Il segno è ciò che mette in relazione

 

Lo statunitense Charles Sanders Peirce (1839-1914) fu uno dei più grandi logici formali del suo tempo.

Osteggiando il presupposto, ancor oggi duro a morire, che esistano conoscenze dirette o immediate assolutamente certe, Peirce sostiene che la conoscenza è, per sua stessa natura, interpretativa e ipotetica.

Il passo che segue è tratto da "Scritti sul segno" (Parigi, 1974).

 

Un Terzo è qualcosa che mette in relazione con un Secondo. Un segno è un Terzo. Come caratterizzarlo? Diremo che un segno mette un secondo (il suo oggetto) in relazione cognitiva con un Terzo? Che un segno mette un secondo in relazione con un primo, e che tale relazione è la stessa di quella che ha con il primo? Se poniamo l'accento sulla coscienza, dobbiamo precisare ciò che intendiamo con "coscienza di un oggetto" diremo che intendiamo associazione o Abito? Sono evidentemente distinzioni psicologiche che tengo a evitare. Qual è la differenza essenziale tra un segno che viene comunicato a una mente e un segno che non viene comunicato? Se la questione si limitasse al nostro vero concetto di segno potremmo facilmente risolverla. Ma il problema non sta qui. Siamo nella situazione di uno zoologo che vuol sapere quale dovrebbe essere il significato di "pesce" perché i pesci possano costituire una delle grandi classi dei vertebrati. A mio parere la funzione essenziale di un segno è quella di rendere efficaci le relazioni inefficaci; non nel senso di metterle in azione ma di stabilire un abito o una regola generale mediante la quale esse agiranno al momento opportuno. Secondo la nostra fisica tutto si risolve nei moti rettilinei uniformi e nei moti accelerati che accompagnano le diverse posizioni relative delle particelle. Ogni altra relazione - e ne conosciamo moltissime- sono inefficaci in un certo qual modo, la conoscenza le rende efficaci; e un segno è un qualcosa di più. (….), Tutta la nostra conoscenza e il nostro pensiero sono costruiti a forza di segni. Un segno è quindi un oggetto che da un lato è in relazione con il suo oggetto e dall'altro con un Interpretante si da porre l'Interpretante in relazione con questo oggetto, corrispondente alla sua propria relazione con tale oggetto. Potrei dire "simile alla sua propria relazione", in quanto una corrispondenza consiste in una similitudine; ma forse la corrispondenza è più ristretta.

Charles Sanders Peice