, essere trasmutate in altre particelle, o possono semplicemente venir create dall’energia cinetica o risolversi in questa (ad esempio in radiazione), apre inediti orizzonti alla visualizzazione potenziale di nuovi linguaggi e di nuovi sconfinamenti per l’arte. Infatti i linguaggi che diventeranno la matrice genetica del grande sconfinamento verso il “fuori-quadro”, proprio della Seconda Avanguardia, iniziano la loro formulazione negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale.

Le figure artistiche che meglio hanno interpretato questa nuova frontiera possono essere indicate in John Cage e Ad Reinhardt.

La figura di John Cage è legata al Principio di Indeterminazione e alle sue non eludibili conseguenze. Egli introduce nel contesto musicale ed artistico le nuove categorie della probabilità, la complementarietà, l’indeterminatezza e l’interdisciplinarietà, categorie prodotte dalla rottura del determinismo causa/effetto. Il suo lavoro diventerà, attraverso il nuovo concetto di caso “come equipollenza di possibilità”, la base di conoscenza della Seconda Avanguardia.

Il movimento dell’Happening&Fluxus, di cui l’opera di Cage può essere considerata la matrice genetica, deve essere visto come l’area di pensiero dove il sapere quantistico trova l’humus ideale per attivare la propria presa diretta sulla realtà. Infatti con l’Happening si ha l’integrazione di tutti gli elementi della rappresentazione, quali: l’environment, il tempo, lo spazio, le composizioni e la gente che vi partecipa, dove lo spettatore assume il ruolo di “partecipatore” all’evento stesso. Fluxus evidenzia invece quel grande fenomeno della de-realizzazione operata dall’avvento della televisione, una nuova realtà dell’immagine, che ha prodotto una perdita di consistenza nella natura delle cose. L’arte per questi artisti diviene il luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa. Tale movimento mette in luce il quotidiano totalizzante dell’era tecnotronica, il quotidiano che vive il mutamento radicale con le cose e con gli altri, la perdita della consistenza materiale degli oggetti della percezione, diventati e che diventeranno veri e propri simulacri immateriali.

 Fluxus volge la propria attenzione al “daily life” del villaggio globale, alla megalopoli del futuro, fondata sul primato dell’informazione. L’opera di John Cage e l’Happening&Fluxus influenzano e corrono in parallelo all’Azionismo, all’Architettura Radicale, alla Body Art, al Comportamentismo, al Nuovo Teatro, ecc.

L’Arte Povera è stata una delle poetiche artistiche che meglio hanno caratterizzato la seconda metà degli anni sessanta.Questo movimento, fin dalle sue prime apparizioni, si è segnalato per la costante ricerca a “identificare l’azione dell’uomo nel suo libero progettarsi”, attraverso una continua focalizzazione nei suoi gesti sociali autonomi intesi come emergenza a sé stante. Infatti l’Arte Povera coltiva l’atteggiamento che tende al “reperimento del significato fattuale del senso emergente del vivere dell’uomo” come liberazione formativa e compositiva di un’arte che vuole “essere antisistema”. Per fare questo, l’artista, in una società dove tutto è sistema, rifiuta ogni posizione categoriale ed ogni etichetta per identificarsi solo con sè stesso. L’Arte Povera si presenta quindi come un’arte che si lega al contingente, all’evento ed al presente: un presente che non si chiude nel quotidiano, ma vive la dimensione “dell’astoricità”. “L’arte quindi cessa di essere un manufatto privilegiato, per diventare una pratica processuale, dove i processi di realizzazione e le analisi che ne scaturiscono diventano più significativi dell’opera stessa. L’arte diventa così una sottile ed acuta definizione degli elementi psichici e naturali che attraverso la loro presentazione assumono la possibilità di diventare “oggetti di teorie”. La volontà di evidenziare “l’energia”, di analizzare “i processi naturali”, di ricorrere “ai materiali poveri”, indica la determinazione, da parte degli artisti dell’Arte Povera, di assumere un nuovo concetto di arte “come stimolo a verificare continuamente il proprio grado di esistenza mentale e fisico”, ma soprattutto “come l’urgenza di un esserci” che “elimina lo schermo fantastico e mimetico della rappresentazione artistica dinanzi alla comunità degli spettatori”.

Questo movimento si caratterizza quindi per una forte tendenza al riduzionismo, inteso come recupero del “primario” nel senso di visualizzare come arte gli elementi primari della natura, quali: la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria ma anche una non esclusione degli elementi che costituiscono il nostro panorama ed orizzonte quotidiano.

Si realizza con l’Arte Povera un momento profondamente freddo che tende alla ‘decultura’, alla regressione dell’immagine allo stato ‘preiconografico’, ad un impegno con l’evento mentale e comportamentistico, dove la creatività  tende a riempire il vuoto esistente tra arte e vita.

Ne deriva ‘una fisicizzazione di un’idea, un’idea tradotta in materia’, la quale produce una microemotività antropologica intensa e cerebrale.

Indubbiamente l’Arte Povera non può sottrarsi al clima culturale che si era instaurato alla fine degli anni ‘50 / inizio ‘60, quando l’esplorazione del mondo subatomico da parte della Fisica Quantistica aveva rivelato la natura intrinsecamente dinamica della materia. Infatti in quegli anni si era diffusa la conoscenza che i costituenti dell’atomo, ossia le particelle subatomiche, erano configurazioni dinamiche, che non esistono in quanto entità isolate, ma come parti integranti di un’inestricabile rete di interazioni. Queste interazioni comportano un flusso incessante di energie, che si manifesta come scambio di particelle: un’azione reciproca dinamica in cui le particelle sono create o distrutte in un processo senza fine, in una continua variazione di configurazioni di energia.

 

Se la rottura del determinismo causa/effetto ed il Principio di Indeterminazione erano stati in qualche modo il portato epistemologico su cui si erano rette l’opera di John Cage e le problematiche dell’Happening & Fluxus, appare abbastanza evidente che il nuovo concetto di mutabilità della materia quantica in qualche modo corre in parallelo con le posizioni teoriche dell’Arte Povera. Tale arte, infatti, si pone come evidenziazione della forza energetica e processuale insita nella natura, come formulazione di equilibri instabili e di processualità dinamiche, come fisicizzazione della forza di un’azione e di un evento, come recupero di energie elementari biologiche e naturali, ecc.

Privilegiando lo statuto di veicolo di informazione e di messaggio piuttosto che il valore estetico proprio dell’arte che l’aveva preceduto,essa  trova nella dimensione quantitativa il proprio contesto espressivo. ll fruitore non è più un elemento passivo all’interno del fatto estetico, ma diventa partecipatore attivo al fatto stesso. Di quì nasce l’esigenza di un sempre maggiore coinvolgimento dell’osservatore che entra  nell’evento come presenza necessaria. Per ottenere questo, l’artista estende le dimensioni dell’opera in modo da inglobare nel suo gioco linguistico l’osservatore, il quale partecipa attivamente al processo artistico.

 

L’opera di Ad Reinhardt invece diviene emblematica per la comprensione del Minimalismo e gli sviluppi dell’Arte Concettuale.

I suoi ‘quadri neri’ ottenuti mediante un processo di riduzione, sottrazione e sospenzione di tutti gli elementi che formano un quadro, aprono  quella grande rivoluzione linguistica di “uscita dal quadro stesso” , che prenderà corpo e definizione qualche anno più tardi. La sua opera infatti rappresenta, sempre più nel tempo, il tendere dell’arte verso una ridefinizione ‘di sè da sè stessa’, cioè il momento catarchico dell’ arte reso necessario dall’avvento del nuovo sapere.  In tal modo Reinhardt  riesce a spingere oltre al limite estremo della non percettibilità la rappresentazione e lo sfondo, raggiungendo,  attraverso la loro immersione nel nero, la  dimensione liminale di questi elementi.

Le ‘pitture nere’ di Reinhardt, portate avanti dall’autore fino alla sua morte, visualizzano il raggiungimento della nuova dimensione legata al ‘vuoto quantico’ ed alla ‘negatività’, elementi che sono alla base della grande ‘frattura’ delle arti, propria della seconda metà del XX secolo.

 

Muovendo dall’opera di Ad Reinhardt e di Barnet Newman, il paradigma teorico della Minimal Art vuole invece sostenere la più deliberata riduzione dei mezzi espressivi, assieme al rifiuto di qualsiasi inflessione soggettiva. Lo scopo di questi artisti minimalisti era quello di raggiungere, sia mediante rappresentazioni, che attraverso suggerimenti o allusioni, quel “minimum sensibile”, quel limite mitico della sensibilità, dove l’oggetto veniva dissolto ed il valore della sensibilità ridotto alla sua soglia più bassa. L’idea per gli artisti minimalisti  prevede quindi lo svolgimento successivo dell’operazione, in quanto essa agisce da nucleo genetico di un’ operatività tendente ad un’ intelligenza teorica del fare arte.

Il procedimento artistico si identifica quindi con le operazioni  trasformazionali compiute all’interno del sistema ed il valore dell’opera risiede nelle modificazioni introdotte  nel codice,che il codice prevede e comprende come campo di possibilità.

Rimuovendo “il complesso” per arrivare “all’elementare irrelato”, i minimalisti fondano un nuovo principio regolativo dell’operare artistico, dove le “strutture primarie” della loro arte vengono costruite anche delimitando gli spazi in negativo e formalizzando le assenze.

 

Con l’Arte Concettuale, movimento nato intorno agli anni 1966/67, si arriva pertanto alla rinuncia di ogni funzione rappresentativa ed espressiva. Questo tipo di ricerca non necessita più dell’uso di un codice rappresentativo o estetico. Non ricercando più un’esplorazione del mondo, ma esplorando l’arte stessa, il Concettuale fa cadere ogni genere di preoccupazione formale. E’ l’idea dell’arte nell’autoanalisi di sè stessa. L’Arte Concettuale è tautologica: l’idea dell’arte e l’arte sono la stessa cosa. L’arte può così instaurare un rapporto  tra l’opera ed il fruitore  dove il dato artistico diviene pura trasmissione di una informazione. Tale rapporto non presenta però il semplice  carattere “unidirezionale” (dall’opera al fruitore), bensì include il destinatario  nel  processo conoscitivo come momento integrativo e performativo  dell’atto stesso.

 

Queste due vie: la linea di John Cage e dell’Happening & Fluxus e dell’Arte Povera e la  linea di Ad Reinhardt, della Minimal Art  e dell’ Arte Concettuale possono essere considerate all’interno della Storia dell’Arte come i percorsi sincronici del sapere più vicini e paralleli allo sviluppo delle conoscenze della Fisica ed ai suoi principi fondanti il nostro secolo: la prima linea può essere definita come la ‘linea epistemologica’ dell’arte e la seconda come la ‘linea linguistica’ o del proposizionalismo, legata allo sviluppo della struttura del linguaggio ed alla ridefinizione dell’arte nel suo rapporto dialettico  con la scienza.

A partire dagli anni cinquanta si sono sviluppate in Fisica tre grandi scoperte: l’instabilità delle particelle elementari, le strutture del non equilibrio e l’evoluzione dell’universo, che va sotto il nome di ‘Big Bang’.

 Le strutture del non equilibrio, per soffermarci su questo solo problema, sono appunto quei sistemi che dissipano le spinte ambientali al mantenimento della propria organizzazione, senza che ciò implichi una rigidità nel comportamento strutturale.

 Lontano dall’equilibrio i processi irreversibili sono fonte di coerenza. L’apparizione di questa attività coerente della materia (le strutture dissipative) ci impone una nuova maniera di porci in rapporto col sistema che definiamo e manipoliamo. I sistemi lontani dall’equilibrio non subiscono la forza di gravità, allo stesso modo di un corpo pesante, ed il loro comportamento non è sottoposto ad una generica relazione di causa/effetto. La relazione causale è qui reciproca: è l’attività del sistema che “da senso” alla gravità, che la integra in modo specifico al suo regime di funzionamento e la gravità rende questo sistema capace di nuove strutture e nuove differenziazioni.

  E’ l’attività intrinseca del sistema che determina il modo in cui dobbiamo descrivere il suo rapporto con l’ambiente e che genera, dunque, il modello conoscitivo che sarà adeguato per comprendere le sue storie possibili.

  Possiamo quindi parlare delle strutture lontane dall’equilibrio, come di fenomeni di auto-organizzazione.

  Ma c’è di più! Vicino all’equilibrio, i punti che giacciono su uno stesso piano hanno tutti le stesse proprietà. Lontano dall’equilibrio compaiono zone di chirilità opposte.

   E’ presente quindi una rottura della simmetria dello spazio, allo stesso modo in cui nei fenomeni temporali l’irreversibilità provoca la rottura della simmetria del tempo. L’irreversiblità crea quindi una diversificazione all’interno del sistema; la forma dello spazio è diversa rispetto all’esterno del sistema stesso. Ogni stato esterno all’ambiente deve quindi essere interpretato in relazione allo stato interno del sistema ed ai fini che intende perseguire.

Nasce così il problema dell’autoriferimento e soprattutto l’autocreazione di senso.

L’esperienza artistica, che prima di tutte aveva aperto questa nuova frontiera, provocando una vera e propria ristrutturazione all’interno dei linguaggi dell’arte è quella di Max Neuhaus.

 La lettura della sua opera non significa solo un’apertura dell’arte verso inediti confini, ma evidenzia una nuova ‘condizione antropologica’, in cui l’uomo si spinge oltre le proprie facoltà percettive verso le frontiere dell’inconcepibile e dell’impercettibile.

Egli infatti nel 1977 colloca in un vano vuoto, posto sotto un’isola pedonale a Time Square a New York, una struttura elettronica che emette suoni armonici, che egli lascia completamente anonima per dieci anni. Non rivendicando l’opera come sua, l’artista delega l’ascoltatore a sentirla come differenza ed a percepirla o riconoscerla come opera d’arte.

 Lo stesso Neuhaus dice: “come molti artisti sono interessato ad entrare in comunicazione con la mente, ma invece di apparire nella  sua  finestra visiva, ho scelto di apparire nella sua finestra uditiva”.

Questo approccio alla conoscenza è completamente inedito, in quanto attraverso questa nuova via della sensibilità si può aprire un territorio fresco per la conoscenza libera dei bagagli culturali preesistenti. In questo spostamento dal visuale-tattile all’uditivo, nel sentire lo spazio piuttosto che vederlo, risiede principalmente la sua scoperta. Il suono non è l’opera, ma il catalizzatore che impegna l’ascoltatore a ricercarne la fonte e nella ricerca egli trova una nuova struttura ed un nuovo orizzonte: lo ‘spazio-suono’. Si ha così una disposizione di suoni nello spazio ed una definizione sonora del luogo. In altri lavori come: ‘Le linee  infinite da fonti inafferrabili’, l’artista lascia  le pareti della galleria o del museo completamente spoglie. Il fruitore può muoversi nella stanza, incontrare luoghi nello spazio dove si sentano deil ‘click’ ed altri dove ci sia assenza di suono. La serie dei ‘click’ sembra sviluppare una linea infinita, ‘una frase che si evolve in perpetuo’. I suoni nelle loro variazione di frequenza formano intrecci non visibili, che avvolgono ogni stanza.

   Le linee infinite richiamano come parallelismo in Fisica la nuova dimensione introdotta nel 1969 da John Whesler nei ‘Black Holes’. Una dimensione al di là della nostra sensazione, da cui non è possibile sfuggire, in cui le leggi della scienza e le capacità di predire il futuro verrebbero meno. L’orizzonte degli eventi (la regione di confine dello spazio-tempo da cui non è possibile evadere) agisce come una membrana unidirezionale intorno al ‘buco nero’.

Oggi l’arte può finalmente sottrarre alcune sue strutture e funzioni, in quanto è legittimata dall’esistenza nell’universo di nuove possibilità oltre la realtà. Il lavoro di Neuhaus, che opera al di là dell’orizzonte degli eventi e della ‘censura cosmica’ apre l’arte alle frontiere dell’impercettibile e dell’inconcepibile, rendendo possibili le categorie dell’interazione, dell’anonimia, della clandestinità e dell’irreversibilità.

Siamo alle soglie degli anni ‘90 dove il portato epistemologico delle “strutture dissipative” e della “complessità” ridisegna la conoscenza ed il sapere dell’ultimo paradigma di fine secolo.

 Questi concetti appaiono ora essenziali per far capire come ci troviamo all’interno di un nuovo sapere che presuppone una diversa realtà: una realtà che incorpora ora la non linearità, l’instabilità e la dissipazione nella descrizione di base della natura.

L’ottimismo degli anni Sessanta, in cui si parlava non di previsioni sulla realtà, ma addirittura di controllo, è opportunità ormai lontana. La predicibilità a tempi lunghi é possibile solo all’interno della classe di sistemi lineari, allora i soli conosciuti. Attualmente la maggior parte degli avvenimenti è governata da leggi di evoluzione  non lineari, dove sono presenti i fenomeni della forte dipendenza dalle condizioni iniziali. Quì piccole incertezze possono amplificarsi velocemente fino a rendere vano ogni tentativo di previsione dopo un tempo relativamente breve. Il sistema caotico è infatti impredicibile sui tempi lunghi a causa della crescita esponenziale della distanza tra due traiettorie inizialmente molto vicine. 

L’indeterminatezza, la complementarietà, la processualità, l’interdisciplinarietà che erano i campi del sapere entro i quali gravitavano i movimenti degli anni ‘60/’70 nell’arte, vengono ora scavalcati da una nuova visione del mondo che presuppone nuove categorie di pensiero quali: l’autoorganizzazione, l’interazione, la coevoluzione, la condivisione, la complessità, la contraddittorietà, il possibilismo, la traslocazione, la relazionabilità.

 Il linguaggio dell’arte, in questa nuova dimensione del sapere, dove il tempo è indissolubile dalla corporeità cosmica in quanto espresso in termini di relazioni tra le varie parti che compongono il sistema, non può far altro che registrare una fenomenologia dell’oggetto in perenne traformazione e dislocazione, in quanto risponde ad una soggettività frantumata in continua ricettività rispetto alle autorganizzazioni che incontra.Indubbiamente il movimento dell’Arte (Dissipazione) nato negli anni negli 1987-88 a Genova ha aperto con lucida determinazione questa nuova apertura paradigmatica. La storia nel suo farsi indubbiamente chiarirà le coerenze e gli impegni profusi per visualizzare e sedimentare il sapere nel sistema dell’arte.

 

Enrico Pedrini

 

 

 

Glossario:

 

La Fisica come sapere della creatvità

 

1)

La Fisica, come formatrice di nuovo sapere, attraverso le sue scoperte ed i suoi principi, che possono essere considerati come strumenti intellettuali con cui gli uomini ritengono utile ed opportuno organizzare le loro  rappresentazioni mentali della struttura interna del mondo reale, diventa il luogo centrale della formazione dei processi di sviluppo della conoscenza.

 

2)

 La Fisica nel secolo XX diventa la testimonianza della creatività umana, che crea un mondo al contempo semplificato e povero, intensificato e pieno di relazioni ed interpretazioni.

 

Lo spazio ed il tempo come momenti fondandi la realtà dell’arte.

 

Il concetto di spazio e di tempo sono così basilari per la nostra descrizione dei fenomeni naturali, che la loro radicale modificazione, comporta indubbiamente una modificazione dell’intero sistema di riferimenti che noi usiamo in Fisica per descrivere la natura ed in Arte per organizzare una nuova visione del mondo.

 

4) quando nel 1905 appare la teoria di Einstein della Relatività Ristretta, dove il concetto di spazio e quello di tempo sono intimamente ed inscindibilmente connessi, sì da formare un continuo quadridimensionale chiamato “spazio-tempo” (detto anche cronotropo), le idee classiche di uno spazio assoluto e di un tempo assoluto vengono radicalmente mutate e poi abbandonate.

 

5)Secondo la teoria di Einstein, tanto lo spazio quanto il tempo sono concetti relativi, ridotti al ruolo soggettivo di elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere fenomeni naturali. D’ora in poi non potremo  più  parlare di spazio senza parlare anche di tempo e viceversa.I cubisti, i futuristi e i dadaisti conoscevano certamente questi studi, o perlomeno respiravano il nuovo clima che la fisica andava elaborando.

 

5)

 La Teoria della Relatività metteva in questione la stabilità di tutte le forme spazialmente estese, sostenendo che i corpi cambiano la loro forma, quando si muovono, rispetto ad un sistema di riferimento fisso. Un corpo rigido, che ha la forma di una sfera quando è visto in stato di quiete, comincerà ad assumere una forma ellissoidale,  quando è osservato in movimento;

 

 6). La teoria generale della relatività demolisce  il senso convenzionale di stabilità dell’intero universo materiale. Secondo Einstein ogni frammento di materia nell’universo genera una forma gravitazionale che accelera tutti i corpi materiali nel suo campo e modifica la loro dimensione visibile: non ci sono più corpi rigidi.

 

Cubismo

7) L’Avanguardia Storica dei primi anni del secolo corre in parallelo alle scoperte della Relatività. Il Cubismo infatti rifletterà il senso della relatività della conoscenza; tale movimento non esprime più l’oggetto nella sua tradizionale collocazione spaziale, ma ne smonta la volumetria, cercando di rappresentare dell’oggetto tutti gli aspetti esprimibili in una simultaneità di visioni.

 

Futurismo

 Nel Futurismo lo spazio è reso come elemento attivo e costituente l’atmosfera, al pari del “soggetto”, un’atmosfera che è messa in movimento dai corpi in moto che la fendono. Il movimento è velocità e la velocità è una forza che interessa due entità: l’oggetto che si muove e lo spazio in cui si muove. I corpi, sotto la spinta della velocità, si deformano fino al limite dell’elasticità e si scompongono secondo le tendenze delle linee di forza.

 

Marcel Duchamp

L’oggetto divenuto ‘ready-made’ per scelta dell’artista, che lo mette in presa diretta con la realtà della struttura linguistica dell’arte, non solo muta la nozione stessa dell’arte, ma a sua volta, perso il suo statuto di utensile, viene trasfomato dal sistema dell’arte in oggetto artistico.

 

Heisemberg

Con Heisemberg  si dissolve il meccanismo di ‘causa-effetto’ che aveva retto nella Fisica Classica Newtoniana il principio della possibilità di osservazione obiettiva del “reale”, facendo sì che la sorgente casuale di un fenomeno rappresenti la probabilità della sorgente casuale di un altro fenomeno.

 

Teoria dei Quanti

Con la Teoria dei Quanti si arriva al radicale superamento tra la materia, concepita come un insieme di minuscole entità discrete ed individuali nello spazio e nel tempo e la radiazione, intesa come fenomeno continuo ed ondulatorio.

Secondo questa Scuola, nella microfisica, i fenomeni studiati non possono prescindere dagli effetti, dalle azioni di disturbo, provocate dall’osservatore, che viene pertanto assunto come parte integrante del fenomeno.

 

John Cage

La figura di John Cage è legata al Principio di Indeterminazione e alle sue non eludibili conseguenze. Egli introduce nel contesto musicale ed artistico le nuove categorie della probabilità, la complementarietà, l’indeterminatezza e l’interdisciplinarietà, categorie prodotte dalla rottura del determinismo causa/effetto. Il suo lavoro diventerà, attraverso il nuovo concetto di caso “come equipollenza di possibilità”, la base di conoscenza della Seconda Avanguardia del XX Secolo.

 

Happening &Fluxus

Il movimento dell’Happening&Fluxus, di cui l’opera di Cage può essere considerata la matrice genetica, deve essere visto come l’area di pensiero dove il sapere quantistico trova l’humus ideale per attivare la propria presa diretta sulla realtà.

 

Happening

Con l’Happening si ha l’integrazione di tutti gli elementi della rappresentazione, quali: l’environment, il tempo, lo spazio, le composizioni e la gente che vi partecipa, dove lo spettatore assume il ruolo di “partecipatore” all’evento stesso.

 

Fluxus

 Fluxus evidenzia  il  grande fenomeno della de-realizzazione operata dall’avvento della televisione, una nuova realtà dell’immagine, che ha prodotto una perdita di consistenza nella natura delle cose. L’arte per questi artisti diviene il luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa. Tale movimento mette in luce il quotidiano totalizzante dell’era tecnotronica, il quotidiano che vive il mutamento radicale con le cose e con gli altri, la perdita della consistenza materiale degli oggetti della percezione, diventati e che diventeranno veri e propri simulacri immateriali.

 

Ad Reinhardt

I  ‘quadri neri’ di Ad Reinhardt, ottenuti mediante un processo di riduzione, sottrazione e sospenzione di tutti gli elementi che formano un quadro, aprono  quella grande rivoluzione linguistica di “uscita dal quadro stesso” , che prenderà corpo e definizione qualche anno più tardi. La sua opera infatti rappresenta, sempre più nel tempo, il tendere dell’arte verso una ridefinizione ‘di sè da sè stessa’, cioè il momento catarchico dell’ arte reso necessario dall’avvento del nuovo sapere. Le ‘pitture nere’ di Reinhardt, portate avanti dall’autore fino alla sua morte, visualizzano il raggiungimento della nuova dimensione legata al ‘vuoto quantico’ ed alla ‘negatività’, elementi che sono alla base della grande ‘frattura’ delle arti, propria della seconda metà del XX secolo.

 

Minimal Art

Lo scopo degli  artisti minimalisti era quello di raggiungere, sia mediante rappresentazioni, che attraverso suggerimenti o allusioni, quel “minimum sensibile”, quel limite mitico della sensibilità, dove l’oggetto veniva dissolto ed il valore della sensibilità ridotto alla sua soglia più bassa.

 

Arte Concettuale

 Il Concettuale è l’idea dell’arte nell’autoanalisi di sè stessa. Non ricercando più un’esplorazione del mondo, ma esplorando l’arte stessa, fa cadere ogni genere di preoccupazione formale. L’Arte Concettuale è tautologica: l’idea dell’arte e l’arte sono la stessa cosa. L’arte può così instaurare un rapporto  tra l’opera ed il fruitore  dove il dato artistico diviene pura trasmissione di una informazione

 

Arte Povera

L’Arte Povera  si pone come evidenziazione della forza energetica e processuale insita nella natura, come formulazione di equilibri instabili e di processualità dinamiche, come fisicizzazione della forza di un’azione e di un evento, come recupero di energie elementari biologiche e naturali, ecc.

Privilegiando lo statuto di veicolo di informazione e di messaggio piuttosto che il valore estetico proprio dell’arte che l’aveva preceduto,essa  trova nella dimensione quantitativa il proprio contesto espressivo. ll fruitore non è più un elemento passivo all’interno del fatto estetico, ma diventa partecipatore attivo al fatto stesso. Di quì nasce l’esigenza di un sempre maggiore coinvolgimento dell’osservatore che entra  nell’evento come presenza necessaria. Per ottenere questo, l’artista estende le dimensioni dell’opera in modo da inglobare nel suo gioco linguistico l’osservatore, il quale partecipa attivamente al processo artistico.

 

Max Neuhaus

Il lavoro di Neuhaus, che opera al di là dell’orizzonte degli eventi e della ‘censura cosmica’ apre l’arte alle frontiere dell’impercettibile e dell’inconcepibile, rendendo possibili le categorie dell’interazione, dell’anonimia, della clandestinità e dell’irreversibilità.

 

Arte (Dissipazione),

L’indeterminatezza, la complementarietà, la processualità, l’interdisciplinarietà ,che erano i campi del sapere entro i quali gravitavano i movimenti degli anni ‘60/’70 nell’arte, vengono ora scavalcati da una nuova visione del mondo che presuppone nuove categorie di pensiero quali: l’autoorganizzazione, l’interazione, la coevoluzione, la condivisione, la complessità, la contraddittorietà, il possibilismo, la traslocazione, la relazionabilità.

 Il linguaggio dell’arte, in questa nuova dimensione del sapere, dove il tempo è indissolubile dalla corporeità cosmica in quanto espresso in termini di relazioni tra le varie parti che compongono il sistema, non può far altro che registrare una fenomenologia dell’oggetto in perenne traformazione e dislocazione, in quanto risponde ad una soggettività frantumata in continua ricettività rispetto alle autorganizzazioni che incontra. Indubbiamente il movimento dell’Arte (Dissipazione) nato negli anni negli 1987-88 a Genova ha aperto con lucida determinazione questa nuova apertura paradigmatica. La storia nel suo farsi indubbiamente chiarirà le coerenze e gli impegni profusi per visualizzare e sedimentare il sapere nel sistema dell’arte.