La Cybercultura

La metafora dell'impatto è inadeguata.

Nei programmi dei convegni, nei resoconti delle ricerche ufficiali e negli articoli di giornale concernenti lo sviluppo del multimedia, si parla spesso di "impatto" delle nuove tecnologie dell'informazione sulla società e la cultura. La tecnologia sarebbe dunque paragonabile a un proiettile (sasso, obice, missile?) e la cultura o la società a un bersaglio vivente? Una simile metafora balistica è criticabile per più di un aspetto. Non si tratta tanto di valutare la pertinenza stilistica di una figura retorica quanto di mettere in luce lo schema di lettura dei fenomeni - a mio avviso inadeguato - che la metafora dell'impatto rivela. Le tecniche vengono forse da un altro pianeta, il mondo delle macchine, freddo, privo di emozioni, estraneo a ogni significato e valore umano, come una certa tradizione di pensiero tende a suggerire? Mi sembra, al contrario, che non solo le tecniche sono immaginate, realizzate e reinterpretate nell'uso da parte degli uomini, ma che anzi sia proprio l'utilizzazione intensiva di utensili a costituire l'umanità in quanto tale (congiuntamente al linguaggio e alle istituzioni sociali complesse). È lo stesso uomo a parlare, a seppellire i propri morti e a tagliare la selce. Propagandosi fino a noi, il fuoco di Prometeo cuoce i cibi, secca l'argilla, fonde i metalli, alimenta la macchina a vapore, corre lungo i cavi dell'alta tensione, arde nelle centrali nucleari, si sprigiona dalle armi da guerra e dagli strumenti di distruzione. Attraverso l'architettura che lo ripara, lo accoglie e lo iscrive sulla Terra; attraverso la ruota e la navigazione che gli aprono nuovi orizzonti; attraverso la scrittura, il telefono e il cinema che lo permeano di segni; attraverso il testo e la tessitura che, intrecciando una varietà di materiali, colori e significati, svolgono all'infinito le superfici mosse e riccamente panneggiate dei suoi racconti, delle sue stoffe e delle sue vele, il mondo umano è per definizione tecnico. La tecnologia è forse un agente autonomo, separato dalla società e dalla cultura, che sarebbero entità passive colpite da un elemento esterno? A mio avviso, al contrario, la tecnica è semplicemente una prospettiva a partire dalla quale analizzare sistemi socio-tecnici globali, un punto di vista che pone l'accento sulla parte materiale e artificiale dei fenomeni umani, e non un'entità reale che esisterebbe indipendentemente dal resto, avrebbe effetti distinti e agirebbe di per sé. Le questioni umane sono inestricabilmente costituite da interazioni tra:

- esseri viventi e pensanti;

- entità materiali naturali e artificiali;

- idee e rappresentazioni.

È impossibile separare l'essere umano dal suo ambiente materiale, dai segni e dalle immagini tramite cui conferisce senso alla vita e al mondo. Allo stesso modo, non si può separare il mondo materiale - e ancor meno la sua parte artificiale - dalle idee tramite cui gli oggetti tecnici vengono concepiti e utilizzati, dagli uomini che li inventano, li producono e se ne servono. Aggiungiamo per finire che le immagini, le parole, i costrutti linguistici sono profondamente embricati nella mente umana, forniscono mezzi e ragioni di vita agli uomini e alle loro istituzioni, sono oggetto di scambi tra gruppi organizzati e funzionano come circuiti di comunicazione e memorie artificiali. Anche supponendo che esistano tre entità - tecnica, cultura e società -, al posto di porre l'accento sull'impatto delle tecnologie, si potrebbe, con pari legittimità, sostenere che le tecnologie sono il prodotto di una data società o di una data cultura. La distinzione netta tra cultura (dinamica delle rappresentazioni), società (le persone, i loro legami, i loro scambi, i loro rapporti di forza) e tecniche (gli artefatti dotati di efficacia) è esclusivamente concettuale. Ad essa non corrisponde alcun agente, alcuna "causa" veramente indipendente. Si prende la scorciatoia intellettuale degli "agenti" perché ci sono gruppi molto reali (ministeri, discipline scientifiche, dipartimenti universitari, laboratori di ricerca) che si organizzano intorno a simili suddivisioni linguistiche o perché determinate forze hanno interesse a far credere che un certo problema sia "puramente tecnico" o "puramente culturale" o, ancora, "puramente economico". I rapporti autentici dunque non sono tra "la" tecnologia (che apparterrebbe all'ordine della causa) e "la" cultura (che ne subirebbe gli effetti), ma tra una moltitudine di soggetti umani che inventano, producono, utilizzano e interpretano diversamente certe tecniche.