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Intervista di Manuela Collarella
Intervista pubblicata su Open for business
 
       
   
Intervista a cura di Mediamente
   

 

-- Intervista di Manuela Collarella --

 
 
             

D. Negli anni a venire, il movimento per il software libero riuscirà a fermare le grandi case di produzione di programmi e ad affermare il diritto al software libero?

R. ¨Mi fanno spesso questa domanda e io rispondo sempre che al momento la mia sfera di cristallo si è rotta. Scherzi a parte, questa è una previsione che non sono in grado di fare. E' come chiedersi chi vincerà prima della fine della battaglia. Il punto non è chi vincerà, il punto è combattere e sottolineare i motivi per cui lo si fa. Ci si dovrebbe chiedere in realtà chi sarebbe giusto che vincesse.... E' anche vero che stiamo aggreggando molte persone. Gli utenti di software libero si aggirano ormai attorno ai dieci milioni. Stiamo diventando sempre più forti ma anche i nostri nemici lo sono. Gli Stati Uniti stanno imponendo gli stessi canoni previsti dal Digital Millennium Act all'Europa e al resto del mondo. L'Unione Europea ha recentemente approvato una legge molto simile, recependo, sostanzialmente il provvedimento statunitense che pone pesantissime restrizioni al software libero.¨

D. Sarà possibile in futuro i programmatori o per i musicisti vivere del loro lavoro pur producendo materiale 'libero'?

R. ¨Beh, dipende da molte cose. Per quanto riguarda i programmatori, ad esempio, ce ne sono già molti programmatori che vivono di free software. Probabilmente ammontano a qualche migliaio, non ho dati precisi in merito. Per quanto riguarda chi lavora nel mondo della musica ad esempio io auspico che la musica sia distribuita liberamente in Rete e che sia possibile, per chi apprezza un brano, inviare un dollaro all'autore attraverso la Rete. Un dollaro può sembrare una piccola cifra ma pochi sanno che è più o meno lo stesso compenso corrisposto agli artisti dalle case discografiche. Applicare il 'free' ai testi scritti è qualcosa che, inoltre, si sta già facendo. Per i libri di narrativa, d'opinione o d'informazione propongo una licenza che dia a tutti la possibilità di far circolare i testi liberamente, ma non di modificarli (come è normale per la particolare funzione che svolgono nella società ). Mentre per testi come dizionari, enciclopedie e simili propongo una licenza in base alla quale ognuno possa essere libero di apportare e ripubblicare un aggiornamento o una miglioria. Sono già in atto, ad esempio, numerosi progetti riguardanti dei dizionari 'free', dallo spagnolo, al vallone ai vari idiomi dell'India.

D. Ci sono dei punti in comune tra la politica svolta dalle compagnie produttrici di software in difesa del copyright e l'impostazione, prettamente orientata verso il mercato, che si sta cercando di dare alla ricerca universitaria?

R. ¨E' un preciso piano dei governi che ha fatto sì che il mondo degli affari adesso abbia il pieno controllo degli atenei. I fondi che vanno alla ricerca sono totalmente controllati dai gruppi finanziari. E ciò comporta delle forti ripercussioni sui risultati della ricerca stessa; basti pensare ai risultati degli studi sugli effetti delle droghe. Una libera ricerca scientifica , nella quale lo spirito di cooperazione sia un elemento fondamentale, è assolutamente da difendere, tanto nell'informatica, quanto nella scienza in generale¨.

D. Che tipo di clima si vive nel mondo dell'hacking dopo l'undici settembre e le conseguenti legislazioni emanate contro il terrorismo?

R. ¨Bisogna prima di tutto chiarire cosa si intende per 'hacking'. Con questa parola io intendo semplicemente fare qualcosa con il computer per divertirsi. Chi concepisce l'hacking in questo senso non ha alcun collegamento con attività terroristiche. L'attività di sabotaggio di sistemi informatici è invece il 'cracking'. Certo, va anche detto che attualmente c'è molta paura. E il governo statunitense sta deliberatamente usando il terrore della gente. Sono sicuro che quelle della polizia sono menzogne quando dice che chi organizza azioni di protesta sia un terrorista. I veri terroristi sono quelli che agiscono nell'ombra e cercano di non attirare l'attenzione su di sé. Sanno di cercare i terroristi nei posti sbagliati, ma arrestano ugualmente la gente innocente, stravolgendo i fatti. E tutto questo per dimostrare possono tranquillamente non rispetto i diritti umani, la libertà e la democrazia. Esiste quindi il rischio che anche i semplici hacker, come tutto il resto della gente, ma in special modo gli attivisti politici, vengano particolarmente presi di mira dalle forze di polizia, anche perché spesso non solo la polizia mente sulle persone innocenti e manipola i fatti, ma è giustificata per qualsiasi cosa faccia. Possono inventarsi di tutto, perfino che un lettore Cd collegato ad un computer nasconda in realtà chissà quale bomba.¨.

D. Esistono delle differenze, dal punto di vista politico, tra la scena europea e quella statunitense?

R. ¨Ma in realtà non è scontato che nell'hacking ci sia una componente necessariamente politica . In senso ampio gli hackers formano una comunità, ma è qualcosa di molto vasto e variegato: ne fanno parte anche persone che non sono minimamente interessate alla politica. Gli hacker che operavano nel Massachussets Institute of Technology (l'Istituto di ricerca universitario che ha sfornato i più grandi informatici del mondo e nel quale è stato concepita molta parte del sistema di pensiero collegato all'attivismo telematico, ndr) avevano una visione politica delle cose, ad esempio erano contro la guerra in Vietnam, ma questo non era per forza inerente alla loro attività di hacker. Per cui è difficile tracciare delle differenze in questo senso¨.

D. Come ha trovato l'Hackmeeting italiano?

R. ¨Beh, in realtà ho dovuto lavorare nella mia stanza per quasi tutto il tempo... quindi non ne ho potuto seguire le varie fasi. Comunque mi pare che ci sia un bel clima, e soprattutto un grande entusiasmo, in special modo per le questioni etiche.


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-- Intervista a cura di Mediamente - Rai educational --

 

D. Sistema operativo Gnu: di cosa si tratta?

R. Gnu è il nome del sistema operativo cui lavoriamo da 14 anni; questo sistema è interamente costituito da software libero, e ciò lo caratterizza rispetto a tutti gli altri software. Poiché è un software libero, gli utenti hanno la "libertà", appunto, di modificare il software stesso a seconda dell'uso che se ne vuole fare, hanno la libertà di studiare come funziona il software; noi diamo all'utente il codice sorgente - non c'è nulla di segreto all'interno del suo software -, e l'utente ha la libertà di fare copie e distribuirle in modo da condividerle col suo vicino. Inoltre si ha la possibilità di fare versioni migliorate e diffonderle sulla rete, al fine di un uso comune; di conseguenza, chiunque può collaborare alla costruzione della sua comunità. Il significato di software libero consiste in queste tre libertà che ho sinteticamente riassunto. L'idea stessa di questo sistema è che ogni sua parte è software libero, così un utente può usare un computer che ha esclusivamente software libero per ogni funzione. In questo modo non si è vincolati a nessun proprietario di programmi.

D. Immagino che ciò sia utile ai programmatori, ma per quanto riguarda gli utenti comuni?

R. Per un utente comune è utile poter essere libero di fare una copia del programma per il proprio amico. Condividere informazioni con i propri amici è una delle azioni fondamentali dell'amicizia, e se l'unica possibilità di condivisione è "underground", furtiva, non è un bel vivere comune. Credo sia importante per tutti, questo programma, non solo per i programmatori. Inoltre, molte persone usano il software come parte del loro lavoro, e in questo caso è molto importante avere la libertà di modificarlo. Se il software è libero, si può assumere un programmatore, o chiunque voglia farlo, per operare le modifiche che si ritengono utili. Se il software è "proprietario", nessuno tranne chi ne detiene i diritti può apportarvi modifiche. E chi ne detiene i diritti sarà, probabilmente, troppo occupato anche solo per ascoltarla.

D. Come è nato il progetto, e quali obiettivi sono stati raggiunti?

R. Ho cominciato a lavorare al programma Gnu all'inizio del 1984, ed ero l'unico, allora, a scrivere il software. Col passare del tempo e a poco a poco, altri si sono uniti al progetto. Molti sono i volontari, me compreso. Inoltre, la Free Software Foundation ha raccolto fondi per pagare dei programmatori per lavorare al software Gnu. Un intero sistema operativo è composto di programmi diversi che svolgono molte funzioni, e noi dovevamo trovare o scrivere un programma per ognuna di queste funzioni. Durante gli anni 80 e nei primi anni 90 abbiamo, a poco, a poco, colmato le lacune; all'inizio degli anni 90, tra il 1992 e il 1993, l'ultima lacuna è stata colmata: Linus Torvalds ha sviluppato un kernel che si chiama Linux, e il risultato di tutte queste ricerche consiste nella realizzazione di sistemi operativi liberi completi, i "Sistemi Gnu su base Linux".

D. Come si svilupperà il software Gnu in futuro?

R. Per il futuro c'è molto lavoro da fare! Adesso abbiamo un sistema che è compatibile con Unix ed è facile come Unix. Noi vogliamo rendere i sistemi operativi liberi efficienti e semplici per la gente comune, non solo per gli hacker; in questa prospettiva si sta lavorando molto sulle interfacce grafiche in modo che si possa usare il "mouse", come piace fare a chi non è un programmatore.

D. Lei afferma di volere che le persone scrivano e distribuiscano il software libero. Quali sono gli argomenti più comuni con cui i proprietari di software reagiscono alle sue proposte?

R. I proprietari di software raramente cercano di convincermi a non scrivere software libero, perché riconoscono, in genere, che non c'è modo di fermarmi e che questa è una mia scelta. Tuttavia, quando dico alle persone che è ingiusto rendere il software privato, che è ingiusto e immorale, naturalmente, queste stesse persone non sono d'accordo con me perché sto dicendo loro che c'è qualcosa di ingiusto in ciò che fanno, e a nessuno piace sentirsi dire che si è ingiusti e immorali! In genere, non c'è logica in nessuna delle motivazioni spese a difesa del loro operato.

D. Il software libero può essere venduto?

R. Il modo migliore per avere un sistema operativo libero completo è quello di comprare un Cd-rom. In realtà, il significato di software libero consiste anche nella libertà di venderne delle copie. Tuttavia, quando si parla di software libero, si affronta una questione riguardante la libertà, non il prezzo. Non voglio dire che nessuno deve mai pagare per avere una copia del programma, ma che una volta che se ne possiede una copia, si deve essere liberi di cambiarlo, ridistribuirlo, fare versioni migliorate e pubblicarle. Tale processo comprende la libertà di vendere il software nel momento in cui si ridistribuisce. In realtà, vendere copie di software libero è molto importante perché è un modo per guadagnare, dando la possibilità di creare fondi per sviluppare nuovo software libero: è quello che fa la "Free Software Foundation". Devo specificare che la "Free Software Foundation" è un Ente di beneficenza ufficialmente riconosciuto negli Usa, è come una scuola o un ospedale, la gente può offrire alla fondazione una donazione e dedurla dalle tasse. Ma la maniera principale in cui raccogliamo soldi è vendendo copie di software libero, e vendiamo anche manuali - "manuali liberi", naturalmente, perché chiunque è libero di farne più copie e distribuirle -. Questi ultimi si possono anche modificare; il testo del manuale nella versione computerizzata è disponibile, lo si può prendere sulla rete o sul nostro Cd-rom. Quindi, si può scaricare il testo e scrivere un manuale modificato; infine esso può essere stampato e venduto. La "Free Software Foundation" vende copie di cose che chiunque può copiare e chiunque può vendere. In questo modo guadagnamo abbastanza denaro per pagare il personale, vale a dire lo stipendio di quattro programmatori.

D. Può spiegarci come funzione la General Licence?

R. Il nostro scopo attraverso il progetto Gnu è quello di dare libertà a ciascun utente; quindi, vogliamo essere sicuri che ogni persona che possiede una copia del nostro software ottiene anche le libertà di cui ho parlato. Noi riusciamo ad ottenere ciò attraverso una tecnica che si chiama "copyleft". L'idea del copyleft consiste nel dare il permesso di modificare il programma, di distribuirlo, e di pubblicarne una versione perfezionata. Ogni volta, però, che questo programma viene distribuito, si devono usare esattamente i termini sopra indicati senza cambiamenti; in tal modo, chiunque ottiene una copia del software ottiene la stessa libertà che noi diamo all'utente primo. Poiché le copie circolano da una persona ad un'altra, e a un'altra ancora, ogni persona della catena riceve le stesse libertà che noi diamo in origine. Se noi rendessimo il software di dominio pubblico permetteremmo alle varie società poco scrupolose che producono software non libero di prendere i nostri programmi e farne versioni modificate e di distribuirle come software "proprietario" senza alcuna libertà.

Ciò significa che molte persone, pur utilizzando il nostro software, non avrebbero libertà nel senso che ho chiarito sopra; per noi, ciò rappresenterebbe un fallimento per il nostro progetto, perché il nostro scopo è dare la libertà alla gente. Con il "copyleft" ci assicuriamo che "oGNUno" abbia libertà di utilizzo, e così via. "Gnu General License" è il termine legale specifico per copyleft, quello che usiamo per la maggior parte dei programmi; abbiamo, tuttavia, anche altri metodi di "copyleft" che usiamo in situazioni particolari. Devo aggiungere che il "copyleft" è giuridicamente basato sul copyright, ed è per questa ragione che possiamo farlo valere. Se qualcuno viola il nostro "copyleft" distribuendo versioni senza il codice sorgente o cercando di annettervi altre restrizioni, viola le leggi del copyright; di conseguenza noi possiamo fare causa a tale soggetto all'atto della violazione. In genere, se qualcuno procede in tale modo col nostro software, gli mandiamo una lettera, e ciò è sufficiente per farlo smettere; naturalmente, questi individui non vogliono affrontare un processo.Aggiungo che si può vedere il "copyleft" come un portare via le armi ai proprietari di software e usarle contro di loro. Il copyright è usato per uno scopo tendenzialmente di destra: soggiogare gli altri, farsi pagare con tutto il loro denaro. Il "copyleft" è usato con uno spirito di sinistra, uno scopo di sinistra: incoraggiare le persone a cooperare e ad aiutarsi reciprocamente e a dare a tutti la stessa libertà.

D. Nel caso in cui il programma si dovesse rompere, a chi ci si rivolge?

R. Noi risolviamo questo problema molto meglio di quanto non avvenga nel mondo del software commerciale, e la ragione è che quando qualcuno prende un programma proprietario, non ha nessun'idea di ciò che c'è dentro e non ha alcun modo di scoprirlo. Si deve soltanto sperare e fidarsi che non ci sia nulla di pericoloso in quel programma, poiché può accadere anche un fatto di questo genere. Ci sono compagnie che mettono nel software informazioni personali su una persona a chiunque le richieda. Microsoft ha messo cose nel software che diranno alla Microsoft stessa tutto quello che è stato installato nel proprio computer. Questo è inammissibile! E la Microsoft dice "In realtà il software pone una domanda. Se uno ci fa attenzione, se ne accorge." Naturalmente, molte persone non ci badano e non sanno che il software di una certa compagnia diffonde continuamente le informazioni personali di chi lo usa. E qualcuno potrebbe cominciare a vendere software proprietario che contiene qualcosa di pericoloso e l'utente potrebbe non saperlo mai.

E' possibile che un individuo metta qualcosa di pericoloso anche in un programma libero, ma con quest'ultimo è sempre disponibile il codice sorgente. E se Lei, ad esempio, non legge il codice sorgente, qualcun altro potrebbe farlo. Certo, bisogna rendersi conto che le cose che non vanno presenti nel software - chiunque ne sia l'autore- sono, per la maggior parte, errori casuali; quando la Microsoft scrive programmi, commette degli errori, quando io scrivo programmi faccio errori, tutti i programmatori commettono degli errori. Di conseguenza, il grosso pericolo non viene dai danni volontari, ma da un errore nel programma! Di nuovo, il software libero ha un vantaggio perché molti degli utenti sono programmatori, e sono costantemente alla ricerca di errori, me li dicono e li risolvono. Di fatto, io, come programmatore di software libero ricevo continuamente aiuto da altre persone in tutto il mondo che risolvono ogni tipo di problema si trovi nel mio software. Mi capita di ricevere un messaggio che dice: "Un giorno stavo leggendo una certa parte del programma e ho visto qualcosa che non sembrava del tutto giusto. È sicuro che sia giusto?" Io vado a controllare e, molto spesso, mi accorgo che c'è un errore. In sintesi, gli altri mi aiutano a far sì che il programma funzioni. La Microsoft non ha questi aiuti, e se c'è un difetto in un programma Microsoft, molto probabilmente è possibile che passino sei mesi o un anno prima che lo eliminino. In effetti, uno degli aspetti del sistema informatico che interessa alla gente è la sicurezza, e, naturalmente, ogni sistema operativo ogni tanto ha qualche difetto che lo compromette. Possiamo dire, infine, che nei sistemi operativi liberi questi difetti vengono eliminati molto rapidamente: il difetto viene segnalato e, in genere, viene mandata una soluzione sulla rete cosicché, chiunque voglia, la può installare nel proprio programma.

D. Con un software libero chi è il responsabile dell'errore?

R. Per quanto riguarda il software libero, la persona da cui si riceve la copia è responsabile. Se si vuole, dunque, essere sicuri sul software, ci si deve procurare la copia da qualcuno di cui ci si fida. Faccio un esempio: se Lei prende una copia di software nuovo dalla "Free Software Foundation", Lei sa che si tratta della versione fatta da noi, non modificata da nessun altro. Allo stesso modo una compagnia potrebbe essere ingannata da qualche infida spia o da un terrorista che vende a Lei software proprietario progettato per distruggerle il computer: come si fa a scoprirlo? Intanto, si presume semplicemente che se si tratta di una compagnia, essa vuole continuare a lavorare e quindi non farebbe mai una cosa simile. La stessa cosa vale per la "Free Software Foundation".

Il nostro obiettivo è dare alla gente l'alternativa di un software libero "autosufficiente"; sarebbe quindi stupido, autodistruttivo, per noi, mettere qualcosa nel software che possa irritare gli utenti, si sa che cerchiamo di fare del nostro meglio. Questo è tutto quello che si può sapere di coloro che producono software: cercano di fare del loro meglio per renderlo buono. Allo stesso modo, se qualcuno distribuisce una versione modificata del nostro software, ci si può fidare. Oppure, si può prendere una copia del programma da un amico e se ci si fida di lui, si sa che non cercherà di colpirci e si sa che starà attento anche lui a installarsi buone versioni del software. Quindi anche questa è una cosa che si può fare in piena tranquillità. È proprio come se Lei andasse a casa di un amico e gli chiedesse un bicchiere di latte; a meno che non si tratti di uno psicopatico o di un assassino, il Suo amico non le metterà il veleno nel latte. La gente a volte fa cose mostruose, ma normalmente ci fidiamo degli amici, è fondamentale fidarsi degli amici. Come si potrebbe vivere altrimenti?

D. E cosa può dirci a proposito di questioni decisive come quelle riguardanti la circolazione delle informazioni?

R. I detentori dell'informazione, l'industria del copyright, stanno facendo una campagna mondiale per cambiare le leggi in tutti i paesi in modo da avere più potere per controllare quello che fanno tutti: questa è la loro attività principale. In questo momento vogliono avere il controllo totale di tutti gli usi delle informazioni che sono state pubblicate, e giustificano tale obiettivo affermando che il pubblico ne trarrà vantaggio. Tuttavia, non analizzano in dettaglio i motivi per i quali il pubblico dovrebbe ottenere dei vantaggi per il fatto che i proprietari detengono il potere sull'informazione. Costoro dicono soltanto: "fidatevi, dateci più potere, e il pubblico ne avrà dei vantaggi". Ciò è stupido, è come dire: "paga il latte il doppio e avrai latte migliore". La conseguenza di tale operazione sarebbe l'aumento vertiginoso del prezzo del latte! E, naturalmente, avremmo un latte straordinario, il migliore che si sia mai visto. Fuor di metafora, io sostengo che questo è stupido. C'è un principio chiamato "profitti calanti", e i proprietari, fondamentalmente, vogliono ignorarlo perché vogliono semplicemente il potere assoluto. Essi, ad esempio, vogliono rendere illegale il fatto che un utente possa permettere a un amico di vedere il suo computer per leggerci un libro.

Anche se il libro l'ha avuto legalmente e sta sul suo computer legalmente, loro vogliono rendere illegale il fatto che il suo amico lo legga; e se il suo amico vuole comunicare in rete, la situazione peggiora: se lui manda il libro attraverso la rete - per metterlo semplicemente sul suo schermo in modo da poterlo vedere e leggere, anche solo temporaneamente - tale azione sarebbe illegale. Quando un individuo legge un libro, se ne forma, temporaneamente, una copia sulla retina. La prossima volta, i detentori dell'informazione, diranno che è una violazione del copyright fare una copia sulla retina e che quindi ci vuole un permesso per leggere il libro! In Unione Sovietica ogni copista aveva un sorvegliante il cui compito era di osservare cosa veniva copiato e assicurarsi che nessuno facesse copie illegali, perché prevenire le copie illegali era una delle priorità del governo sovietico. L'industria del copyright vuole fare la stessa cosa, con la differenza che allo scopo utilizzerebbero sorveglianti computerizzati, sorveglianti robot. E, ancora, sarà illegale eliminare questo "robot sorvegliante" dal computer. In tal modo, l'industria del copyright cerca di interferire nella vita dell'utente in un modo molto più diretto e seccante di quanto non abbia mai fatto prima. Ai detentori del copyright non importa se hanno abbastanza denaro, se le pubblicazioni continuano e se le librerie sono piene di libri, ma vogliono avere tutto il denaro che possono desiderare. Questa è ragione per la quale cercano di cambiare le leggi in Italia e in altri paesi, ed è importante per gli utenti dell'informazione organizzarsi politicamente su questo fronte opponendosi a queste decisioni.

La legge sul copyright è nata con il torchio per la stampa. Nel mondo antico, quando il modo per copiare un libro era quella di farsene una copia a penna, non c'era il copyright. Chiunque sapesse scrivere poteva copiare un libro e, in principio, poteva copiarlo bene come chiunque altro; fare una copia era come fare cento copie. L'unico modo per fare cento copie era trascriverlo cento volte. Il torchio per la stampa ha creato una situazione diversa, per cui la maniera migliore per fare copie era la produzione di massa: si compone il testo una volta, lo si prende e lo si stampa cento volte. È molto più veloce che comporre il testo una volta e stamparlo una volta. Nessuno lo farebbe. È troppo stupido. La gente, dunque, si è abituata all'idea che l'unico modo di fare libri fosse la produzione di massa. In questo sistema, nell'era del torchio per la stampa, il copyright era un sistema ragionevole perché poneva limiti solo agli editori e agli autori. Il copyright non poneva limiti ai comuni lettori come Lei e me perché noi non avremmo potuto copiarci il libro, non avremmo posseduto un torchio. Come si fa a copiare un libro? Cosa si intende per questo? Se si vuole un'altra copia, si va in libreria e si compra un'altra copia. Il copyright, in realtà, è uno scambio, un accordo, in cui il pubblico rinuncia alla libertà di fare copie; in cambio ha la speranza di vedere le librerie piene di tanti libri che possono comprare; ciò rappresentava un buon affare nell'era del torchio per la stampa, perché noi, che apparteniamo al pubblico comune, non avremmo potuto copiare libri, comunque. Che differenza fa rinunciare a una libertà di cui non si può usufruire? Oggi non siamo più nell'era del torchio per la stampa! Il computer ci dà un sistema diverso, in cui chiunque possa leggere qualcosa ne può anche fare una copia alla volta e mandarla a un amico.

Ciò è molto utile e positivo, è un modo per cooperare con il prossimo, fa parte dei rapporti di disponibilità che stanno alla base della società. Questa libertà a cui abbiamo rinunciato, che abbiamo ceduto, è ridiventata utile, e, di conseguenza, non è più un affare così vantaggioso cederlo in cambio di qualcos'altro. Ora vogliamo tenerci parte di quella libertà per poterla usare, e, quindi, dovremmo ridurre il potere del copyright. Forse basterebbe avere un sistema di copyright che limitasse la vendita commerciale di copie, che limitasse la ridistribuzione di massa delle copie; tuttavia, fare una copia occasionale per un amico dovrebbe essere una operazione consentita a chiunque. È un diritto fondamentale dell'uomo e dovremmo costituire organizzazioni di persone, utenti dell'informazione in tutti i paesi, persone che leggono, persone che ascoltano la musica; chiunque usi qualsiasi tipo di informazione dovrebbe organizzarsi per poter esigere il diritto di condividere copie con gli amici, come diritto umano fondamentale che è ancora più importante, perché è un diritto aiutare il proprio amico! Non è solo il diritto di fare qualcosa che è giusto per se stessi. Il diritto di avere una sufficiente alimentazione, un alloggio dove vivere è fondamentale, ma è altresì di enorme importanza la libertà di parola e la libertà di stampa, così come la libertà di condividere l'informazione.

D. Dove è iniziata la sua attività?

R. Sono stato affascinato dai computer appena ne ho sentito parlare, e volevo imparare a programmarli. Avevo 12 anni quando, durante un campo estivo, uno dei consiglieri aveva un manuale di un computer che usava per la scuola. Così, ho letto il manuale e sono rimasto affascinato, quindi ho pensato a cose facili che avrei potuto fare con il programma e mi sono trascritto il software: morivo dalla voglia di programmare! Non vidi, di fatto, un computer, se non molto tempo dopo, quando frequentavo l'ultimo anno delle superiori; a quel tempo cominciai a frequentare un laboratorio dell'Ibm a New York dove mi facevano programmare il loro computer, e cominciai a scrivere un progetto molto complesso, che non ho mai finito, che riguardava i compilatori e l'espansione del linguaggio di programmazione diffuso allora. In seguito, durante l'estate di quell'anno, mi dettero un lavoro estivo e mi assunsero per scrivere un programma in fortran. Realizzai il programma in un mese e passai il resto dell'estate a scrivere altri programmi, come un processore di testi, per puro divertimento; poiché scoprii quanto fosse scadente il "fortran" giurai che non l'avrei mai più usato, e da allora non ho mai più scritto nessun programma in quel linguaggio. Ma abbiamo un compilatore in "fortran" nel nuovo sistema nel caso che un masochista volesse scrivere in fortran o che uno ne avesse bisogno.

In seguito, dopo un anno di università ad Harvard, scoprii i laboratori di informatica al Mit, e andai lì con la speranza di prendere i manuali del loro sistema; mi dettero, invece, un lavoro, e da allora in poi lavorai lì fino alla fine del 1983. Ed è così che cominciai a scoprire cosa fosse una comunità di condivisione di software. Appena arrivai cominciai a far parte della comunità; e, in questa comunità, se qualcuno stava lavorando a qualcosa cosa che fosse, in qualche modo, utile, chiunque poteva averne una copia. Si poteva usare il programma oppure operarvi cambiamenti, staccarne una parte, vale a dire tagliare dei pezzi e usarli in qualche altro programma che si vuole scrivere. Se qualcuno aveva già scritto il codice per fare una certa cosa, non si aveva bisogno di riscriverlo e lo si poteva copiare dal suo programma. Ebbi una bellissima impressione di quello che succedeva perché sentivo che si stava lavorando tutti insieme per far progredire la conoscenza umana, che non lavoravamo come nemici l'uno dell'altro, che eravamo tutti in un'unica squadra, insieme per il bene dell'umanità. Mi piace sentire questa sensazione di condividere un bene comune! Odio, viceversa, la sensazione di lavorare contro altre persone; io voglio provare la sensazione di lavorare per l'umanità. Questa comunità di cooperazione di persone che condividevano il software, purtroppo, si disgregò nei primi anni 80.

Una persona diede l'esempio, scrivendo un programma e vendendolo a una società; dopo di lui, altre persone dalla coscienza "fiacca" seguirono il suo esempio. Dissero: "C'è uno che è stato non cooperativo e sta facendo soldi". Credevano che ci guadagnasse; in seguito, è venuto fuori che non ci aveva ricavato molto. Lui stesso oggi dice che la conseguenza principale della sua decisione fu l'insuccesso del suo programma. Comunque, poiché allora pensarono che ci guadagnasse parecchio, altri lo imitarono e la gente smise di cooperare. E così vidi la mia parte della società disgregarsi e diventare una giungla dove vige la legge del più forte. Fui molto addolorato quando questo accadde. Cominciai, allora, a cercare il modo per creare una nuova società da qualche parte nel mondo; avevo fatto parte di una comunità di cooperazione che era morta. Mi dimisi dal mio lavoro al Mit per cominciare il progetto "Gnu" perché volevo essere sicuro di poter diffondere il software Gnu come software libero. Non volevo che il Mit potesse fermarmi. E, negli Usa, quando il personale di un'università - e io facevo parte del personale - crea dei programmi, l'università stessa li può prendere e venderli se vuole. Volevo assicurarmi che questo non avvenisse, altrimenti il mio lavoro sarebbe andato sprecato. L'unico modo in cui potevo essere sicuro che non sarebbe successo e che avrei potuto usare il "copyleft", che mi sembrava molto importante, era quello di lasciare il mio lavoro. Ho lasciato il mio lavoro per cominciare il progetto "Gnu" nel gennaio del 1984.

D. Non Le piaceva il modo in cui facevano ricerca al Mit?

R. Non direi questo, perché al Mit non hanno sempre un modo solo di fare ricerca. Sapevo, però, che era possibile. Inoltre, non volevo trovarmi nella posizione di dover ottenere il permesso di diffondere il software come software libero, volevo essere assolutamente sicuro prima di scrivere il software che avrei potuto farlo libero; volevo essere sicuro di poter usare il "copyleft" perché avevo visto la vecchia società crollare per il fatto che era troppo facile per la gente poter rifiutare di collaborare, troppo facile guadagnare ad essere non-cooperativo. Il "copyleft", viceversa, stabilisce una forma di cooperazione, di condivisione del proprio lavoro. Mi sembrava che usare il "copyleft" avrebbe dato alla comunità una buona spina dorsale, una buona capacità di tutelarsi dagli abusi, perché se la gente si sente sopraffatta o sfruttata continuamente comincia a scoraggiarsi e a mettersi sulla difensiva. Oltre, quindi, agli effetti diretti veri e propri dell'uso del "copyleft" e degli effetti pratici ottenuti incoraggiando molta gente a contribuire con le loro migliorie al programma, penso ci sia anche un effetto psicologico, dovuto al fatto che poiché le persone vedono che c'è una certa dose di difesa della comunità, sentono che la comunità è autosufficiente. Sentono che cooperare con la comunità ha un senso. E per concludere: buon hacking a tutti!

 

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-- Intervista pubblicata su Open for business --

 

D. Ed ecco comparire "United Linux" progetto con il quale 4 dei maggiori attori nel campo delle distribuzioni Linux sembrano voler mettere una pezza al problema raccogliendo diversi, importanti consensi dalle majors dell' informatica quali IBM, HP, Borland, Intel etc.
Linux quindi proiettato nel mondo enterprise, in maniera credibile e sostenibile agli occhi delle principali case produttrici di hardware e software. Ma come si coniuga tutto questo con il movimento del Software Libero?

R. "Il Free Software, oltre a essere una categoria di software è il nome di un movimento, nel quale il termine 'free' si riferisce alla libera accessibilità al software e non alla sua gratuità. Un programma è software libero se gli utenti dispongono di determinate libertà fondamentali di utilizzo e cioè la libertà eseguire il programma per qualunque scopo, la libertà di studiarne il codice sorgente e di modificarlo adattandolo alle proprie esigenze, la libertà redistribuirne copie e la libertà di pubblicare versioni migliorate, anche a pagamento. Se il programma permette agli utenti queste libertà allora si tratta di software libero. Con il movimento del Software libero, già dal 1984, intendevamo garantire agli utenti queste libertà. Abbiamo sviluppato un sistema operativo libero, GNU, per rendere possibile l'utilizzo di un computer senza dover accettare le restrizioni imposte dal software proprietario. Ora il nostro scopo è lo quello di sviluppare un range completo di libere applicazioni da usare con GNU."

D. Come sua abitudine, Stallman lascia poco spazio alle ambiguità interpretative e anche riguardo ai rapporti tra Software Libero e Open Source, i confini sono assolutamente chiari:

R. "Il movimento Open Source, è stato creato nel 1998 da persone che, pur apprezzando il nostro software libero, non condividevano il nostro modo di vedere. Queste persone cercano in qualche modo di convincere il mondo del business a lasciare agli utenti gli stessi gradi di libertà, ma questo non rappresenta per loro un imperativo dal punto di vista etico. Anche se non partiamo dagli stessi principi di fondo a volte collaboriamo con il movimento Open Source; i loro criteri per la definizione del software Open Source sono abbastanza simili alla nostra definizione di software libero, ma non identici. Se un programma è Open Source, le probabilità che si tratti di Software Libero sono elevate, ma non se ne ha la certezza"

D. Il movimento Open Source sembra quindi proporsi come una sorta di intermediario tra le richieste di garanzie per le libertà degli utenti e le necessità di business delle aziende, ma Stallman indica anche diversi potenziali vantaggi che il Software Libero avrebbe per le aziende stesse:

R. "Software Libero significa avere il controllo su ciò che viene eseguito dall'elaboratore. Con il Software Proprietario questo controllo viene lasciato ad altri, che di conseguenza, in un certo senso, controllano anche te. Il Software Proprietario mantiene divisi e senza supporto gli utenti, mentre il Software Libero dà loro pieni poteri a prescindere dal fatto che siano utenti aziendali o singoli individui. Per le aziende vi è il vantaggio aggiuntivo che con il Software Libero il supporto proviene da un mercato libero, mentre l'assistenza sul Software Proprietario è normalmente gestita in regime di monopolio. Di conseguenza, soltanto chi è titolare della proprietà del software può correggerne gli errori o implementare nuove funzionalità."

D. Nonostante gli evidenti vantaggi proposti dal Software Libero anche per le aziende, l'iniziativa Open Source sembra riscuotere maggiore attenzione da parte dei mass media, rispetto al movimento del Software Libero , Stallman ne interpreta i motivi:

R. "Il movimento Open Source riceve maggiori attenzioni dalla stampa, perché il nostro lavoro è spesso pubblicizzato con i loro slogan, con l'effetto che viene attribuito loro il credito che spetta al nostro lavoro. Nel 1999, molti pensavano che il movimento Open Source avesse assorbito o rimpiazzato il movimento del Software Libero; oggi, si ritiene comunemente che noi abbiamo sempre lavorato per il movimento Open Source. Lo scorso febbraio 'New Scientist' ha persino affermato io che ne sia il fondatore. Spero che questa intervista contribuisca a risolvere l'equivoco.
Il movimento Open Source focalizza l'attenzione sulle imprese, mentre il movimento del Software Libero si rivolge espressamente agli individui. Una ragione è che ci sembra più urgente liberare gli individui rispetto alle aziende. Un'altra è rappresentata dal fatto che riteniamo più probabile che siano gli individui ad unirsi a noi con l'obiettivo di difendere la libertà come questione di principio. Nonostante ciò riteniamo che le aziende che utilizzano GNU/Linux debbano poter godere dei medesimi gradi di libertà che desideriamo garantire agli individui."

D. Il discorso cade inevitabilmente nell'area dell'"enterprise computing" e sull' iniziativa "UnitedLinux". Dietro l' etichetta 'Linux' rimangono validi e rintracciabili i presupposti del Software Libero?

R. "Abbiamo sviluppato il sistema operativo GNU compatibile con Unix affinché, contrariamente a quest'ultimo che viene distribuito con licenze ristrettive, gli utenti potessero condividerlo e modificarlo. Nel '91 l'ultima lacuna di GNU era il kernel; Linus Torvald sviluppò un kernel libero, Linux, e lo rilasciò sotto la licenza pubblica (General Public Licence, poi GPL) di GNU. L'aggiunta di Linux a GNU diede vita a un sistema operativo libero, il sistema GNU/Linux. (Molti utenti sono convinti che l'intero sistema sia identificabile con Linux e le aziende che lo distribuiscono contribuiscono ad alimentare questo equivoco.)
Non appena GNU/Linux si diffuse, meritò la fama di sistema potente ed affidabile. Migliaia e poi milioni di utenti lo adottarono, spesso soltanto per i vantaggi che derivavano dal suo utilizzo, senza attribuire alcun valore alla libertà che concedeva loro. Alcune aziende cominciarono a "pacchettizzare" e ridistribuire GNU/Linux, ma allo stesso tempo cominciarono anche ad aggiungere software non libero al sistema, il che equivale a far fallire i suoi obiettivi. Oggi tutti i distributori commerciali di GNU/Linux - con l'apprezzabile eccezione di Red Hat e Mandrake - aggiungono software non libero. Caldera è stato uno dei principali responsabili di questa 'violazione'. In queste distribuzioni è ancora possibile ottenere una versione completamente libera di GNU/Linux, ma devi sapere come cercarla e pensare bene a cosa stai facendo.
'UnitedLinux' compie un passo ulteriore introducendo la licenza per postazione, con il risultato di imporre agli utenti di GNU/Linux le medesime restrizioni previste da Unix o Windows.


Di fatto, Caldera non può applicare le restrizioni imposte dalla sua licenza a tutto il sistema. La maggior parte dei programmi sono dotati della licenza GPL di GNU, che difende la libertà degli utenti e vieta l'aggiunta di qualsiasi restrizione. Sono convinto che Caldera sappia di non poter imporre una licenza per postazione su questi programmi, tuttavia, alcune sezioni del sistema, normalmente disponibili come Software Libero, sono dotate di licenze meno rigorose rispetto alla GPL, che permettono di fatto ad altri di imporre le proprie restrizioni. Caldera potrebbe approfittare di questi 'punti deboli' e aggiungere software non libero al sistema, con il risultato che, nonostante la maggior parte del sistema resti libero perché tutelato dalla GPL, non tutti gli utenti ne saranno coscienti.
Molti chiamano "Linux" l'intero sistema operativo, probabilmente perché qualcuno li ha male informati. Nel caso di Caldera sospetto che l'errore sia intenzionale. Gli utenti - che sanno che il sistema che viene offerto loro con una licenza per postazione è in effetti una versione di GNU - potrebbero domandarsi se Caldera li stia trattando correttamente e potrebbero cominciare a ribellarsi a questo sistema perverso che non è né 'united' ne 'Linux'. Caldera trova probabilmente più opportuno insegnare agli utenti che il sistema è 'Linux' e che è stato sviluppato da uno studente universitario apolitico Just for fun"

D. Lecito a questo punto chiedersi se la Free Software Foundation farà qualche pressione su questo gruppo per convincerli a passare ad uno schema di licensing più consono ai canoni del Software Libero:

R. "Non vedo alcuna utilità nel cercare di convincerli. Conoscono sicuramente la strada che hanno intrapreso e ritengo che sapessero in anticipo quale potesse essere la nostra reazione al riguardo. Noi continueremo ad insegnare l'importanza di poter condividere e modificare il software e li indicheremo quale esempio da non seguire. Gli utenti che sono a conoscenza delle scelte adottate e che sanno assegnare alla libertà il giusto valore sceglieranno altre versioni di GNU/Linux."

D. Il futuro del software libero secondo Stallman:

R. "Non sono in grado di dire quale sarà il futuro del Software Libero, dipende dalle scelte che farete. Le libertà degli utenti possono trionfare se si combatterà per conquistarle"

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